Antisessismo, Comunicazione, Critica femminista, Recensioni

Documentari true crime: sulla pelle delle vittime!

Seguirli è appassionante, le ricostruzioni appaiono convincenti, mentre li guardo però sento che qualcosa mi procura disagio e dapprincipio non capisco cosa, a parte il fatto che pare siano seguitissimi da donne, poi mi concentro e riesco a focalizzare un punto: i più appassionanti sviscerano i crimini che coinvolgono donne, stuprate, uccise, accusate ingiustamente o condannate per ossessioni maniacali, aver ucciso figli da sacrificare in nome di un credo da setta, aver ucciso un uomo che le brutalizzava, aver ucciso qualcuno chiedendo perdono alla famiglia delle vittime.

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Creature cyborg, questione di genere,cultura dello stupro

Ogni volta che scelgo di guardare un film, una serie, in cui si parla di robot spero che non replichino cliché che vogliono le creature cyborg piegate al volere degli umani. Spero che non ci sia qualcuno che le crea per farne l’uso che legalmente gli uomini non possono più agire sulle donne. Spero che non appaiano idioti che vogliono usarle pensando che non ci sia bisogno di chiederne il consenso. Spero che non servano per riprodurre la cultura dello stupro che vuole una donna disponibile sempre e comunque. Spero che l’umanizzazione dell’androide non avvenga solo perché si scopre che l’androide può generare un figlio.

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La ragazza di neve: perché il libro è meglio della serie tv

Javier Castillo ha scritto un gran libro, che ho letto tempo fa e tutto d’un fiato. Non solo abbatte alcuni stereotipi sul genere ma costruisce con perizia personaggi e critiche sociali sulle leggi che dominano gli Stati Uniti, luogo in cui la sua storia è ambientata. C’è una giornalista che supera uno stupro di gruppo e diventa una combattente al punto da beccare criminali e denunciarne l’esistenza attraverso i suoi articoli e poi c’è il rapimento di una bambina in un contesto in cui c’è un uomo cui viene rifiutata l’assicurazione per ulteriori tentativi di procreazione medicalmente assistita, c’è il padre della bambina, l’assicuratore che nega l’istanza, e solo dopo c’è la donna, la finta madre, che per tutto il tempo immagina di aver fatto un grande errore e capisce solo alla fine che è stata dominata da un folle che spara al vicino perché non scopra nulla.

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L’invenzione di Dracula e altri miti misogini e sessisti

Una delle storie che viene citata sul libro Mostruoso Femminile è quella di Mercy Brown, ragazza morta in New England, a Exeter nel Rhode Island. L’ultima di una serie di vittime morte nella sua famiglia per tubercolosi fu ritenuta responsabile del contagio del fratello che per esorcizzare il male bevve una pozione fatta di organi della sorella. Mercy fu trafitta, da ciò che si narra, con un paletto e poi ridotta in cenere. L’ignoranza in materia di contagio sulla consunzione (ingerire organi di una malata non era il massimo per evitare la tubercolosi) e quella sui gradi di decomposizione di un cadavere fece ritenere che i gas esalati dal corpo fossero giudicati un “gemito” e che la crescita di capelli e unghie (al ritrarsi della carne continuano a crescere dopo la morte per un breve periodo) rappresentassero la prova che la ragazza fosse in realtà una non-morta, una vampira contagiosa e dispettosa che dopo essere crepata per malattia doveva perfino essere impalata e punita al suono di molti Amen.

Ci sono vari casi della cronaca ottocentesca tardo europea che sono contrassegnati da simili pregiudizi, alcuni risalenti ad epoche lontane e territori orientali in cui si davano i morti in sacrificio a vari Dei per evitare che la loro sfortuna si abbattesse sui parenti in vita. Nelle nostre zone puritane invece capitava di seppellire vive alcune persone in coma. Cosa che creò l’abitudine di collegare un campanellino alla bara, nel caso il morto volesse segnalare la propria vitalità. Per i vampiri invece, responsabili di tutti i mali del mondo, si preferiva fissarli al terreno con il paletto, per evitare che andassero in giro indisturbati, poi si poneva la lapide in fondo per bloccare corpo e testa della persona deceduta.

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Donne che amano i serial killer

Guardando una puntata di Dark Tourist, su Netflix, si possono vedere decine di donne, giovani, in tour per toccare con mano o evocare il fantasma del serial killer Jeffrey Dahmer. Quest’uomo, ormai morto ammazzato in prigione dopo aver subito una condanna di diversi ergastoli, attirava giovani asiatici o afroamericani in locali omosessuali e poi li violentava, squartava, alcuni li usava come cavie per renderli docili e di compagnia, altri li smembrava e ne mangiava i pezzi. Aveva progettato un altare con teschi e pezzi di cadaveri che lui era pronto a contemplare dalla sua poltrona. Questa la storia che potete approfondire ovunque.

Quel che il documentario mostra invece non è soltanto il gusto dell’orrido da parte di giovani donne in cerca di sensazioni forti, ma cercano addirittura delle giustificazioni, qualcuna lo dipinge come un solitario bisognoso di compagnia, altre si offrono per curare chi abbia pulsioni del genere, con sindrome da crocerossina che sappiamo non salverà le loro vite. E’ davvero terribile non solo che esista un turismo di questo tipo, ma che attragga persone che possano immaginare ci sia fascino nello smembrare, violentare, mangiare corpi.

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Le storie di #tuttacolpamia su spotify

Ho messo online alcune delle storie che fanno parte della campagna #tuttacolpamia. QUI in ebook (Qui in cartaceo) e su Anchor ho cominciato con la lettura delle storie che potete ascoltare anche su spotify. Fatemi sapere se vi aggrada e se volete partecipare scrivetemi abbattoimuri@gmail.com

Il periodo per me è nero ma devo pur fare qualcosa per mettere in relazione i miei contributi e restituirvi quel che mi date in termini di supporto. Un bacione

Eretica Antonella

Antiautoritarismo, Antifascismo, Antirazzismo, Antisessismo, Comunicazione, Critica femminista, R-Esistenze

Donna al governo? Nulla da celebrare!

Articolo su Repubblica di oggi.

C’era da aspettarselo. Qualcuno celebra la vittoria di una donna di estrema destra in quanto donna e la mette sullo stesso piano di una Nilde Iotti e di Tina Anselmi, entrambe reduci da una resistenza antifascista combattuta nella seconda guerra mondiale. Donne che contribuirono a scrivere la nostra Costituzione non possono essere messe sullo stesso piano di quelle che vogliono riscriverla con programmi che richiamano in modo chiaro ad una linea politica che l’estrema destra non ha mai abbandonato. Più natalità, quindi schiavitù riproduttiva delle donne, blocco dell’immigrazione, che prelude a decreti sicurezza di vario tipo, più potere alle prefetture di mussoliniana memoria, educazione di giovani al nazionalismo e a ritrovare l’orgoglio patriottico e nazionalista (si dovrà cantare l’inno di Mameli nelle scuole e torneranno le divise nere o dei giovani balilla?). Severità promessa per chi lede il “decoro” e già immagino multe e sanzioni a omosessuali e lesbiche che si baciano o si tengono per mano per strada. Si traccia la rotta per una difesa delle donne in senso patriarcale e paternalista, ovviamente dall’immigrato visto come aggressore senza toccare la questione di genere.

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La cultura dello stupro uccide le donne

Non so che ruolo abbia questo signore nella Croce Bianca ma le sue affermazioni sono davvero terribili. Ecco cosa bisogna combattere, per prevenire il prossimo femminicidio. Il resto del carlino riporta che egli ha affermato “Non siate provocanti e gran parte delle aggressioni saranno evitate”. Aggiunge: “Comunque anche lei come andava conciata, ovvio che il ragazzo era geloso”.

Ha aggiunto, rispondendo a donne che gli chiedevano conto delle sue affermazioni: “Comportatevi più sobriamente come le nostre nonne, non siate scostumate e provocanti e gran parte delle aggressioni saranno evitate, la colpa prima di tutto è del mondo di oggi totalmente fuori controllo, la donna fa I’uomo e viceversa, ma dove siamo arrivati?”. 

Dunque la colpa di un femminicidio e dello stalking subito dalla vittima sarebbe della vittima? Se queste battute sessiste e stereotipate non vengono cancellate, se non si combatte questa cultura dello stupro e del femminicidio, ogni donna è a rischio e a tutte si dirà che è colpa nostra, del modo in cui ci “conciamo” e di come viviamo. Una donna è libera di essere e fare quello che vuole e non è permesso pensare che il suo rifiuto alle attenzioni indesiderate di uno stalker sia qualcosa di diverso di un No. Lei aveva detto No e lui l’ha uccisa per questo.

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Se hai bevuto e non chiudi la porta non è stupro

Continuano a chiedere alle donne di denunciare ma il problema è evidente. Le donne non denunciano perché sentenze come questa dicono che se subisci uno stupro è colpa tua. Se hai usato alcol non sei in grado di dare consenso e se tieni la porta aperta non hai invitato nessuno ad entrare e a stuprarti. Dovrebbe essere chiaro a tutti eppure c’è chi ancora immagina che ci siano donne che lancino segnali ambigui senza tenere conto del fatto che se diamo un consenso diciamo di sì e altrimenti è no.

Non chiedeteci di denunciare. Non chiedeteci di parlare. Non diteci che è colpa nostra. La responsabilità è di chi continua ad assolvere la cultura dello stupro e la diffonde attraverso sentenze e titoli scandalistici sui quotidiani.

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La scrittura delle donne è ora un libro

Eccomi: Ho deciso di aggiungere un bel po’ di capitoli, con note a pie’ di pagina e farne un libro. Lo trovate QUI in versione ebook e QUI in cartaceo. Spero vi piacerà. Nel frattempo continuo a scrivere di Pazze e corpi colonizzati.

Un abbraccio a tutti e tutte 

Eretica Antonella

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Fantascienza e malattia mentale

Immagino saprete che la maggior parte degli scrittori che scrivono di fantascienza abbiano problemi mentali. Alcuni tentarono il suicidio altri prendevano pasticche e alcol ed altri ancora si consumarono nella depressione trovando in essa una sorta di risorsa che forniva immagini che venivano poi descritte talvolta in maniera ossessiva, ripetute da un libro all’altro, talvolta diventavano reali intuizioni su ciò che sarebbe avvenuto nel futuro. In tempi nei quali lo stigma sulla malattia mentale obbligava questi autori a restarsene per conto proprio, mietendo vittime nelle loro relazioni, una donna dopo l’altra, essi sviluppavano una visione che diventava la traccia sulla quale avrebbero sviluppato le trame di un romanzo. Anche autrici o autori che scrivevano generi differenti soffrivano talvolta di malattie mentali e la scrittura diventava per loro il modo di osservare il mondo attraverso una lente diversa. Riuscivano a percepire ciò che altri non vedevano. Le donne soprattutto raccontavano la propria realtà o quella dei propri personaggi riuscendo a favorire una reale evoluzione culturale che solo in seguito poi sarebbe stata riconosciuta e premiata. La loro lungimiranza veniva considerata una stranezza, il disagio di vivere il presente diventava il modo di proiettarsi nel futuro. Non serve effettivamente avere una malattia mentale per riuscire a scrivere la trama di un romanzo ma per gli scrittori che sono stati i miei riferimenti per tanti anni evidentemente aiutava. Li aiutava a interferire in una realtà normalizzata con spunti visionari e inimmaginabili.

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Come scrivere un libro

Mi hanno chiesto come faccio a scrivere un libro e non avendo alcuna presunzione in materia posso solo dirvi come faccio io. Quello che faccio è cominciare a ragionare sulla storia che prima di scriverla conosco dal principio alla fine. Andare avanti inventando e senza conoscere la conclusione in genere mi ha portato a scrivere contenuti dispersivi che volgevano verso finali che non riuscivo più ad immaginare. Perciò devo conoscere la storia nel dettaglio, immaginando di averla vissuta, come se mi appartenesse e quando scrivo diventa un resoconto di memorie che va arricchita a seconda dello stile che scegli. Puoi scrivere in prima persona, al presente o al passato o in terza persona. Ho sperimentato diversi stili, perché fin da bambina dopo aver letto un autore riuscivo ad imitarli fino a quando non ho trovato il mio, caratteristico del mio modo di essere e sentire. Uno stile non è solo una faccenda di punteggiatura e di sintassi ma è la maniera in cui tu offri a chi legge l’argomento che hai scelto di trattare e per me è fondamentale giacché la mia scrittura non è scissa dall’interesse politico, personale e sociale. Non è arte per l’arte ma un modo per raccogliere un filo e offrirlo ad altre persone che potranno poi condividerlo ancora, per tessere una trama di esperienze vissute.

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Antiautoritarismo, Antisessismo, Autodeterminazione, Comunicazione, Critica femminista, Il Femminismo secondo la Depressa Sobria, R-Esistenze, Violenza

Errori di comunicazione nelle campagne contro la violenza di genere

Uno degli errori più frequenti che vedo realizzati in campagna contro la violenza di genere è quello di rappresentare un’immagine in cui c’è una donna a capo chino o con la mano pronta a parare colpi, in una situazione di difesa. L’immagine presenta la vulnerabilità di una donna piuttosto che la sua forza nel percorso di fuoriuscita da una situazione di violenza. Quel che bisognerebbe rappresentare invece è l’urlo di una donna che manifesta rabbia, potenza, coraggio, forza. 

L’immagine su descritta normalmente sollecita l’intervento paternalista di tutori che si assumeranno la responsabilità di salvare la vittima. Invece una campagna contro la violenza di genere dovrebbe far emergere la forza di una donna che si salva da sola. 

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Modelli estetici imposti

A questo proposito ripropongo un video realizzato da Yolanda Dominguez dal titolo Poses:

L’analisi di Yolanda della realtà passa attraverso il living, la performance agita nello spazio urbano che crea sconcerto e dubbio negli ignari spettatori-passanti. La riproposizione di situazioni od eventi decontestualizzati o improbabili hanno lo scopo di far sorgere il dubbio sulla veridicità di quello che sta avvenendo, svelando l’assurdo che si cela dietro a molti dei dogmi che ci vengono imposti, primo fra tutti quello dell’immagine femminile.

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Una ragione per vivere

A che punto sto? Vediamo… Sto al punto in cui sento una quiete interiore che mi addolcisce ma mi fa pensare che io stia perdendo la spinta verso un obiettivo. Dopo aver tanto parlato di me e del mio passato mi pare di essere incline a comprendere le ragioni di tutti. Incluso mio marito. No, non sono diventata santa né intendo diventarlo. Solo che In me vince quasi sempre la parte razionale, alla faccia di chi dice che le donne sono emotive. Non piango, non mi arrabbio, ripenso a certe cose e mi viene da ridere. Prendo tempo che mi serve per trovare una nuova ragione per vivere. Quella ragione potrei essere io? Non lo so. Non mi torna. Piuttosto intendo qualcosa che mi incuriosisca, qualcosa di nuovo, che ancora non conosco e che mi piacerebbe conoscere. Sono sempre alla ricerca di nuovi stimoli, sapete com’è, per un’anima depressa gli stimoli rappresentano la vita stessa. Cerco un po’ di bellezza e mi pare di averne vista tanta ma di essermi persa qualcosa durante il corso degli anni, soprattutto durante gli ultimi dedicati semplicemente a sopire il dolore. Quando il dolore è sveglio si è pronti anche a recepire il resto, quello che di bello il mondo ti riserva, eppure al di là dei libri, la bella scrittura, che penso non sarò mai in grado di equiparare, mi pare tutto fermo.

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