Antiautoritarismo, Autodeterminazione, Critica femminista, R-Esistenze, Violenza

I professionisti dell’antiviolenza (se non sei vittima su di te non si può lucrare)

MjAxNC0xOGM3YTA4OTJkNzI0ZTU4Donna è “brand” (ottimo per pubblicizzare e legittimare governi, brutte riforme elettorali, leggi) e lo è diventato anche “violenza sulle donne” (idem come prima). Chi su questo lucra e fa soldi è anche quel che fa parte dell’industria del salvataggio. C’è che si parla di un bisogno, un problema reale, qualcun@ si diverte a raccontarla come un’emergenza invece che come un dato strutturale, poi tu diventi un target economico preciso.

Allora se per esempio sei su facebook ti becchi lo spamm/marketing di studi di avvocati che ti difenderanno da “violenze”. Perché l’assioma è che donna=vittima (di un uomo). Se poi gli dici che ti stalkerizza una donna non importa ma intanto così ti intercettano. Lucrando su un genere.

Esiste un sacco di gente pronta, dunque, a immolarsi sull’altare della difesa delle donne e mi chiedo quando e come la questione della violenza sia diventato un meccanismo commerciale in cui a momenti si induce un bisogno e oltre a venderti riviste, programmi tv e cose fatte da chi di violenza non sa proprio niente, oltre a rifilarti le campagne antiviolenza con tanto di grandi marchi che supportano la causa per vendere più merce di loro produzione e farsi grande pubblicità, oltre a fare tutto questo oramai l’affare si estende a tutto quello che si realizza attorno al terreno della “sicurezza”.

Ci sono gli spray, i braccialetti elettronici, più galere, incluse quelle per migranti intrappolati per via del pregiudizio che sarebbero tutti brutti e cattivi, più soldi a militari e imprese in nome delle donne e poi li usano per reprimere il dissenso. Poi c’è tutto il mondo di professionisti che di sicuro vivono un momento economicamente molto difficile anche loro. Ma indurti a tutti i costi alla denuncia, così è il percorso “rosa” di ispirazione ministeriale che serve a braccarti anche in pronto soccorso, senza coinvolgimento dei centri antiviolenza che alla denuncia non ti obbligano certo, con le istituzioni che ti stanno con il fiato sul collo, e poi questi avvocati totalmente digiuni, spesso, in questioni di genere, che si aggirano per facebook e ti mollano spamm con indirizzi, numeri e qualche volta contattano le pagine che parlano di violenza per inserire le loro cose.

Quanto e come tutto ciò ha il reale interesse di rispettare l’autodeterminazione delle donne? Quanto si ragiona di strumenti da fornire e che le donne possono scegliere liberamente e senza alcuna costrizione e quanto invece si impone in uno schema oramai economicamente quasi necessario e dunque commerciale per cui tu donna servi in quanto vittima perché se vittima non ti dichiari su di te non si può lucrare?

Il corpo delle donne è oggetto. Strumentalizzato. Non ti consentono di usarlo in maniera autodeterminata perché al neoliberismo servi di più da vittima. Il corpo delle donne è oggetto anche quando si parla di violenza. Perciò tenete gli occhi aperti. E no, grazie, l’avvocato ce l’ho già.

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