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Lotta contro il p0rn0? Moralisti della destra cristiana contro le sex workers

Il documentario è su Netflix, molto interessante, raccoglie testimonianze di sex workers e dati sulla provenienza di chi a parole si schiera con le sopravvissute del traffico di donne e poi si scopre aver modificato nome e mission di precedenti organizzazioni dell’ultradestra cattolica conservatrice dedita a campagne contro aborto, matrimoni gay, e via dicendo.

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La lezione di Fëdor Dostoevskij ne I Fratelli Karamazov: delitti e castighi, la severa/inutile punizione dello Stato e l’indulgenza “materna” della Chiesa

Il dettaglio sul romanzo potete approfondirlo leggendolo, ne vale la pena. Per il resto, se si tiene conto del fatto che l’impero romano si è appropriato di archetipi e miti religiosi ebraici, antecedenti alla presunta venuta di Cristo, per poi scagliarsi contro ogni forma di dissidenza, eresia, altra religione, cultura, giustificando razzismo, colonizzazione, misoginia, schiavitù, chi più ne ha più ne metta: per un bel pezzo della storia occidentale stato e chiesa hanno camminato di pari passo, osannando l’urgenza di quella o della tal’altra crociata, imponendo corversioni forzate, istituendo luoghi di raddrizzamento di femmine impudiche, regalando a suore e preti chiavi da secondini per ammansire chiunque non soddisfacesse i loro criteri, giustificando guerre e devastazione in nome di Dio, censurando e controllando la sessualità di donne e uomini, stabilendo arbitrariamente chi possieda un’anima e chi no. Potrei continuare all’infinito.

Il punto della questione è che la Chiesa continua a interferire nelle attività legislative dello Stato, puntando il dito contro donne che abortiscono, mentre svende indulgenze e accoglie nelle messe e nelle confessioni stupratori e assassini di donne. Spinge i parlamentari sponsorizzati dal Vaticano a criminalizzare gay, lesbiche, trans, poi accoglie in processione, a reggere le icone dei santi in sfilata per le strade, mafiosi e criminali.

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L’invenzione di jack lo squartatore: la vera storia sulle vittime

Hallie Rubenhold, nel libro Le cinque donne, traccia non solo la storia documentatissima delle vittime del presunto serial killer (Mary Ann Nichols, detta Polly – Annie Chapman, Elizabeth Stride, Catherine Eddowes e Mary Jane Kelly), mettendo in discussione anche l’esistenza stessa di Jack the Ripper, attribuendone la definizione comoda al sensazionalismo dei giornali e alla stessa cultura vittoriana che trovava facile raccontare il femminicidio come destinato a prostitute, ma traccia storicamente un’epoca fatta di cambiamenti sociali che sono ben descritti in letteratura da Dickens, Wilde, Eliot (pseudonimo maschile di Marian Evans).

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La cultura dello stupro uccide le donne

Non so che ruolo abbia questo signore nella Croce Bianca ma le sue affermazioni sono davvero terribili. Ecco cosa bisogna combattere, per prevenire il prossimo femminicidio. Il resto del carlino riporta che egli ha affermato “Non siate provocanti e gran parte delle aggressioni saranno evitate”. Aggiunge: “Comunque anche lei come andava conciata, ovvio che il ragazzo era geloso”.

Ha aggiunto, rispondendo a donne che gli chiedevano conto delle sue affermazioni: “Comportatevi più sobriamente come le nostre nonne, non siate scostumate e provocanti e gran parte delle aggressioni saranno evitate, la colpa prima di tutto è del mondo di oggi totalmente fuori controllo, la donna fa I’uomo e viceversa, ma dove siamo arrivati?”. 

Dunque la colpa di un femminicidio e dello stalking subito dalla vittima sarebbe della vittima? Se queste battute sessiste e stereotipate non vengono cancellate, se non si combatte questa cultura dello stupro e del femminicidio, ogni donna è a rischio e a tutte si dirà che è colpa nostra, del modo in cui ci “conciamo” e di come viviamo. Una donna è libera di essere e fare quello che vuole e non è permesso pensare che il suo rifiuto alle attenzioni indesiderate di uno stalker sia qualcosa di diverso di un No. Lei aveva detto No e lui l’ha uccisa per questo.

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Pensieri Liberi, Personale/Politico

Pausa estiva: atto terzo

L’estate non mi fa bene e mi fa sentire scollegata dalla realtà perché tutti sono a fare altro e i Feedback sono quasi inesistenti e la mia incapacità di socializzare mi impedisce di mantenere relazioni a distanza o fisicamente soprattutto con questo caldo e l’unica persona che vedrò domani sarà la psichiatra. Poi attenderò di iniziare il reinserimento socio lavorativo e per accordo tra l’assistente sociale del Centro Salute Mentale e la biblioteca femminista che mi accoglierà per svolgere questo lavoro nel tentativo di capire se sono in grado di rispettare i ritmi, impegni, orari e di fare quello che va fatto. Nel frattempo continuo a leggere e a documentarmi per appropriarmi di linguaggi e tecniche narrative che possono servirmi a scrivere meglio e per coltivare il mio sogno di diventare una scrittrice. A parte questo ho alti e bassi e la depressione sembra stabile, dormo grazie ai farmaci e resto lucida grazie ai farmaci, continuerò a fare ciò che mi dice la psichiatra sperando di migliorare e soprattutto sperando che arrivi una temperatura un po’ più mite. Spero che voi state bene e che abbiate qualcosa di bello da fare in questi torridi giorni.

Un abbraccio

Eretica Antonella

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Il Sex Work è un lavoro come un altro

[Mantra abolizionista: ho detto che voglio salvare le sex workers. Non ho mai detto che voglio ascoltarle]

C’è stato un periodo della mia vita, quando non mi rinnovarono un contratto in seguito le molestie del lavoro, in cui ho cercato qualunque altra cosa che potesse regalarmi uno stipendio. Ho fatto la cameriera, sono stata lì a raccogliere ubriachi svenuti per terra nei pub, pulivo e lavavo il loro vomito nei cessi maleodoranti, Per arrotondare risposi ad un annuncio che chiedeva una lavoratrice part-time in un call center e da principio pensavo che si trattasse semplicemente di vendita di qualche prodotto di una ditta straniera o cose simili. Invece si trattava di telefonia erotica. Non solo, c’era anche l’angolo per la chiromante, colei che leggeva le carte alla gente che telefonava pagando un sacco di quattrini per potersi connettere ad un numero che era più o meno lo stesso per tutte. Ci scambiavamo i ruoli e mi è capitato di fare la chiromante e anche di fare telefonia erotica. Lo stipendio fisso per quelle ore mensile ricordo che si aggirava intorno alle 200.000 lire, che aumentava se facevi durare di più le telefonate. Il manager rampante diceva che bisognava invogliare i clienti a richiamare e per questa ragione, aggirando la legge che imponeva una durata minima oltre la quale non si poteva andare, ad un certo punto sul più bello finiva la telefonata e il tizio richiamava.

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Perché la verginità è un valore maschilista

Cintura di castità

Strega vede tante donne dolersi per aver consegnato la verginità ad uno stupratore prima che per aver subito l’orrore di uno stupro. Vede anche tante donne dolersi di non essere sufficientemente vergini da impedire uno stupro an4le a colui il quale intende esser nominato re delle prime volte.

Vi racconto una storia: è la storia del primo uomo e della donna appresso a lui che aveva interiorizzato la bibbia dell’uomo. Costui doveva assicurarsi che le fanciulle non la dessero via solo per mero desiderio sessuale. Essendo le donne oggetti e mai soggetti sessuali la scelta su quando, a chi, come darla non spettava a loro. Spettava ai padri e alle madri sorveglianti del buon onore delle figlie. Sull’onore si sono fatte leggi in difesa del quale all’uomo era perfino concesso di ammazzare le donne della sua famiglia (delitto d’onore abolito nel 1981). Per ogni fanciulla la cui verginità veniva meno si usava non solo il termine “onore”, riferendosi all’onore del padre o del fratello, comunque dell’uomo custode della ragazza. Si usava anche il termine “morale”. Colei che la dava via era una creatura immorale, se cedeva al proprio desiderio sessuale era perfino definita una strega. Tutte le volte che la sessualità della donna sfuggiva al controllo maschile c’era una parola adatta a criminalizzarla.

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Cronache postpsichiatriche: il valore di una donna “usata” e i primi studi di genere

Autobiografia, ricordi a margine.

18 anni fidanzata, 19 incinta, vent’anni madre e sposata, 21 anni separata e in attesa di divorzio che al tempo arrivava dopo tre anni.

Svegliarsi un giorno e scoprire che il valore di una donna diminuiva con il numero di penetrazioni subite o partecipate. Più uomini erano stati nella tua vita e più scadeva il tuo valore. Diciamo che dapprincipio, quando eri illibata, valevi 10. Alla prima pomiciata valevi già 9 e mezzo. Se la pomiciata avveniva da svestita diventava un 9 standard. Avendo avuto un rapporto sessuale completo il mio valore scendeva a 8. Mi salvava il fatto che fossi ancora giovane altrimenti sarebbe stato peggio. Volendo truccare la bilancia il mio ex marito dichiarò di essere stato il primo. Per suo volere il gradimento salì ancora a 9. A quel punto la scala di valore si fermava. Una donna sposata non si valuta. Ella semplicemente appartiene. Se c’è uno che l’ha voluta sposare varrà senza dubbio qualcosa. Diversamente la chiameremo zitella e varrà 0 senza ombra di dubbio. Perché il valore di una donna è sempre stato misurato secondo il pallottoliere stronzo del maschio di turno.

Divorziata e per di più madre raggiunsi il punteggio di un 6 e qualcosa, forse 6+ a voler essere magnanimi, nel giro di poco. A quel punto mi arrivavano strane proposte di matrimonio. Avanzò pretese un vedovo cinquantenne con tre figli. Io avevo 21 anni, tenetelo bene a mente. Poi mi venne a trovare la madre di un figlio quarantenne invalido: “ma sai, lui prende la pensione e se peggiora ti lascia ricca… perché non ci pensi su?”. E io, sempre ventunenne, guardavo quella donna con umana comprensione. Capisco il fatto di voler delegare la cura del figlio a un’altra, ma perché proprio a me? Semplice: perché dovevo reputarmi fortunata di essere al centro di simili attenzioni. Quando si avvicinò un signore sulla sessantina che voleva una badante/moglie, ma senza sposarmi perché i figli non avrebbero volentieri condiviso l’eredità, dissi che la bottega era chiusa. Qui non si vende e non si compra niente. Sarò casta fino alla morte. Valore della castità indecifrabile, sempre meglio che accudire e far seghe a vecchi per quel minimo di riconoscimento sociale che ne poteva derivare. Era tutta una questione di status.

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Cronache postpsichiatriche: la sorella femminista e lesbofoba

Mia sorella si diceva femminista della vecchia ora, non una sessantottina ma una di quelle che partecipavano ai dibattiti tra donne del partito comunista e leggevano le pagine/lenzuolo dell’Unità in cui una tal signora spiegava alle altre cosa fosse il femminismo. Non mi fermo a spiegare le contraddizioni politiche di quell’epoca. Ci sarà tempo per raccontarvi. Quel che voglio ricordare è l’impatto che le sue idee avevano su di me, sorellina minore, che vedeva la maggiore come un faro, un punto di riferimento, un modello da seguire. E lo seguii, a costo di essere schiacciata via come un insetto, percorsi lo stesso itinerario politico ideale ma poi me ne distaccai perché c’era troppa contraddizione tra il personale e il politico.

Il corpo è mio e lo gestisco io nel privato diventava “hai le gambe grosse come tronchi di albero” e la sua gelosia era tale che di body shaming me ne fece tastare un bel po’. Poi ci fu la volta in cui la raggiunsi all’università e lì ebbi la mia prima avventura sessuale. Lei, puritanissima e moralista, non disse a me che non era il caso ma disse a lui che se non mi avesse lasciata lo avrebbe denunciato, facendo pesare gli otto anni di differenza tra me e lei. Lui per tutta risposta mi volle vedere, mi trattò come una puttana, mi picchiò per farmi disinnamorare, così diceva. Grazie sorella. Ottimo lavoro sorella.

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Io non sono un oggetto sessuale, ma a volte vorrei esserlo.

Lei scrive:

Io non sono un oggetto sessuale,

ma a volte vorrei esserlo.
Vorrei sapere com’è avere addosso uno sguardo di desiderio. Sentirmi radiogafare il corpo da qualcuno che mi immagina nuda mentre faccio sesso con l*i. Vorrei andare ad una serata e trovarmi un* sconosciut*, anche un* soltanto, che mi guarda, si avvicina e vuole parlare con me perché spera di portarmi a letto.
Vorrei avere il privilegio di lamentarmi perché ho ricevuto troppe attenzioni sessuali. Non voglio sminuire l’esperienza di chi ne è infastidit* o se ne sente addirittura violat*, voglio solo raccontare che, dal mio punto di vista, perfino quello è un privilegio.
Sono una donna, lesbica, disabile e il mio corpo non è desiderabile. Non conto più le volte in cui sono stata friendzonata. Uso la app di incontri perché mi consentono di mostrare per prima cosa un’altra parte di me, farmi notare per come mi esprimo. Ormai ho una tale esperienza nelle dinamiche delle app di incontro che potrei pubblicare uno studio. Ho provato tutte le strategie possibili e portato avanti centinaia, forse migliaia di conversazioni. Alcune di queste sono durate giorni o settimane, sono state profonde, brillanti, divertenti. Ho studiato come scrivermi un profilo accattivante e ironico, ho inventato battute d’attacco originali, ascoltato pazientemente i resoconti di non so più quanti lesbodrammi e condotto conversazioni senz’altro migliori del 90% di quelle che possono capitarti su Tinder. Alla fine, la maggior parte delle ragazze non le incontro mai; alcune si fanno di nebbia con scuse improbabili, altre dicono apertamente che si scusano tanto ma non se la sentono di fare sesso con me. Alcune le incontro e ci dimentichiamo in fretta; ogni tanto, infine, mi lascio scegliere da qualcuna, che in genere è più in difficoltà di me col suo corpo o con la sua vita, e ci vado a letto o avvio qualche forma di pseudorelazione insoddisfacente.

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Ragazze siate libere: non è mai colpa della minigonna!

Ma cosa devono leggere i miei poveri occhi. Con tutta la mia solidarietà alle studentesse in minigonna.

I pregiudizi sono duri a morire così come la cultura sessista che colpevolizza le donne per l’atteggiamento molesto di maschilisti stupratori. Il fatto è che siamo abituate a questo genere di victim blaming. E’ sempre colpa nostra. Siamo noi le tentatrici, quelle che si portano addosso il peccato originale. E se pensavate che la questione fosse chiusa in realtà i fatti dimostrano che non è così. Se nelle scuole, luogo in cui si dovrebbe insegnare una cultura diversa e antisessista, si producono gli stessi stereotipi è da lì che dovrà iniziare la nostra lotta.

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Le sex worker violentate dalle donne che non le ascoltano

[Mantra abolizionista: ho detto che voglio salvare le sex workers. Non ho mai detto che voglio ascoltarle]
 

Oggi mi sono ritrovata a vedere un episodio (il sesto) della terza stagione della serie danese Borgen. Parla di una donna che fa politica e che attraversa il mondo delle istituzioni a partire da posizioni di sinistra. Nella serie parlano di moderati ma in realtà le posizioni politiche sono a sinistra del partito laburista che è un gruppo di potere che si alterna alla destra nelle mansioni di governo. In ogni caso, che si sia d’accordo o meno sulle posizioni politiche descritte e vissute dalla protagonista, di nome Birgitte, tra i temi sviscerati, e si parla di questioni ambientali, di accoglienza e multiculturalismo contro l’avanzare delle destre xenofobe, di diritti per le coppie gay e diritti delle donne, di antiautoritarismo e antifascismo, viene raccontato anche del conflitto tra conservatori che paternalisticamente vorrebbero proibire a tutte le donne di prostituirsi e sex worker che chiedono diritti e riconoscimento della propria autodeterminazione.

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La mia esperienza per ri-amare se stesse

Lei scrive:

“Ciao! Tempo fa lessi su questa pagina di alcune ragazze che non si sentivano a loro agio col loro corpo e che venivano ferite dai commenti sgradevoli di chi avrebbe dovuto starle vicino. Ho quindi voluto raccontarti la mia esperienza.

La mia famiglia è sempre stata molto critica riguardo la mia fisicità, soprattutto ora che sono andata a vivere lontano da casa per studi e ho preso peso. Nell’ultimo periodo mi hanno detto tante cattiverie, talvolta al limite della decenza arrivando a paragonarmi a mia sorella incinta o addirittura in presenza (e con la complicità) di estranei. È stato devastante ed umiliante, mi hanno fatta davvero vergognare di questo corpo che non era più “bello come prima”, e non importava che il mio ragazzo e i miei amici facessero di tutto per farmi sentire bella.

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Come la censura su Wonder Woman negò il piacere e la potenza femminile

::Avviso Spoiler::

Il professor Marston e Wonder Woman è un film che ci racconta dell’autore della supereroina e della vita vissuta che ha ispirato il fumetto. Nel bel mezzo di una ricerca per affermare una migliore macchina della verità Il professore, la moglie e la ricercatrice che era stata coinvolta finirono per vivere una storia d’amore a tre da cui in seguito nacquero quattro figli. La loro vita era felice fintanto che non si scontrarono con le madame della temperanza e le vicine di casa, soprattutto le donne, intente a moderare e stigmatizzare la vita delle donne stesse.

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R-Esistenze, Ricerche&Analisi

Le donne si eccitano per le immagini erotiche tanto quanto gli uomini

Articolo in lingua originale QUI. Traduzione di Luca del gruppo di lavoro Abbatto i muri.

La credenza secondo la quale gli uomini sarebbero più inclini ad eccitarsi visivamente delle donne potrebbe essere un abbaglio, secondo uno studio che suggerisce che il cervello risponda alle immagini sessuali allo stesso modo, indipendentemente dal sesso biologico.

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