Devo aggiungere molte righe al racconto che introduce la mia storia. Non è tutto. C’è molto altro. Cose difficili da dire e difficili da ricordare.
Cerco di reggere il filo provando a non fare troppi salti in avanti o indietro. Metto assieme le difficoltà di una donna separata da un uomo violento, con un bimbo piccolo e alla ricerca di un lavoro che non ti regala nessuno. Neanche se sei in difficoltà come lo ero io. Tutto ciò prima di decidere di fare la puttana.
Quando mio figlio ebbe una terribile influenza che lo portò in ospedale chiesi qualche giorno libero. Sapete com’è. In certi ospedali l’assistenza ai malati la fanno i parenti. Mi dissero di non tornare e quel lavoro si chiuse in un lampo. Altro che comprensione. Devi capire che se manchi tu devo assumere un’altra persona, disse il capo. Chissà perché si chiede ai precari di capire sempre i problemi dei capi. Il seguito credo che lo abbiano vissuto un po’ tutti. Medici che si fermavano a coccolare pazienti con parenti facoltosi e per accedere ad una maggiore disponibilità era necessario portare doni alle infermiere, agli inservienti, a chiunque. Avrei voluto spezzare le ossa di quelle persone. Capisco tutto ma farsi pagare dai pazienti, in un modo o nell’altro, è corruzione. Come quando devi pietire i diritti come fossero favori. Il diritto di ottenere qualunque cosa.
Se dobbiamo fare le puttane per ottenere i nostri diritti allora tanto vale farsi pagare. I favori sessuali, come i soldi, come i regali, sono merce di scambio e prima ce ne rendiamo conto e meglio è. Mio figlio rimase lì più di un mese. Un mese senza lavoro e senza stipendio. All’inizio ero nervosa, infelice, con il cervello in fiamme. Guardavo mio figlio come un peso. Cercavo di sfamarlo e piangeva. Cercavo di dargli un tetto e piangeva. Capitò una sera in cui lui non riusciva a prendere sonno. Non c’erano ninne nanne che potessero convincerlo ad appisolarsi. Era lì in piedi, dentro la culla, e tendeva le braccia verso di me. L’ho preso e poi l’ho scaraventato di nuovo dentro quel contenitore rettangolare. Urlandogli contro. Spaventandolo con schiaffi sul culo. Fortuna che indossava ancora il pannolino. Ma se non fosse stato così lo avrei comunque schiaffeggiato.
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