Antiautoritarismo, Autodeterminazione, Critica femminista, Femministese, R-Esistenze

Io c’ho l’utero e tu no. Gnè gnè gnè (l’universalismo e il femminismo della differenza)

Continua il delirio da parte delle femministe della differenza, a proposito di step child adoption, utero in prestito e coppie gay. Parlo di un pezzo pubblicato su Il Manifesto (anche se potrebbe sembrare l’Avvenire).

Vi regalo una specie di decostructing del pezzo de Il Manifesto. (Mio il corsivo)

Titolo: Con l’universalismo è lei che ci perde (che fa il paio con le tesi sulla sparizione della donna, pianificata come complotto ordito dal patriarcato, dalle bande frocie e dal gender.)

A forza di venir nominate in termini universalistici, quali titolari di «diritti umani», le persone omosessuali sono diventate una specie di soggetto neutro, né maschio né femmina. Quasi mai, quando se ne parla, si distingue tra lesbiche e gay. Farlo però sarebbe utile, specialmente alle lesbiche in molti casi, e proprio sul tema, oggi sul tappeto, della cosiddetta omogenitorialità. (ovvero qui parla una donna, etero, che dice a gay, lesbiche, trans, sempre che comprenda anche codesta figura, come declinare il proprio genere e il proprio orientamento sessuale. e tutto ciò per ricondurre queste pecorelle smarrite entro l’argine del binarismo di genere. dunque la sintesi è: va bene che siete bande frocie ma ricordatevi che comunque femmine e maschi la dea madre vi creò. e volendo parlare di omogenitorialità togliamo di torno questo termine “neutro” perchè, come dice anche famiglia cristiana, i genitori sono mamma e papà)

Le lesbiche condividono con le altre donne il privilegio materno, possono partorire i loro figli. (dunque benvenute signore lesbiche nel cerchio della bellezza e superiorità morale dove si vive il “privilegio materno”. direte voi: privilegio? embè, si. perché se tu, donna, non lo reputi tale e non sottolinei in termini positivi la differenza sessuale, che secondo questo tipo di femministe significa differenza di genere, allora vai fuori dal cerchio e resti punita)

Di qui in alcuni paesi del mondo la tendenza ad applicare alla compagna la presunzione di paternità o anche, dove si riconosce il matrimonio omosessuale, a fare ex lege di ciascuna la co-madre dei figli dell’altra. Queste esperienze potrebbero spingere a puntare in alto: per esempio, a rileggere in chiave femminile le istituzioni del passato, e a riformularle nel principio per cui la madre rende genitore dei suoi figli la donna o l’uomo con cui sceglie di stare in relazione. Le decisioni giudiziarie emesse in Italia a favore dell’adozione da parte del partner omosessuale, dopotutto, sono state pronunciate con riguardo a coppie di donne, e senza unioni civili o step-child adoption. Prestando attenzione a questi dati si scorgerebbe che certamente la differenza sessuale accorda un favor alle donne, che non tutto ciò che è tradizione, storia o cultura è sempre da buttar via e che certe esigenze delle madri lesbiche possono trovare risposte anche senza riforme legislative. (la differenza sessuale accorda un “favor” – molto aulico – alle donne, perché, ci spiega lei, “non tutto ciò che è tradizione è da buttar via”. dunque teniamoci leggi paternaliste di chi vuole le donne a subire quello che qui è chiamato “privilegio”. e se tu questo “privilegio” non lo vuoi sono semplicemente cazzi tuoi)

Ci sarebbe dunque molto lavoro, sul piano teorico e politico, a ragionare di lesbiche e gay (e cioè di donne e uomini) anziché di «persone omosessuali»; ma non lo si fa, e si preferiscono le rivendicazioni universali e neutre: lo stesso modello di coppia e di famiglia per le «persone omosessuali», anche se questo modello uguale serve più ai gay che alle lesbiche. (ancora sottolinea che si sta sempre parlando di uomini e donne. io dubito che ella sia consapevole del fatto che esistono anche trans ftm o mtf. e non chiamiamole “persone omosessuali” perché secondo lei così si perde la bellezza della differenza. immaginando che le rivendicazioni non debbano essere “universali” ma divise per branchi. dove si nega la differenza – quella si – tra donne che la pensano come lei e altre che invece la pensano in tutt’altro modo. tipo me, per esempio. e badate: lei continua ad avvertirvi del fatto che c’è un nemico là fuori: è l’uomo gay che sarebbe avvantaggiato dalle battaglie universali. e io non so se ridere o piangere…)

Se i calcoli politici condurranno all’affido rinforzato o allo stralcio delle adozioni dal progetto Cirinnà le lesbiche saranno, domani, più in difficoltà di oggi nell’adottare i figli della compagna, mentre i maschi otterranno comunque il risultato: la Corte europea dei diritti dell’uomo ha già stabilito, con riferimento alle coppie etero, che il divieto italiano di maternità surrogata non impedisce che il bambino rimanga dei committenti. E siccome questo è stato pronunciato in nome dell’interesse del child (un altro neutro) e non in relazione al modello familiare, varrà presumibilmente presto anche per le coppie gay in unione civile. (dunque se i gay potranno fruire dei diritti da tempo rivendicati sarebbe a discapito delle lesbiche, e questa previsione non si capisce sulla base di cosa sia determinata. inoltre secondo costei la storia si può risolvere a suon di battaglie giudiziarie fino alla corte europea perché tanto, si sa, prima o poi i gay la vincono…)

In materia di famiglia non vi ha dubbio che gli uomini più delle donne si giovano di un tipico corollario delle rivendicazioni universaliste: il loro alto quoziente ingegneristico e riformistico. L’universalismo sempre mostra i muscoli contro le tradizioni e la storia, per definizione oscurantiste. Sventolato oggi, il suo vessillo tende a far dimenticare che la storia che abbiamo alle spalle include molta libertà femminile, che ha imparato anche ad approfittare del passato. Il vituperato «stereotipo materno» si presta, in nuovi scenari, a tornar utile alle donne, di certo più che agli uomini. Loro invece, per diventare una cosa che non sono mai stati (e cioè mamme) è chiaro che hanno bisogno di voltar pagina e costruirsi qualche apposito congegno tecnico-giuridico nuovo di zecca. (ed eccola la tesi secondo cui noi femministe dovremmo affezionarci al femminismo della differenza, terribile, orrendo, nel suo tentativo di affermazione del bisogno di alcune sulla pelle di tutte. tentando di ricondurci allo stereotipo materno quando noi cerchiamo di toglierci di dosso la montagna di attribuzioni di ruoli che arrivano proprio dall’imposizione di genere. ci dice che gli uomini, cattivi, complottano e invece noi dovremmo non concedere nulla di quel privilegio – materno – che da alcune è custodito come dispositivo di potere, come arma di ricatto, in ostaggio per eterne negoziazioni affinché l’uomo possa concedere alle donne ulteriori vantaggi ogni qual volta chiede di entrare nella vita dei figli o di voler svolgere la vita genitoriale senza donne a bordo)

Le donne potrebbero guardare con molta meno palpitazione degli uomini alla sorte del progetto Cirinnà, che dà loro nulla più di ciò che basta agli uomini; ma le donne universaliste sono legioni, tutti siamo universalisti, tutti vogliamo i diritti uguali per tutti. (questa non l’ho capita ma immagino sia rafforzativa di quel che dichiara possa essere la vera battaglia sulla quale dovranno puntare lesbiche e gay, l’un contro l’altr@ armati, in un eterno scontro che piace a chi ama tanto stare dietro le barricate invece che parlare di stereotipi di genere a tutto tondo)

Si sa, col suo messaggio illuminista l’universalismo fa scattare un riflesso automatico: quando Egalité emette il suo richiamo, smettiamo di pensare, aderiamo, e basta, senza chiederci tanto perché, e con quali costi. Chi si sente debole vi trova l’illusione della forza, e tutti quanti nel suo cono ci sentiamo giusti e in lotta per il progresso. Sotto il suo imperio ci educhiamo, anche, a pensare che se invece partiamo da noi e dai nostri interessi, dalla nostra situazione, affinché abbiano il loro giusto peso, siamo deprecabilmente ingiusti e scorretti. (e qui c’è da dire che per fortuna le femministe della differenza non c’erano ai tempi della rivoluzione francese, perché l’uguaglianza è un concetto tanto più evoluto delle pari opportunità. le femministe della differenza dovrebbero smettere di dettarci l’agenda politica con la loro dose di dettati giuridici che fanno di noi le solite risorse di riproduzione e cura, coi tempi concilianti con le famiglie “tradizionali”, esattamente come chiedono quelli del family day)

È così che l’universalismo insegna l’auto-moderazione. Sarà questo il motivo per cui viene tanto assecondato dal potere in questi nostri tempi, così poco amici della libertà? Invero, nessuno è più universalista dell’Unione europea, che pure è tanto cattiva con certe sue politiche finanziarie o coi migranti: sarà un caso? Ed è così che l’universalismo riesce a confondere le idee, e a far in modo che alcuni (e molto più spesso: alcune) si facciano alfiere di battaglie che altri, nel nome di «tutti», conduce più che altro nel suo solo interesse. (dice che l’universalismo verrebbe favorito dal potere e io mi chiedo in che pianeta abiti questa signora perché mi pare ovvio che lei non si sia resa conto dell’opposizione che le forze reazionarie, tanto più vicine ai suoi punti di vista che a quelli di chi vuole una legge sulle unioni e adozioni gay, stanno facendo alle rivendicazioni che lei banalizza in un niente offensivissimo)

Le lesbiche spesso supportano i gay nella questione della maternità surrogata, quanto meno stendendo il classico pietoso velo: se no, poverini, loro come fanno? E se non vanno avanti i diritti dei gay, come potrebbero andare avanti quelli delle lesbiche? E dopotutto, diciamocelo: quando mai le donne oserebbero mettere in difficoltà gli uomini, o lasciarli soli? Al massimo, convenendo che è bruttino che essi paghino, e che tutto il complesso sa parecchio di neoliberismo sfrenato, che lo possano aver gratis questo bambino, così non ci fanno la figura degli sfruttatori e tutto si risolve in un bel dono. (pronunciare il neoliberismo quando si parla di questo, e poi evitare di raccontarlo per tutte le altre possibili schiavitù, continua a sembrarmi solo un pretesto che, unito agli argomenti posti, mi sembra faccia il paio con varie argomentazioni omofobiche. solo a me il tono dedicato ai gay sembra offensivo? “poverini”? le lesbiche in soccorso ai gay? ma questa signora, giusto perché me le tira dalle falangi, la sa la storia dello spermatozoo che serve all’ovulo per essere fecondato? perché eventualmente, giacché siamo in tema, l’utilità non è semplicemente quella della lesbica, o della donna in generale, ma anche quella dell’uomo senza il quale col cavolo che le donne fanno figli.)

Se questo, per esempio, fosse il risultato delle annunciate nuove grandi leggi contro la maternità surrogata saremmo davanti a un ennesimo esempio di amore universale, che è generalmente amore malinteso della donna per l’uomo; certo non saremmo davanti a un esempio di amore della donna per se stessa e le sue simili. Questo, siccome non è universale, non fa. (e anche questa non l’ho capita. fare battaglie universali – dove l’universalismo in realtà è delineato come tratto trasversale tra diverse categorie umane con comuni obiettivi e non neutralizzato come vorrebbe lei – significa non avere rispetto per se stesse? davvero? io temo questo modo di vedere le donne collocate in quella dicotomia rigida maschio/femmina che mi impedisce poi di rivendicare la mia differenza in termini intersezionali. la differenza di classe, anche tra donne, dove la mettiamo?)

Dire che per venire incontro al desiderio di paternità dei gay, senza mettere a repentaglio la libertà e il corpo delle donne, occorrerebbe renderli in grado di adottare, questo non si può. Si vede che sottolinea troppo, scorrettamente, che non possono partorire. E allora, lo vedi? Per il loro diritto umano universale alla genitorialità gira e rigira ci vuole, questa maternità surrogata, hanno ragione, sennò non siamo pari. (ma in quale reazionaria idea normativa si vede un mondo fatto di gay che spremono gli uteri delle donne per avere figli? La normatività tocca l’utero, tocca il corpo delle donne, anche quando le femministe della differenza ordinano quel che dovremmo farne. saranno fatti miei, ed è mia la scelta, di dedicare l’utero ai fini che voglio io? e qui si parla di libertà di scelta sulla quale ‘ste femministe saltano a piè pari, perché in tutto ciò non si dice che a imporre alle donne quel che dovranno fare del proprio utero in questo momento sono gli antiabortisti e poi tutta la banda anti/surrogacy composta da reazionari, omofobi e femministe della differenza)

Le rivendicazioni universalistiche e neutre ci sono care perché ci giustificano immancabilmente quando manchiamo di coraggio. Spesso alle donne manca il coraggio di amarsi per se stesse e di occuparsi di sé sole; agli uomini quello di ammettere i loro limiti e di riconoscere che non per forza quel che preme a loro deve premere a tutti; e a ognuno di noi spesso manca il coraggio di parlare in prima persona. Così quando lei ha un di più rispetto a lui non lo vediamo; così dimentichiamo che non tutte le differenze tra lei e lui sono uno svantaggio cui si può porre rimedio solo rimettendoli in pari. Dove in realtà è lei che ci perde. (e va bene. insiste e si ripete in un concetto che aveva già spiegato tremila parole fa. la mancanza di coraggio, il fatto che non amiamo noi stesse. dunque, a chi non la pensa come lei la femminista nega il diritto di amarsi e dirsi coraggiosa? gli uomini hanno limiti? certo che si. esattamente come ce li hanno le donne. perché – procedendo per paradossi, e seguendo lo stesso itinerario dell’autrice dell’articolo – è un’idea orrenda quella di ordinare la “sparizione” dell’uomo dalla vita delle donne, con figli. noi siamo autonome e possiamo fare a meno degli uomini e gli uomini invece non possono fare a meno di noi? avere un utero significa che abbiamo “un di più”? ma in quale bibbia femminista l’ha letto? chi l’ha detta questa cosa? e qui si ferma e mi fermo anch’io, dicendo che non in mio nome si potranno dire queste allucinanti cose in nome delle donne. non in mio nome. mai)

(termino: ma le donne il cui utero non produce figli o quelle che i figli non li vogliono fare, in quale categoria stanno? tanto per saperlo)

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E se avete voglia di leggerne di più ecco i commenti al suddetto articolo tratti da una discussione su facebook tra critici e femministe della differenza:

  • …del “privilegio del materno”
  • Evidentemente non si riesce ad argomentare contro la maternità surrogata senza: stabilire che gay e lesbiche siano “uomini e donne”; pontificare circa ciò che le lesbiche dovrebbero o non dovrebbero fare; offendere – la signora sì, universalizzando – “i gay”, “poverini”. Che pena.
  • “Finalmente il manifesto si ricorda della differenza”. [Cit.]
  • Il punto è che qui non si tratta di differenza ma di avere argomentazioni non-omofobiche.
  • Il titolo mi aveva positivamente incuriosita, poi mano a mano che leggevo ho iniziato ad avere una risata isterica. Anche il mio utero da donna bio ha sussultato.
  • da donne si nasce (…). per i sostenitori del gender il corpo è solo costruzione sociale. (…) Da dove viene ora questa fissa dell’utero e del figlio biologico? (arrrghhhh paura del gender, come per le destre, non fosse che ne ha parlato una femminista)
  • che brutto articolo davvero, in un momento triste come questo. Questo è femminismo della differenza, buttato giù proprio a merda.
  • questo articolo è una sequela di stupidaggini. attendo ancora di leggere argomentazioni contro la maternità surrogata o contro le altre forme di riproduzione che non sentano questa irrefrenabile esigenza di passare per considerazioni non richieste circa ciò che le lesbiche dovrebbero o non dovrebbero fare, né circa ciò che i gay sono o non sono, e molto altro. E questo, sia chiaro, non toglie nulla al fatto che l’adozione dovrebbe essere estesa non solo alle coppie gay e lesbiche, ma anche ai / alle single. A questo io ci arrivo, eccome. Mi sembra che (lei), invece, dia un po’ troppo per assodato che a fruire della surrogazione siano coppie gay maschili, quando invece a fruirne sono innanzitutto le coppie etero (dato che in molti paesi la surrogazione è preclusa alle coppie gay)
  • In pratica (lei) sostiene che non siamo tutti uguali perché le donne sono diverse dagli uomini, quindi l’universalismo è sbagliato ed è giusto che ci siano diritti diversi per categorie diverse. E il manifesto pubblica questa (cosa) reazionaria. Ho i brividi.
  • Mi sembra un clamoroso non sequitur.
  • al di là del pessimo stile argomentativo, la mia impressione è confermata: si tratta di un discorso reazionario
  • Mi sembra che qua l’unica ad andare non solo contro qualcosa, ma soprattutto contro qualcuno, sia proprio l’autrice dell’articolo.
  • Da donne si nasce. Punto. La differenza, la verità, è questa. Piaccia o meno. Occorre farsene una ragione.
  • nella attuale discussione su unioni civili e maternità surrogata la differenza sessuale sparisce, e sparisce non solo a opera del simbolico neutro-maschile-gay, ma anche a opera (era questo il senso dell’articolo di Niccolai) di una sorta di oblatività universalistica delle donne.  (è una femminista della differenza che parla)
  • E divento omofobica, sì. (una femminista della differenza rivendica questa cosa. bello no?)
  • non me lo rivendicherei (dice giustamente una interlocutrice)
  • Ci sarebbe da riprendere il dato significativo che la maggior parte delle coppie che si rivolgono alla surrogacy, laddove è legale, sono etero. Quindi anche donne, il cui utero non può (o non vuole) generare. E che per questo sono meno donne? Donne che richiedono e ottengono (a fronte di denaro a volte, ma a volte no) l’oblatività di altre donne? La differenza sessuale è una cultura millenaria di resistenza – anche resistenza all’imperativo al generare – non un utero spara-bambini. 
  • Sinceramente e senza acredine, a me questo ritorno alla maternità come tratto definente della donna fa paura, soprattutto in questi tempi di attacco alla 194. A parte, naturalmente, i nati biologicamente “donna” che hanno fatto o stanno facendo una transizione e si identificano come uomini.
  • Scusate ma io un discorso in cui alcune cercano di spiegare come nascono i bambini, facendo passare altre per sceme e scemi, non ho nulla da dire. Che le coppie che ricorrono alla surrogacy siano nella stragrande maggioranza etero, conta eccome, dato che questo articolo lascia intendere, com’è opinione diffusa, che la surrogacy esista solo per i maschi gay. E ne faccia argomento per attaccarli. Quindi non scomodiamo troppo l’universalismo e altri pretesti. E, concordo (con chi dice che) non mi rivendicherei così facilmente l’omofobia.
  • Dico che da donne si nasce punto, non per sintetizzare, ma per riportare tanta fuffa ideologica su un punto di non ritorno, infatti aggiungo, ma non è detto che tutte debbano far nascere. Comunque prima o poi proverò a scrivere un testo lungo su tutto questo delirio opinionistico che va dal dibattito gender-no gender (per me un assurdo in sè) alla vicenda della surrogacy. (disco rotto, da femminista, che ripete, per chi non avesse capito, che si nasce da donna)
  • “la madre rende genitore dei suoi figli la donna o l’uomo con cui sceglie di stare in relazione.” certe esigenze delle madri lesbiche possono trovare risposte anche senza riforme legislative”. Senza riforme legislative?!?! E come? Passando dai tribunali?! affidandosi ai singoli giudici?!
  • non è solo che non tutte le donne non debbano far nascere, ma anche che non sempre si nasce da donne. Si nasce da uteri (a volte da uteri entro i quali ovociti e spermatozoi hanno fatto il loro lavoro proveniendo da corpi di terze e quarte persone…), si nasce da corpi che nella maggior parte dei casi si riconoscono come “donne”, ma che in altri possono pure rigettare il femminile e non si riconoscono per niente in questa universalizzazione del concetto di donna, o in questa coincidenza tra utero e donna. Questa per me non è fuffa-gender, è davvero un peccato che ci si fossilizzi su queste cose che dovrebbero essere di senso comune (“Donne si diventa”, si diceva nel 1949)
  • “Si nasce da uteri” stride anche a me. Ci si trasforma in feto nei corpi di alcune femmine, al di là della loro identificazione. Può andare? (uso femmina in senso biologico che è diverso da donna come identità di genere. L’utero non ce l’hanno tutte e sole le donne, ma alcuni corpi classificati come femmine o intersex)
  • Può andare assolutamente, il senso era questo, appunto stabilire una distinzione tra il proprio apparato genitale e l’identificazione.
  • a me stride che le persone dotate di utero siano comunque assegnate “femmine”. l’assegnazione alla nascita è un processo sociale, secondo me possiamo iniziare a smettere di usare la distinzione tra “femmine in senso biologico” e donne perché rinforza l’idea che al fondo c’è una “vera biologia”, un “vero sesso”. quindi secondo me possiamo pacificamente dire: si nasce anche da uomini, uomini dotati di utero, che sono tanti lì fuori, e sono uomini a tutti gli effetti, e già hanno dei figli.
  • Anche questo mi trova d’accordo, anche se può sembrare contraddittorio; in fondo il motivo per cui avevo scelto di dire “si nasce da uteri” era per rendere il più possibile ampia la gamma dei corpi e delle soggettività portatrici di quell’utero (proprio pensando ai tanti uomini con l’utero che sono già là fuori a spingere il passeggino), e per problematizzare la dicotomia sex/gender.
  • Mi fa paura questo linguaggio. È tecnico. Senza amore.
  • Pure una lesbica mascolina o un trans (o chiunque altro) avrebbero forse paura ad essere definiti donna d’ufficio.
  • se non si esce dalla postura contrappositiva e dialettica non sarà mai possibile trovare percorsi comuni. Il patriarcato ha sempre pensato l’utero come un involucro, come se non appartenesse ad un corpo specifico. Nel post-patriarcato è la stessa cosa, sono solo cambiati i soggetti.
  • è vero che dire che si nasca da uteri può suonare tecnico, ma il punto è:le persone portatrici di utero sono tutte donne? si nasce solo da donne? chi porta avanti una gravidanza è necessariamente una donna? siamo disposte ad accettare il queer solo fino a che non arriviamo all’argomento generazione/parentalità? e poi vi prego, basta usare l’amore e l’umanità come armi contro tutto quello che mette in questione gli assunti di fondo dell’eterosessualità e del binarismo di genere… c’è vita e amore oltre la differenza sessuale, facciamocene una ragione.
  • Caro, credo di aver scritto e lavorato su Butler e contro la norma eterosessuale quando voi non sapevate neppure chi fosse(…) (disse una femminista…)
  • cara, al di là di chi ha lavorato prima su butler (machedavero siamo messe così!?), il corpo (leggi: il corpo sessuato secondo un ordine binario) è un dato inequivocabile? Ma allora che l’abbiamo letta a fare Butler? ma il punto non è nemmeno leggere o no Butler, non serve leggere Butler per riconoscere la soggettività altrui, per non schiacchiare sui corpi e le soggettività altrui la “verità della differenza”. Tu hai il tuo corpo e il tuo sesso femminile e nessuno lo mette in discussione, ma non tutti quelli che sono stati assegnati femmine alla nascita lo sono. alcuni si dà il caso che siano uomini. e alcuni tra loro hanno figli. se poi non gli si riconosce lo statuto di uomini, è un problema di transfobia e cisnormatività, non di asini volanti. (e qui mi vengono in mente le terf, femministe trans-escludenti. perché alla fine è lì che si va a parare)

—>>>segnalo il pezzo di Giuseppina la Delfa che dice, giustamente, Noi gay e lesbiche non abbiamo bisogno dell’autorizzazione di nessuno per fare figli e crescerli

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—>>>#GpA #UnioniCivili: se avessi un utero presterei la mia donnità
—>>>Da Parigi la Carta per abolire il rispetto per l’autodeterminazione delle donne
—>>>Manifesto femminista per l’approvazione del ddl Cirinnà

e poi:

2 pensieri su “Io c’ho l’utero e tu no. Gnè gnè gnè (l’universalismo e il femminismo della differenza)”

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