Comunicazione, Culture, Salute Mentale, Vedere

L’agorafobia al cinema e in tv

Ho visto l’ennesimo video con protagonista una donna agorafobica e mi si sono drizzati i capelli per gli stereotipi, sempre gli stessi, rappresentati. Non solo si racconta che l’agorafobica alla fine compie un atto di eroismo ed esce fuori per risolvere un crimine o cose del genere ma si rappresenta la donna affetta da agorafobia con una serie di caratteristiche precise.

Le agorafobiche sarebbero sempre strafighe, mai in sovrappeso, campionesse di hacking, nerd iperpreparate sul funzionamento dei computer e specializzate in comunicazione digitale, ricche e abitanti di case di 200 mq, terrorizzate di affrontare il mondo esterno ma impavide nel farsi i fatti dei vicini, pronte a scovare crimini e ingiustizie ed eventualmente capaci di praticare arti marziali.

Della serie che le agorafobiche sono strane ma in ogni caso, giusto perché non si sa cosa dire di loro e non si sa spiegare quel che vivono, bisogna descriverle come affascinanti, misteriose, dame il cui panico non impedisce loro di diventare supereroine.

E’ davvero imbarazzante e oltremodo frustrante vedere inscenati copioni in cui si adopera l’agorafobia come mero espediente per rendere più interessante e carica di suspense la storia.

Delle agorafobiche che vanno nel panico alla prima crisi di ansia, che considerano il suono del citofono come un’invasione della loro sfera privata, che hanno un’alimentazione incontrollata e che non sanno nulla di computer salvo che funziona o si spegne perché schiacci il tasto On/Off, non si fa parola. Di quelle che non corrispondono ad un certo canone estetico non si dice nulla. Di quelle poverissime che stanno in un minuscolo monolocale o in una stanzetta della casa dei genitori non si chiarisce niente.

Sarebbe il caso di far emergere storie raccontate dalle agorafobiche nel mondo reale, perché la cosa sensibilizzi e faccia comprendere quel che si vive in quelle circostanze. E’ troppo chiedere di essere ascoltate?

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