Antiautoritarismo, Autodeterminazione, Critica femminista, Precarietà, R-Esistenze

Quel malefico patto tra catto/fascisti, arcilesbiche, femministe radicali anti/sexworker e anti/gpa

Facciamo un po’ d’ordine. Prima c’era il femminismo che cercava la parità e basta. La seconda onda femminista è quella che poi è stata giudicata tipica delle ancelle del capitalismo. E’ il femminismo liberale, quello che ignora le differenze di classe, di razza e di genere (ebbene si, perché tutto per loro resta nel valore binario uomo/donna). Negli Stati Uniti si chiama Femminismo Radicale (quello di Dworkin e McKinnon) e usa argomenti quali la violenza domestica, sulle donne, per appiattire il discorso sul tema in maniera generica, affinché si dimentichi la differenza di classe. Sono per lo più donne bianche, etero, benestanti, determinate ad assumere il comando di tutte le donne. Non hanno nulla a che fare con il precariato e ancora oggi tendono a fare proselitismo insultando le femministe della terza onda, cioè noi, quelle intersezionali, inclusive di vari generi e certamente anticapitaliste, con una grande attenzione alla differenza di classe e a quella di “razza”. Siamo quelle che non amano il colonialismo culturale. Siamo quelle che dagli anni ’90 combattono contro le femministe radicali che continuano a realizzare crociate contro il porno, il sex working, la differenza dei generi, includendo trans, postgender e quel che ciascuno vuole essere. Oggi ce l’hanno con la gestazione per altri, quella di donne che fanno da quaranta anni figli per le coppie etero. Solo che adesso li fanno anche per le coppie gay e questo ha fatto indispettire le femministe radicali al punto da fare alleanze con forze reazionarie, fasciste, conservatrici, omofobe, pur di non far riconoscere i diritti ai figli delle coppie gay.

Le liberali, quelle che si definiscono femministe radicali, sono arrivate anche in Italia, facevano parte dei gruppi del femminismo della differenza e oggi hanno costituito una sorta di chiesa la cui diffusione del dogma, uno e trino, è delegata a donne che non fanno altro che insultare altre donne, ovvero quelle che non la pensano come loro. Si radunano in rete, Facebook è la loro sede semi-ufficiale perché nei fatti sono poche e sono contro tutte. Poche voci che praticano bullismo in rete e che insultano scendendo sul piano personale, salvo poi minacciare querele per aver ricevuto critiche politiche. Nascono alcuni anni fa e si raggruppano in nuclei in cui si pratica l’istigazione all’odio. Il loro gergo comprende frasi come:

  • dobbiamo fermarle
  • I gay non passeranno

e altre varie ed eventuali che fungono da mezzo di galvanizzazione per masse ignoranti di persone che non sanno neppure da dove arriva il loro presunto femminismo.

Fanno il gioco dei reazionari, parlano il linguaggio dei liberali ultracattofascisti, confondono l’anticapitalismo con la religione che le spinge a realizzare colonizzazione culturale ad ogni passo. Ora ce l’hanno anche con il femminismo islamico. Vorrebbero togliere il velo a chi sceglie di indossarlo senza conoscere alcunché delle lotte che le femministe islamiche stanno compiendo dentro e fuori la propria cultura.

Le femministe radicali non vengono dalla strada, non le vedi marciare contro polizie pronte a manganellarci. Non sanno un tubo delle lotte contro la precarietà, quelle per il reddito e quelle per casa e lavoro. Loro hanno casa e reddito, non capiscono affatto come si possa sentire una precaria. E mentre noi tendiamo a non far dimenticare mai questo aspetto le liberali fanno di tutto per sommare energie tra persone che credono alle loro balle dimenticando anche la propria precarietà perché la crociata XY è giudicata come emergenziale, imprescindibile e più importante delle loro stesse vite.

Le femministe radicali comprendono anche alcune lesbiche. In Italia si compongono di una fazione di Arcilesbica che ha vinto l’ultimo congresso, scacciando chi non la pensava come loro, e partorendo contenuti omofobi e transofobi. No ai gay perché “naturalmente sterili”. No ai figli dei gay che devono restare senza diritti e senza riconoscimenti dati dalle nostre amministrazioni comunali. No alle persone trans perché sono traditrici della causa, se trans ftm (da donna a uomo), e sono pericolosi infiltrati pronti a stuprarci nei bagni, se trans mtf (da uomo a donna). Una delle crociate delle femministe radicali è quella di non fare accedere le donne trans nei bagni delle donne. E non sto scherzando.

Alle femministe intersezionali ricordano che:

  • devono fermarle
  • I gay non passeranno

e non passeranno neppure le persone trans. Non gliene frega un tubo se l’Italia è diventata quella in cui una persona trans, migrante, viene espulsa e deportata senza neppure lasciarle il tempo di prendere le sue cose. Non importa se le Femministe Radicali stanno legittimando l’operato di forze catto-fasciste con le quali sono alleate per raggiungere i loro scopi. La censura sulla pornografia, senza tenere conto delle lotte delle femministe post-porno. Il mancato riconoscimento della soggettività delle sex workers per scelta. Il divieto di riconoscere i figli della Gpa, un po’ come un tempo chiamavano bastardi illegittimi quelli che erano considerati figli di puttana.

Sono lì a contestare il transfemminismo, il queer, la rivoluzione dei linguaggi con rispetto di tutti i generi, hanno imbracciato le armi anche contro l’uso dell’asterisco, vedete un po’ voi fino a che punto sono arrivate. In Italia contestano tutti e tutte. Odiano Non Una Di Meno perché superando la seconda onda queste ultime hanno abbracciato l’intersezionalismo mettendo la violenza di genere in relazione alla differenza di classe e di razza e di orientamento sessuale. La violenza di genere riguarda tutti i generi che non sono disposti a recitare il copione del machismo etero borghese e bianco. Le femministe radicali invece vorrebbero restringere le file escludendo gay e trans. In Europa hanno fatto un casino perché volevano cacciare le persone trans dalla manifestazione contro la violenza di genere. In Italia parlano di travestitismi e di un danno contro il femminismo “vero”. In Italia, ancora, vorrebbero che le sex workers, che comprendono le webcamgirl, le attrici porno, le modelle hot, le spogliarelliste, e via di questo passo, fossero cacciate via dal movimento femminista. Non Una di Meno non le caccia, anzi. Noi nemmeno, anzi.

E là dove finalmente si parla di femminismI, ciascuno con la propria influenza culturale, le femministe e lesbiche radicali decidono che esiste solo un femminismo: il loro. Hanno il dente perennemente avvelenato, complottano in gruppi segreti su Facebook e mandano spie (giuro che lo fanno) nei gruppi privati di altre femministe. Vivono in piena guerra fredda, a realizzare liste di proscrizione per nuovi maccartismi, e non si sono rese conto del fatto che siamo nel 2019.

E’ il femminismo liberale, quello che vuole cancellare i temi della precarietà e migrazione, qualunque lavoro scelgano di fare le persone precarie e migranti, e intende cancellare anche la differenza tra generi, perché per loro esistono solo uomini con il pene e donne con vagina. E’ quel femminismo che sta mettendo a ferro e fuoco il web per cancellare il femminismo intersezionale e le lotte contro la precarietà a tutto tondo. La nostra lotta è per il diritto di cittadinanza delle persone migranti, è per casa e reddito per tutt*, è per il rispetto della libertà di scelta.

Le femministe radicali contestano anche il principio stesso dell’autodeterminazione. Da tempo vanno balbettando sul “corpo è mio ma lo gestisce la femminista radicale”. Il nostro corpo non è più nostro. Le nostre scelte secondo loro sarebbero influenzate dal maschio/capitalista. Quali scelte? Solo quelle che hanno a che fare con l’uso di alcune parti del corpo, per la vendita dei servizi sessuali e per la gestazione per altri. Non parlano della migrante/badante o della commessa o della raccoglitrice di pomodori per due soldi. Il corpo come mezzo di lavoro in quei casi va più che bene. Come se la precarietà non conducesse a scelte che in quel caso sarebbero le migliori possibili. Dunque che si fa? Si abolisce il lavoro di commessa, badante, raccoglitrice di pomodori? Ebbene no. Si reclamano diritti affinché il lavoro sia pagato, riconosciuto e alle lavoratrici sia riconosciuto il diritto di andare in malattia o in maternità, per esempio, senza che perdano il posto. Per le sex workers è la stessa cosa: infatti chiedono diritti che hanno a che fare con la regolarizzazione del lavoro, con interventi sanitari mirati e tutto ciò non ha nulla a che fare con la loro psiche.

Le femministe radicali infatti pensano di conoscere la psiche delle donne che fanno scelte che le radfem non farebbero mai. Nessuno le obbliga, parlo delle radfem, d’altro canto hanno soldi e casa eppure parlano a nome delle precarie stabilendo quale sarà il lavoro degno e quale che no. Non ammettono neppure che hanno imboccato una via confessionale fin dal momento in cui hanno deciso di favorire il tour della “sopravvissuta” di turno, finanziata e sponsorizzata da gruppi ecclesiastici in lizza per il maggior numero di redente in mano loro. Non riconoscono alle donne capacità di intendere e volere e pretendono si lascino guidare pur senza spendere un soldo per finanziare le vite delle donne precarie. Come preti e monache vanno in giro a dire “beate quelle che non cederanno” stabilendo che il corpo delle donne appartiene ad istituzioni paternaliste le quali vengono richiamate in causa ogni volta che le radfem chiedono provvedimenti proibizionisti.

Le femministe radicali chiedono più repressione e hanno un rapporto di amore con le istituzioni patriarcali e le polizie. Non gli importa così di favorire la persecuzione di donne migranti e sex workers, perché la questione del sex work è connessa a quella della migrazione. Se le vie per raggiungere altri porti non fossero chiuse di certo molte donne non sarebbero obbligate a firmare contratti di schiavitù con sfruttatori che meritano tutto il male possibile. La questione è semplice: ti occupi della beatitudine del corpo delle donne ma non ti occupi della precarietà e delle conseguenze della repressione sulle migrazioni. Mai vista una loro mozione comunale per chiedere come mai le persone trans e migranti siano state espulse (accade più spesso di quello che pensate, includendo le vittime di tratta che pure volevano collaborare). La cosa non le riguarda anche perché le persone trans non sono uomini col pene o donne con la vagina. Che se la vedano da sole. A proposito: le femministe radicali trans escludenti si chiamano TERF. Quelle sex worker escludenti si chiamano SWERF.

Per finire vi raccomando la lettura di alcuni articoli [qui, qui, qui] che finalmente parlano di ciò che io vi segnalo da molti anni. Ne scrivo anche oggi e senza parlarne in gruppi segreti complottando per “fermarle”, noi diciamo semplicemente che devono essere politicamente posizionate nella loro collocazione naturale: a destra.

Buona lotta a tutt*.

 

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4 pensieri su “Quel malefico patto tra catto/fascisti, arcilesbiche, femministe radicali anti/sexworker e anti/gpa”

  1. Le SWERF si credono radicali e femministe nel loro odiare il sesso come lavoro in mano al patriarcato, senza accorgersi che la massima espressione del patriarcato è proprio controllare e annientare la sessualità femminile: il sesso è brutto, il sesso per vil danaro ancora peggio, e le domne che fanno sesso per vil danaro sono le peggiori, esattamente come racconta la dicotomia del marianismo, l’altro lato della medaglia del machismo, dove le donne possono essere solo come la Vergine Maria, pure, caste, madri e mogli casa e chiesa, o pervertite e sporche sfasciafamiglie che pensano solo al proprio tornacontl. Non c’è niente di radicale nè di femminista nel condannare la sessualità di una donna. E poi, considera che parte dell’odio verso le donne immigrate e le donne trans è proprio legato al loro essere piú presenti nel lavoro sessuale, fin troppo spesso non per scelta ma perchè discriminate dal mondo del lavoro “normale” e trovando il lavoro sessuale come mezzo piú accessibile per pagarsi le bollette – guarda caso, peró, non ho mai visto SWERF chiedere che le discriminazioni contro queste categorie siano distrutte per “salvarle dal mondo della tratta” (quale tratta poi, quella vera in mano alla mafia, o quella dei bordelli autogestiti dalle lavoratrici stesse che fin troppo spesso sono il vero obiettivo delle retate della polizia?).
    Non a caso, se noti, SWERF e TERF sono quasi sempre la stessa persona, perchè il movimento SWERF è intrinsicamente transfobico, perchè l’odio per le donne trans deriva in gran parte dal loro essere lavoratrici del sesso e quindi “devianti” agli occhi della società, perchè il sesso è sporco, e il sesso per vil danaro è il peggior tipo di sesso: si può essere TERF ma non essere SWERF, ma è impossibile essere SWERF senza essere TERF.

  2. Giustamente, sono spesso in lotta/discussione sulle loro Pagine FB e l’unico modo per smentire le mie idee a favore del Sex Work e contro la schiavitù del sesso a pagamento è quello di censurarmi.
    Però, vorrei capire chi sta proprio dietro alla politica di stigmatizzazione e criminalizzazione del meretricio nel mondo, come quella di promuovere il famigerato modello Barbarico (Nordico), che ovviamente favorisce i trafficanti di persone e la criminalità organizzata.

  3. Però che schifo! Quando le donne omosessuali (che oggi sono contro il sex work) erano perseguitate praticamente da chiunque, il più grande appoggio lo hanno ricevuto dalle sex workers ed ora che stanno cominciando ad ottenere qualche diritto preferiscono fare comunella con chi le ha sempre linciate per pugnalare alle spalle chi le ha sempre aiutate. Stessa cosa per le SWERF etero che se hanno una qualche uguaglianza di diritti lo devono anche alle sex workers che hanno lottato per questo ed ora preferiscono andare a braccetto con quei conservatori che alla prima occasione le rimanderebbero al rogo.

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