Antisessismo, Autodeterminazione, Critica femminista, R-Esistenze, Recensioni

Cari uomini, io so che le donne libere vi fanno paura

Vorrei parlare della paura, quella che ti hanno educata a provare dicendoti che devi essere prudente, non devi andare in giro la notte e che se ti succede qualcosa è perché hai evitato di tenerne conto giacché sei tu quella che eventualmente se la cerca. E raramente senti qualcuno che dice ai futuri uomini che non dovranno mai violare lo spazio e la libertà delle donne, che mai dovranno usare lo strumento della paura per trarne potere, che mai dovranno intimidire, minacciare, usare, consumare i corpi e le vite delle donne.

C’è la paura di essere violata e poi c’è quella di non essere creduta, di dover subire un processo che ti giudicherà colpevole anche se vittima. C’è la paura che ti rende inabile ad alzare la testa ed esigere qualcosa per te stessa. C’è quella che ti obbliga a nasconderti, a renderti invisibile, perché altrimenti la pagherai cara.

D’altro canto tutte le minacce subite, quel che ci viene tolto, è segno del fatto che certi uomini provano terrore della nostra libertà, temono di perdere il potere. Hanno una fottuta paura della nostra ribellione, paura di sentirsi piccoli e inutili senza poter tenere in mano il lembo di tessuto che usano per legarci. Ci sono narrazioni, storie di donne che si raccontano, che mi suscitano rabbia e disgusto. Allo stesso tempo quella rabbia diventa strumento di liberazione, diventa voglia di reagire ed è per questo che la parola è importante e che i paurosi uomini vorrebbero condannarci al silenzio.

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Autodeterminazione, Critica femminista, R-Esistenze, Raccontare il femminismo

Raccontare il femminismo: combattere contro omertà e ricatto sessuale

Parlando ancora di femminismo e di analisi dei fenomeni violenti utile a individuare forme di prevenzione attraverso la critica alla cultura che li genera.

3° capitolo

Combattere contro omertà e ricatto sessuale

 

Mi fermo a ragionare di prigioni culturali che di sicuro non fanno bene alle ragazze vittime di violenze. Per chi intende obiettare l’esistenza stessa della violenza di genere la risposta è no: la violenza di genere esiste e si manifesta in vari modi. Si tratta di limitazioni che le ragazze subiscono tutti i giorni, addomesticate come sono da editoriali pittoreschi e morbosi che parlano della “furbizia” o del “degrado” come precondizioni di un fenomeno violento che in realtà riguarda tutte.

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Antiautoritarismo, Antisessismo, Autodeterminazione, R-Esistenze

Processo a carico del prete Illarraz, per accusa di abusi su minori

Ha avuto inizio il processo a carico di Jose’ Illarraz, il prete che ha abusato sessualmente di almeno sette minorenni, tra i 12 e i 15 anni, che erano sotto la sua tutela nel Seminario per minorenni di Parana’, negli anni tra 1985 e 1983.

L’inizio del processo e’ il risultato di una lunga lotta delle vittime per far ascoltare le loro denunce e, organizzati dalla Rete dei Sopravissuti all’Abuso Ecclesiastico, hanno lottato per evitare la prescrizione della causa e l’impunita’ dell’abusatore. Uno dei primi testimoni ha denunciato, fin dall’inizio del processo, il tentativo di coprire i fatti, per proteggere Illaraz, da parte delle autorita’ ecclesiastiche dell’Arcivescovato di Parana’, alle quali il denunciante si rivolse al tempo dei fatti. Le stesse autorità che, presa visione dei fatti, non fecero nulla.

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Antisessismo, La posta di Eretica, Personale/Politico, R-Esistenze, Storie, Violenza

Picchiata da uno sconosciuto perché donna

Oggi ho pubblicato sulla pagina facebook di Abbatto i Muri il messaggio di una ragazza che è stata picchiata da un tizio, uno sconosciuto, mentre lei stava in auto. Motivo? Perché è una donna. Così sotto il post trovo una valanga di commenti di chi ha raccontato che questo non è un fatto isolato. Chi ti vede per strada e se gli stai sulle scatole può anche picchiarti nell’indifferenza generale.

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Obesa è la cultura dello stupro

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Lei scrive:

Cara Eretica, (…)

Ventotto anni di stereotipi sessisti mi hanno resa debole e per cambiare vita ce n’è voluta di energia e forza. Sono una ragazza che pesa più della norma, ma non vi racconterò del mio peso. Sono stata depressa, ma non vi racconterò la depressione per come la conoscete. Tutto quello che vi racconterò è il male che non sono stata in grado di percepire perché prima di quel male sono stata bullizzata e psicologicamente abusata da troppe persone.

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Personale/Politico, R-Esistenze, Violenza

Alla vittima di stupro di gruppo in Calabria: non sei sola!

Di quante dimostrazioni abbiamo bisogno prima di chiamare le cose con il proprio nome? Accade a Melito, per esempio, in Calabria, ma potrebbe accadere ovunque e in fondo la questione si riduce alle conclusioni di sempre.

  • lei è stata stuprata, minorenne, da più persone.
  • lei se l’è cercata, perché le ragazzine oggi si conciano in modo osceno.
  • i ragazzi sono di buona famiglia e quando si parla di loro si dice che non siano le loro azioni a rovinargli la vita, ma il fatto che ora sia di dominio pubblico e che la ragazza abbia detto quello che le era capitato.

Fino a quando si penserà questo non potremo sconfiggere il fenomeno e non potremo assicurare alle ragazze la possibilità di vivere la sessualità in modo sicuro e consapevole, giammai per costrizione, ma solo perché si tratta di una scelta.

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Se sei stata abusata o se abortisci è sempre colpa tua

Lei scrive:

Ciao Eretica, volevo scrivere della mia battaglia ormai quotidiana. Faccio una premessa: quando avevo 3 anni mia madre (single) andava a lavoro e mi lasciava a casa con mio fratello, di 18 anni più grande di me. Non ricordo come cominciò, ma mio fratello ogni volta che si presentava la situazione appena descritta mi obbligava a masturbarlo. Ho pensato che fosse una cosa normale finchè mi è sorto il dubbio a 8 anni (le molestie erano durate un paio d’anni.

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Mia madre, complice omertosa di un pedofilo

Le complici dei pedofili sono tante, più di quanto immaginiate, perché per ogni abuso in famiglia c’è un intero clan a supporto, a protezione, omertosa, di chi abusa. C’è che a volte lei non vuol vedere o non le conviene perché veder abusato il proprio figlio o figlia, facendo finta di niente, le sembra meglio che finire sotto i ponti, con la fame e il freddo che colpirebbe entrambi. È una scelta coraggiosa quella di una donna che smette di proteggere il figlio, il fratello, il padre, il marito, il convivente, perché significa che lei ha evidentemente deciso di smantellare la propria rete di sicurezza, di rimettere tutto in discussione, per il bene di quella creatura. Che abbia meno di cinque anni o più di dieci poco importa, per quel che consegue al trauma dato alla sua vita intima, affettiva, sessuale.

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Mia madre picchiava mio fratello e non potevo fare niente

Due figli, io e mio fratello. Mia madre, mia nonna, e mia zia. Viviamo tutti insieme da quando i miei genitori si sono separati. Io sono la figlia maggiore e mio fratello è più piccolo di otto anni. Praticamente l’ho cresciuto io. Hanno deciso di fare un figlio per provare a riaggiustare il matrimonio ma alla fine non è andata bene e ora mia madre continua a rinfacciarci che ha fatto tutto per noi e tratta mio fratello come fosse il diavolo in persona. Non sa accettare il fatto che un figlio piccolo lo devi pur crescere e se non intendevi farlo allora potevi lasciarlo con nostro padre.

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Mio fratello mi ha fatto violenza e la mia famiglia lo difende

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Lei scrive:

Cara Eretica,

seguo da un po’ il tuo blog e mi sei capitata nella vita in un periodo di grande crescita, cambiamento, di consapevolezza di me stessa innanzitutto e poi di tutto quello che mi circonda, che mi riguarda in quanto donna da un lato, e persona che cerca di pensare con la sua testa da un altro.

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Lo stupro e l’omertà

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Lei scrive:

30 anni dopo…

Leggo distratta il suo nome su Facebook, un amico e’ diventato suo amico.
Eppure, mi dice qualcosa, forse lo conosco, stessa citta’ natale, stessi amici…

Ritorno al mio quotidiano, e all’improvviso mi ricordo.

Eravamo stati insieme meno di un mese, poche settimane di cui una passata a Londra. Cosa avrei dato per andarci anche io, per me neo 15enne naïf e romantica Londra era un mito…

Il resto del tempo era stato solo un incalzare di richieste di 18enne assetato di sesso che non avevano trovato seguito. Non ero pronta, totalmente inesperta e totalmente inibita. Era fin troppo evidente che non volevamo le stesse cose. Mi aveva quindi scaricato senza problemi ma senza lasciare tracce.

La storia sembrava serenamente finita li’. E invece, un mese dopo ci incontriamo in radio. Lui mi chiede se posso aiutarlo a cercare dei dischi nell’archivio. Lo seguo, da adolescente felice che pensa a un ritorno di fiamma.

Mi si butta addosso senza troppi preamboli, mi strappa la camicia, il reggiseno. Svicolo, mi stringe il collo, mi chiude in un angolo. Dietro di me c’e’ un vecchio filo elettrico piatto inchiodato alla parete. Toccando i chiodi con la pelle sudata si prende una leggera scarica. Leggera ma dolorosa. Ogni volta che mi si butta addosso la sento. Cerco di non farglielo capire, e cerco di spostarmi. Mi allunga su un tavolo, e cerca di salirmi sopra e di sbottonarmi i jeans. Sono esausta ma non cedo.

Urla, le mie.

Omerta’, i suoi amici. La vigliaccheria di quello che capisce benissimo cosa stia succedendo negli archivi della radio della parrocchia dei tal dei tali, ma preferisce mettere un casco a tutto volume sulle orecchie di padre Giovanni per non fargli sentire le mie grida piuttosto che venire ad aiutarmi.

Altro che cavalieri e principesse…
Ma io non sono una dolce pulzella esile, e non porto mai la gonna. Mi difendo ancora come posso.
I miei jeans diventano zuppi e collosi di sudore e si trasformano in una corazza.

Minacce, preghiere, suppliche non servono a niente, ma finalmente qualcuno entra di colpo nella stanza, una folata di vento che ricompone tutti i pezzi della scena e lui se la svigna colpevole e infuriato.

Ora e’ li’ sul mio schermo.
Dalla foto sorride al sole, il tempo e’ passato anche per lui ma è ben riconoscibile.

Basterebbe un clic per ricontattarlo e provare a chiudere il cerchio, chiedergli perché, perché io, perché quel giorno li’, cosa scatta nella mente umana per trasformare una persona in una bestia… Ma in realtà mi piacerebbe solo dargli un calcio nelle palle e dirgli “Ti ricordi ? Era il giorno di S Anna del 1980”

Avrei dovuto denunciarlo, ma erano i tempi in cui la violenza sulle donne si misurava in centimetri, e perchè, in fondo, immaginavo il giudice dire « … il fatto non sussiste ».
Aveva creato attorno a me un’incredibile aura di ninfomane, (io ?!?) ma questo lo avrei scoperto anni dopo, e mi chiedo perché, sbuffonate tra amici o preparazione di un alibi se la cosa si fosse risaputa…

C’era anche lui nel mio passato, ma lo avevo rimosso.

Dopo aver scritto questo post, e’ lui che ha rimosso me, oscurandomi su Facebook rendendosi invisibile.
Si e’ nascosto.
Il mio calcio nelle palle, sebbene virtuale, gli e’ arrivato.

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Delle pedofile si parla poco, eppure esistono

Sono Massimo e sono stato stuprato a 13 anni. Lo chiamo stupro adesso perché allora non sapevo cosa fosse. Dopo la scuola andavo a prendere lezioni da un’insegnante che pressappoco aveva trent’anni. Single, viveva con sua madre, vestiva sempre con camicie che lasciavano intravedere il reggiseno. Gonne sopra al ginocchio, gambe scoperte, accavallate o pantaloni aderenti. Il suo atteggiamento era volutamente provocante e so per certo che non lo faceva solo con me. Almeno altri due miei compagni di classe sono finiti nella sua rete e come me non hanno detto niente a nessuno.

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Antiautoritarismo, Comunicazione, Femministese, Violenza

Se la giornalista antiviolenza è omertosa sulle violenze commesse dalle donne

Mi sono occupata, per prima, di analizzare e leggere il cyberstalking come strategia di dissuasione ritorsiva applicata contro chi aveva opinioni diverse dalle mie, sue, tue, vostre. Me ne sono occupata, assieme ad altre persone, senza immaginare vi fosse una origine più o meno legittimata ad attuarlo. Contesto la pratica, il metodo, censorio, fascista, e lo contesto così come l’ho rilevato a partire da più fonti, luoghi, idee politiche.

Che sia un metodo praticato da chi nega o giustifica la violenza sulle donne o da chi lotta contro di essa e d’altro canto nega e giustifica la violenza “delle” donne, immaginando si tratti sempre di legittima difesa, discorso speculare, opposto e identico, per me non fa alcuna differenza. Se il cyberstalking diventa la risposta ad altro cyberstalking sempre della stessa cosa stiamo parlando.

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