Antiautoritarismo, Antisessismo, Autodeterminazione, Critica femminista, Femministese, R-Esistenze, Sessualità

Quel sesso sporco delle donne che non piace alle femministe moraliste

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Moralizzare il sesso è l’ultima spiaggia di un femminismo moralista che ribalta la criminalizzazione misogina della sessualità femminile e stabilisce che è il sesso dell’uomo ad essere sporco, corrotto, criminale. Il desiderio maschile viene inteso come brutale, la penetrazione è stupro, dicevano le donne della stessa scuola di pensiero della anti/positive/sex, abolizionista della prostituzione e antiporno Andrea Dworkin.

L’unico desiderio buono è quello delle donne, il nostro sesso sarebbe pulito, condito di profumi e fiorellini, e quando racconti che il tuo sesso è sporco, rivendicando il fatto di non avere la fica d’angelo, c’è chi ti dice che non sei normale o che la tua è “una comunicazione urlata”.

Perché noi donne dobbiamo così parlar sommessamente, lasciar cadere il fazzoletto per segnalare che siamo ben disposte verso il corteggiamento, siamo dolcissime, soavi creature, armoniosamente dedite alla cura e quando il nostro orgasmo arriva noi non urliamo, al massimo le nostre corde vocali volgono verso un canto d’angelica natura mentre in sottofondo si leva il suono di violini e campane.

Ci sono femministe che sembrerebbero essere in perenne ronda a sostituire le guardie del buon costume. Ridurre i decibel del sesso, per favore, e se dichiari che ti piace essere presa, stropicciata, appassionatamente stretta e attraversata, è chiaro che in te deve esserci qualcosa che non va. In fondo quell’altro è uomo, mioddio, come potrebbe lui agevolare il tuo piacere se l’identifichiamo con quel mostro che ci toglie fiato, vita, ci violenta, ha le corna, la bava e qualunque sia la relazione che tu intendi avere con costui non può che essere frutto di coercizione.

Se dici che hai ben chiaro quel che vuol dire consensualità tirano fuori una serie di spropositate e abnormi cazzate sulle mille e una forme di introiettamento della cultura machista e lì ti chiedi se e quando ti spetterà mai il patentino della adulta, consapevole e autodeterminata, senza passare da uno psichiatra, un paternalista o una matriarca in veste di sorvegliante della nostra sensibile verginità. Ti chiedi anche com’è che non tengano conto della loro possibile abilità proiettiva, perché patologizzazione porta ad altra patologizzazione, e se farei volentieri a meno di esprimere giudizi che censurano la libera espressione altrui c’è da difendersi dagli evidenti traumi non superati di costoro che sembrano essere tutt* bisognos* di una mega terapia virtuale collettiva. Non possono esser loro ad avere introiettato secoli di cultura moralista, catto/fascista, autoritaria e censoria?

Come si misura il grado di consapevolezza? E da cosa notiamo se una donna è liberata? Esiste un metodo scientifico per certificare che una donna che dice Si voleva per davvero dire Si? E chi siamo noi per giudicare, esprimere giudizi normativi, moralizzare, dividere le donne in quelle per bene e quelle per male, immaginando perfino che tutto ciò debba essere inteso come espressione di un femminismo di valore? Che cosa vuol dire oggi essere dalla parte delle donne? Far loro vivere la vita come gliela dettiamo noi? E’ abominevole che ci sia chi guardi altre con supponenza e ne delegittimi costantemente le scelte, le prove di ricerca, le esperienze, i processi di crescita.

Il mio sesso è sporco e me ne vanto. Come tante tra voi esco da secoli di volgare demonizzazione che racconta la mia vagina come fosse un vortice dentato, le mie voglie come malattie psichiatriche e i miei desideri come attribuibili solamente a spinte riproduttive o per soddisfare il sesso altrui. Ora tante donne sono consapevoli. Scelgono e non sempre, ovviamente, scelgono quel che piace alle altre perché il piacere è soggettivo e non ci può essere una regola valida per tutte.

Il mio sesso è sporco e a farmelo apprezzare, chissà come mai, non fu una donna ma piuttosto un uomo. A insegnarmi, perché talvolta insegnano, a non aver paura dei miei liquidi, a non vergognarmi delle mie imperfezioni, a lasciar fare e mollare fobie e insicurezze per godere. Godere non del godimento altrui ma del mio. Non c’è cosa che faccia eccitare alcuni uomini più che il mio godimento. Si eccitano del mio orgasmo, delle contrazioni della mia vagina, della pelle che brucia e dei brividi che scorrono lungo la schiena. Si eccitano dell’eccitazione e non perché così provano, appropriandosi della mia ricerca, che sono tanto più virili, ché se sostituisci la gara a chi ce l’ha più lungo con quella a chi la fa urlare di più non c’è differenza, ma perché sono consapevoli, talvolta incerti, tanto quanto noi, e non è vero che il loro sesso si erge in presenza di pianti, violenze e terrore. Gli uomini che io conosco quando pensano allo stupro gli si ammoscia. Non è così che immaginano il sesso. Non godono in quel modo. Non gli piace. E per quanto io sappia perfettamente quanto sia diffuso il sessismo e quanto sia consolante per alcuni ritenere che sia gradito un abuso che loro pretendono non sia percepito in quanto tale però c’è un’altra faccia della sessualità maschile che se insistiamo nel demonizzarla viene semplicemente censurata.

Non vorrei incontrare un uomo che prima o dopo una sessione sessuale si flagella per espiare colpe e redimersi di fronte ad una società che vuole il mio corpo puro, perennemente, finanche virtualmente inviolato. Sulla mia figura non si può pensar di sesso, non mi si può desiderare, non si può esercitare seduzione, voglia, pensiero passionale. Quel che resta ed è gradito è l’uomo, paternalista, che tratta se stesso un po’ come un malato, che si pente del sesso che porta in basso e che risulta a volte anche omofobo o transofobo perché sta talmente dentro il suo ruolo di genere, etero, che l’unico modo che ha per essere migliore, senza perciò aver analizzato ed elaborato alcunché circa la propria sessualità, è quello di negarla e farsi prete laico moralista cattiverrimo nei confronti di chiunque altro ancora sembri indulgere nel peccato.

Un uomo che non sente la “colpa” austera, parsimoniosa, del far sesso concedendo tutto di se’ non teme di sperimentare, toccare e lasciarsi toccare, leccare e lasciarsi leccare, legare e lasciarsi legare, bendare e lasciarsi bendare, dominare e lasciarsi dominare, penetrare e lasciarsi penetrare, far godere e ricevere godimento, perché il sesso è reciprocità e non una gara ad evitare angoli di indignazione morale alla ricerca di pornomostruosità identificabili in “quello si”, “quello no” e “quell’altro nemmeno”.

Sono sporca, non amo essere goduta in quanto vittima, che poi è la forma di sessismo più diffusa quella di dare appeal ad una identità sessualmente fragile che se dice no, no, no, e poi è timida, timorosa, ha da rivolgersi alle grandi madri che illustreranno quel che si nasconde dietro l’arma terribile che gli uomini portano in basso, se fa tutte queste cose finisce per eccitare il pene di maschilisti che si erge solo quando tu gli dici che t’hanno salvata, consolata e che senza di loro il nulla.

Sarà per questo che poi questa categoria di femministe ha un gran problema a lasciar ragionare in pubblico altre di squirting, di godimento, di pratiche bdsm, di postporno, di corpi nudi mentre loro stanno lì a tentare ogni giorno di convincerti che l’unica forma di rispetto nei tuoi confronti è quella che nessuno ha da toccarti, pensarti, spogliarti e goderti se non in una timida posa del missionario.

Di sesso tanto c’è da dire ma davvero, a questo punto della mia vita, non mi aspettavo di dover sentire inibita una ricerca giusto da quelle che dovrebbero liberarla. Perché femminismo sta per liberazione e non per moralizzazione. E questo è secondo me.

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53 pensieri su “Quel sesso sporco delle donne che non piace alle femministe moraliste”

  1. “(…) Non c’è cosa che faccia eccitare alcuni uomini più che il mio godimento. Si eccitano del mio orgasmo, delle contrazioni della mia vagina, della pelle che brucia e dei brividi che scorrono lungo la schiena. Si eccitano dell’eccitazione (…)”
    In realta’ si tratta di una reazione chimica scatenata da una naturalissima scarica ormonale. Non lo dico per ridimensionare alcunche’, ma solo perche’ in realta’ questa cosa piace (o dovrebbe piacere) alla maggior parte degli uomini. A rigor di logica bisognerebbe invece diffidare di coloro i quali non vivono l’orgasmo e l’eccitazione della partner in questo modo, perche’ si tratta di persone che contrastano impulsi di tipo fisiologico.

  2. C’è da sottolineare un dettaglio forse trascurato. Molte tendono a non viversela serena o a dichiararlo ad alta voce perché al di là di frecciate moraliste il pressing del maschio medio raggiunge picchi da record O:
    Si corre meno il rischio d’esser stressate il triplo, che già se ti comporti da suora hai sempre la tua belle rottura di coglioni nel gestire il prossimo.
    (all’eccesso questo ragionamento diventa un po’ talebano ma di base c’è)

  3. Com’e’ che si torna a discutere di questo ? Mi sembra che non tanto il femminismo, quanto proprio il sentire comune delle donne “di oggi”, sia ormai avanti anni luce rispetto a quella visione moralista. C’e’ un qualche riflusso in atto ? Gia’ le mie compagne di liceo/universita’ negli anni ’70 erano assai piu’ avanti di cosi’, erano anche senz’altro piu’ avanti di me.. Beninteso, il “sesso sporco” puo’ interessare o meno in base a preferenze e predisposizioni individuali, all’umore del momento, ma non in base a una regola imposta dall’esterno

    1. Appunto XD infatti non afferro proprio il senso di quest’articolo… Ma si sa, basta parlare un po’ di sesso, anche dicendo cose a casaccio, e tutti ti applaudono 😛

      1. Credo sia ingenuo pensare che tutte le donne non abbiano dentro di sè più alcuna spinta autocensoria inconsapevole o meno.
        Che derivi dalla cultura in genere o familiare o da qualsiasi altra cosa.
        Il senso dell’articolo è forte e chiaro.
        Se siete tra le fortunate mosche bianche a non essere soggette a nessuno dei moti di schiacciamento e autoschiacciamento sopraelencati, tanto meglio per voi.
        Ma la liberazione non è avvenuta, parlarne è necessario, mantenerla è necessario.
        Il senso c’è ed è forte e chiaro

      2. Il senso si riferisce a un sacco di movimenti del femminismo moderno che invece sono puritani eccome. In Italia si vede un po’ di meno, ma se bazzichi ambienti in lingua inglese sono ovunque.

    2. Già..io sono femminista dagli anni ’70 e questo discorso (se si riferisce al femminismo) mi pare che sfondi una porta aperta. Non trovo la firma d’autrice ma sarei interessata a trovare sui articoli su erotismo bsm….(non ricordo l’acronimo..sono un po’ ignorante in questo campo…non ho mai ehm inteso esser pura..libera sí..nei limiti delle mie capacità). Massimo rispetto per l’autrice

      1. Temo che purtroppo spesso ancora ci si autocensuri, ma sono d’accordo nel trovare questo articolo inutile, non mi pare proprio che siano le femministe ad avere di che ridire sul piacere femminile e sul modo di raggiungerlo. Quello su cui alcune femministe possonoa vere da ridire, e io nel mio piccolo mi sento tra quelle, è la spinta della società a imporre alle donne di farsi piacere un certo tipo di sessualità perchè altrimenti non sono “vere femmine”. C’è a chi piace fare sesso orale, a chi piace farsi insultare mentre fa sesso, chi ama le fruste e chi no.

        1. Questo articolo non è inutile, anzi. Sono stata insultata e screditata in vario modo davanti a tutti da una ragazza convinta di essere una femminista vera, talmente vera che solo lei sapeva come una donna può fare sesso. Ha usato un tono così aggressivo che per evitare di ritrovarmi di nuovo in una situazione del genere, ho smesso di parlare di sesso, nascondo in tutti i modi i miei lividi e fingo perennemente di essere ciò che non sono. Di donne che cercano di impedirti di godere come vuoi tu è pieno il mondo, purtroppo, e questo articolo è utilissimo, perché tra le femministe o almeno quelle che si definiscono tali c’è ancora molta ignoranza e moltissimi pregiudizi nei confronti delle pratiche bdsm.

          1. Per lo più è invidia, ira verso qualcosa da cui si sentono escluse.
            Ricerchina Google immagini per “Andrea Dwonkin”: guardi qualche foto, e hai già letto i suoi libri.
            Il corpo fa il carattere non meno di quanto il carattere non faccia il corpo.

    3. Il senso sta nel fatto che su FB questo articolo è stato fatto rimuovere da appartenenti a gruppi di un’orientamento che si produce e percepisce come femminista e che porta avanti proprio la retorica moralista che qui viene decostruita e analizzata. Anche per me negli anni 70 si era molto avanti su alcuni discorsi (indietro per altri) ma sfortunatamente oggi è decisamente diverso.

  4. quanto ci hai preso (perlo per la parte uomini) non hai idea. a forza di dirci che dev’essere tutto puro, stiamo diventando asettici robot serial killer, leggere qua mi ha ridato speranza, prima o poi mi libererò anch’io (non so bene che sti dicendo ma boh) anche se sono uomo boh

  5. Ricco di tanti spunti, ma ormai globalmente anacronistico da decenni.
    Denuncia un’esigenza evidentemente ancora presente di emancipazione della donna, quella donna che continua a festeggiare ancora oggi l’8 marzo.
    Quanto scritto sembra il frutto di lustri di repressione, di costrizione, di anni di dovere, pochi orgasmi e tanto desiderio. Represso, molto represso.

    Ho vissuto oltre la metà della mia vita adulta in una grande città dai costumi più disinibiti che in un piccolo centro di provincia del sud, vivendo molto liberamente la mia intimità. Ad alcune donne ho trasmesso questa naturalezza assoluta del rapporto, senza confini e limiti; fatta soprattutto di una perfetta simmetria di diritti e libertà a letto. Qualcuna mi è ancora segretamente grata, sebbene pudicamente finga di non riconoscermelo. Si vede lontano un miglio!

    Qui si tratta di capire quali sono le priorità della vita.
    La massimizzazione dell’orgasmo? Un diritto assoluto all’orgasmo personale?

    I don’t think so.

    Oltre al piacere ci sono altre cose nella vita: i sentimenti (propri e altrui) e alcuni principi morali.
    I principi non esistono solo e sempre per inibire, ma aiutano a scegliere più consapevolmente.
    I principi non sono necessariamente imposti, ma scelti consapevolmente.
    Ormai la verginità fino al matrimonio non è un principio per quasi tutte le donne. Rimasi stupito di quella tendenza americana del “silver ring” che rilanciava nel terzo millennio questo principio partendo dall’avanzata America del nord.

    Ma i principi cui alludo sono soprattutto altri: non tradire, esser sinceri verso il proprio partner, non usare nessuno.
    Non amo abbandonarmi alla passione e all’istinto se non ce ne sono le condizioni. Seguendo il solo solco edonistico e massimizzandolo, ad un certo punto mi accade di esser triste, vuoto e, paradossalmente, anche solo, seppure alla fine di una intensa notte di passione.

    “Equilibrio” mi pare la parolina magica, timidamente ricordata sopra da Elisa (aprile 3, 2014 alle 7:17 am): “equilibrio”. 🙂

    1. Non sono sicuro di aver capito dove vuoi arrivare. Mettiamo che a un amico di un amico di mio cugino che dunque assolutamente non sono io, piaccia essere sottomesso a letto di brutto. Significa che questo amico di un amico eccetera è malato? Che non ha rispetto per sè stesso? Che manca di “equilibrio”?
      Questo lo chiedo giusto per capire la logica del discorso. A parte questo, ho letto molte accuse di anacronismo sotto questo articolo. Ma a me non pare affatto un discorso anacronistico, specie se consideriamo che la legge italiana ancora vieta alle donne di decidere in libertà cosa fare del proprio corpo, e che spesso e volentieri sono proprio delle sedicenti femministe a sostenere questo punto di vista; in vari paesi d’Europa si sta facendo di tutto per impedire alle sex workers di esercitare; Matt Taylor ha dovuto chiedere scusa in ginocchio per aver indossato una camicia con sopra immagini di donne in pose provocanti (se questo non vuol dire che desiderare le donne è diventata una cosa colpevole, non so cos’altro ci voglia; è uno dei momenti in cui ringrazio il cielo che non mi piaccia la figa).
      No, non mi pare affatto anacronistico il discorso, mi pare uno dei discorsi più attuali che si possano leggere. Poi si può anche dire che il problema vero è la fame nel mondo e quindi questo non ci interessa, eh…

  6. Ho condiviso l’articolo per vedere quanto avrebbero cliccato “mi piace” in segno di approvazione…..solo 1….. Tutte ipocrite….quanto devono ancora crescere le donne 😦

  7. vero, il femminismo e’ liberazione, non abbiamo bisogno di imporci nuovi limiti. e non chiamerei il tuo sesso sporco. se una cosa ti piace falla, finche’ non fai del male a nessuno non c’e’ nulla di immorale e tutto e’ lecito.

  8. Mi è piaciuto questo pezzo, ma sinceramente le femministe moraliste che dici tu io non le ho mai viste, anzi! Le pagine femministe che conosco io sono molto più aperte di quello che dici tu, dove le hai pescate queste bacchettone? ^^

  9. Quasi tutto esatto anche se un po’ superficiale. Ma visto da un punto di vista molto personale (per come è scritto, in forma di sfogo), va anche bene. L’unica cosa davvero errata che sottolinea la non conoscenza di genere è “Un uomo che non sente la “colpa” austera, parsimoniosa, del far sesso concedendo tutto di se’ non teme di sperimentare, toccare e lasciarsi toccare, leccare e lasciarsi leccare, legare e lasciarsi legare, bendare e lasciarsi bendare, dominare e lasciarsi dominare, penetrare e lasciarsi penetrare, far godere e ricevere godimento, perché il sesso è reciprocità e non una gara ad evitare angoli di indignazione morale alla ricerca di pornomostruosità identificabili in “quello si”, “quello no” e “quell’altro nemmeno”.. Questo è molto vicino alla realtà ma non prende in considerazione i ruoli.

  10. “Gli uomini che io conosco quando pensano allo stupro gli si ammoscia. Non è così che immaginano il sesso. Non godono in quel modo. Non gli piace”
    Ecco, in questa frase mi ci rispecchio in pieno.Non vorrei mai che una donna facesse qualcosa che non le piace o che la facesse solo per compiacermi.Non sarebbe giusto e non lo troverei eccitante.

  11. Infatti, il femminismo onteso come contrapposizione al maschio non è femminismo ma solo ina sua ottisa interpretazione. Il vero femminismo è quello che deve eliminare i tabù inculcati nella testa delle donne da secoli di mamma e moglie e castità pre matrimoniale de noi vai all’inferno. Il vero femminismo è quello che pone le donne a livello culturale e intellettivo sullo stesso piano degli uomini ( anche qui secoli di retaggio culturale).. Il vero femminismo è quello che cercando un dialogo costruttivo con tutti trova nuove strade da percorrere cercando di cambiare una cultura ormai superata.

  12. Mi viene in mente il vecchio Catone, che ha passato la vita a gridare “distruggete Cartagine” anche quando Cartagine non contava più niente. Mi sembra incredibile che nella società attuale – sessualizzata, mercificante, immune a tutte le declinazioni della vergogna – qualcuno battagli ancora contro “il moralismo”. Sveglia, siete in guerra contro i fantasmi. I problemi del nostro secolo sono altri.

    1. La mercificazione non è contrapposta al moralismo, è proprio l’altra faccia della stessa medaglia, l’ipersessualizzazione è roba ad altra pressione, valvola fischiante, tutto canalizzato in logiche di mercato non è la libertà per cui si batte l’articolo, di quella ci sarebbe bisogno.

  13. Pingback: Out of the Blue
  14. D’accordo in tutto. Al mio solito, semplifico notando il terribile vizio logico di chi scrive quelle “cazzate abnormi” sul patriarcato interiorizzato: è una teoria infalsificabile e dunque antiscientifica.
    Se una donna dice che fa un porno si sente oggettificata, allora è brava e matura e ha capito tutto. Se fa il porno e dice che non si sente oggettificata ma che è quello che le piace fare e le dà soddisfazione, allora diciamo che fa così perché è incosciamente maschilista.
    Esiste un qualche modo in cui si possa dimostrare a queste sedicenti femministe che alle donne, esattamente come agli uomini, possono piacere le porcate?
    No. Hanno ragione a priori.
    E dunque hanno torto a priori.

  15. Ciao…ti leggo a due anni di distanza in periodo caldo sul tema del burkini…e trovo di tremenda attualità (nonchè di personale piena condivisione) la tua riflessione….anche se può parere paradossale.
    L’autodeterminazione in chiave Burkini 2.0 va bene solo se si incastona in principi condivisibili dalla cultura dominante colonisalista europea ci ha insegnato la Zanardo quest’estate…i femminismi islamici (zahara ali per citarne una…) non hanno spazio; queste donne (e si parla di chi sceglie) dato che usano il loro corpo in maniera che a noi pare inconcepibile ( come chi con consapevolezza fa bdsm) non sono altro che donne da liberare,da riportare nell’unica visione possibile della femmina…dove la soggettività non ha spazio.

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