Antiautoritarismo, Autodeterminazione, Critica femminista, Femministese, R-Esistenze, Sessualità

Come le abolizioniste della prostituzione vedono la sessualità maschile

sex-work

Una delle critiche che mi è arrivata a proposito del post sulla misoginia di chi dice che l’uomo vero non va a puttane, riguarda la presunta libertà di scelta dell’uomo di contemplare altre scelte sessuali, più meritevoli di attenzione e pregne di valore intrinseco.

Tale critica arriva, presumibilmente, da una tipologia di donna, abolizionista della prostituzione, che coccola colui che mostra sufficiente paternalismo da vedere nelle donne tante vittime da salvare, senza considerarne le scelte autodeterminate, e chiaramente si esprime in questi termini, dannatamente normativi, quando si riferisce alla sessualità del maschio che va a prostitute:

– in generale non ha una bella opinione dell’uomo. La sua sessualità va addomesticata secondo i gusti della femminista abolizionista di passaggio.

– Colui il quale pensa di poter andare a prostitute viene considerato, in senso puritano, sporco, squallido, perché sporca e squallida, in senso disumanizzante, viene giudicata la puttana e il contesto nel quale lavora.

– Colui che va a puttane è un maiale, di lui si immaginano cose atroci che le abolizioniste ripetono come un mantra per convincere se stesse e gli altri di quanto sia cattivissima questa razza d’uomo: eiaculatori che svuotano le palle, stupratori a pagamento, uomini senza morale che non meriterebbero neanche di vivere, sessualmente orribili, vomitevoli, schifosi, tanto da augurarsi che gli caschi il pene per compensare l’offesa che l’abolizionista subisce quando egli compra servizi sessuali presso un’altra. Queste ed altre sono le gentili definizioni dedicate ai “clienti”, in una costante e offensiva generalizzazione che invisibilizza l’opinione delle sex workers che raccontano cose diverse e che criminalizza tutti quegli uomini, quelle persone, che per andare a prostitute non necessariamente appartengono allo stereotipo dello sfigato o del pezzo di merda stupratore.

Stando così le cose, immaginando cioè che al minimo l’uomo sia semplicemente uno stupratore potenziale, represso, da aggiustare, quale libertà potrà mai avere questo uomo di inventarsi una sessualità indipendente dai desideri di una donna? Ovvero: quando si parla di reciprocità, che è una gran bella cosa, si parla del sesso per come intendono viverlo entrambi o si parla del sesso così come lo vuole lei?

L’abolizionista media, perciò, realizza una graduatoria tra gli uomini buoni e cattivi. Giudica la loro sessualità secondo il proprio punto di vista, fa sentire tanto ganzi i maschi che fanno dichiarazioni che si avvicinano alle sue considerazioni e fa sentire di pura merda quelli che invece scelgono di fare altro. La sessualità al maschile non può essere elaborata senza stigmi perché secondo l’abolizionista, così a me pare, deve essere solo arginata, contenuta. Il che significa che di fondo non ha una grande stima degli uomini e che ne accarezza il paternalismo, ovvero il sessismo e la misoginia buoni, solo perché di là pensa che vada anche peggio. La sua fiducia circa la libertà di espressione sessuale maschile varia dal 4 al -204. Ovvero niente. Il maschio va rieducato a:

– tenere a bada il pene perché è portatore sano di funeste penetrazioni;

– immaginare la sessualità come un atto romantico a compensare l’idea – sessista e stereotipata – di una sessualità femminile che giammai potrebbe amare cose sconce;

– non andare mai a prostitute perché l’uomo che va a prostitute è la peggiore feccia che ci sia.

Capirete bene che quando io racconto che c’è un modello d’uomo che non va a puttane perché ritiene sia più figo fare il macho che non deve chiedere mai, quello che non ha bisogno di pagare per scopare, quello che fa urlare di piacere le donne perché lui è un figo della madonna e le femmine le strapazza come vuole lui, e quando perciò dico che questo modello d’uomo è misogino, sessista, narcisista, gli saltano un po’ di schemi ed egli, aiutato dalle abolizioniste, reagisce.

Così dirà: ma come, sulla superiorità del maschio che non va a puttane ho costruito una carriera e ora tu, femmina, che dovresti apprezzare, perché in fondo io ti salvo, mi dici che io faccio cagare?

Vi invito, perciò, a rileggere quanto avevo scritto ieri e a rimettere in discussione un po’ di parametri che vi sembrano rassicuranti e normali. Poi ditemi che ne pensate…

—>>>Misogino è chi dice “non andrei mai con una prostituta”

16 pensieri su “Come le abolizioniste della prostituzione vedono la sessualità maschile”

  1. Vorrei chiederti un paio di cose che non sono sicuro mi siano chiare. In primo luogo, a proposito del titolo del tuo post precedente, intendi implicare che sia impossibile dire la frase “non andrei mai con una prostituta” senza essere almeno un po’ misogini?
    E, su una frase di questo post qui: credi che chiunque abbia un’idea romantica della sessualità, o almeno un po’ tenera, uno che pensi che fare sesso con una persona (o due o tre o mille, per carità) sia più bello e più sensato se ci si scambia sia piacere che un minimo di affetto (o simpatia, anche), sia inevitabilmente prigioniero di idee sessiste e stereotipate?
    Se mi rispondi mi fa piacere, buone cose!

    1. il titolo del post precedente si riferisce a uomini che pronunciano quella frase per i motivi descritti nel post. a me sembra siano stati espressi chiaramente. circa il sesso + affetto non ho alcuna preclusione. non sono io che scelgo. purchè sia consensuale 🙂

      1. Grazie per la risposta 😀
        Sì la tua descrizione era chiara, quel che forse non emergeva del tutto era la premessa che si possa dire quella frase per motivi diversi dal machismo, dal narcisismo e dal sessismo. Poi magari sono solo io che continuo a leggerti stando un po’ sulla difensiva, chi sa…

  2. Che dire: una donna che si pronuncia femminista non dovrebbe mai osare reputare feccia una prostituta. Sono una convinta abolizionista, e non mi vergogno a dirlo. Come già scritto chiaramente, il fulcro del problema che promuove e diffonde ancora oggi un sistema patriarcale è rappresentato da COME la più parte degli uomini vive la propria sessualità. Non si tratta di normativismo morale, nè tantomeno di deontica del maschio: solo di constatazioni fattuali da cui una persona intellettualmente onesta non può prescindere. Gli uomini maschilisti hanno sempre percepito il corpo femminile come uno strumento finalizzato al proprio godimento, nel momento in cui la donna in questione non sarebbe dovuta diventare la penosa alternativa “angelo domestico”. Offrendo agli uomini stessi la prospettiva per cui è un loro diritto “naturale” usufruire liberamente del corpo di una donna acquistandone il consenso (e questi sono i casi più diffusi di cui però, STRANAMENTE, non si fa la dovuta menzione), subordinando alla prerogativa del proprio piacere maschile la facoltà di porre un veto o un rifiuto. Nel momento in cui una simile veduta viene recepita come lecita o giustifucabile, dato che gli “uomini” in questione hanno accolto questo privilegio (perché di questo si tratta) come un diritto inalienabile, se lo arrogheranno anche con l’uso della violenza. La prevaricazione trova le sue salde basi in un ambiente disparitario come quello della prostituzione: alla fine la remunerazione in denaro altro non è che il risarcimento di un danno. È chi compra, sempre, a godere della disparità gerarchica che si crea quando esiste una necessità che induce a vendersi. Alla fine, il macho che si vanta di aver penetrato donzelle vergini dopo averle conquistate e lo STUPRATORE (non c’è spazio per le sfumature benevole quando si tratta di misogini) non sono molto diversi, in termini di odio verso le donne. Permettere a certi omuncoli di usufruire liberamente del corpo femminile pagando per la possibilità di prevaricarlo sarà solo un’altra manifestazione del fallimento che il neoliberismo incarna. Intanto le molestie e le continue umiliazioni a cui le donne sono soggette a causa del patriarcato proseguiranno, mentre verrà dato al l’orgoglio narcisista del maschio l’ennesimo lasciapassare per un mondo a sua disposizione, fatto di carne da macello pronta per la sua gratificazione. Se certi bambocci non hanno imparato a crescere, venga loro insegnato che nulla è loro dovuto, soprattutto il sesso. Con le buone o con me cattive.

    1. Cara Giulia,
      il tuo testo è pieno di contraddizioni. Ne segnalerò alcune.
      – “Gli uomini maschilisti hanno sempre percepito il corpo femminile come uno strumento finalizzato al proprio godimento […]”. A parte il normativismo semplicistico dell’enunciare una tua convinzione come se fosse una legge fisica, mi sembra che si possa identificare una solida tradizione di maschilismo “frigido”. Vi sono organizzazioni religiose che sono amministrate in un regime di rigida androcrazia, la cui classe dirigente è però vincolata da un rifiuto della sessualità (un’organizzazione di questo tipo particolarmente attiva in Italia è la Chiesa Cattolica, che dispone persino di una piccola entità statale teocratica ed androcratica nel centro di Roma, http://it.wikipedia.org/wiki/Chiesa_cattolica). Tipicamente, tali organizzazioni religiose androcratiche tendono ad avere una posizione politica sulla prostituzione assai simile alla tua. Vi è poi il presupposto argomentativo fatale di molte/i abolizioniste/i, cioè la scissione – di matrice filosofica riconducibile alle tre grandi religioni monoteiste – tra corpo e anima, con conseguente assolutizzazione del corpo femminile (dal tuo punto di vista sarebbe più appropriato scrivere “il Corpo Femminile”, dacché i corpi nella loro concretezza vengono meno, spazzati via dalla luminosità di questa astrazione, da questa superiore idea platonica) e sua espropriazione dalla legittima proprietaria. Il concreto corpo femminile perde ogni autonomia di fronte all’eterno, assoluto Corpo Femminile. [Tra l’altro, come effetto filosofico collaterale di questa concezione si tende spesso a pensare – non intendo che tu debba necessariamente pensarlo – che il singolo, concreto corpo femminile, sia “femminile” perché partecipe dello spirito eterno del Corpo Femminile, della qualità immanente della femminilità. Nel corso della storia, molti uomini maschilisti si sono cimentati nell’elaborare graziosi idealismi di questo tipo (es. l’eterno femminino). In questa invenzione dell’inerente qualità Femminile del corpo femminile vanno forse trovate anche le radici di quel femminismo che vede co sospetto gli studi di genere e fatica a tenersi lontano da posizioni transfobe. Ripeto: non sto dicendo che tu pensi questo, ti segnalo soltanto che molte/i femministe/i in odore di transfobia sono spesso tue/tuoi compagne/i di lotta in materia di commercializzazione di servizi sessuali. Probabilmente ciò deriva da una condivisione di uguali presupposti ideologici]. Spero di averti fatto capire perché io vedo queste tue idee come espropriazione pseudofemminista dei corpi e desidero scimmiottarti in lieve parodia asserendo una legge fisica speculare alla tua: “Gli uomini e le donne pseudofemministe hanno sempre percepito il corpo femminile come uno strumento finalizzato al proprio autocompiacimento intellettuale”.

      – “[…] nel momento in cui la donna in questione non sarebbe dovuta diventare la penosa alternativa ‘angelo domestico’”. Ben detto! La dicotomia angelo-puttana è uno dei cardini del sistema patriarcale e la mia impressione è che tu la stia perpetuando nelle mentite spoglie della divisione uomini angelofili-puttanofili. Sei costretta a fare così perché giustamente capisci che “una donna che si pronuncia femminista non dovrebbe mai osare reputare feccia una prostituta”…

      aaah sono le 2.46 di notte, ho appena riletto il resto del tuo testo e compreso che l’operazione di rilevamento di tutte le contraddizioni mi richiederebbe un pamphlet. Sono trooooopeeeeee! Magari continuo più avanti.
      Goodnight

      1. Rodolfo, fermo restando che le contraddizioni da te interpretate credo siano risultato della volontà maschile e maschilista di rifiutare e screditare le tesi di un’avversaria che mira a togliere l’osso dalla bocca affamata di troppi privilegiati, tengo ad evidenziarti l’errore ora te commessi:
        1- le gerarchie di matrice ecclesiastica e religiosa sono strutturalmente misogine, questo è vero ma non trovo conformità di senso in relazione alla mia argomentazione. Tu tendi ad identificare la misoginia, mi sembra, con il rifiuto del sesso, e implicando dunque che la realtà femminile sia qualcosa inerente a questo fine (la soddisfazione sessuale che moltu mistici ripudiano). La forma misogina speculare alla negazione della donna è data proprio da ciò che tu hai implicato con la tua affermazione, cioè che in fondo è giusto considerare la donna come strumenti di gratificazione sessuale perché misogino sarebbe l’opposto (ignorando fortemente che il nucleo di questa posizione è esso stesso un’ALTRA forma di misoginia). In modo molto fallimentare tanti tuoi compagni di sesso maschile vogliono mascherare con la bolla parabiologica dell’ “eterosessualità” questa esternazione oggettificate del corpo delle donne, percepito in un’ottica sessualmente passiva. Misogino non è solo colui che nega alle donne di occupare un ruolo sociale in virtù del suo essere “portatrice di peccato” (come sostengono i chierici), ma è anche quello per cui non è un male considerare le donne oggetto di consumo sessuale, subordinando questo aspetto (o implementandolo) al quadro più esteso della persona. Non siamo nè portatrici di peccato nè tantomeno giocattoli per sollazzare il pene altrui, ma persone che devono vivere attivamente la propria sessualità senza che il maschio la releghi ad obbligo/dovere/risarcimento o a servizio pagato per il suo interesse. Così facendo verrebbe sempre prima il piacere maschile, sempre assecondato e garantito come diritto “naturale” per cui è legittimo anche usare la violenza per farlo valere.
        2- non è una constatazione campata per aria considerare la persona come sistema unificato di corpo e mente (preferisco questo termine più scevro da valenze religiose che tu vuoi erroneamente attribuire al mio pensiero). Nel campo psicologico e neurologico si è dimostrato come corpo e sfera psichica siano correlati attraverso vincoli derivanti da attività cerebrali (che permettono lo svolgere di determinate attività), motivo per cui, in genere, le esperienze vissute coinvolgono gran parte del nostro ambiente intra psichico (ricordi, memoria, abitudini). Se esistesse una separazione così netta tra le due dimensioni, non esisterebbero traumi o sofferenze derivanti da offese corporali o da abusi subiti.
        3- non esistono filoangelici nè filoputtanofili, ma misogini e uomini non misogini. In base al mio discorso esposto nel punto 1, voglio ricordare come sia una vittoria per il maschio poter comprare il consenso sessuale di una donna che, in virtù del pagamento ottenuto, DEVE (e quindi il gesto si imposta come obbligo verso qualcuno che lo ha reso tale tramite acquisto) fornirgli ciò che lui richiede. Una donna deve poter rifiutare e anche lasciare a secco un uomo, senza che qyest’ultimo si possa arrogare il “diritto” (inventato ad hoc) di acquistare la realizzazione di una possibilità. In questo sono fiera di asserire che certe creature è giusto vadano addomesticare per permettere una più autentica emancipazione della donna.
        Spero di essere stata chiara. Mi sembrava piuttosto esaustivo il mio primo commento, poi se hai voluto intravederci qualcosa di religioso ho precisato che non è così.

        1. Cara sorella,

          illumina questa anima perduta: se io, in quanto uomo, pago un altro uomo per fare sesso non è peccato secondo la dottrina, giusto?
          Vorrei inoltre sapere se il peccato di misoginia viene compiuto anche tramite l’acquisto del frutto del meretricio con donne transessuali. Solo con quelle operate? Oppure non essendo nate nel casto e puro corpo di donna sono condannate alla dannazione eterna come tutti i cainiti portatori del cromosoma Y ed escluse dall’ambito del peccato?

          PENITENZIAGITE!

        2. “fermo restando che le contraddizioni da te interpretate credo siano risultato della volontà maschile e maschilista di rifiutare e screditare le tesi di un’avversaria ”
          Ciao, scusa l’intromissione ma vorrei farti notare che Rodolfo ti ha risposto in maniera molto rispettosa, mantenendosi sul piano filosofico/concettuale, io non sono maschile né maschilista e non ci ho visto niente nessuna intenzione di screditare le tue tesi; e invece mi sembra che sia la premessa alla tua risposta a costituire un tentativo di screditare “l’avversario” anziché discutere le sue idee: l’hai accusato di essere un maschilista senza nemmeno conoscerlo.
          Ora io ti chiedo: è femminista concepire il dialogo come uno scontro tra avversari, e bollare il tuo interlocutore con il marchio di “maschilista” solo perché non concorda con te? Non è molto simile a quello che fanno certi maschilisti quando ti bollano come “misandrica repressa” e rifiutano di prendere sul serio i tuoi discorsi? Non dovremmo noi, che in teoria ci battiamo per la parità dei sessi e la libertà individuale, essere migliori di così?

        3. Quando ho scritto che ritengo possibile identificare una solida tradizione di maschilismo “frigido” non ho scritto in nessun modo che il maschilismo è sempre e solo frigido. Intendevo smentire la tua affermazione “Gli uomini maschilisti hanno sempre percepito il corpo femminile come uno strumento finalizzato al proprio godimento […]”. Non lo puoi dire: riportavo l’esempio del maschilismo “frigido” (evidente nelle organizzazioni religiosi, ma presente anche altrove) per smentire il tuo “SEMPRE” e il tono normativo della tua affermazione.
          Quindi, in riferimento alla sessualità, ci sono almeno due tipi di maschilismo:
          1- maschilismo che percepisce il corpo femminile come strumento finalizzato al proprio godimento, del tipo “ah puttana, ti piace scopare, eh?” (detto “credendoci” e non in lascivetto consensuale gioco erotico – reversibile: si consideri ad es. il sottogenere pornografico dell’umiliazione maschile, “male humiliation”). Spessissimo questo maschilismo non è abolizionista ma nemmeno regolamentarista, avendo interesse a mantenere le cose come stanno in Italia. Relegare cioè la sessualità in un limbo ipocrita, dove è possibile avere una moglie con cui vivere una sessualità di facciata, socialmente ammissibile e magari con tinte romanticoidi, e le prostitute, nascoste, non alla luce del sole con cui disporre a pagamento di altri strumenti finalizzati al proprio godimento. Esistono questi uomini e godono del patriarcato: sono tuo compagno nell’avversarne la loro mediocrità, ma non esauriscono lo spettro degli uomini, né dei misogini, né dei clienti di prostitute (e ovviamente nemmeno dei monogami, si può essere tranquillamente monogami e sex-positive).
          2- maschilismo che vede la donna in posizione socialmente subordinata e che però ne teme il potenziale erotico-sovversivo. Un esempio – ancora religioso, ma capisci che non ti sto dicendo che sei credente o bigotta, pensavo di averlo specificato bene, porto solo esempi di tipi di misoginia che tu sembri non considerare – di tale misoginia è la morale sessuale prescritta da Paolo nella prima lettera ai Corinzi: “Quanto poi alle cose di cui mi avete scritto, è cosa buona per l’uomo non toccare donna; tuttavia, per il pericolo dell’incontinenza, ciascuno abbia la propria moglie e ogni donna il proprio marito” (1Cor 7:1-2). Il buon Pablito di Tarso condividerebbe certamente la battaglia abolizionista. Di nuovo: non ho mai scritto che tu sei una misogina religiosa, non mi importa in cosa credi o non credi, ti sto indicando alcuni tuoi compagni di lotta. E soprattutto, ti dicevo e dico di non sottovalutare la misoginia “frigida”.
          Quindi se ti è sembrato che io identifichi la misoginia con il rifiuto del sesso mi hai frainteso: si può essere maschilisti/misogini concependo la donna solo in posizione orizzontale (maschilismo “berlusconiano” ad es.) e si può essere maschilisti/misogini rifiutando la sessualità.

          Quanto alla dicotomia corpo-mente (erede laica della dicotomia corpo-anima) ero io che suggerivo a te di riconsiderare l’esistenza di una “una separazione così netta tra le due dimensioni” non solo filosoficamente ma soprattutto politicamente: intendo dire di porre attenzione al DOVE collocare i diritti di una persona. A che cosa vorremo conferire il diritto all’autodeterminazione: al solo corpo, alla sola mente? O al complesso inscindibile “corpo-mente” che definiamo “persona”? Io attribuisco autodeterminazione alla persona, anche perché in natura penso esistano solo persone (esemplari di Homo sapiens): vedo infatti la scissione corpo-mente come un’utile separazione categoriale che serve pragmaticamente nella discussione e nell’analisi filosofica ma non come qualcosa che esista in natura. La mia impressione è che tu scinda rigidamente corpo e mente e che ascriva il corpo femminile all’idea assoluta e assolutista del Corpo Femminile, come ti ho scritto. Immagino che tu possa concepire una donna che decide di offrire servizi sessuali a pagamento solo come vittima (o di uno sfruttatore o di una cultura patriarcale o di una situazione di necessità) perché non le riconosci diritto all’autodeterminazione come complesso “persona” ma solo come “mente” che secondo te non può concepire di per sé la vendita di servizi sessuali: non solo scindi quella persona tra corpo e mente, ma le usurpi il corpo, togli al corpo ogni diritto di autodeterminazione, in una sorta di “leninismo della sessualità femminile” dove “tutti i poteri” vengono ascritti non già al Soviet bensì al “Corpo Femminile” (perdona tutte ‘ste arguziette e audaci metafore, non so resistere, è la mia cifra stilistica, la considero una forma di lascivia argomentativa!).

          Una cosa molto importante che non ti ho obiettato ieri notte è quello che ti fa notare M. Per qualche ragione, a tutto l’abolizionismo della prostituzione sfugge la questione della prostituzione maschile. Anche qualora fosse statisticamente irrilevante (immagino lo sia sempre meno), rimarrebbe concettualmente il principale motivo di imbarazzo di tutto l’abolizionismo femminista (che io ritengo pseudofemminista).
          Tutte le tue argomentazioni risentono di questa distinzione “novecentesca” maschietti-femminucce. Chi ti scrive è stato due volte con prostitute, una volta ha offerto sesso orale a pagamento a un altro uomo e se ora si trovasse davanti, giusto per dirne una, un bel brasiliano muscoloso e ben dotato disposto a possederlo sessualmente a pagamento potrebbe pensare a sborsare fino a 150-200 euro (giusto perché sono studente – ho pochi soldi – e ancora giovane e un poco appetibile, spero).
          Dico questo perché vorrei che molta parte dell’abolizionismo lasciasse cadere la maschera dei diritti delle donne e mostrasse la sua impostazione moralista: non ditemi che sono misogino, ditemi che sono lascivo. Vi dirò che sì, sono lascivo e potremo poi discutere su cosa ci sia di male ad essere lascivo.
          Oppure continuate la vostra battaglia abolizionista: quando tutto il mondo sarà come la Svezia e non ci sarà più posto dove emigrare, non mi resterà che rinunciare alla prostituzione femminile. Pazienza, ricorrerò al mio bel brasilianetto moro, atletico e passionale – non vedo l’ora!!! – tanto a voi di lui non frega niente.

  3. car*, s, solo per ricordarvi di leggere la policy per tenere a mente quali sono i toni da usare in questo blog. un tono astioso e commenti al limite della rissosità non passano. mi pare che abbiate espresso le vostre reciproche opinioni e non serve che continuiate a insultarvi ancora. vorrei chiarire che usare termini come “ometti”, omuncoli, maschietti, e non so che altro, come se il mondo fosse invaso da uomini insetto e donne farfalla, rientra nella categoria delle offese. si possono dire le cose in mille modi. non necessariamente offensivi. grazie.

    1. Sì, chiedo scusa. Mi sono lasciato prendere la mano e la logorrea argomentativa – e forse rispondendoti peggioro pure le cose.
      Mi scuso con Giulia, la “distinzione ‘novecentesca’ maschietti-femminucce” era una provocazione per riferire della sensazione, che si ha da un approcio a difesa del sex-work, di una certa strettezza nei ruoli di genere descritti dagli/dalle abolizioniste/i.
      Similmente chiedo scusa per l’invenzione, a fini argomentativi, del personaggio erotico-letterario del brasilianetto superdotato. Mi accorgo ora che vi si potrebbe leggere pure una sfumatura sciattamente coloniale, pure riferita ad un paese dove le dinamiche del turismo sessuale vanno spesso ben al di là della consensualità. Non pensavo a questo mentre scrivevo, semplicemente in queste settimane ho i lavori in casa e dato che il mio proprietario è brasiliano, i tre muratori che lavorano sono brasiliani pure loro e ehm piuttosto prestanti 🙂 . Era solo una suggestione biografica che purtroppo mi è riuscita narrativamente simile a un “faccetta nera dell’Abissinia”. Me ne scuso.
      Riconosco poi alle posizioni abolizioniste e comprendo il fastidio di fronte all’immediata rivendicazione, spesso da parte maschile, dei diritti dei clienti di prostitute, specie se, come nel mio caso, si ha interesse personale in quanto clienti. Capisco quindi che, in un mondo dove per secoli e ancora oggi quasi ovunque nessuno mette in discussione il diritto maschile di disporre a piacimento delle persone di sesso femminile, sia possibile avvertire disagio nel vedere grande interesse da parte maschile nella difesa della dignità dei/delle clienti.
      Capisco quindi il disagio, pur senza per questo limitarmi nella difesa intellettuale della realtà del sex-work. Come ho detto in un altro commento su questo blog, se ho un interesse è quello dichiarato: ritengo infatti più civile un’organizzazione della società dove sia possibile per me e per tutti gli esseri umani vendere e comprare prestazioni sessuali alla luce del sole, in piena consensualità, sicurezza, rispetto reciproco.
      Non mi piacciono le comment war, ho già rubato troppo spazio a questo bel blog e ora finalmente mi taccio forever 😀

  4. Cara laglasnost, lei fa bene a criticare la femminista abolizionista di passaggio (sarebbe più sintetico definirla moralista), ma poi passa da un eccesso all’altro: un uomo che va a puttane non è né meglio né peggio di un uomo che non va a puttane, semplicemente ha gusti diversi. Un uomo che non va a puttane non è per questo un misogino, così come chi ci va non è per questo un depravato.

  5. Ho iniziato a leggere il tuo blog e l’ho adorato. Ma in questo caso non mi trovo d’accordo su numerosi punti. Riconosco che questo tema sia una sorta di serpente che si morde la coda.

    In ogni caso, piacere. Sono un’abolizionista. O forse no.
    No perchè considero quella dei sex workers una realtà esistente e che dunque vada tutelata. Essendo femminista ritengo che chi scelga liberamente di prostituirsi (uomo o donna) debba veder riconosciuti i suoi diritti di lavoratore e in primis, umani.
    No perchè sono contraria alla mercificazione del corpo. E questa è una mia idea, supportata ovviamente dalle mie motivazioni (per chi fosse aperto al confronto sarò lieta di esprimere le mie ragioni).

    In ogni caso, tornando all’articolo credo che la pecca principale sia stata quella di aver generalizzato un po’ troppo. Innanzitutto, pur essendo ottimisti, le orecchie le abbiamo tutti, e negare che almeno nella realtà Italiana, la prostituzione non sia vista come qualcosa di aberrante, stessi sarebbe negare un’ovvietà.
    Basta chiedere all’Italiano medio. Colui che va a puttane, come considera la “puttana”. Una lavoratrice degna di rispetto? Io parlo di dati realistici, la stragrande maggioranza degli italiani di fatto mira alla regolamentazione solo per eliminare la sporcizia dalle strade, confinare chi si prostituisce lontano dagli occhi e in ultimo veder legittimato il proprio diritto a poter usufruire del corpo di qualcuno senza complicazioni. Generalizzo? Oh no, considero le minoranze che hanno rispetto del corpo altrui, però riconosco che siano minoranze e non bisogna essere una “pseudofemminista” per potersene accorgere. Basta chiedere in giro, o farsi un giro su Facebook.

    Non mi piace quindi come un certo tipo di mentalità tolga la voce a quelle come me, contrarie alla mercificazione del corpo, zittendoci come pseudofemministe o dipingendoci come bigotte o moraliste. Anche noi abbiamo diritto ad esprimere la nostra opinione, non per questo cadiamo necessariamente nei luoghi comuni o siamo in un modo “standard”. Possiamo non essere favorevoli, ma questo non implica che consideriamo compagne come noi delle persone misere perchè decidono di intraprendere questa strada.

    1. fosse per me tu o altre avreste sul mio blog una sezione tutta per voi in cui potete esprimere il vostro punto di vista. il fatto è che le donne abolizioniste di cui si parla sono intolleranti, esigono che tutte la pensino come loro altrimenti ti insultano e dicono le cose che ho descritto in più occasioni. quella è la parte abolizionista più visibile, almeno qui sul web. se ce ne sono altre con le quali si può discutere figurati se liquido la questione targandoti con uno stigma che non ti riguarda. 🙂 io e te non la pensiamo allo stesso modo, ma ci si può parlare uguale, con civiltà, come faccio con chiunque abbia idee diverse dalle mie ma abbia la buona abitudine di non condire i propri interventi con attacchi e insulti personali.

  6. Scusami Eretica. Ho una domanda.
    Partiamo dal presupposto che secondo me ogni persona ha tante sfumature e che ognuno deve poter gestire la propria vita sessuale come meglio crede, senza che ciò modifichi la mia opinione (o l’opinione di qualunque altra persona) riguardo a qualunque altro aspetto della sua vita.
    Detto ciò, io credo nel sesso fatto con amore. Mi fa impressione il sesso occasionale o non accompagnato da sentimento. Mi fa schifo, sinceramente.
    Questo non significa che io giudichi male chi lo fa, anzi, liberi loro e liberi i loro corpi, ma non credo che vorrei mai avere una relazione sessuale e sentimentale con una persona che vede il sesso in modo così diverso da come lo vedo io. Conseguentemente, non vorrei mai stare con un uomo che ha usufruito del servizio della prostituzione. Rispettabilissimo (se lei lo fa per scelta personale) e rispettabilissima lei, ma io nel mio letto non lo vorrei mai.
    Penso che questo sia semplicemente il mio modo di normare la mia sessualità e di gestire la mia libertà di scegliere con chi fare sesso e con chi non farlo.
    Escludere dalla mia cerchia di uomini con cui farei sesso gli uomini che vanno a prostitute (o che fanno frequentemente sesso occasionale) mi rende sessista?

  7. Ecco, è una roba che non ho mai capito: l’abolizionismo, di solito accompagnato dalla proposta di adottare quello schifo di modello svedese. Quindi se una donna, per un qualunque cazzo di suo motivo, volesse vendere prestazioni sessuali, non potrebbe. In nome di cosa non si è ancora capito.

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