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Trenta anni di GPA e vi svegliate adesso? Si chiama omofobia!

Luk oggi commentando, scrive: “La GPA esiste da almeno 30 anni. I primi bambini nati con la GPA adesso hanno altri bambini. Gli eterosessuali accedono alla GPA molto più delle coppie gay (rappresentano il 97/98% del mercato).
I paesi dove le donne sono realmente sfruttate (India, Nepal, Russia, Ucraina) permettono la GPA solo per le coppie etero.
Le coppie etero sono state in grado di regolarizzare la loro famiglia dal 1983 con la stepchild adoption.
E ADESSO (2016) si accorgono tutti della GPA?
Sarebbe il caso di ammettere, finalmente, che il problema non è l’affitto ma l’affittuario. Politici vecchi e omofobi che non si rendono nemmeno conto di esserlo.

Negli altri paesi, Stati Uniti, Canada, dove la cosa è autorizzata anche per coppie gay/lesbiche, le donne che si prestano ad una Gpa (Gestazione per Altri) devono avere già figli propri, devono sottoporsi ad una serie di visite, esami, perizie. Insomma, non tutto è così semplice e immediato come si vuol credere. Il pagamento poi consiste in realtà in un rimborso, per le spese mediche sostenute, per tutto quel che serve alla donna che porta avanti la gravidanza, e tutto ciò, in ogni caso, regola una pratica che, per l’appunto, non è affatto nuova. Non lo è neppure qui da noi dove la legge lo proibisce ma dove il riconoscimento del figlio dell’altro coniuge, per l’adottabilità, quando si tratta di coppie etero, è permessa.

Non è una cosa nuova perché sfido chi tra voi non ha una storia in famiglia che riguarda un figlio donato, da parte di una sorella, all’altra, al fratello, a persone che non possono avere figli. E’ una storia vecchia quanto il mondo, e se ne è già tanto parlato, ma tanto ancora si potrebbe dire. Vediamola in questo modo: vi racconto una storia di molti anni fa, dopo la prima guerra mondiale, Sicilia, e la storia comincia con un matrimonio, e c’è una donna che fa tre figli. Due muoiono appena nati. Il terzo cresce sano. La donna ad un certo punto si ammala e muore. Accadeva molte più volte di quel che possiamo immaginare. Capitava anche che le donne, le madri, morissero durante il parto. A questo punto il vedovo, che in quegli anni potete immaginare, purtroppo, intento in tanti mestieri, tutti meno che il genitore che accudisce i figli, cerca e trova un’altra donna che diventa a tutti gli effetti la madre del piccolo. I figli venivano spesso cresciuti perciò da donne estranee, o meglio, da donne con le quali non avevano un legame biologico. Per non parlare dei figli cresciuti dalle balie. Ma non è questo il nostro caso.

Il vedovo in realtà non cercò molto perché fin da subito il bambino fu affidato alle cure di una donna, parente prossima della defunta, che si era molto affezionata a lui e lui a lei. Fu l’unica madre che conobbe, che amò e rispettò. E mai, da nessuno, fu detto che non ne avesse il diritto o che non potesse considerarlo figlio suo. Non era una circostanza eccezionale ma capitava anche alle madri che restavano vive, di mollare i figli ad altre, per le più svariate ragioni, non ultima quella di donare un figlio a chi non ne aveva. A quei tempi i ricchi che prendevano in cura un bambino venivano considerati buoni e, anzi, era una fortuna che quel bambino potesse crescere  in una situazione economicamente migliore, con più prospettive rispetto a quelle che avrebbe potuto offrirgli la madre biologica.

Capitava anche che in casa venisse accolto il figlio avuto con un’altra donna, per scelta o per un incidente di percorso, considerato erede, adottato, per togliergli l’onta dell’illegittimità. Solo oggi leggiamo di persone che improvvisamente si rendono conto dell’iniquità economica che diventa regola tra persone di classe differente. Ieri un genitore benestante rappresentava una nuova e migliore possibilità. Le stesse adozioni mi pare siano decise dopo esame delle condizioni economiche dei genitori adottivi. Lo Stato non affida i bambini a genitori poveri, anzi, a volte glieli toglie. In ogni caso un tempo era una fortuna trovare genitori economicamente avvantaggiati. Oggi è invece un’onta. I figli delle donne povere devono restare con le povere, perché il sacro vincono della maternità, perché il materno e bla bla, perché il nascituro deve stare con la beddamatresantissima biologica in ogni caso, perché per la donna non sarebbe “naturale” separarsi dal bambino che ha partorito. Quel che è “naturale” ovviamente lo decidono, ancora, donne benestanti, riunite in assemblee e che hanno la presunzione di rappresentare tutte, soprattutto le povere che difficilmente vengono interrogate e alle quali difficilmente viene concesso di parlare per se’.

I figli devono restare con le madri biologiche perché si. O forse devono restare con loro perché migranti – e qui mi riferisco alle opposizioni di destra destra – perché di “razza” non ariana, forse perché a qualcun@ non piace il meticciato, non piace “inquinare” il corredo genetico italico, o forse perché in fondo stiamo usando il fascistissimo “aiutiamoli a casa loro” pur di non fare varcare le frontiere a quelle creature.

L’iniquità si combatte alla radice ma, quando si parla di GpA, il punto è che qualcun@ dà per scontato che abbiamo a che fare con persone cattivissime che vogliono quei figli per mangiarli vivi. Il pregiudizio deriva da stronzate omofobe che vengono diffuse da chi dice che un uomo che vuole un figlio, specie se gay, deve essere per forza pedofilo (certe “femministe” lo dicono anche dei padri, etero, se separati). E la stessa cosa dicono i misogini dei figli delle coppie lesbiche: li mettono in lavatrice, li torturano, li usano come strumenti di eccitazione sessuale. Quanto può fare schifo la mente di chi tira fuori cose tanto perverse?

Dicevo di questa donna che si ritrova a crescere un bambino e che, alla fine, accetta di sposarne il padre. Quella donna, a sua volta cresciuta da zie varie, perché la madre morì, dopo aver dato alla luce ben nove figli, durante il viaggio di ritorno dalle Americhe dove avevano trascorso 12 anni, crebbe quel bambino. Partorì altri due figli, un maschio e una femmina. Mai nessuna differenza fu fatta tra i vari figli. Lui era il fratello degli altri due. Quando morì, molto giovane in realtà, lo piansero come fosse la perdita più grave tra tante. Assieme, le varie discendenze di quella famiglia, figli, figlie, cognati, nipoti, cugini e cugine, lo ricordano ancora come lo zio XY e gli aneddoti che lo riguardano sono ancora vivi nei ricordi di tutto il clan.

Quel bambino, poi uomo, era mio zio. La donna di cui parlo era mia nonna. Uno dei figli di una delle sue nove sorelle (e fratelli, appena due) fu cresciuto da una famiglia abbiente di una cittadina vicina. Non avevano figli e i miei parenti ne avevano già tre. Dalla parte di un altro parente di una pro-zia c’è un altro segreto custodito da generazioni. Uno dei loro figli fu adottato e si trasferì in un’altra città, più lontana. Ebbe una vita serena, piena di agio. Lui morì ma i miei rintracciarono la discendenza, perché, sapete, è difficile sapere dove siano finiti i figli, i figli dei figli, e le varie parentele, perché era semplice, a quell’epoca, per l’appunto, perdersi di vista. I figli non venivano considerati strumenti da baratto. Non mi hanno mai parlato di figli venduti perché nessuno di cui io sappia ha mai venduto un bel niente, ma si trattava solo di buon senso, di una scelta conseguente a negoziati che tenevano conto di tutto, economia emotiva compresa. Non si trattava di persone che mettevano in vendita i figli per farli diventare schiavi o sfruttate puttane, come accadeva e sicuramente accade altrove. Quello di cui io so è di persone preoccupate per il benessere e il futuro di quei bambini ed in tutto ciò c’era molto più buon senso di quel che può esserci dopo una attuale trattativa, per le adozioni, lunga un secolo.

Quello di cui vi ho parlato accadeva molto tempo fa. Poi la gestazione per Altri fu regolata, in alcune nazioni, e da noi, pur esistendo, veniva chiamata in un altro modo. Riconoscimento del figlio “illegittimo”, per esempio, cosa frequente da quel che so. Dagli anni ’80, la GpA è praticata regolarmente e a fruirne sono soprattutto coppie etero. Da noi i figli provenienti da GpA, per le famiglie etero, fruiscono già della stepchild adoption. Il punto è, come diceva prima Luk, che oggi se ne parla in relazione a coppie gay/lesbiche. Dunque, diciamolo chiaramente, quel che infastidisce è l’affittuario. Si tratta di omofobia pura. E nulla può essere detto per presentare al meglio un’idea così discriminatoria. Non tingerete di rosa (con il pinkwashing più bieco della storia) il vostro rifiuto in tal senso. Non in nome di tutte le donne. Parlate per voi. Tutte le altre si esprimeranno e si esprimono da sole.

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e poi:

4 pensieri su “Trenta anni di GPA e vi svegliate adesso? Si chiama omofobia!”

  1. Vengo da una provincia di montagna, una provincia un po’ particolare, l’Alto Adige. Qui come moti sapranno vige nelle sucessioni la regola del “maso chiuso” ovvero l’indivisibilità della piccola proprietà contadina per mantenere integra l’autosufficenza del maso. Ovvero in una famiglia con più figli solo uno erediterà la terra, non necessariamente il primogenito e non necessariamente un maschio, ma chi dimostra maggior interesse alla prosecuzione dell’attività agricola, gli altri figli vengono liquidati in altro modo anche con l’aiuto della provincia.
    Fin qui la premessa.
    Ora può accadere che una coppia che gestisce un maso non abbia eredi, in questo caso, almeno fino a qualche decennio fa, era prassi comune che un’altra famiglia con prole numerosa cedesse a quella senza eredi un figlio che cresceva nella nuova casa assicurando la sopravvivenza del maso e avendo l’opportunità di divenirne proprietario, cosa che nella famiglia di origine non sarebbe stato possibile. Crescevano come veri figli nella nuova casa senza che questo fosse minimamente di scandalo.
    Ora sono molti anni che non vivo più in Sudtirolo e non so se questa pratica sia ancora viva, ma ho conosciuto personalmente una famiglia che ha ceduto un ragazzo credo che oggi abbia circa una cinquantina d’anni.

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