#Femminicidio è diventato un brand sul quale chiunque realizza marketing. Dopo varie aziende che hanno riproposto stereotipi sessisti “contro la violenza sulle donne” ecco due proposte in cui più che altro si sensibilizza sull’uso di photoshop per levigare il corpo delle modelle e farle apparire modello bellezza standard così come cultura dominante vuole e poi si sdoganano riflessi di autoritarismo occidentale neocolonialista che fornisce forbici per segare il velo o spoglia le Pussy Riot per farle sembrare un po’ più addomesticate o simil/Femen. Un po’ confus* in effetti.
Sulle pose della modella che si presenta indossando capi di intimo quello che non funziona è parlare di violenza sulle donne senza capire ciò di cui si parla. Lo spiega Svenia Lee qui:
“Spogliarsi davanti una macchina fotografica; una forte provocazione. “A volte per attrarre l’attenzione e farsi ascoltare bisogna essere trasgressivi e lanciare un messaggio che sia efficace – dichiara Giorgia – la mia opera di sensibilizzazione la farò così, mettendoci il mio corpo”.”
Una forte provocazione sarebbe spogliarsi e mostrarsi al naturale, senza luci che minimizzano i difetti, trucco parrucco e pose artificiose… sarebbe mostrare le unghie scheggiate, i peli pubici, i capelli spettinati, indossare intimo in cotone con la mutanda bianca e il reggiseno nero, un camicione da lavoro, anfibi sporchi di fango… sarebbe mostrare una donna che indossa in biancheria che si cucina un toast, legge un libro, taglia l’erba in giardino… allora la nudità sarebbe davvero una provocazione. Così è solo un’altra modella che vende se stessa e ciò che indossa, se non ci fosse scritto “campagna contro il femminicidio” non sarebbe distinguibile da una qualunque pubblicità di Yamamay.
Del calendario ci parla meglio Enrica qui che scrive:
“le studentesse testimonial del calendario hanno dovuto superare un casting.
Foto intera, foto primo piano, altezza, misure.
I numeri sono giusti? Puoi fare il calendario contro la violenza sulle donne.“
Ecco tutto. Delle due iniziative quasi quasi preferirei la prima perché non ha lividi e non vittimizza ma quel che dice Svenia Lee è assolutamente vero. Nel calendario, invece, la foto con i lividi è immancabile. In generale manca totalmente consapevolezza. E poi non ditemi che la faccenda del brand e del marketing è una mia invenzione…
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Sarebbe l’ora che questi vecchi seduti sulle poltrone di comando lasciasi il posto alle donne rivoluzionarie, che non tengano culture maschiliste!