La posta di Eretica, R-Esistenze, Storie

Se anche la malattia è tutta colpa mia

Lei scrive:

ti seguo con interesse da anni. Vorrei condividere la mia storia, se avrai la pazienza di leggerla. Perché so che forse, almeno tu, non mi giudicherai. Ho provato a farlo con un’altra persona prima di te, ma lei mi ha giudicata eccome.

Mi viene sempre in mente un proverbio giapponese che dice: se cadi sette volte, rialzati otto. Vorrei chiedere all’antico saggio giapponese dopo quante volte sia lecito non rialzarsi più.
Nessuno sembra chiedersi cosa succede da grande a una persona che subisce abusi fin da piccola. Evidentemente le persone guardano troppi film hollywoodiani col lieto fine, dove basta un po’ di caparbietà e resilienza per ottenere qualsiasi cosa e per cambiare la propria vita. La realtà è ben diversa. Mio padre è una persona violenta e profondamente disturbata. Mia madre era una persona fragile. Non mi ha mai difeso nei confronti degli abusi di mio padre. Forse perché non ne era in grado. O forse perchè, anche se in maniera diversa, era un po’ abusante anche lei. I miei parenti, sia da una parte che dall’altra, hanno sempre fatto finta di non vedere. Anche se, silenziosamente, disprezzavano mio padre. Ma non era affar loro. Non erano affar loro le sue offese, le sue urla, i suoi schiaffi, le sue palpatine al sedere. Chissà perché la vergogna invece di essere del violento, ricade sulla vittima. Ero io quella che si doveva vergognare. Era mia la colpa di tutto.

Continua a leggere “Se anche la malattia è tutta colpa mia”
Autodeterminazione, Recensioni, Storie

Padri per forza: nuovo libro di Eretica

Ho scritto una nuova storia intitolata padri per forza, tentando di esplorare un tabù che riguarda gli uomini a proposito del fatto che la mentalità corrente continua a spingerli verso la procreazione con la promessa di un’eredità o di una continuazione della tradizione familiare. Ho immaginato che alcuni uomini non volessero avere figli e che qualcuno li costringesse a metterli al mondo sovradeterminando la loro scelta  sminuendo la loro necessità di esplorare la vita e la sessualità non a scopo riproduttivo. Si parla sempre di questo in relazione alle donne ma non ci accorgiamo che sempre più uomini sono scettici riguardo all’idea di avere figli, per un motivo o per un altro, e che talvolta vengono stigmatizzati come se si trattasse di una importante rinuncia ricordando loro che devono agire un dovere sulla spinta patriarcale.

Continua a leggere “Padri per forza: nuovo libro di Eretica”
Storie

Maternità

Ero da sola quando lei nacque e continuai a rimanere sola in seguito. Dormiva poco e io con lei e mangiava tutto quello che potevo darle. I seni aridi smisero in fretta il latte e lei rimase priva di nutrimento. Dovetti sostituirlo con il latte artificiale ma lo sputava e piangeva sempre. Non riuscivo più a dormire in posizione verticale. Stavo seduta, mentre lui dormiva sonni beati, mi preoccupavo che lei respirasse. Mi avevano detto che poteva smettere ad un certo punto e non avrei voluto vederla morire. Non così. Sognavo ogni notte un incubo diverso. Di lei che finiva sotto un’auto o si lanciava dalla finestra o finiva in una buca profonda e ancora neppure camminava. Prima che lei potesse gattonare sistemai la casa con degli appigli di sicurezza, reticelle per fermarla, cuscini per evitare che cadesse su superficie dura, adesivo sulle prese elettriche. Eppure non sembrava mai abbastanza. Continuava a piangere e mi pentii di aver pianto tanto mentre si muoveva dentro di me. Avrei dovuto tacere, smetterla con le angosce, con l’ansia per quel che mi sarebbe potuto capitare, ed ero così sola che un giorno di ritorno dal mercato misi a scaldare il latte sul fornello, le porte chiuse, il latte venne fuori e spense il fuoco. Il gas si diffuse nella stanza.

Continua a leggere “Maternità”
Critica femminista, Il Femminismo secondo la Depressa Sobria, R-Esistenze, Storie

Molestie su minori e omertà a protezione dei pedofili

Vi parlerò di due casi, di cui sono a conoscenza. Perché di questo argomento infido parlano fin troppo senza sapere nulla, molto spesso di pancia ma non è un argomento che va affrontato di pancia ma con la testa.

Il primo: padre molesto, stupratore, di cinque figlie. Sono scappate tutte, prima o poi, anche prima della maggiore età. Non seppero salvarsi a vicenda. Madre assente, totalmente presa dal ruolo della matrona meridionale che con il cibo intende saziare appetiti e cancellare ogni problema. Se quando la prima delle sorelle fuggite avesse detto alla successiva vittima quello che le sarebbe capitato e così via fino all’ultima ragazzina, almeno alcune di loro avrebbero vissuto senza quel trauma. Ma in quella famiglia si sviluppò un misto di amore e odio per cui quando il padre cominciò a guardare con altri occhi la sorellina, quella più grande ne fu indispettita, si sentì abbandonata. Quello era l’unico modo che lei aveva per sentirsi amata dal padre e quel misto di sentimenti e vergogna, sensi di colpa e coinvolgimento emotivo la portavano a non vedere di buon occhio la sua rivale. Mi raccontarono di un gioco che il padre usava fare, la sera, dopo aver bevuto, con la moglie già a dormire, come fanno le brave casalinghe, pronte a svegliarsi presto l’indomani, il padre chiedeva alle bambine di ballare, in camicia da notte, e lui applaudiva, le faceva sentire speciali, poi riservava il gioco più speciale ad una sola, finché rimase l’ultima, la più giovane, fuggita di casa a sedici anni, per raggiungere le sorelle maggiori. La prima, per poter andare via, aveva accettato di sposarsi e accolse con sé tutte le altre, poi si separò, rimasero solo loro, le sorelle. Il padre non smetteva perché le bambine crescevano, perché continuava, fino all’adolescenza. Dunque non si può proprio parlare di una “malattia” quanto del vizio del padre padrone di coltivare un harem con figlie femmine pronte a sostituire l’indesiderabile moglie.

Continua a leggere “Molestie su minori e omertà a protezione dei pedofili”
Antisessismo, Autodeterminazione, La posta di Eretica, R-Esistenze, Storie

Quel che succede dopo lo stupro: narrato da una vittima

Lo stupro non è sesso, non c’entra col piacere. Non riguarda lo straniero. Non riguarda nessuno stereotipo che viene diffuso solo per proteggere la maggior parte degli uomini educati attraverso la cultura dello stupro. Dopo che fui stuprata, cominciai a fare le mie indagini, raccolsi articoli di cronaca, lessi materiale inerente all’argomento, ascoltai conferenze in cui se ne parlava, cercai di seguire il più possibile processi in cui gli stupratori venivano accusati e condannati. La cosa che più di tutte mi colpiva era lo sguardo degli stupratori, diverso in qualche modo, indifferente, non metteva in mostra nessun segno di empatia. La vittima invece stava seduta in prima fila, colma di vergogna, protetta dagli abbracci dei parenti o delle amiche, mentre i parenti del colpevole la insultavano e la chiamavano puttana. Il fatto che persino in quei processi una vittima potesse essere aggredita in quel modo mi fece pensare. Quegli uomini e le loro famiglie non capivano, non erano in grado, pensavano che lei, la vittima, fosse la vera colpevole e non cercasse giustizia ma vendetta per ragioni insite in chissà quale trauma precedente. Come se la vittima nell’accusare lo stupratore volesse in qualche modo vendicarsi di tutti gli uomini. Ed è una cosa che è stata detta anche a me. Mentre narravo del mio stupro le amiche mi dicevano che in fondo mi era andata bene. Non era stato poi così violento. Era stato quasi dolce. Si può definire uno stupro dolce? Mi dicevano che il fatto che io non avessi reagito poteva essere interpretato come un consenso. Mi dicevano anche che sembravo arrabbiata nei confronti di tutti gli uomini. E questa tiritera ho dovuto ascoltarla in ogni situazione in cui si parlava di stupratori. 

Continua a leggere “Quel che succede dopo lo stupro: narrato da una vittima”
Personale/Politico, Precarietà, R-Esistenze, Storie

Cronache postpsichiatriche: isolare le voci è l’arma dei tiranni

Invece bisogna parlarne e parlarne molto. Collettivizzare le lotte è da sempre una strategia vincente. Perché non dovrebbe esserlo anche in questo caso? Perché sono i pazzi a chiederlo? Quelli che si vergognano a esporsi dicendo anonimamente di aver fatto terapia senza dire perché e con che conclusioni? La salute mentale è un fatto legato a milioni di altre situazioni che riguardano tutti.

I pazzi non diventano pazzi a caso, checché ne dicano gli scienziati noi sappiamo che la precarietà, l’essere senza soldi né casa, né futuro porta ad estreme conseguenze. Così come la violenza di genere. Quella violenza terrificante che ti porta a fare violenza ad altre persone, pensando di essere nel giusto o a farla a te stessa. Quante sono le donne cresciute in un contesto malato che odiano altre donne al punto da volere per loro una fine terribile. Quante sono le donne che sogghignano sulla sfortuna delle altre donne. E poi si dicono femministe, solidali. Quante sono le donne che picchiate poi picchiano o che massacrate si massacrano. E quante sono quelle che non hanno la forza di risollevarsi a meno di non calpestare un’altra persona. I meccanismi della violenza producono una serie infinita di cicli di perfidia senza fine. Poi c’è la violenza che ti consuma lentamente e ti rende fragile, non incapace, perché devi saperlo: non è colpa tua, non lo è mai. Anche se c’è chi si diverte a fartelo credere. Anche se c’è chi si vanta di essere uscito indenne da una violenza senza scassare le palle al mondo, ebbene io scasso le palle al mondo perché di queste cose bisogna parlare perché cambino. La violenza, i suoi effetti, non sono fallimenti della vittima. Chi afferma che è stata la vittima a non essere in grado di risollevarsi evidentemente sta rivittimizzando ed è una persona misogina e maschilista, dalla parte di chi fa violenza e non dalla parte delle vittime.

Continua a leggere “Cronache postpsichiatriche: isolare le voci è l’arma dei tiranni”
La posta di Eretica, MalaRazza, Personale/Politico, Precarietà, R-Esistenze, Storie

MalaRazza: storia di una coppia precaria

Ho deciso di raccontarvi di me e di quello che mi succede aderendo all’appello di Abbatto i Muri. Non posso esaurire tutto in poche parole, quindi scriverò più post per cercare di descrivervi la mia situazione meglio che posso. Devo spiegare intanto la scelta di darmi il nome “Malarazza” perché lo sono, una di quelle che non si lamentano e che tirano fuori i denti. Il fatto è che serve a poco o, qualche volta, abbastanza.

Continua a leggere “MalaRazza: storia di una coppia precaria”

La posta di Eretica, Personale/Politico, R-Esistenze, Storie

“La mamma è sempre la mamma”? Non quando è un’egoista alcolista

Lei scrive:

Ciao Eretica,
è da tanto che penso di scriverti e finalmente mi sono decisa a farlo.
Ti chiedo di mantenere l’anonimato,se deciderai di pubblicare questa lettera.

Parto premettendo che questo è più che altro uno sfogo per una situazione che ho vissuto e sto continuando a vivere, ma che non ho mai voglia di condividere con nessuno o quasi.
Sono figlia di una madre alcolista.

Continua a leggere ““La mamma è sempre la mamma”? Non quando è un’egoista alcolista”

Autodeterminazione, La posta di Eretica, Personale/Politico, R-Esistenze, Storie

Il terrorismo estetico

Non so che dire o che fare. A parte lamentarmi per via dei miei malesseri che in parte sono autoprocurati. La sensazione di poter trasportare me stessa in un’altra epoca e un’altra nazione, dove potrei parlare un’altra lingua o forse più d’una. Il disagio è talmente forte e ci sono tante scarse fessure in quelle finestre chiuse. Evito di respirare ma prima ancora evito di uscire per non far colpire il mio volto da quel che resta di un timido raggio solare. Evito di scodinzolare di fronte alla gente ma non riesco altresì a raccontare lo spavento, l’enorme terrore che ho di vivere e raccogliere pareri positivi o negativi sulle mie vicende, sulle mie esperienze.

Mi sono vestita male, una sera, nascondendo tutto quel che ho da nascondere, indossando la tunica della fibra più spessa che possiedo, non per abitudine al monacato ma per non dar adito al fastidio. Quanta importanza ha il fastidio altrui per me? Dico niente ma in realtà è davvero molto. Mi maschero, mi nascondo, quando il buio può far morire le uniche parti di pelle che lascio scoperte. Qualcuno potrebbe insospettirsi, penso, ma in realtà mi preoccupa di più il fatto di dover assolutamente passare inosservata.

Continua a leggere “Il terrorismo estetico”

Personale/Politico, Recensioni, Storie, Violenza

Leaving Neverland: Michael Jackson, presunto pedofilo, e le madri dei bambini

Ho visto il documentario e ciò che a mio avviso viene fuori con maggiore intensità è il fatto che ad essere colpevolizzate degli abusi subiti da Wade Robson e James Safechuck sono le rispettive madri. Entrambe fuggite da una dimensione provinciale e con l’idea di poter lasciarsi alle spalle anche matrimoni “normali”, le due donne alla fine dichiarano il proprio fallimento, il fatto di non essersi rese conto di niente ma figli e nuore sembrano non riuscire a perdonarle. La madre di Wade Robson, soprattutto, colei che dall’Australia è partita lasciandosi alle spalle un marito mentalmente fragile che poi finirà per suicidarsi. Ma anche l’altra madre che nel suo racconto elenca i numerosi benefici, anche economici, che dal rapporto con Michael Jackson le sono derivati. Viaggi in prima classe, in limousine, alloggi in ambienti da sogno, prestiti per acquistare case e promuovere le carriere dei figli. Accecate da questo non si sarebbero rese conto di quanto stesse accadendo sotto i loro occhi.

Continua a leggere “Leaving Neverland: Michael Jackson, presunto pedofilo, e le madri dei bambini”

Autodeterminazione, La posta di Eretica, Personale/Politico, R-Esistenze, Storie

L’infinito cerchio della violenza e i nuovi inizi

Lei scrive:

Cara Eretica, mi sono fatta male a sedici anni, quando ho deciso di consegnarmi anima e corpo ad un uomo che mi ha maltrattata e mi ha costretta molte volte a fare cose che non avrei voluto fare. Lui esercitava controllo su di me e io non riuscivo a sottrarmi e andare per la mia strada. Per molto tempo ho pensato di amarlo e che lui mi amasse e quando qualcuno si intrometteva io dicevo che non erano affari suoi e che io stavo bene così. Ho impedito a mia madre di interferire e ho preferito stare con la madre del mio “uomo”. Pensavo che fosse giusto così. Non sapevo risolvere il conflitto con mia madre e sono scappata da lei a costo di sprofondare all’inferno.

Continua a leggere “L’infinito cerchio della violenza e i nuovi inizi”

Autodeterminazione, La posta di Eretica, Personale/Politico, R-Esistenze, Storie

C’era una volta la bambina e il nonno che le insegnava a far “pompini” ai grandi

Lei scrive:

Cara Eretica, ti scrivo perché vorrei condividere la mia storia in forma anonima (è importante, vorrei tutelare la mia sicurezza).

Da qualche settimana vedo andare in onda su canale 5 la serie “Non Mentire”, che racconta la vicenda di un’insegnante che viene stuprata dal padre di un alunno, il quale è un brillante chirurgo vedovo, ricco, bello, sempre misurato, sempre cortese, sempre professionale, sempre puntuale, sempre il migliore. La protagonista lo denuncia la mattina seguente, ma lui nega tutto. E in assenza di prove, e di fronte all’apparente candore dell’accusato, il caso non viene portato avanti. Con il proseguire della serie, seguendo le ricerche della protagonista e conoscendo meglio il presunto stupratore, si scopre che la facciata scintillante nasconde in realtà una personalità oscura. Si scoprono altre vittime, si scopre una metodologia fissa nel modo di orchestrare le aggressioni (nel caso specifico, lui usava il GHB per rendere le vittime incoscienti), e si scopre addirittura che era stato lui stesso a premeditare il suicidio della ex moglie.
Ecco, vedere tutto questo passare in tv mi ha fatto l’effetto di una bomba.

Continua a leggere “C’era una volta la bambina e il nonno che le insegnava a far “pompini” ai grandi”

La posta di Eretica, Personale/Politico, Storie

Scrawl On The Medieval Wall

un racconto
di Elena Donadon

Vivo in un appartamento con altre due creature. Uno è un uomo, l’altra una femmina.
È surreale pensare che solo poche settimane fa ci toccava aspettare le 9 per un tramonto appena accennato che ci concedesse di iniziare a mangiare. Stomaco che brontolava di fame ma no, per qualche motivo cenare con la luce del giorno ancora presente era fuori discussione.
Ogni volta pensavo la stessa cosa, o meglio, ripetevo a me stessa una citazione sentita da qualche parte. Un film, forse. Una vecchia serie TV. All’epoca non le chiamavamo serie, erano sceneggiati, serial televisivi, film a puntate, FICTION. In ogni caso, nella scena un indiano Cheyenne si rivolge ad un bambino orfano, che dopo aver consultato il preziosissimo orologio da taschino dell’amatissimo padre dichiara di voler mangiare. L’indiano gli risponde che solo l’uomo bianco guarda l’orologio per sapere se ha fame.
Cazzo. Vero. Eppure la saggezza nativo-americana non aveva fatto presa ed ero anche io schiava dell’orologio del microonde.
20.15 groan NO.
20.32 groan groan NO DAI.
20.37 groan groan bluuurp ASPETTA TI HO DETTO.
20.58 groan groan bluuurp GROAN! OK.

Continua a leggere “Scrawl On The Medieval Wall”

Antiautoritarismo, Autodeterminazione, La posta di Eretica, Personale/Politico, R-Esistenze, Storie

Uccidere mia madre, per andare avanti

Lei scrive:

Cara Eretica, in questi giorni state parlando molto di violenza sui bambini e di madri violente e io volevo raccontare la mia storia. Mia madre non tirava solo schiaffi, non erano quelli a farmi male. Era la sua maniera distruttiva, una specie di tornado che distruggeva tutto quello che incontrava. Urlava spesso, la sentivo arrivare e il mio cuore batteva forte. Avrei voluto nascondermi ma non sapevo dove. Ero già grande eppure non capivo e soprattutto non capivo le sue contraddizioni. Come fai ad essere una donna tanto amabile all’esterno e così distruttiva dentro casa? Prendersela con me o con le mie cose per lei era lo stesso. In cinque minuti era in grado di mandare letteralmente in pezzi la mia stanza e io restavo lì a raccogliere i pezzi. Poi mi chiedeva scusa e io non ero in grado di ribellarmi fino a quando non ho avuto la forza di allontanarmi da lei. L’ho cercata a lungo, ho tentato di volerle bene e di farmi voler bene ma non ci sono riuscita e dolorosamente l’ho lasciata andare, lei mi ha lasciata andare. Se ho avuto dei genitori decenti quelli sono stati i miei nonni, anche se erano la causa diretta della violenza di mia madre. Era cresciuta in un luogo sbagliato e non aveva avuto alternativa se non quella di assimilare i loro metodi. Questo però non la giustifica. Non la giustifica affatto.

Certe volte avrei voluto che lei avesse abortito. Perché farmi nascere per poi darmi la colpa della violenza che mi faceva subire? Mi sono spesso detta che sentirmi vittima non aiuta granché e allora ho provato a stare meglio con me stessa. Lei con il tempo ha ammesso le sue responsabilità ed è andata in cura per depressione ma, per quanto io sappia che la sua vita sia stata molto difficile, cresciuta anche lei tra tanta violenza, non sono riuscita a perdonarla. Qualcuno dice che dovrei cominciare da lì per dedicarmi a me stessa ma non riesco e non penso che dovrei. Sono grande ormai e so che restare ancorata alla visione adolescenziale della vita non mi aiuta ad andare avanti, non riesco ad andare avanti, ma anch’io merito aiuto. Non ho fatto figli e credo di non volerne fare mai. Ci sono andata vicino una volta ma non me la sento. La violenza è dentro di me e non potrei risparmiare quel dolore ad un bambino. Non so se riuscirei a spezzare quel maledetto cerchio. Forse potrebbe servire a farmi meglio capire mia madre ma non posso crescere sulla pelle di un figlio. Meglio di no.

Continua a leggere “Uccidere mia madre, per andare avanti”

Autodeterminazione, La posta di Eretica, Personale/Politico, Sessualità, Storie

Amare uno schiavo non è facile

Lei scrive:

Ciao Eretica, vorrei sfogarmi a proposito di una storia che ho avuto tempo fa, con un ragazzo più grande di me, che in intimità è uno schiavo e nella quotidianità un debole. Io avevo appena cominciato ad avere la curiosità di conoscere il mondo del BDSM come dominatrice. Entrai quindi in vari siti e, tra tutta quella gente, conobbi lui. Dopo poco tempo ci siamo incontrati, lui aveva la fidanzata, con cui conviveva, che però non amava più da anni e che voleva lasciare.

All’inizio, durante i primi mesi, non ho fatto caso a nulla di ciò che lui fosse realmente, ciò che volesse e cosa lo faceva soffrire, in quanto lui soffriva molto il fatto di non poter parlare con nessuno del fatto che fosse uno schiavo masochista; anche la fidanzata, con cui stava da anni, non lo sapeva. Quando lui alla fine la lasciò noi cominciammo a passare ancora più tempo assieme, come padrona e schiavo. Non so per quale motivo o logica di questo mondo, ma entrambi ci innamorammo l’una dell’altro. Io lo amavo con tutte le mie forze, pensavo e penso ancora che non amerò con la stessa intensità un’altra persona in questa vita.

Lui era davvero tutto per me, non respiravo senza di lui nonostante fossi io la parte dominante: ero io quella che lo sottometteva, lo picchiava, lo legava e soprattutto quella che lo faceva godere. Agli occhi di tutti, eravamo una coppia come tante, classici, per i fatti nostri, ed era tutto molto bello, finché non ho scoperto i suoi tradimenti di cui in seguito lui stesso mi diede conferma e, come ogni debole, cercando di giustificarlo tramite astrusi ragionamenti, non riuscì a darmi una spiegazione. Forse ho colpe anch’io, più passava il tempo, più ritornavo ad essere la classica ragazza di prima, prima del BDSM.

Continua a leggere “Amare uno schiavo non è facile”