La posta di Eretica, R-Esistenze, Storie, Violenza

Quando la bulla è una professoressa

Lei scrive:

Cara Eretica,

Vorrei raccontarti una storia che mi è tornata in mente oggi, non so perché dopo tanto tempo. Se possibile, vorrei rimanere anonima.

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La posta di Eretica, Personale/Politico, Storie, Violenza

La violenza negata e la rimozione sociale

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Lei scrive:

Cara Eretica,

amo moltissimo mio marito. non immagino la mia vita senza di lui. è il mio migliore amico, il mio partner, il mio amante, la mia famiglia. lo amo tanto eppure l’ho picchiato. ho esercitato violenza su di lui per evidenti sciocchezze. adirata per la maniera in cui poneva un quadro su un chiodo, per il soffritto troppo fritto, per la sua maniera di abbracciarmi e volermi bene. l’ho reso insicuro, l’ho rimproverato di cose che neppure pensavo sbagliate. l’ho preso a pugni, ho sbattuto forte la mia mano sulla sua faccia, la sua schiena, e lui non ha fatto niente. o meglio, reagiva, un po’, urlava, e io urlavo, si allontanava, scagliava pugni al cielo, restava in disparte, crucciato, a volte mi chiedeva perfino scusa, e io mi odio per questo. come ho fatto, io, che credo di odiare la violenza sulle donne più che qualunque altra forma di violenza a infliggere altra violenza, la medesima, su di lui?

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L’abuso in un rapporto tra due ragazze

Lei scrive:

Durante i primi anni delle superiori stavo con una ragazza, era splendida: occhi enormi, intelligente, con molti interessi in comune e soprattutto la prima persona che ricambiasse i miei sentimenti.
Durante il primo periodo andava tutto divinamente, le ubbidivo in qualsiasi cosa, ero totalmente e sempre a sua disposizione perché quello era il mio modo di dimostrare lealtà e affetto.

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Anche le donne gestiscono male il rifiuto

Lui scrive:

salve,
ho iniziato di recente a leggere questa pagina (arrivando tramite un articolo sul fatto quotidiano) e l’ho trovata interessante e coinvolgente.
sono un uomo, e mi interesso di sessismo da quando non sapevo nemmeno che esistesse la parola, da quando negli anni del liceo ho cominciato a rifiutare mentalmente tutte le norme che mi volevano in un certo modo in quanto maschio. più in particolare ho sempre detestato le differenze, quelle socialmente imposte, tramandate di generazione in generazione.
questo mi ha portato a cercare di vivere fuori dagli stereotipi di genere negli ultimi 30 anni, senza riferirmi a modelli particolari, basandomi solo sul mio intuito e sull’empatia con gli altri.
il discorso sul sessismo è diventato (per fortuna) molto più visibile negli ultimi anni, e persino la parola femminismo sta piano piano uscendo dall’interpretazione ignorante e demonizzante che ha avuto per decenni, ma sicuramente ancora c’è tanta strada da fare.

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Antisessismo, La posta di Eretica, Personale/Politico, Questa Donna No, R-Esistenze, Storie

Sulle donne che molestano il personal trainer

Lei scrive:

“Ciao amiche di abbatto i muri, (…) mi permetto di scrivervi (…) un pochino compiaciuta perchè vedo che state trattando già l’argomento delle molestie al femminile. Ecco la mia riflessione, vi abbraccio forte :

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Antisessismo, Autodeterminazione, La posta di Eretica, Personale/Politico, Sessualità, Storie, Violenza

Quando è lei che abusa di te

Lei scrive:

Ciao. Prima di tutto voglio farti i complimenti per la pagina, è molto importante sapere di non essere sole, sapere di avere qualcuno che si accorge dei meccanismi sotterranei e machisti della societá.
Nonostante ciò, la mia storia non parla di uomini.
Ero in terza o quarta elementare quando per la prima volta qualcuno ha abusato del mio corpo.

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Mia madre picchiava mio fratello e non potevo fare niente

Due figli, io e mio fratello. Mia madre, mia nonna, e mia zia. Viviamo tutti insieme da quando i miei genitori si sono separati. Io sono la figlia maggiore e mio fratello è più piccolo di otto anni. Praticamente l’ho cresciuto io. Hanno deciso di fare un figlio per provare a riaggiustare il matrimonio ma alla fine non è andata bene e ora mia madre continua a rinfacciarci che ha fatto tutto per noi e tratta mio fratello come fosse il diavolo in persona. Non sa accettare il fatto che un figlio piccolo lo devi pur crescere e se non intendevi farlo allora potevi lasciarlo con nostro padre.

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Lei mi molesta e mi credono in pochi

Perché negare, dico io. È più che evidente che mi stai molestando. Io non capisco da dove viene la convinzione che le donne non siano mai moleste. Io ne conosco una, collega di lavoro, che non avrebbe, teoricamente, né il potere né il ruolo professionale per poter negarmi i diritti di lavoro. L’ho rifiutata. Non sono stato al suo gioco. Lei ha cominciato a parlare male di me con tutti/e. Non me ne risparmia una. Ogni occasione è buona per mettermi in cattiva luce. Lo fa in ufficio, poi mi lancia battutine acide su facebook e io so che se la banno sarà ancora peggio, perciò devo subire il suo tono che a detta di tutti sarebbe assolutamente tranquillo. Allora mi sono detto che forse sono io che ho paranoie e sogno quel che dice. Il giorno dopo vado in ufficio e mi rendo conto che invece ho proprio ragione io.

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La vittima assassina

Ogni tanto arriva una di queste notizie che parla di donne che uccidono uomini che le picchiavano. E’ successo a Catania e leggo sui social cori di approvazione, perché un uomo ucciso diventa una bandiera per chi lotta contro la violenza sulle donne. Una vendetta di genere. Una forma di riscatto che dovrebbe compensare tutte le donne delle violenze subite.

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Le madri violente esistono. Io sono sopravvissuta a una di esse!

Lei scrive:

Qualche anno fa stavo adocchiando un libro che parlava delle violenze e lessi che la percentuale di donne che abusano di bambine è la più bassa in assoluto.
Questo mi ha rincuorato, ma mi ha reso ancora di più sola.
Quando si pensa a un adulto che violenta un bambino, si pensa subito a un uomo e se l’adulto è una donna si pensa che violenti un bambino. Quasi mai proprio una bambina.

Inoltre la figura della madre è quasi sempre santificata, intoccabile e se si pensa ad una cattiva madre, è perché trascura i figli oppure al massimo dà a loro qualche schiaffo.
Non si pensa mai che una madre possa commettere qualche crimine sul proprio figlio.
Il fatto che queste cose avvengono, anche se succedono di meno, non deve assolutamente permettere che finiscano in silenzio.
Se dico questo non è solo per mia sensibilità, ma perché ci sono appunto passata.

Ho passato la mia infanzia tra una violenza e l’altra, tra un abuso e un altro e tutto da mia madre.
Solo da qualche anno ho spezzato il silenzio ma solo con alcune persone care oppure in occasioni dove questo mio segreto mi sembrava troppo opprimente.
Lei mi faceva di tutto, mi picchiava ogni giorno, anche più volte, con ogni cosa, anche con la cinghia da parte della fibbia sulla schiena. Mi diceva che mi avrebbe ucciso e solo una decina di anni fa mi sono ricordata che lei ha tentato quando ero davvero piccola, una bambina all’inizio delle elementari. Poi ha continuato a dire che se facevo qualche cosa, mi ammazzava e io ero terrorizzata.

Anche se avevo del tutto dimenticato quel ricordo, il senso di terrore che avevo era per me vivo.
Raramente mi toccava anche lì nella vagina.
Una volta è stata quando andavo alle medie e voleva “consolarmi”.
A volte c’erano anche dei momenti nei quali era buona e mi diceva che era cambiata e io pensavo che finalmente lei era la mia mamma.
Ma poi vedevo che ritornava sempre quella di prima.

Ormai avevo da tempo abbandonato l’idea di trovare in lei la mia mamma e così cercai altre mamme, anche fittizie, anche inventate.
La cosa forse più sconcertante in tutto questo è che tutto quello che mi faceva, lo chiamava amore.
Anche quando mi diceva: “Io ti ho fatto e quindi io ti distruggo.”
Era “amore”. Era il suo modo di dirmi che era amore, che sono stata io a provocarla, a farle fare quelle cose e se andavo a dire qualcosa in giro mi ammazzava. Il tutto detto con una voce fintamente dolce.

Crebbi ammalandomi di bulimia, autolesionismo ecc…
Fino a una decina di anni fa non sopportavo il minimo contatto umano.
Non so quante volte io abbia tentato il suicidio e per un po’ ci sono andata vicina poiché sentivo che tutto attorno a me stava per scomparire e ormai non me ne importava niente.
Se sono viva lo devo a me stessa.
In quel momento ero sola in casa e alla fine ebbi la forza di chiamare aiuto.
Sono in cura psichiatrica da quando avevo 18 anni, anzi li dovevo ancora compiere. Adesso però ci vado raramente perché almeno col tempo mi sono rinforzata. Comunque prendo ancora dei psicofarmaci in misura ridotta rispetto a prima.

Ora ho poco più di 30 anni.
Se vivo ancora con lei? Sì e so che la cosa migliore sarebbe staccarsi da lei, ma la crisi colpisce.
Se mi fa ancora qualcosa? No. Per davvero.
In alcuni momenti adesso si dimostra preoccupata per me e lo so benissimo così come so il passato che lei ha.
Il perdono è qualcosa che non può essere imposto, che non ha bisogno dei moralismi.
Deve essere sentito.

Io so solo che anche se sono tranquilla, nessuno può riuscire a farmi dimenticare la mia “infanzia”, quella che ho passato, quella che ho dovuto passare.
A volte mi guardo indietro e vorrei aver avuto la forza di dire qualcosa quando tutto ciò avveniva, ma avevo paura, paura di non essere creduta e di quello che mi avrebbe fatto la mia dolce “mammina” se l’avesse saputo.
Avrei tanto voluto dire anche ai miei nonni materni coi quali trascorrevo gran parte delle mie giornate, ma non volevo dare a loro un dolore aggiuntivo.
A ripensarci adesso, lo avrei tanto voluto dire.
Sono morti da qualche anno.

Questa è la mia esperienza, il mio passato e credetemi che avere i primi ricordi della propria infanzia legati a violenze subite non è certamente una gran cosa.
Anche senza arrivare ad eccessi simili, vedo che molte madri considerano il proprio figlio come una loro appendice, una loro proprietà, come se il fatto di averli partoriti possa far nascere in loro un delirio di onnipotenza.
Si pensa tanto al far nascere questi bambini come se fosse la cosa più importante in assoluto, ma il farli crescere è qualcosa che spesso viene considerato di secondo piano.

Io stessa ero cercata con gioia sia da mia madre, sia da mio padre divenuto poi assente anche se abitava con noi e da qualche anno morto.
Non ho pianto per la sua morte, ho pianto perché non sono mai riuscita a dirgli quanto male mi faceva il suo silenzio, quanto ho sperato da bambina che lui mi aiutasse.
Se ho deciso di raccontare la mia esperienza é perché spero fortemente che ci sia più attenzione verso i bambini.
I bambini chiedono aiuto anche a loro modo.
Io piangevo sempre ed ero vista come una frignona.

Inoltre spero che il bambino venga considerato più come una persona a sé non come una bambola da vestire e alla quale puoi fare tutto quello che vuoi.
Ripeto, anche senza eccessi simili alla mia esperienza, desidero che il bambino cresca in linea con la sua personalità, che venga ascoltato e non considerato come un piccolo adulto al quale si possono scaricare le proprie frustrazioni, le proprie ambizioni.
Non è un processo quello che chiedo.

E spero tanto che un bambino, che nessuno debba mai sentire in sé la voglia di morire perché è la via molto più semplice e meno dolorosa.
Inoltre vorrei dire a chi è stato abusato da qualsiasi persona, la vita non è finita.
Chiedete aiuto. Qualcuno ci sarà disposto ad ascoltarvi.
Io desidero guardare avanti anche se dimenticare è inutile e illusorio.
Desidero vivere la mia vita continuando a vederne le bellezze anche se mi capita ancora adesso di deprimermi.

C’è in voi molta più forza di quanto voi immaginiate.
E quello che è passato non dipende da voi e soprattutto non deve bloccarvi in una vita futura pensando che quello che è successo ritornerà.
Ognuno ha i suoi tempi che vanno rispettati, tempi nei quali a volte ci si sentirà di andare indietro invece che avanti e questo non va visto come un fallimento.
Grazie per l’attenzione.

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Quelle tre bulle che mi hanno spinto a tentare il suicidio

Avevo 12 anni, frequentavo la scuola media, ed ero vittima di bullismo. Mi avevano preso di mira tre ragazze che non facevano altro che sfottermi e dirmi cattiverie. Avevano diffuso false voci sul mio conto, perché il loro modo di ferirmi, più che fisico, era psicologico. Pettegolezzi, e altri compagni, anche maschi, che si univano a quel coro. Entravo a scuola intimidito e me ne andavo triste e con una gran voglia di piangere. A casa avevo una situazione tranquilla. Mio padre taciturno e mia madre che non faceva altro che dirmi che dovevo avere rispetto delle donne. Poi c’era mia sorella, la mia unica amica, alla quale raccontavo tutto, ma in quel momento era già all’università e non potevo parlarle di quello che mi stava succedendo.

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La ex moglie del mio compagno è una manipolatrice, ma nessuno mi crede!

Sono Lisa. 39 anni. Quando mi sono separata, nonostante la mia giovane età, avevo già tre figli. Il mio ex marito è stato ed è un grande stronzo. Non ha mai fatto nulla per i figli e mi ha reso la vita impossibile in ogni grande o piccola occasione. Poi ho conosciuto Marco. Anche lui separato, prossimo al divorzio, ma con una situazione totalmente opposta. Una ex moglie che gli rende la vita impossibile, che mi ha coinvolto più di una volta in situazioni da dimenticare, che insulta e strepita senza ragione, pretende soldi senza avere in mente un limite dettato dal buon senso e dopo aver usato i bambini per ergersi a vittima e convincerli che il loro padre è un mostro e anche riuscita a farlo accusare di maltrattamenti.

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La mia compagna mi picchia. A chi posso chiedere aiuto?

Sono Renato. Ho 37 anni. Vivo con la mia compagna da cinque anni. Ho un figlio da una precedente relazione. Lo vedo più che posso e con la mia ex ho un accordo equo, per così dire. La mia nuova compagna è rimasta incinta tre anni fa. Abbiamo deciso insieme per l’aborto, perché io non ce la faccio a mantenere anche un altro figlio e lei non aveva un lavoro stabile. Dopo l’aborto, che avevamo davvero deciso di comune accordo, lei è cambiata.

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Delle pedofile si parla poco, eppure esistono

Sono Massimo e sono stato stuprato a 13 anni. Lo chiamo stupro adesso perché allora non sapevo cosa fosse. Dopo la scuola andavo a prendere lezioni da un’insegnante che pressappoco aveva trent’anni. Single, viveva con sua madre, vestiva sempre con camicie che lasciavano intravedere il reggiseno. Gonne sopra al ginocchio, gambe scoperte, accavallate o pantaloni aderenti. Il suo atteggiamento era volutamente provocante e so per certo che non lo faceva solo con me. Almeno altri due miei compagni di classe sono finiti nella sua rete e come me non hanno detto niente a nessuno.

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Tutte zitte se il “raptus” viene attribuito a una madre assassina?

Io ricordo bene la storia delle “tre sorelline di Lecco” uccise dalla madre. Lo ricordo soprattutto per il diverso approccio che ha avuto Alfano nel tentativo di annunciare una azione forte di contrasto alla violenza da parte del governo. Appena fu nota la notizia dell’assassinio delle tre bambine Alfano, dando per scontato che le avesse uccise un uomo, scrive su twitter:

Non daremo scampo a chi ha compiuto gesto efferato e ignobile #Lecco. Troveremo chi è stato e non daremo scampo a responsabile

Poi viene fuori che ad ucciderle fu la madre e allora il registro cambia:

Arrestata dai Carabinieri la madre delle tre sorelline uccise a Lecco. Gesto di follia scatenato da separazione dal padre. Enorme tristezza

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