Culture, Ricerche&Analisi, Violenza

Jane Trenka e lo stalking sminuito

Jane Jeong Trenka

Jane abita in Corea ed è una scrittrice affermata. Prima di questo però ha vissuto come bimba adottata negli Stati Uniti, con genitori che non la capivano né si informavano circa il razzismo che la ragazza ha dovuto subire per molto tempo. In ultimo, quando pensava che al college non avrebbe più avuto problemi ha trovato uno stalker, Jim Martin, il quale la riprendeva di nascosto, la seguiva, la terrorizzava e poi comprò tutto l’occorrente per condurre un piano di sequestro, stupro, uccisione e sepoltura di Jane.

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Ho uno stalker e non so più cosa fare

Lei scrive:

Cara eretica,
Sono una ragazza di 19 anni e ti scrivo per condividere una mia esperienza, sperando che possa aiutare altre ragazze nella mia stessa situazione, come molti tuoi post hanno fatto con me. Io vivo e studio a Dublino da un anno : ho la fortuna di poter vivere questa esperienza grazie alla mia famiglia, che crede fermamente in me e che mi supporta da sempre nel raggiungimento dei miei obbiettivi.

Al mio primo anno di college ho conosciuto un ragazzo: siamo diventati amici, abbiamo formato un duo ( studiamo entrambi musica) e dopo un paio di mesi ci siamo messi insieme. Ero affascinata dalla sua sicurezza e dalla sua voglia di fare, condividevamo grandi ambizioni e questa è una qualità che ho sempre ritenuto molto importante nelle persone. Tuttavia, lui ha pian piano dimostrato di essere una persona possessiva: all’inizio non ho dato molta importanza a questi eventi sporadici, fino a quando durante un litigio ( avvenuto a Marzo) nato da un’ incomprensione banale, lui mi ha messo le mani sul collo. Io l ho fermato all’ istante senza che potesse fare nient’altro e me ne sono andata, totalmente sotto shock per quello che era successo, urlandogli che chiaramente fra noi era finita.

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Stalking e #RevengePorn rovinano la vita delle donne

Ciao carissima Eretica. Oggi, dopo quello che è successo a Tiziana, vorrei raccontare anche io la mia storia.

Ho 27 anni e all’apparenza sono una ragazza tranquilla ed educata, dalla quale nessuno si aspetterebbe azioni da “poco di buono” o come cavolo va di moda chiamarle.

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Mi piace il sesso e non per questo merito la gogna

Cara Eretica,

è molto difficile riuscire a scrivere questa mail perché so che mi farà male tirare fuori ogni sillaba per descrivere quello che mi è successo. Sono arrivata purtroppo o per fortuna a compiere il mio ventisettesimo anno di età. Mi sono liberata nel frattempo di paure, chili, uomini, genitori, persone che mi hanno fatto del male, ma non riesco a liberarmi di quella parte di me stessa che continua a sabotare la mia vita impedendomi di realizzarmi fino in fondo.

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Se lui si vendica, ti spoglia in pubblico e racconta del tuo disturbo “mentale”

Donna: né sottomessa né devota. Ti amo libera, bella, pazza.
Donna: né sottomessa né devota. Ti amo libera, bella, pazza.

Lo stigma negativo che pesa sulle persone affette da disturbi “mentali” impedisce, ancora oggi, il fatto che queste persone possano rivendicare il diritto di raccontarsi senza filtri, senza temere alcuna ripercussione. Mostrare la propria fragilità, soprattutto sui social dove c’è di sicuro qualcun@ pront@ a bullarsi di te, è un’azione estremamente coraggiosa anche se, a parte alcune magnifiche scrittrici e poetesse che hanno mostrato la propria malattia mentale come magnifico pregio che contribuiva a realizzare il loro genio creativo, pochissime persone la compiono. La malattia mentale, come fossimo tornate indietro ai tempi pre-Basaglia, è ancora, anzi, lo è forse di più, quello che ti squalifica, che determina la tua marginalizzazione, che provoca fobie. Mostrare la propria malattia mentale, in pubblico, è come spogliarsi, completamente, avendo il coraggio di mostrare tutte le proprie imperfezioni. Ma non sono forse le imperfezioni che la gente perfida attende di vedere per ferirti e bullarsi di te, fino quasi a indurti al suicidio?

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Affetti Liberi, La posta di Eretica, Storie

L’odio dell’esclusa

Giulia e Federica sono state amiche per tantissimo tempo. Tra le due Federica è quella con una maggiore dose di dipendenza dal rapporto, ma, in generale, entrambe hanno una gran voglia di frequentarsi.

Un bel giorno Giulia incontra Serena, sua coetanea, capelli castano chiari, un bel sorriso, carina e molto simpatica. Legano subito. Escono insieme, parlottano in maniera complice quando passeggiano, ridono, si divertono. Riescono a improvvisare delle gag divertenti perché l’una riesce a proseguire la battuta dell’altra. Sono precisamente sulla stessa lunghezza d’onda. Sicché Federica, che nel frattempo prova a inserirsi nelle discussioni, passeggiando a margine delle due, intrecciate, braccio a braccio, e noncuranti della terza lì presente, comincia ad accusare la trascuratezza secondo lei subita.

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'SteFike, Femministese, Questa Donna No, R-Esistenze, Storie, Violenza

#Cyberstalking: due pesi e due misure!

Discussione tra amiche.

 

Step 1°]

– C’è questO tale che mi insulta e mi perseguita su internet. Lo fa da diverso tempo. Mi sta stressando l’anima.

– Cavolo, è stalking. Perché non lo denunci? E’ un molestatore. E’ sicuramente un violento. E’ uno stronzo che non finisce mai. E’ una pessima persona. E’ una merda umana. Mi trovi assolutamente solidale, guarda, sono con te.

– C’è un’altra persona che mi dice che sarebbe colpa mia, dice che l’ho provocato, ho scritto una cosa che lui non condivideva.

– Ma che razza di bastardo. Questa è colpevolizzazione della vittima. Questa è una cosa gravissima.

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Acchiappa Mostri, Antiautoritarismo, Autodeterminazione, Critica femminista, R-Esistenze, Violenza

Stalkers filo/istituzionali

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Mi hanno inviato una mail di insulti perché ho scritto una storia che si intitola “Dopo lo stupro? Io sto benissimo!“. Insulti. Quando si interpretano le cose scritte secondo letture proiettive e quando poi si decide che di violenza bisogna parlare solo in una maniera per me si è già superata ampiamente la soglia del dogmatismo.

C’è chi in questi anni ha fatto molto danno, stabilendo a priori quale doveva essere la narrazione imposta che doveva andare bene a tutte. Questo danno implica che le singole storie e le esperienze vengono censurate, invisibilizzate, perché è solo una la versione che deve passare. Quella che mette assieme autoritarismi e paternalismi e che non è, a mio parere, di nessuna utilità affinché le donne si liberino da sole.

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La sua ex mi perseguita e nessun@ mi crede…

C’è questa lettera e io vorrei presentarla come si deve. Nutro profonda disistima nei confronti di chi, tra i tanti e le tante che nel web pubblicano storie a senso unico, invece che disinnescare i conflitti li alimentano assumendo una versione di parte senza avere neppure la capacità di lenire gli aspetti demonizzanti. In realtà succede che realizzano stereotipi, dove non c’è un io narrante ma semplicemente una versione generalizzata che finisce per criminalizzare ora l’uno e ora l’altro genere. Così succede che si finisce per alimentare fiamme di vendetta, per legittimare il rancore e lasciare immaginare che nulla sia risolvibile e che nessun@ abbia più nulla da perdere.

Mi appello dunque a quante si occupano di queste materie affinché abbiano il senso di responsabilità necessario a non usare questi temi per accreditare una sola versione della storia, perché non si sta parlando di teoria ma di fatti difficilissimi che coinvolgono persone e portano con se’ dolore, sofferenza, complicazioni e dunque chiedo dove resti il buon senso a fronte di collezioni di articoli o ricerca minuziosa di dettagli di cronaca che dimostrerebbero come, ad esempio, gli ex mariti siano tutti cattivi e i padri siano tutti diavoli. Ciascun@ vive e ha bisogno di esorcizzare il proprio dolore come crede ma è fuor di dubbio che l’uso terapeutico del web porta alla costruzione di stereotipi sessisti, generalizzazioni, lasciando immaginare che i padri siano una setta satanica che fa sacrifici umani con le sue creature e che gli ex mariti siano una massa di persone infide che altro non fanno che sezionare cadaveri delle loro ex mogli.

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Diario di una vittima di cyberbullismo: la violenza banalizzata e l’assenza di spazi laici di discussione politica!

C’è chi finge di non capire e non è bello banalizzare la violenza se a subirla sono io e se a compierla è una o più donne. La critica politica è critica politica. La persecuzione condita di menzogne, complottismi, retropensieri e schizzi di veleno è un’altra cosa.

Dice Dacia Maraini a proposito delle oscene offese fatte a Franca Rame in questi giorni da parte di fascisti e identità politiche a lei opposte che: “Bisogna discutere le idee ma mai disprezzare neppure chi ti è nemico…“.

Chi fa critica politica può star tranquill@ che non sarà oggetto di alcuna recriminazione. Chi mi perseguita, mi diffama, mi opprime, si serve, semmai, delle critiche per farmi male. E io so perfettamente distinguere le due cose. Forse chi fa le critiche ha smesso di saper distinguere perché gode del consenso di chi sposta a destra la modalità di opposizione in termini personali e aggressivi contro qualcun@.

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Il ricatto morale e lo squadrismo 2.0 in difesa del femminicidio

Ha ragione Loredana Lipperini a dire che la questione sollevata da tante persone è sostanzialmente quella che solleviamo noi. Noi che non siamo giustizialiste, fasciste, che non vogliamo creare allarmismo e panico morale, noi che distinguiamo bene quando si tratta di soluzioni e di questioni sociali. Lo scrive lei, assieme a Michela Murgia, che femminicidio non è tutto ciò che riguarda le donne, ogni delitto che vede una donna in quanto vittima, e che c’è un grosso problema culturale da risolvere che riguarda tutti/e. Un problema culturale che attiene ai generi, tutti quanti, perché assegna ruoli, impone funzioni, incastra chiunque nell’interpretazione di modelli che vanno destrutturati socialmente e culturalmente. C’è un problema che riguarda l’assetto di tutta la società e c’è un integralismo di ritorno che sposta a destra i contenuti delle discussioni sulla violenza sulle donne. Domina indisturbato il parere di chi parla di donne liberate e poi ne costringe l’autodeterminazione imponendo restrizioni sull’uso del corpo, sulla sessualità, sul lavoro, sui ruoli di cura, sulla libertà di essere cittadine, assieme ad altri cittadini, di ogni nazione possibile ove intendano abitare.

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Personale/Politico, Questa Donna No, Violenza

Diario di una vittima di cyberbullismo: la costruzione del mostro da linciare!

Segue da qui il mio tentativo di elaborare un grande lutto personale.

Mi sveglio e trovo messaggi di persone amiche. Dico che io ci sono sempre per loro. Io sono sempre qui. Ferita e frastornata ma ci sono.

La cosa che più mi scombussola non è davvero il fatto che c’è chi non la pensa come me. Non mi è davvero mai importato tanto. Sempre andata un po’ controcorrente, da cane sciolto, mai incline alle appartenenze, private o pubbliche, ho sempre avuto abbastanza fiducia in me per andare avanti a dispetto di tutto e tutti. Quel che mi interessa è essere fedele a me stessa, che quel che dico corrisponda ai miei pensieri. Perché non mi prostituisco, non vendo la mia testa, non sono mai riuscita a farlo. Chi mi conosce sa che sono animata da una idea e quell’idea mi ha sempre portata lontano da convenienze personali. Dove avrei potuto ricavare un utile ho detto no per onestà intellettuale. Questa sono io.

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Personale/Politico, Questa Donna No, Violenza

Diario di una vittima di cyberbullismo

E alla fine ero tanto stanca che ho scritto su facebook questa cosa:

“Sono un po’ stanca. Mesi e mesi di attacchi ripetuti. Sto considerando l’idea di chiudere tutto e smettere. Smettere di lottare in una dimensione in cui avere un’idea che non risponda al pensiero unico sembra essere un crimine. Ce l’hanno quasi fatta. Mi hanno quasi spenta. Scusate tutti/e.”

Mi hanno scritto in tanti/e e tanti sono stati i messaggi di grande solidarietà.

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Autodeterminazione, Comunicazione, R-Esistenze, Violenza

#Cyberstalking: quando siete perseguitati/e da chi si sente esclus@ da voi!

Sono in viaggio, lontana, tra persone belle, ma vi penso. Vi regalo questa cosa scritta a più mani con le amiche di FaS e sono certa può essere utile a tanti/e di voi. Buona lettura! 🙂

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Quello che desideri se non l’ottieni vorresti distruggerlo. Così si attiva il linguaggio dello stalker. Può anche essere una stalker, senza dubbio. La questione è esattamente uguale. Lo vedi dal rincorrersi di voci sulla rete, di persone che sentendosi rifiutate mortificano l’oggetto del proprio desiderio. L’obiettivo è sempre quello di attirare la sua attenzione, ovvero di sciuparne la soglia di desiderabilità affinché non sia più disponibile all’attenzione di chiunque altr@.

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Antiautoritarismo, Comunicazione, Femministese, Violenza

Se la giornalista antiviolenza è omertosa sulle violenze commesse dalle donne

Mi sono occupata, per prima, di analizzare e leggere il cyberstalking come strategia di dissuasione ritorsiva applicata contro chi aveva opinioni diverse dalle mie, sue, tue, vostre. Me ne sono occupata, assieme ad altre persone, senza immaginare vi fosse una origine più o meno legittimata ad attuarlo. Contesto la pratica, il metodo, censorio, fascista, e lo contesto così come l’ho rilevato a partire da più fonti, luoghi, idee politiche.

Che sia un metodo praticato da chi nega o giustifica la violenza sulle donne o da chi lotta contro di essa e d’altro canto nega e giustifica la violenza “delle” donne, immaginando si tratti sempre di legittima difesa, discorso speculare, opposto e identico, per me non fa alcuna differenza. Se il cyberstalking diventa la risposta ad altro cyberstalking sempre della stessa cosa stiamo parlando.

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