Vergogna, mi fa mia figlia. Sei una vergogna. Ma scusa, dico io, vergogna per chi?
Perché vedete, è facile, senza generalizzare, che una mamma in vena di indossare gli shorts, si ritrovi a subire il moralismo della figlia adolescente che ribaltando i ruoli diventerà una sorvegliante dell’altrui purezza, in questo caso di quella di sua madre, cioè io.
Ieri sera ho visto il film Ghostbusters, quello al femminile, e mi sono divertita moltissimo. Bravissime le attrici e gli attori e molto bello il subvertising fatto a partire dai film prodotti molti anni fa. In quei film c’era una donna da salvare, puntualmente posseduta da un fantasma, perfino come incubatrice (nel II° della serie) e poi veniva salvata dai baldi giovani acchiappa fantasmi. Stavolta ad essere posseduta è prima una delle acchiappatrici e poi il loro segretario meravigliosamente interpretato dallo stesso eroico attore di Thor. Assunto per la sua avvenenza fisica prima che per altre qualità, bravissimo a fare lo svampito, vanesio, ovvero tutto quello che normalmente il cinema americano fa fare ad una donna, riesce in un numero di straordinaria satira quando, da posseduto, mostra la totale inettitudine dell’esercito pronto a muoversi ad un solo ordine, per quanto bizzarro fosse. Le protagoniste si sprecano in citazioni e in dimostrazioni di passione fallocentrica, tra una leccata all’arma e una eccitazione intrattenibile alla vista di un nuovo strumento di fuoco.
Sarà una lunga giornata, questa. Risveglio accanto a un uomo che lascia l’orma sudaticcia sul lenzuolo, con un alone simile a quello della sacra sindone, novello Gesù Cristo delle mie nottate, poi colazione con il fondo di una dose di marmellata “naturale”, di fragole assopite in una pentola e disciolte prima dell’alba. La spalmo sulle mani, ma potrei spalmarla sulla carta, o sul telefonino che squilla, però temo che quello non potrò ingoiarlo. L’aroma del caffè combatte per forarmi le narici e raggiungere qualche remota parte del cervello. E tutto questo avviene prima che io metta piede fuori dalla porta.
Continuo a raccontarvi il femminismo della differenza (sessuale) a partire da un presupposto essenziale. Tutto quello che piace all’uomo implica una negazione dei bisogni femminili. Se piace a lui non può piacere a te. Pena, la scomparsa della soggettività femminile. Dico sul serio. La differenza sessuale va intesa proprio a partire dai differenti bisogni. Per esempio:
C’è una categoria di femministe chiamate “della differenza” (sessuale) che in questi tempi bui ci insegnano quello che il femminismo dovrebbe essere. Secondo loro sesso/genere sono una cosa sola. La dicotomia entro la quale devi muoverti è quella maschio/femmina. Il tuo genere è dato per la biologia che ti caratterizza. Hai il pisellino, sei omo, hai la passerina, sei femmina. La differenza tra uomini e donne va rivendicata, perciò cominciamo con una serie di parentesi necessarie per spiegare in cosa dovrebbe consistere l’emancipazione femminile. Innanzitutto bisogna finalmente ottenere il riconoscimento tanto a lungo negato. A chi pensava che uomini e donne fossero uguali va detto che invece no. Siamo diversi. Però, volendo, le donne possono fare delle concessioni agli uomini che si mostreranno meritevoli.
mi chiamo Bruna e dato che abito a Sud, in un paese con meno abitanti che pensieri, non ho trovato molti riferimenti per cercare di capire come essere una brava femminista. Mi affascinano molto alcune letture. Qualche libro che parla in modo semplice, perché quelli in cui si usa il femministese non li capisco molto, e, soprattutto, mi lascio coinvolgere in vivaci discussioni su facebook che mi lasciano decisamente un po’ confusa.
Sull’huffington post una donna riferisce qualcosa circa i risultati di una ricerca fatta a Boston dalla quale emergerebbe un risultato apocalittico. La fonte abolizionista (e figuriamoci) che riferisce di questi risultati dice che su 1200 uomini intervistati ben 101 sarebbero stati clienti di prostitute. Della carica dei 100 e 1 si dice che sarebbero “predisposti” alla violenza fino addirittura ad arrivare allo stupro. Ma il pezzo non si ferma qui. La ricerca svelerebbe che in “tutti” gli intervistati c’è traccia del germe violentemente mascolino. Privi di empatia, fanno sesso meccanico a pagamento, ma è una meccanicità dotata di disprezzo nei confronti delle donne. Non sanno instaurare relazioni vere, ‘sti zozzi vanno a puttane e poi contagiano le brave mogli con le malattie “veneree”.
Articolo in lingua originale QUI. Traduzione di Antonella.
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Tutta colpa del Selfie Spoon. Lo scorso settembre fu lanciata una campagna pubblicitaria che si era guadagnata l’immediata attenzione del mondo dei media. Ed è stato a quell punto che Michael Krivicka si è messo a pensare se non fosse possibile realizzare qualcosa di ancora più stupido che riuscisse però ad avere il medesimo successo mediatico.
Parentesi seduttive di un’amica sessantenne. Donna vissuta, sguardo intenso, con una storia lunga e interessante da raccontare. Lineamenti naturali, poco trucco, niente lifting, un bel sorriso, dopo tutto. Mi dice che vuole uscire in versione trombo. Mi invita a fare un giro con lei e io le dico che al momento sono un po’ acciaccata. Coi punti dell’intervento mi riesce molto difficile andare a fare bagordi, figuriamoci a improvvisare una posa seduttiva. Lei prova a condizionarmi e mi parla del fascino dell’ammalata, ché sicuramente avrei trovato un salvatore di quelli giusti. Le dico che non se ne fa niente ma di dettagliarmi quel che è riuscita a combinare. Mi tiene mezzora per parlarmi della sua pelle pendula nel mezzo delle cosce. Mi chiede se secondo me si può rassodare qualcosa e le dico che la pelle “pendula” non si rassoda. Pendula è e pendula rimane. In compenso si possono inventare nuovi giochini erotici con quella pelle in più. Hai mai detto cose tipo “baciami la pelle pendula” facendo credere che è la zona più erogena che c’è? Guarda: agli uomini in media piace farti piacere. Se tu sospiri loro sospirano. Se tu urli loro urlano. Se tu ti ecciti si eccitano anche loro. Vibra la tua carne pendula e fagli vedere come si fa a farti godere all’infinito.
Me la vedo spuntare un giorno che era nuvoloso. Arriva dietro la porta a vetri e chiede di me. Mi presento e lei mi salta addosso come una furia. A fermarla c’è una mia amica e un ragazzo che stava aspettando in fila il suo turno. Mi chiamo Rebecca e sono una prostituta. La donna che mi ha aggredita invece è la ragazza di un mio cliente. Non so come lei abbia saputo di me ma avrebbe dovuto capire che io non ero obbligata a sapere di lei né dei tanti tradimenti che si consumano a mia insaputa. Quel giorno ero uscita per andare a fare la spesa nel negozio a dieci metri da casa mia. Nel quartiere mi conoscono tutti. Sono una “bella di notte”, ma per tante persone sono anche quella che “di giorno” parla, ride, scherza con i vicini.
Vorrei rendervi partecipi di un disagio che rende la mia vita un inferno. Non ho mai appreso l’arte della masturbazione silenziosa. Non so come fanno gli altri, ma quando mi tocco io, si sente lo strusciare della mano nel lenzuolo, e poi il movimento accellera e il mio respiro si fa più pesante. Contraggo i muscoli e tremo anche un pochino. Perché io possa darmi soddisfazione devo restare sola in una stanza, chiudermi in bagno, o aspettare che tutti dormano profondissimamente sperando di non svegliarli. Il fatto è che in piedi non riesco a masturbarmi, perché ho bisogno di stringere le cosce e se le stringo forte non posso restare in equilibrio a lungo.
Da un po’ di tempo non si fa che parlare delle donne dell’Isis. Di tutti gli argomenti che si potrebbero trattare a proposito di questa organizzazione estremista quello che più preme all’occidente, come sempre, è il ruolo, la funzione esercitata dalle donne. Dapprincipio sono stati pubblicati articoli in cui si parlava della maniera orrenda in cui gli uomini dell’Isis trattavano le donne. Vendute come schiave, uccise se non volevano sposarsi, costrette alla riproduzione per generare figli di jihadisti, con dei comandamenti da rispettare sotto stretta sorveglianza di altre donne cattivissime. Dopo un po’ cominciò a circolare un manifesto in cui ‘sta gente spiegava come doveva comportarsi una donna. Niente scuola o lavoro, figli, marito e famiglia, combattenti solo se necessario e sotto gli ordini dei capi maschi, preferibilmente nel ruolo, un po’ più nascosto, di cecchine.
Serata al pub. Qui funziona che si balla quando e dove vuoi. Vestiti ognuno come vuole. Né trendy né altro per divertirti. Come as you are. Ma essere almeno un po’ ubriachi, quello si, aiuta. E’ per questo che i miei amici e colleghi di qua mi apprezzano: io ballo senza aspettare di essere brilla. Sempre e di fatto faccio da spazzaneve, disinibisco un po’ tutti – loro che di solito aspettano la terza pinta per smettere di vergognarsi di fare cose allegre in pubblico – e mi seguono, contagiati dal mio modo di muovermi che a loro sembra esotico e adattissimo alla musica anni ottanta che è ritornata prepotentemente in voga. Io mi sono guardata bene dallo spiegare loro che invece è l’unico modo in cui so ballare, proprio perché non ballavo dagli anni ottanta, ecco. Per dire.
Esterno giorno. Io e una conoscente sulla mia vecchissima automobile. Per andare dove dobbiamo andare mi suggerisce una scorciatoia, ma non questa, è quell’altra. Okay, le dico. Perché questa no e quella si? Perché quella è a prova di pompino. Ah si, ecco, come non averci pensato prima? Sommessamente chiedo, con una gran paura di sfidare l’ovvio: ma che vuol dire “a prova di pompino”? Lei mi guarda sorpresa, come se si trattasse della cosa più ovvia del mondo. Davvero non lo sai? – chiede. E no, cara, che mizzica vuol dire? Così, pazientemente, come si fa con una bambina alla quale bisogna spiegare tutto da capo, si mette a raccontare.
Giorni fa sentivo mia figlia bestemmiare. Le chiedo: cara, che succede? Mi dice che non ne può più di vedere in tv la donna sullo stile anni ’50 che non fa altro che cucinare per la famigghia (etero), o si immola sull’altare della patria dichiarando di averci l’istinto materno. E poi, mi dice: “c‘è quella tipa della pubblicità del latte in polvere che mi fa venire l’orticaria. Ogni volta che la vedo spuntare ho voglia di avere in mano un lanciafiamme, e ti giuro che non sono affatto violenta, anzi. Ma se c’è un pensiero che mi viene spontaneo è quello che dice “abbattetela”“. Ovviamente non intende in senso reale, la mia prole scherza e non farebbe del male ad una mosca, ma è un modo colorito e oltremodo diretto di esprimere la sua opinione.