Autodeterminazione, R-Esistenze

Io, ex attivista MRA: il percorso di un uomo dalla misoginia al femminismo

Articolo in lingua originale QUI. Traduzione di Giulia e Leda del Gruppo di Abbatto i Muri

Io, ex attivista MRA

Il percorso di un uomo dalla misoginia al femminismo

di Edwin Hodge, as told to John McDermott

Scoprii il movimento Mra (Men’s Rights Activists) quando avevo 22 anni. Lavoravo in una libreria in centro a Kelowna, in British Columbia e cercavo di guadagnare qualche soldo prima di iniziare il secondo anno di università.

Ero nella sezione di libri di auto-aiuto ad esporre i nostri best seller (cioè riordinarli in modo che mostrassero la copertina) quando notai il titolo Spreading.Misandry: The Teaching of Contempt for Men in Popular Culture

(Diffondere la Misandria : l’insegnamento del disprezzo degli uomini nella cultura popolare)

Non avevo mai sentito parlare della parola “misandria” prima di allora, ma potevo dedurre già da subito il suo significato: se la misoginia è l’odio nei confronti delle donne, la misandria è l’odio nei confronti degli uomini

Beh, sembra audace e controcorrente, pensai. Non avevo mai visto nulla che dicesse che un uomo bianco ed eterosessuale fosse oggetto di discriminazione. Era così provocatorio. La copertina era un uomo bianco in completo che veniva strangolato dalla sua stessa cravatta.

Ero in quel periodo strano e creativo in cui si cerca la propria identità di adulto strizzando l’occhio anche ad ideologie controverse. Cosa diavolo…? Ok questo lo leggo.

Lo comprai senza esitare. Allora studiavo scienze politiche e non avevo mai pensato a fenomeni sociali come la misoginia o il sessismo. Fu rivelatorio. Il libro parlava di come la cultura pop demonizzasse gli uomini bianchi ed eterosessuali in quanto unico segmento della popolazione su cui è accettabile fare umorismo.

Il capitolo più saliente spiegava come nel mondo della televisione e in particolare nelle sitcom, gli uomini vengono sistematicamente rappresentati come imbranati e sempliciotti. Le loro mogli al contrario, sono donne intelligenti  cui tocca sopportare i propri stupidi mariti. La cultura pop dipingeva gli uomini come buffoni ed idioti. Le donne invece, erano quelle emancipate, le voci della ragione. Quell’uragano di papà, in cui Tim Allen parlava grugnendo, ne era l’esempio lampante.

Guardando indietro, mi rendo contro che Quell’uragano di papà riproduceva le dinamiche di genere degli anni ’50. Parlava di un uomo che aveva raggiunto il successo con il proprio programma televisivo, che era il capo di sé stesso, che occupava il proprio garage per poter passare il tempo libero a riparare vecchie auto. Sua moglie invece era comunque rilegata alla sfera domestica e anche se aveva un lavoro, era sempre connesso al suo ruolo di madre e di moglie.

Ma mi ci volle molto tempo per capirlo.

Non sono sicuro di cosa sia venuta prima: se la sensazione che gli uomini stessero perdendo il proprio posto nella società o la lettura di Spreading Misandry; ma sono sicuro che quel libro ha consolidato quella sensazione.

La libreria aveva adottato una iniziativa che permetteva agli impiegati di “leggiucchiare” un libro e recensirlo ai propri colleghi. L’idea era che questo avrebbe aumentato il livello di conoscenza dei libri dello staff per poter vendere meglio. Perciò quando tornai la settimana seguente, parlai di Spreading Misandry.

Normalmente le recensioni di un libro suscitano conversazione. La mia invece, incontrò solo un silenzio austero. “Questo tizio ha delle valide argomentazioni, anche se alcune parti sono un po’ estreme” dissi. Tutti i membri presenti dello staff erano donne, la maggior parte studentesse universitarie e alcune più adulte e mentre parlavo iniziarono a guardarsi l’un l’altra di sottecchi. Pensavo che sarebbe stato il mio momento di gloria, pensavo di star rivelando qualcosa che tutti avrebbero dovuto sapere. Invece, una donna sulla cinquantina rimase a guardarmi per circa 40 secondi in un silenzio imbarazzato prima che la responsabile dicesse “Ok. Grazie per il tuo contributo”. Fu uno dei momenti più imbarazzanti di quel periodo della mia vita.

Allora, la vedevo solo come una conferma di misandria. Che motivo avrebbero avuto di arrabbiarsi tanto se non perché si sentivano minacciate da quel che gli stavo dicendo? Dopo l’accaduto, le mie colleghe iniziarono ad essere più fredde nei miei confronti.

Circa tre settimane dopo, mi licenziarono. Non ho alcuna prova che sia stato a causa della mia recensione. Probabilmente era perché al tempo ero abbastanza uno stronzo: ero scortese e tendevo ad aggredire verbalmente le persone che consideravo meno intelligenti.

Ero così confuso in quel momento della mia vita, così insicuro, che diventavo particolarmente suscettibile quando si parlava di diritti degli uomini. Il mio pensiero era incoerente: pensavo di essere un liberale quando invece ero nella fase più intensa della scoperta della mia fede cattolica (il che è tanto contraddittorio come sembra visto che il pensiero liberale non si concilia molto con i dogmi di una chiesa autoritaria e gerarchica). Crescendo, avevo amato la caccia e le armi e volevo far parte delle forze dell’ordine. Poi all’università mi resi conto che odiavo la caccia e diffidavo delle forze dell’ordine.

Successivamente, scoprii di soffrire di depressione clinica. Esiste molta letteratura su come alcuni gruppi di estremisti sociali, come gli MRA o white supremacy, sfruttino giovani con personalità instabili e conflitti di ideologie. Spreading Misandry era un’arma di reclutamento ed io ero un bersaglio facile.

Alla fine dell’estate avevo rotto con la mia ragazza ed ero rimasto devastato. La maggior parte delle mie compagnie erano donne ma ho iniziato ad allontanarmi da loro e ad uscire di più con compagnie maschili. Il mio rapporto con le ragazze era sempre meno concentrato sull’ amicizia e sempre più sulla possibilità di rimorchiare.

Cercavo di trovare altri ragazzi che si sentissero come me. Era ancora il periodo del Web 1.0, senza i social media, quindi si comunicava principalmente attraverso chat room o alcuni pseudo-blog e di scarsa qualità su Anglefire, AOL, Geocities (tutti alimentati da rabbia e odio). Lessi un po’ di The Myth of Male Power (Il mito del potere maschile) di Warren Farrell e adottai i suoi trucchi retorici che utilizzano molti MRA: “Non sono un femminista e non sono un MRA” dicevo “sono per l’uguaglianza”.

Non incontrai il termine “diritti degli uomini” fino al 2005, poco prima della diffusione dei social media. Cercavo su google “oppressione maschile” o “anti-femminista” e trovavo tutto quello che cercavo su siti Blogspot o nei commenti dei siti prima di Reddit come Fark. E, naturalmente 4chan.

Qualche volta capitavo su MRA che incitavano all’uccisione delle femministe e pensavo tra me e me Questa è follia. Ma poi facevo quello che fanno molti MRA: dicevo “Queste opinioni sono solo marginali” raccontando come non rappresentassero il movimento nel suo insieme.

La mia vita reale era interamente dedicate alla scuola, quindi sostenevo l’attivismo MRA solo in classe. Se in una lezione di scienza politica parlavamo  dell’Equal Rights Amendment, contestavo “E gli uomini?”. Se a lezione di filosofia parlavamo di epistemologia femminista, controbattevo “A nessuno importa il punto di vista degli uomini?” Mi vedevo come molto di più di un provocatore.

Durante i primi anni, mi tenevo lontano dalla sociologia perché le classi erano composte principalmente da donne, e perché condividevo una credenza comune a scienziati e ingegneri che la sociologia non fosse una vera scienza, si trattava solo di sentimentalismi e di come gli uomini fossero la radice di tutti i mali. Negli ultimi anni però, frequentai un corso di introduzione alla sociologia. Assistevo a queste conversazioni sul femminismo e sulle istituzioni patriarcali e mi dicevo di continuo “Io non opprimo le donne. Perché mi attaccano? Perché sono io la vittima in questa nuova tirannia femminista?” Disprezzavo la sociologia.

Mi laureai nel 2006 con una laurea in scienze politiche e passai un paio di anni a fare lavori casuali, come il barista o il venditore di smoking. Realizzai presto che volevo essere un ricercatore, e in particolare studiare gli uomini e la mascolinità, quindi mi iscrissi agli stessi corsi di sociologia. Pensavo “Userò le mie qualifiche accademiche per parlare dei problemi degli uomini. Stringerò i denti, ascolterò le femministe e leggerò i loro stupidi libri, ma poi procederò per la mia strada.” Le cose non andarono come programmavo.

Il primo semestre frequentai il corso introduttivo di Teoria del Genere e il professore chiese “Cosa significa “genere” per voi?” Tutti parlarono delle proprie esperienze come donne o uomini gay. Quando arrivò il mio turno, dissi, “Sono qui per offrire un punto di vista maschile sul genere”

Il professore sorrise e disse “Beh, adorerai i nostri libri allora”. Guardai il programma del corso e vidi Mascolinità e Gli uomini e i ragazzini di Raewyn Connell, entrambi libri dalla prospettiva di uomo e sulle sue esperienze. Pensai “Ah, ca**o”

Li lessi e non ci volle molto perché le mie credenze sui diritti degli uomini cominciassero a vacillare. Non reggevano di fronte ai dati di fatto che mi trovavo davanti: ricerche fatte alla luce delle teorie femministe e che offrivano soluzioni concrete.

Gli uomini vengono sogiologicamente riconosciuti per essere stoici e razionali. Le uniche emozioni che sono loro concesse sono la rabbia e la gioia, e in poche rare occasioni abbiamo il permesso di piangere (ad esempio se la squadra del cuore perde). Come attivista per i diritti degli uomini avevo sempre creduto che fossero le donne e le femministe a mettere gli uomini in questa prigione. Ma questi libri femministi che leggevo non solo riconoscevano la crisi della mascolinità, mettevano in evidenza che gli uomini sono i primi protettori di questa mascolinità tossica.

Gli uomini  picchiano altri uomini perché “sono effeminati”, perché piace loro cucire o cucinare, perché piangono. Perché sono “froci”. “Sii uomo.” “Non vorrai fare la femminuccia?”.

Gli MRA e le femministe riconoscevano gli stessi problemi, ma gli MRA non ne individuavano le cause. Le femministe facevano notare “No, le radici di questi problemi sono nello stesso sistema patriarcale che danneggia le donne”. Era sottile, ma profondo.

E le femministe mostravano uomini di colore e uomini queer che vivevano il mondo in modo diverso dagli uomini eterosessuali e bianchi che dominano i gruppi MRA e che assumono che tutti gli uomini siano esattamente come loro.

Realizzai che tutte le argomentazioni sull’oppressione maschile che mi ero bevuto erano deboli. E la prova che mi serviva per capirlo era il femminismo.

Scoprii Reddit, che è un ferment di MRA, intorno al 2009, ma per fortuna mi ero già allontanato dal movimento. Molte delle cose che postavano erano elementari, comunque.

La mia trasformazione non avvenne da un giorno all’altro, comunque. Non ci fu nessuno “Ah!”, ma più una progressione. Dovetti decostruire tutte le credenze MRA che avevo interiorizzato. I miei compagni scuotevano le spalle ogni volta che aprivo la bocca. Scrivevo saggi pieni di argomentazioni a favore dei diritti degli uomini e il mio professore diceva “Questa è tautologia”.

Ad un certo punto, argomentai che il concetto di metrosessualità è oppressivo per gli uomini, che è un tentativo di effeminarci perché siamo troppo pelosi; perché non siamo abbastanza così come siamo. Una delle mie compagne si girò verso di me, alzò la gonna e disse “Mi depilo le gambe ogni giorno. Non parlarmi di come l’industria cosmetica opprima gli uomini”.

Finii per iscrivermi ad una magistrale di sociologia. E alla fine del primo semestre, realizzai che non sapevo nulla. Da allora, fu un lento processo di costruzione. Finii la magistrale nel 2011, e nel 2012 iniziai a dichiararmi femminista in pubblico. Ora sono un dottorando in sociologia all’Università di Victoria.

Mi concentro ancora sugli uomini (questo non è cambiato, rispetto ai miei giorni da MRA), ma il mio lavoro riconosce che il metodo migliore per comprendere i problemi degli uomini è l’analisi femminista.

Nonostante i miei sforzi, sono un idealista, e sono davvero convinto che la sociologia può essere  una disciplina attivista. Può insegnare ai giovani come la nostra società costruisce iniquità, e una volta che si inizia a comprenderlo possiamo fare qualcosa a proposito.

Ci sono degli MRA che dicono che la propaganda per i diritti degli uomini è vicina al femminismo, ma non è vero. Il movimento MRA è nato come anti-femminista, e poi pro-uomini.

Ogni volta che penso al movimento, tutto quello che vedo è rabbia, odio, amarezza e paura. Ma non mi vergogno di esserne stato parte. Non so nemmeno se me ne pento, perché senza di esso non sarei finito dove sono ora. Mi ha portato allo studio della mascolinità, e poi al femminismo. Esco con la stessa donna dal 2004 e, oh dio, devo averla fatta impazzire ai tempi.

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