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Giulia Innocenzi: sull’Iran non hai capito niente!

20150802_101108Giulia Innocenzi è andata in viaggio in Iran. Descrive quel viaggio sul suo blog e racconta un paese visto con gli occhi di una occidentale un po’ disinformata che, suo malgrado, si presta a legittimare un quintale di islamofobia e neocolonialismo.

Solidarizzo con lei e non nego affatto che in Iran, come altrove, esistano pressioni maschiliste ma, da quel che scrive, deduco che non abbia mai viaggiato per l’Italia facendo attenzione ai molesti, agli esibizionisti dal pene in libertà, agli inseguitori, agli stupratori che qui esistono in gran numero. Deduco anche che non sappia come l’occidente paternalista usi il pinkwashing per giustificare l’aggressione ad alcune culture e ad alcuni paesi prendendo a pretesto la difesa delle donne: ovvero quelle che, a quanto pare, non saprebbero difendersi da sole e senza l’ausilio del “liberatore” occidentale. Il patriarcato del vicino è sempre più verde, per l’appunto. E il femminismo antisessista che non è Intersezionale per me è difficile da digerire.

Nel suo post, con tanto di foto che regalano una visione e stereotipata di quel paese, si parla di uomini perennemente molesti e di donne sottomesse e vittime di molestie. Mi chiedo, ancora, dove fosse la Innocenzi quando per le strade studenti e studentesse iraniane (in numero altissimo) rischiavano la morte, buttavano pietre contro il regime e furono protagoniste della rivoluzione in verde. Tra i commenti al post della Innocenzi ce n’è uno che vale la pena leggere con attenzione scritto da Giulia Presbitero. Ve lo propongo qui. Buona lettura!

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Buonasera Giulia,
sono una studentessa di relazioni internazionali dell’Università di Torino e le scrivo in merito all’articolo che ha pubblicato riguardo alla sua vacanza in Iran.
Mi dispiace molto per i commenti sessisti, volgari o maleducati che alcune persone le hanno rivolto in merito al suo articolo o con altri pretesti, immagino debba essere difficile e pesante da sopportare.
Le scrivo con l’intento di esporre una critica in modo più educato ma non meno netto, affinché – spero – la mia critica sia presa maggiormente sul serio e possa forse stimolare una riflessione più approfondita.
Sono italiana, ma ho studiato e lavorato per lunghi periodi in Iran, parlo Persiano abbastanza fluentemente e credo di avere acquisito nel tempo – anche attraverso lo studio universitario in Italia – una discreta conoscenza della storia, della cultura e della società iraniana. L’Iran sta attraversando un periodo molto delicato, in cui grandi opportunità si accompagnano ad alti rischi. Se i rapporti con l’occidente continuassero a migliorare, il turismo potrebbe giocare un ruolo fondamentale per assicurare una ripresa economica del paese e per portare liquidità alle frange della popolazione che più hanno sofferto nel lungo periodo segnato dall’embargo e dalle sanzioni.
Ora, il fatto che una giornalista in vista come lei pubblichi un articolo sull’Iran in cui non dedica un minimo di approfondimento sulla realtà del paese, in cui si limita a offrire immagini-stereotipo accompagnate da frasi che sono poco più che luoghi comuni, lasciando spazio soltanto ad aneddoti di esperienze negative (per quanto sicuramente provanti) senza minimamente preoccuparsi dell’impatto che questo tipo di mala-informazione può avere sul pubblico, è molto, molto triste.
Non solo dall’articolo appare evidente la sua impreparazione sulle realtà culturali e sociali del Medio Oriente, ma il modo in cui ha reagito ai commenti negativi ricevuti (non intendo quelli volgari, ma quelli delle persone che come me conoscono la realtà iraniana e che l’hanno criticata per la superficialità dell’articolo) denota anche un disinteresse a comprendere meglio le questioni di cui parla e di cui si lamenta, le quali sono molto più complesse di come lei fa apparire in questo articolo.
C’è già tanta disinformazione sull’Iran in particolare e sull’Islam in generale, non c’è certo bisogno di altro pressapochismo sul tema. Il maschilismo in Medio Oriente è un problema molto serio e la condizione della donna nelle società islamiche è estremamente complessa: il modo in cui lei tratta questi temi nel suo articolo è a dir poco riduttivo.
La cosa più grave che trapela dal suo articolo è la sua scars(issima) conoscenza dei principi basilari del relativismo culturale e del postcolonialismo: per dirla in parole semplici, quella sospensione del giudizio di fronte a realtà che non sono basate sui nostri stessi parametri logico-culturali che è l’unica risorsa possibile per approcciare senza pregiudizio realtà profondamente diverse dalla propria, per porre le basi di società inclusive e per superare posizioni xenofobe e razziste.
Di fronte alla ragazza che non si siede a tavola con due uomini sconosciuti lei sfodera subito un giudizio semplicistico, sottovalutando o anzi non prendendo neanche in considerazione le norme sociali tradizionali che si depositano alla base di tutte le culture (compresa la nostra) e che fanno sì che certe cose siano ritenute accettabili ed altre sconvenienti. Paradossalmente, il padre della ragazza, applicando i parametri culturali propri della sua cultura a sua figlia, e applicando invece i parametri di quella che ha compreso essere la cultura occidentale a voi (se siete lesbiche unite pure i letti, se volete potete non indossare il velo per casa) dimostra una capacità di astrazione e di relativismo culturale molto maggiore della sua, Signorina Giulia!

iranshow_makeupFar passare le donne iraniane per povere vittime senza risorse di un sistema oppressivo è invece una bugia vera e propria. Il sistema è certamente oppressivo, ma le donne iraniane sono estremamente forti e combattive ed al di là delle apparenze e delle formalità il loro potere decisionale nella famiglia e nella società è altissimo. Le donne iraniane hanno imparato a sfruttare a loro favore molti aspetti della cultura in cui sono nate e spesso, al di là di quello che gli uomini affermano in pubblico, i veri capifamiglia nelle case iraniane sono donne, i veri motori dell’educazione iraniana sono donne, la futura classe dirigente non potrà che essere sempre più costituita da donne.
Riguardo agli spiacevoli incidenti che vi sono capitati in Iran, non è mia intenzione minimizzare: il problema nel paese esiste ed è più grave che in altri posti del mondo. Anche a me sono capitati un paio di episodi sgradevoli viaggiando da sola per l’Iran, ma niente di paragonabile a quello che descrivete voi. La frequenza e l’intensità delle violenze subite sono molto, molto strane. Con ciò non dubito della loro autenticità e non intendo “puntare il dito contro la vittima”, perchè la causa di questi episodi è certamente imputabile a un certo modo di concepire la mascolinità e la femminilità in quella parte del mondo, nonchè all’enfasi sulla separazione tra i sessi che viene imposta dall’educazione stabilita dal potere dominante e che produce effetti deleteri sulla psiche di molte persone.
Intendo però puntare il dito contro una giornalista impreparata che si reca in un paese molto complesso senza l’adeguata preparazione non solo razionale ma anche emotiva, sottovalutando fortemente le difficoltà derivanti dal calarsi in una cultura profondamente diversa dalla propria e la necessità inderogabile di conformarsi a determinate norme che nel proprio paese riterremmo ingiuste o degradanti. Ancora una volta: l’ignoranza in merito a tematiche di relativismo culturale e postcolonialismo. Mi rincresce dirlo in questi termini, ma l’Iran non è un qualsiasi altro paese del Medio Oriente, sotto tutti i punti di vista: sia quelli positivi, che negativi.
Per ottenere un record così alto di esperienze negative in un lasso di tempo così breve, qualcosa avete per forza sbagliato anche voi, e il fatto di non volerlo ammettere non vi fa onore nè aiuta la causa femminista delle donne iraniane. Ci sono cose / atteggiamenti / modi di guardare / di comportarsi / di vestirsi / di parlare che in Iran una donna non può permettersi, o meglio: può permettersi (e spesso la fa, tirando al limite la corda tra il lecito e l’illecito, per affermare la sua volontà all’autodeterminazione), ma essendo conscia dei rischi a cui di conseguenza si espone. Sottovalutare queste norme per poi scandalizzarsi delle conseguenze è a dir poco naif. Conformarsi non significa accettare queste norme come giuste per sè, ma riconoscere il fatto che in questo luogo il rapporto fra i sessi è regolato da altri standard, altre norme non scritte a cui due turiste straniere non possono pensare di soprassedere nè di dominarle appieno.
L’avanzamento dei diritti delle donne iraniane spetta alle donne iraniane, le quali stanno portando avanti da decenni un lento e misurato lavoro di scalpello sulla granitica pietra della loro cultura tradizionale. Già qualcun altro tanti anni fa ha pensato di provare con la dinamite, ma non ha funzionato, anzi.

iran_protesta_primaUn altro errore grossolano denotato dalla mancanza di conoscenza della realtà in cui vi trovavate è quello del vostro rifiuto a ricorrere alla polizia: come vi hanno già fatto notare molti altri utenti, una cosa su cui si può certamente contare in Iran è l’affidabilità della sicurezza interna e la protezione degli stranieri nel paese. Garantire la sicurezza delle turiste straniere e assicurare che al loro ritorno parlino bene del paese e invitino altri a visitarlo è una priorità assoluta del governo iraniano e se vi foste rivolti alle autorità avreste sicuramente trovato aiuto (e probabilmente un “consiglio” su come conformarvi meglio al codice di vestiario e di comportamento islamico: “consigli” sempre fastidiosi e sgradevoli per noi ragazze occidentali, ma ahimè necessari se si vogliono evitare questi incidenti). Voi avete fatto esattamente il contrario: cariche di pregiudizio avete pensato che le autorità non vi potessero essere di nessun aiuto (“in un paese dove uomo e donna prima del matrimonio non possono nemmeno sfiorarsi” avete scritto..altra informazione falsa!) e al ritorno non avete esitato a scrivere un articolo che farà certamente passare la voglia di visitare il paese a migliaia di persone, se mai queste ci avessero pensato. In mezzo ai tanti commenti negativi al suo articolo, infatti, si leggono moltissimi “grazie per l’interessante reportage, accidenti che brutto posto l’Iran!”. Come se ce ne fosse bisogno. Un bel “grazie” da parte di tutti gli iraniani!

Ma ciò che mi ha fatto più arrabbiare del suo articolo è il paragrafo finale, perchè denota non solo superficialità nell’approcciare una cultura altra da sè, ma anche cecità di fronte alla realtà del proprio paese e insensibilità verso coloro che non condividono la sua posizione di privilegio. Quando la ragazzina in chador (altra precisazione necessaria: i chador non coprono MAI la faccia della donna, forse lei si confonde con il burqa) le dice che vorrebbe studiare scienze politiche ma che i suoi genitori non sono d’accordo, per cui studierà psicologia, lei commenta “Abbiamo cominciato a pensare a quante cose avrebbe potuto fare nella vita una donna brillante e curiosa come lei. Se solo fosse stata libera. Se solo avesse avuto il diritto di essere se stessa.”
Il diritto di essere libera? il diritto di essere se stessa? Ma lei crede davvero che basti questo perchè una donna brillante riesca ad avere successo nella vita? Forse lei non si rende conto che la sua condizione – quella di essere una giovanissima giornalista di successo che dirige trasmissioni per le più importanti emittenti nazionali e collabora con i più famosi giornalisti nazionali – è una posizione di privilegio più unica che rara nel nostro fantastico paese in cui le donne sono “libere e padrone di se stesse”! Non metto in dubbio che lei sia arrivata a questa posizione per merito della sua professionalità, ma metto assolutamente in discussione che il suo caso possa essere portato ad esempio per noi migliaia di studentesse di scienze politiche che dopo la laurea ci barcameniamo per anni ed anni tra stage non pagati, collaborazioni “volontaristiche” e infine finiamo a svolgere lavori che nulla centrano con le nostre aspirazioni, coi nostri studi o coi nostri interessi! I genitori di quella ragazza, forse, consci delle simili difficoltà in cui si trovano i giovani iraniani in un paese in cui il tasso di disoccupazione giovanile pare si aggiri intorno al 20%, magari privi di contatti o conoscenze nell’ambito di interesse di sua figlia, hanno semplicemente tentato di proteggerla da un probabile fallimento e di indirizzarla verso una carriera più sicura. Che ciò sia giusto o meno, cos’ha questo a che vedere con il maschilismo o l’oppressione della donna? Di oppressione si tratterebbe se alla ragazza fosse stato proibito di andare all’università per sposarsi e vivere reclusa in casa, invece chi è informato sa bene che le studentesse donne in Iran sono più del 60% nelle università del paese.
La mia lettera è già abbastanza lunga e non sono affatto sicura che lei troverà il tempo di leggerla (chissà quante ne riceve ogni giorno!), quindi meglio che mi fermi qui, anche se cose da dire ne avrei ancora molte.

Cordiali saluti,
Giulia Presbitero

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28 pensieri su “Giulia Innocenzi: sull’Iran non hai capito niente!”

  1. Un articolo che non mi convince affatto. Il passaggio “le donne iraniane hanno imparato a sfruttare a loro favore molti aspetti della cultura in cui sono nate e spesso, al di là di quello che gli uomini affermano in pubblico, i veri capifamiglia nelle case iraniane sono donne” mi ricorda molto il vecchio “in casa mia in realtà comanda mia moglie…” detto dai maschilisti italiani per giustificare il sistema che opprimeva e ancora opprime le donne al di fuori delle loro case e dare loro il contentino illusorio del matriarcato domestico. La Innocenzi non mi è simpatica e non parlo del suo articolo, questo però mi sembra una difesa d’ufficio non troppo efficace di una società che, mi spiace, maschilista lo è e anche tanto. Onore alle donne iraniane che non si piegano, non trovo scandaloso che uno straniero in quanto tale rilevi all’interno di un Paese che visita la violazione dei diritti in cui crede.

    1. Difesa d’ufficio mi pare ingeneroso, al meno. Mi pare sia invece accorata, questa ‘difesa’ (che credo sia più un riconoscimento per quello che le donne iraniane sono state e saranno ancora all’interno di un contesto sociale e politico non facile), e fornita da chi quella realtà la conosce bene e da vicino. Non di giustificazione si tratta, quanto di un invito a guardare meglio e più da vicino cose che a noi (come alla Innocenzi) risultano evidentemente lontane e perlopiù incomprensibili.

    2. Mi sembra si tratti semplicemente di un confronto idealismo vs. pragmatismo. É come la vecchia storia della donna violentata che “se l’é cercata perché si vestiva cosí e andava in giro di notte”. É un’idea giusta? No, una donna che si veste in modo provocante e gira di notte non sta invitando allo stupro. Ma il fatto stesso che l’idea esista e che chiaramente gli stupratori siano i primi a condividerla significa che, agli effetti pratici, se fai una cosa simile corri dei rischi. Se lo fai per mandare un messaggio, consapevolmente, e magari sei cintura nera di Judo e pronta a stendere qualunque potenziale malfattore, bon. Se no é un dato di fatto che ti stai mettendo a repentaglio avventatamente. Non é giusto che sia cosí, ma l’unica cosa di cui possiamo essere garanti é della giustizia delle nostre personali azioni, non di quelle del resto del mondo.

  2. Assolutamente d’accordo con Lucia Conti, “Il diritto di essere libera? il diritto di essere se stessa? Ma lei crede davvero che basti questo perchè una donna brillante riesca ad avere successo nella vita?” No, certo, ma potrebbe essere un buon punto di partenza. Mai letto articolo più ipocrita e avvelenato. E’ altresì piuttosto ironoco che, ogni qualvolta si vuole pubblicamente puntare il dito contro la vittima di un abuso, si tenda a ripetere che non si vuole assolutamente “puntare il dito contro la vittima”. Forse non sono così evoluta da andare oltre la mia visione di limitata donna occidentale, ma l’abuso contro una donna resta un abuso, in qualunque parte del globo. La signora Innocenzi non voleva probabilmente fare un trattato storico-culturale sull’Iran, ma raccontare la sua esperienza, come giornalista, certo, ma come donna sopratutto (al di là del politicamente corretto). Per esperienza non trovo, tra l’altro, assolutamente strano quello che racconta. E’ stata anche molto coraggiosa a scriverlo pubblicamente. Era ovvio che avrebbe scatenato una vera e propria sassaiola.

  3. Scusate, leggo molte critiche alla Innocenzi ma fino a prova contraria, se una va in un paese, viene ripetutamente molestata nel giro di una settimana, quando torna a casa avrà alemo il diritto di scrivere nel SUO blog le SUE impressioni del viaggio comprese le molestie??? …francamente credo che “relativismo culturale” non possa significare la censura di impressioni personali

  4. Assolutamente d accordo sull incapacità di molti giornalisti di comprendere il loro ruolo, il potere e le conseguenze delle loro parole…gran bella tirata di orecchie somministrata con grazia , competenza e maturità. Consiglierei alla sign -dott/ … – giulia di darsi al giornalismo o altra forma di scrittura …

  5. 90 minuti di applausi a Giulia Presbitero. Quando dice: ” Forse lei non si rende conto che la sua condizione – quella di essere una giovanissima giornalista di successo che dirige trasmissioni per le più importanti emittenti nazionali e collabora con i più famosi giornalisti nazionali – è una posizione di privilegio più unica che rara nel nostro fantastico paese in cui le donne sono “libere e padrone di se stesse”! ”
    non potrei essere più d’accordo. Se cominciassi a scrivere un elenco di tutti i miei coetanei, ragazze e ragazzi, che hanno dovuto rinunciare ai propri sogni per volere dei propri genitori, starei qui fino alla settimana prossima. Giulia Innocenzi crede davvero di vivere in un paese in cui tutti possono diventare quello che vogliono? E gli unicorni arcobaleno non ce li mette? Davvero imbarazzante.

    Detto questo, se qualcuno è interessato a leggere dell’Iran segnalo che in questi giorni Brandon Stanton Humans of New York (che trovate su FB) si trova lì in questi giorni, a realizzare le sue interviste. Se volete sentire l’Iran raccontato da chi ci vive, lo trovate lì.
    Tra l’altro, in questi giorni al cinema potete vedere Taxi Teheran (io spero di vederlo oggi) che è girato da un regista iraniano.

    Io ormai, per principio, non leggo quasi più nulla sull’Asia se scritto da occidentali non specialisti. Il più delle volte si tratta di accozzaglie di stereotipi pressapochisti, che guarda caso sono sempre e solo volti a dare un ritratto negativo della cultura in questione (e a magnificare, per contrasto, quella di chi scrive). Viene da chiedersi perché queste persone viaggino, se quando guardano a un’altra cultura vedono solo le cose che li scandalizzano, e mai quelle belle e positive.

  6. La Presbitero parla di turismo da incentivare in Iran per aiutare le masse oppresse ma le sue argomentazioni provano purtroppo il contrario: se per andare non basta la cultura e la sensibilità di un’occidentale nemmeno tanto nella media come la Innocenzi, ma serve una laurea con corsi di cultura islamica e relazioni interculturali… beh, siamo moooolto nella nicchia. La sociologia del turismo (esiste anche quella…) ci dice che le cose funzionano un (bel) po’ diversamente…

  7. Fa bene al cuore trovare tanta capacità critica, intelligenza e passione professionale nelle parola di una giovane donna italiana. Grazie a Giulia Presbitero, e speriamo che anche nel nostro paese, magari tra venti o trent’anni, magari quando l’Iran ci avrà superato da un pezzo, “la futura classe dirigente non potrà che essere sempre più costituita da donne”.

  8. La Innocenzi sicuramente ha scritto un post che descrive superficialmente l’Iran e generalizza cose capitate a lei. Ha anche fatto l’errore di non pensare all’impatto giornalistico di questa generalizzazione, considerato il suo profilo pubblico. Però…Però. Non ha pubblicato un’inchiesta giornalistica o un’analisi sociopolitica. Ha pubblicato un post sulle sue vacanze. Rovinate da una serie di aggressioni.
    Mettendo il suo post nel giusto contesto, ciò è del tutto legittimo e anzi, io trovo molto grave l’affermazione nel post della Presbiterio che se la sia in qualche modo “cercata” o che deve aver sbagliato qualcosa. Ma come, il victim blaming a volte va bene a volte no? A una turista americana molestata in Italia diremmo che e’ colpevole di non conoscere gli usi e costumi tutti italiani per cui se sei bisessuale e giri ubriaca in minigonna “te la sei cercata”?
    Ok il relativismo culturale, ma io qui ci vedo un doppio standard determinato dalla generale antipatia nei confronti della Innocenzi (diciamolo). Difatti il piccato “richiamino” finale di questo articolo sulla sua veloce scalata professionale non mi pare abbia nulla a che fare con difendere l’immagine dell’Iran. Ho letto altri interventi questi giorni in difesa dell’Iran che mi sono sembrati più equilibrati.
    Non e’ pensabile che una persona venga attaccata nel modo sessista in cui è successo negli ultimi giorni. Davvero, fare una riflessione critica sull’Iran in transizione non e’ un dovere di tutti, ma il rispetto si. La si può criticare come giornalista ma il fatto che venga lapidata lo trovo molto più grave del suo post, di giornalisti inutili ne abbiamo a bizzeffe!! e nessuno reagisce così. Non puoi dare lezioni di “sospensione del giudizio” a una persona che ha subito un’aggressione, lo trovo un atteggiamento di superiorità. Al massimo puoi controbattere con’un altra descrizione della stessa realtà.
    Ps. A me la Innocenzi come personaggio pubblico non sta simpatica, quindi non la sto difendendo per partito preso, sto cercando di evidenziare una contraddizione.

    1. quoto anche le virgole. Se una donna non può andare in giro da sola senza essere molestata c’è un problema di contesto, anche se la donna ci è antipatica, anche se la donna non ha la raffinatezza intellettuale che ci aspetteremmo, anche se si chiama Giulia Innocenzi. E se biasimiamo una vittima di molestie perché non si è premurata di essere “culturalmente relativista” dobbiamo avere il coraggio di andare a dire la stessa cosa anche alla ragazza in minigonna che si becca la mano sul culo sull’autobus a Roma. E invece non dobbiamo farlo in nessun caso perché una molestia è una molestia, un maschilista è un maschilista, un rischio oggettivo è un rischio oggettivo e non vedo per quale motivo si debba adottare, in rapporto a contesti “esotici” che magari ci affascinano sul piano culturale o ideologico, una cautela da azzeccagarbugli che non giova a nessuno. Non si manca di rispetto a quanto di bello la cultura iraniana può offrire dicendo che l’Iran è un Paese per molti aspetti anche agghiacciante e il dovere di una persona intellettualmente onesta è non aver paura della verità. Un’ultima cosa: sono le donne iraniane stesse, quelle più coraggiose, a denunciare con forza e determinazione l’inciviltà del loro Paese in rapporto allo stupro dei loro diritti e dei diritti umani in generale. Io sto dalla loro parte e quello che provo in relazione al contesto che le opprime è solo schifo, senza “se” e senza “ma”.

      1. Infatti. Non è che se ti molesta un iraniano “qualcosa di sbagliato devi averlo fatto anche tu” e se invece ti molesta un italiano “tu non hai colpe” – l’atto è contro di te, quindi il background culturale di chi lo compie è irrilevante.

    2. Non ho letto tutti i commenti all’articolo della Innocenzi, ma di victim blaming sinceramente ne ho visto poco. Dire che in caso di molestie sarebbe stato bene rivolgersi alle autorità non è victim blaming. Se sei turista in un paese che non conosci ti devi fidare delle guide e delle autorità locali. La Innocenzi a quanto pare ha deciso che della polizia iraniana non ci si può fidare, e quindi ha preferito fare a modo suo. Non è colpa sua se è stata molestata, ma non ci si comporta in questo modo in un paese straniero, in qualsiasi paese. Se fai il turista errante senza guida può capitarti molto di peggio che qualche palpata al mercato. Ricordo che anni fa a Madrid mio padre, non volendo chiedere indicazioni, finì per portarci in un quartiere visibilmente degradato. Quando ne parlammo alla mia zia spagnola lei si spaventò e ci disse che quello era un quartiere famoso per le rapine a mano armata. Se ci avessero accoltellati per la macchina fotografica non sarebbe stato colpa nostra, ma resta il fatto che mio padre ha agito in modo imprudente, ed è giusto farlo notare.

      Poi sinceramente a me infastidisce molto il suo commento “No, a Roma o a Napoli non capita, almeno non così.” Mi infastidisce perché grazie a questo modo di pensare se dici che ti hanno molestata a Teheran nessuno lo mette in dubbio, se dici che le stesse cose (pedinamenti, esibizioni di peni ecc…) ti sono successe qui, nella migliore delle ipotesi ti dicono che stai esagerando, in alcuni casi non ti credono proprio. Una volta su FB qualcuno scrisse che la sua ragazza in Egitto era stata palpata da certi ragazzini. Quando ho scritto che era successo lo stesso a me e ad altre ragazze a Napoli (in centro abbiamo una tutta serie di problemi con le varie baby-gang, le molestie sono il male minore) sono stata trattata da bugiarda. In quel caso il victim blaming me lo sono beccato io, da persone che scrivono le stesse cose della Innocenzi. Mi innervosisce che, siccome lei a Napoli e a Roma non sia stata molestata, allora si senta in diritto di negare che possa essere accaduto ad altr*.

      1. Allora premesso che io non intendevo difendere l’articolo di Innocenzi in quanto informazione giornalistica (anche perché secondo me non si qualifica come tale), io dico solo che la sua esperienza personale con l’aggressione va rispettata e non giudicata. In Italia tanta gente non denuncia perché sa che tanto è sempre colpa sua, sinceramente se io sbarcassi in Iran per la prima volta e non avessi altre esperienze con la polizia locale, probabilmente mi farei lo stesso tipo di scrupolo.
        Sono d’accordissimo con te che è sbagliato minimizzare le esperienze che possono capire a Roma o a Napoli. Però il fatto che certe esperienze siano più frequenti in alcuni luoghi piuttosto che in altri è un dato statistico (ammetto di non sapere nulla dell’Iran, ma per quanto riguarda l’Egitto, mi ricordo di aver letto molte cose dopo la rivoluzione che raccontavano un fenomeno di proporzioni epiche), naturalmente questo dato di realtà non deve portare a ritenere “più accettabili” alcune aggressioni rispetto ad altre secondo una logica di “non lamentamose di quello che c’abbiamo”. Lungi da me proprio. Difatti non nego che la Innocenzi abbia scritto delle cappellate, dico solo che mettersi a pontificare intellettualmente sulla sua esperienza di aggressione è un atteggiamento che non mi piace.
        Spezzo il commento e finisco il ragionamento.

        1. Il passaggio che non mi va giù e che a me risuona come victim blaming è questo:

          “Per ottenere un record così alto di esperienze negative in un lasso di tempo così breve, qualcosa avete per forza sbagliato anche voi, e il fatto di non volerlo ammettere non vi fa onore nè aiuta la causa femminista delle donne iraniane. Ci sono cose / atteggiamenti / modi di guardare / di comportarsi / di vestirsi / di parlare che in Iran una donna non può permettersi, o meglio: può permettersi […], ma essendo conscia dei rischi a cui di conseguenza si espone. Sottovalutare queste norme per poi scandalizzarsi delle conseguenze è a dir poco naif.

          Cioè contestualizza questa frase come se fosse rivolta a una turista in visita a Napoli, e dimmi come ti suona. Dice anche “per forza” e che non lo vogliono ammettere! A onor del vero nel post la Innocenzi dice pure di aver provato a chiedere alla guida se stessero sbagliando qualcosa.

          A me suona proprio come un esplicito “te la sei cercata per mancanza di conoscenza degli usi e costumi”. Poi nel resto del testo si smentisce da sola, ma lo dice. Ma dove sta scritto che una turista si deve preoccupare dei “modi di guardare” per avere il diritto di incazzarsi per un’aggressione? Ok il velo, ma una volta che una ha un atteggiamento consono in pubblico, non mi puoi venire a dire che se uno mi ha mostrato l’uccello devo aver sbagliato qualcosa nel mio modo di guardare. Tra l’altro, seguendo il filo del suo ragionamento, se gli iraniani sono “culturalmente relativisti” verso i turisti questo non dovrebbe essere proprio un problema no?

          Io trovo questo scritto molto pieno di contraddizioni logiche e molto arrogante da un punto di vista umano. Non è che aver studiato il relativismo culturale e il postcolonialismo ci dà il diritto di invalidare l’esperienza altrui.

          Poi che la Innocenzi non abbia forse idea di quanto sia messa male l’Italia è possibilissimo, ma non vedo perché metterla così sul personale. Sarebbe stato sufficiente che chi conosce meglio l’Iran si fosse preoccupato di dipingere un’altro affresco per il grande pubblico.

          1. Sull’Iran non commento proprio perché non mi sento in grado di farlo. A me dà solo fastidio la pubblica lapidazione, mi dà doppiamente fastidio se mascherata da onestà intellettuale.

          2. “Cioè contestualizza questa frase come se fosse rivolta a una turista in visita a Napoli, e dimmi come ti suona.”
            Se un turista in visita a Napoli non si informa su quali zone visitare e quali no, e poi se ne va a tarda sera in certe aree di Forcella, io lo considero un imprudente e questo è quanto.

            “Ma dove sta scritto che una turista si deve preoccupare dei “modi di guardare” per avere il diritto di incazzarsi per un’aggressione?”
            Si può anche incazzare quanto le pare sul suo profilo FB personale. Fare considerazioni superficiali su un blog in cui scrive in qualità di giornalista è ben diverso.
            Io so già che se scrivessi su una testata nazionale di certe cose che mi sono successe a Napoli rischierei di rinforzare stereotipi sui napoletani e i meridionali, quindi starei molto attenta a cosa scrivo e come lo scrivo. Perché la Innocenzi, che è una professionista molto conosciuta, deve poter scrivere senza riflettere, e nessuno deve avere il diritto di protestare?
            Quanto al fatto che lei volesse semplicemente esprimere una sua incazzatura, mi permette di dubitarne? Si riveda certi passaggi, tipo quello in cui dice che in Iran nemmeno i bambini sono al sicuro dalle molestie e sembra voler dire che in Iran la pedofilia è la prassi. Secondo lei è un racconto intellettualmente onesto? Solo uno sfogo estemporaneo senza alcun obiettivo sensazionalistico?

            “Ok il velo, ma una volta che una ha un atteggiamento consono in pubblico, non mi puoi venire a dire che se uno mi ha mostrato l’uccello devo aver sbagliato qualcosa nel mio modo di guardare.”
            Certo, perché il fatto che uno ti mostri l’uccello non c’entra con il tuo comportamento, ma nemmeno con l’etnia o la religione del pervertito in questione! Il problema è se metti in relazione la molestia con la nazionalità di chi la compie, ed è questo che la Innocenzi fa per tutto l’articolo, a cominciare dal titolo. L’articolo è impostato tutto sulle molestie subite in Iran, al resto del viaggio ha dedicato due parole in croce e qualcuno nei commenti le ha pure fatto notare che ha confuso alcuni nomi dei posti.

            Poi certamente l’articolo di Giulia Presbitero non è perfetto, sembra una risposta data “di petto”, ma dopotutto non è lei la giornalista. Non è lei che viene pagata per scrivere.

  9. “Per ottenere un record così alto di esperienze negative in un lasso di tempo così breve, qualcosa avete per forza sbagliato anche voi” non suona tanto bene. Insomma, la colpa è anche un po’ della vittima? E se invece ti molesta vari europei, cara autrice? Scriveresti che “per ottenere così tante esperienza negative, qualcosa devo aver per forza sbagliato anch’io?”???

  10. Giulia Innocenzi, tipico esempio di deplorevoli impreparazione e qualunquismo che contribuiscono a una visione distorta del mondo. La risposta della studentessa Giulia Presbitero somma con chiarezza tutto quello che l’Innocenzi dovrebbe sapere per potersi permettere di farsi chiamare giornalista.

  11. Io sinceramente nel commento di Giulia Presbitero non ho visto tutto questo victim blaming che volete far passare voi.
    Ho semplicemente visto un invito ad informarsi bene su dove si sta andando e come ci si deve comportare in certe occasioni (in un Paese ancora fortemente maschilista e problematico, questo mi pare che la Presbitero per prima l’abbia detto!) e un invito a non fare le turiste per caso senza conoscere a fondo il Paese in cui si va, con tutte le sue tradizioni e regole di comportamento.
    Io avrei dato lo stesso consiglio ad una straniera piena di gioielli d’oro che fosse venuta in Italia: le avrei detto “ok, però prima informati bene su dove vai e su come devi comportarti in certi luoghi, ad esempio non andare da sola in giro per le periferie malfamate delle grandi città, non sarebbe una grande idea”.
    Ecco, io qui non ci vedo nulla di diverso. Non credo proprio che l’intento fosse dirle che se l’era cercata o che era colpa sua (come non sarebbe colpa della signora del mio esempio se la derubassero a Scampia), ma semplicemente che non era stata una grande idea andare in un luogo senza essere sul serio informata e consapevole di certe cose, un po’ come camminare tranquilli per Scampia con addosso oggetti preziosi.

  12. Victim blaming dite. Dite anche che se la stessa fosse successa a una turista americana in Italia nessuno avrebbe esitato a prendere le parti della turista molestata dagli italiani sessisti. Ecco, non vedere le differenze culturali, storiche e di contesto tra le due situazioni è esattamente quello che Giulia Presbitero sta cercando esattamente di farvi notare. Alcuni passaggi di questo articolo hanno fatto storcere il naso anche a me, ma mi rendo conto che il quadro generale è enormemente più complesso dei casi di stupro e conseguente victim blaming. C’è di mezzo il colonialismo, ci sono di mezzo rivoluzioni islamiche, ci sono di mezzo relazioni internazionali che influenzano più o meno direttamente tutto quello che succede in paesi come l’Iran. Pensare che quello di Giulia Presbitero sia victim blaming significa anche rassegnarsi al fatto che la società occidentale, che si percepisce come più avanzata rispetto alle altre società, debba essere considerata allo stesso livello di evoluzione culturale di società enormemente più repressive. Insomma un autogol clamoroso.

  13. Ho amiche iraniane e italo-iraniane e riconosco molto di quello che viene descritto in questa lettera, che mi sembra seria, pacata e non di parte. Quello che molti giornalisti, visitatori superficiali e commentatori sembrano dimenticare, per lo stesso paesellocentrismo che qui si rimprovera alla Innocenzi, è che l’Iran è una dittatura. Io che sono cresciuta viaggiando dietro la cortina di ferro per tutta la mia adolescenza e giovinezza riconosco anche molte di queste dinamiche, rimpiango che le viaggiatrici molestate non abbiano ritenuto necessario rivolgersi alla polizia, ma parliamoci chiaro, ci sono un sacco di paesi in cui al turista si fanno raccomandazioni che tengano conto della situazione politica dei costumi locali per non inguaiarsi. Basterebbe persino leggersi la Lonely Planet prima di partire. Quindi se uno viaggia da sprovveduto in paesi con situazioni particolari dovrebbe magari farsi due domande e accogliere con gratitudine i consigli di chi quei paesi li conosce. E basterebbe ricordare anche solo tutti i casi di turiste molestate o violentate da poliziotti in Italia per chiederci fino a che punto siamo in condizioni di salire sul pulpito ed esprimere giudizi su altri paesi.

  14. Io comunque non andrò mai in Iran fino a quando c’è questo regime, mi ripugna l’idea di dovermi assoggettare a una serie di norme che ritengo degradanti allo scopo di tutelare la mia vita e la mia sicurezza e oltretutto, amando una donna, per me esisterebbero mille altre cautele e pericoli. Rivendico in ogni caso il diritto di giudicare un Paese che non è il mio in base ai valori in cui credo, lo faccio con gli USA, non vedo perché non dovrei farlo anche con l’Iran. Massima solidarietà per le iraniane che sputano su un sistema che ti dà novanta frustate se balli su un tetto in abiti occidentali e che combattono per i loro diritti al momento inaccettabilmente menomati. Comunque, per quanto ritenga la Innocenzi intellettualmente meno che mediocre, nonché simpatica come una ragade anale, in questo caso ha la mia piena solidarietà.

  15. p.s. stiamo molto attente a usare frasi come “qualcosa devi averla sbagliata anche tu” quando parliamo di molestie sessuali. Stiamo MOLTO MOLTO MOLTO attente. Anzi, evitiamo proprio. Sono frasi orrende, sempre.

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