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Figlia, separata, torna con allegata prole (che palle, disse la nonna!)

Quando mia figlia si sposò e disse che aspettava un bambino tentai di spiegarle che non sarebbe stato semplice, avrebbe dovuto pensarci bene, e potrei recitare qui la parte della madre affranta e preoccupata esclusivamente del suo bene, ma se si può accettare il fatto che io sia umana allora sono libera di dire che in quel momento pensavo anche a me stessa.

C’è chi ritiene che una donna debba essere sempre felice e sorridente mentre lava e stira, cucina e rassetta, quando nessuno chiede come stai e quali sono i tuoi reali desideri, e se dichiari apertamente che non ne puoi più, e ad un certo punto vorresti fare anche altro, ti tolgono l’aureola e ti spediscono nel peggiore girone dell’inferno.

Mia figlia mi aiutava quando aveva qualcosa da chiedermi, perché bisogna pur svelarla la effettiva consistenza delle relazioni familiari fatte di egoismi non dichiarati e di ruffianerie, dove l’amore è per lo più fatto di dipendenze e malsopportazione di chi vive con te. Oh, la gioia della famiglia, dove bisognerebbe fare sempre buon viso e cattivo gioco anche se poi hai per casa una ragazza che sta sempre chiusa nella propria stanza, a fare non si capisce cosa, che ti risponde male se le chiedi un favore, ché si materializza in cucina solo quando ha fame, poi esce, nessuno può neppure chiederle dove sta andando e quando torna, che fa e disfa la sua vita come meglio crede, e in tutto ciò i genitori sono impotenti, certe volte, perché qualunque cosa faccia un figlio è sempre colpa tua e poi cultura vuole che non ti può scappare neppure un urlo ché già poi ti ritrovi una montagna di obiezioni, porte sbattute, giorni di conflitto che portano altra complicazione in una situazione familiare già complicata.

Le avevo detto: studia, renditi indipendente, realizzati in qualcosa. E invece lei dice che s’è innamorata, ha mollato l’università, è rimasta incinta e improvvisamente esige, da me, che io ricalchi esattamente il ruolo delle madri delle spose americane che sono felici di tenere il velo, regalare qualcosa di antico, piangere vedendole all’altare e tutte quelle cose nauseabonde che da me sa bene non si sarebbe potuta aspettare mai.

Allora io già me la vedevo, ché queste cose se sei adulta le annusi subito, sai bene come andrà a finire e con i figli certe volte è questa la tragedia: sai come andrà e sei impotente perché non puoi fare quasi nulla per evitarlo. Sapevo che quella ragazza che faceva tanto l’orgogliosa e che con me manifestava con arroganza una presunta indipendenza prima o poi sarebbe ritornata all’ovile, non da sola ma con allegata prole.

Il punto è che se non hai imparato a essere responsabile e a coesistere decentemente con la tua famiglia d’origine infine è molto complicato pensare che tu possa trovare il modo di coesistere con un estraneo. E’ complicato anche immaginarla lì a rinunciare alle sue cose per badare a un figlio. E ad ogni modo vorrei dire che conoscere i limiti di una figlia non vuol dire non volerle bene e non vuol dire neppure non essere consapevoli del fatto che se i figli crescono in un certo modo i genitori, me compresa, hanno delle responsabilità. Sono grandi colpe di cui paghiamo il fio all’infinito, come se fossimo piazzati lì apposta per sbagliare da qualcuno che poi usa questo stratagemma per tenere attaccatissime famiglie in cui non c’è nessuno che possa o sappia più investire sulla propria autonomia.

Insomma lei decide di andare a vivere con questo ragazzo che era altrettanto giovane. Armati di bei sogni, due cuori e una capanna, se c’è un bambino la vita sarà un incanto, e tutte quelle grandi balle che racconta chi evidentemente ha il culo bello caldo, nessun problema economico, nessuna difficoltà, tre tate, la colf e un consulente matrimoniale a portata di mano.

Avrei voluto dirle: figlia mia, davvero sei sicura di volere ‘sto bambino? Può essere che questa cosa possa sembrarti utile adesso per lasciare la tua casa e la tua famiglia, ma è solo l’illusione di una indipendenza che in realtà non c’è.

Dopodiché arrivò mio marito e la sua futura suocera che invece le riempirono la testa di gran balle. Lui, come tanti altri della sua cultura, disse che l’aborto non sarebbe stato ragionevole, ché tanto poi, così come non s’è cresciuto i figli, a lui non sarebbero costati neanche i nipoti, e quell’altra oramai guardava mia figlia come lo strumento grazie al quale il figlio le avrebbe dato un nipotino. Avesse potuto blindarla per farle partorire quella discendenza l’avrebbe di certo fatto.

Sicché mia figlia inizialmente disse che quella donna era il massimo della comprensione umana, quella famiglia era meglio della sua famiglia ed emigrò senza quasi neppure dirmi ciao. Io la cattiva, la megera, quella che non la capiva. Sempre io.

Qualche mese fa, com’era prevedibile, mia figlia decide di separarsi. Aveva dei problemi più o meno evidenti, quella famiglia d’improvviso non fu più così affascinante, la suocera era diventata invadente, il suo compagno si sarebbe rivelato un po’ infantile e a volte anche sgradevole e lei era lì a leccarsi le ferite, me misera e me tapina, guardandomi in cagnesco perché non accorrevo lì a salvarla. Il fatto è che i primi tempi, devo dirlo, io feci quasi finta di non vedere, volevo pensare che si sarebbe sistemato tutto, le coppie all’inizio hanno sempre tante difficoltà, e rinviavo il più possibile il momento in cui avrei dovuto assumermi la responsabilità di una situazione che io non avevo scelto. Fu mio marito che da bravo paternalista decise seduta stante che il genero fosse brutto e cattivo invece che quel giovane e prevedibilmente irresponsabile che era, e che mia figlia fosse una grandissima vittima invece che quella ragazza irresponsabile che appena qualche tempo prima le aveva detto “me ne vado… perché in questa famiglia non ci voglio stare“.

Certi legami si saldano davvero alla vecchia maniera e per quanto le ragazze d’oggi dicano di essere indipendenti poi, di fatto, ricollocano se stesse e gli uomini nei ruoli di genere di sempre. Lei quella fragile e da tutelare e lui quello forte che le fa da padre. Allora mio marito disse che dovevamo riaccoglierla a casa, lei e il figlio, e cominciò una guerra senza fine tra istinto di possesso d’ogni stampo. La ex suocera che aizzava il figlio affinché mettesse al muro la ex nuora che le aveva portato via il nipote e mio marito che esigeva che la figlia e la sua diretta discendenza non muovessero un passo da casa.

In tutto ciò quasi nessuno ha mai chiesto il mio parere. A me tocca fare la nonna energica e obbligatoriamente felice. Tengo, lavo, curo, quel bambino perché la figlia, ovviamente, ha un destino da ricostruirsi e dunque esce, studia, fa tardi anche la sera. Mio marito chiede se ho fatto questo e quello per il bambino, che vi giuro, adoro, e quando arriva mia figlia a dirmi che sono una cattiva madre/nonna perché dovrei invece educarlo alla maniera in cui dice lei avrei tanto voglia di mandarla a quel paese.

L’unico aiuto solidale, per assurdo, arriva dalla persona più marginalizzata del momento. Io e il padre del bambino ci incontriamo, a volte, di nascosto, fuori dai tempi stabiliti di visita, e così posso lasciargli il bimbo e andare a fare la spesa, una passeggiata, una chiacchiera con una amica. Perché a me, di fatto, non è consentito avere neppure una vita sociale.

Quello che mi chiedo, a questo punto, è perché mai certe persone, quando si separano, sono così ostinate a pretendere l’affido esclusivo dei bambini se poi li affidano ad altre donne… Di fare le nonne a tempo pieno, in fondo, non ce l’ha mica prescritto il medico, no?

Ps: facciamo che lei si chiami Elena e riassume altre sollecitazioni ed esperienze che in tante mi avete raccontato. Dunque la storia è di pura invenzione e anche in questo caso, come per il ruolo delle nonne, si spera in una discussione e una riflessione collettiva. Grazie! 🙂

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6 pensieri su “Figlia, separata, torna con allegata prole (che palle, disse la nonna!)”

  1. Credo che nel momento in cui le mamme saranno autorizzate a non identificare il successo dei loro figli con il loro – e di conseguenza le mattane dei figli con loro presunti fallimenti, staremo meglio tutti. Credo che dai 18 in poi, e ancora di più dai 21 anni in poi, un figlio debba ricevere l’autorizzazione a… sbagliare. E comunque se una suocera si allea con il genero (o con la nuora), certamente un nuovo mondo è possibile 🙂

  2. Ma conoscete mia figlia???? Fino al punto della gravidanza (che la mia è ancora piccola, quello non è ancora successo!) è tutto uguale, e prevedo un futuro altrettanto disgraziato. Ho provato 1000 strategie, inutilmente. Sono impotente, e affranta… (nei momenti di rabbia mi ripeto che io, un nipote, non lo vorrò neanche vedere…)

    1. Cara, immagino di no, ma questo “racconto” riassume la storia di tante donne che ce l’hanno raccontata. se vuoi raccontare la tua scrivi pure: abbattoimuri@grrlz.net
      magari scrivere ti aiuta a mettere a fuoco un po’ di idee e possiamo condividere un po’ di saperi tra chi c’è già passata e chi ancora deve passarci. 🙂

  3. Condivido.
    I figli vogliono fare tutto, avere tutte le esperienze che vogliono, entrare e uscire dalla casa dei genitori tutte le volte che vogliono salvo poi, complice anche la crisi economica, alla prima difficoltà pretendere di essere accolti, aiutati da mamma e papà [ o genitore 1 e 2…^_^ ] come se fosse un diritto divino.
    Ovvio che nessun genitore, padre o madre che sia riesca poi a negare aiuto nel momento del bisogno, quindi quasi sempre per quanto concerne la vita dei figli, ma è altrettanto ovvio che due genitori che hanno fatto il loro, che hanno speso gli anni migliori della loro vita lavorando, allevando i figli hanno il diritto di ritrovare – quando i figli sono cresciuti – la loro libertà, autonomia e a godersi entrambe.

  4. Mi dispiace ma su questo argomento non sono affatto in accordo con te e, mi sembra, con altre. Forse perché sono madre e figlia? Io credo che la maternità sia un diritto oltre che un dovere (dovere nell’accudimento, condiviso col partner e con tutti coloro che vogliano occuparsene). Credo che uno dei problemi sia che la maternità/paternità sia vista come una scelta pari a quella di prendersi o meno un cane e non un diritto come il diritto di voto o il diritto alla sanità o l’istruzione. Poi come entrano le nonne in questo pasticcio penso che ci sia molto di egoismo da parte di tutte e tutti e un diffuso mal costume che vede la mamma come unico “proprietario” del minore. Con relative ansie e frustrazioni da parte di tutte e tutti. Credo che la genitorialità diffusa sia un’altro modo per risolvere il problema dell’emancipazione delle donne dalla cura dei figli, senza togliere a nessuna e a nessuno il proprio diritto di procreazione. (diritto che si può anche non esercitare). Ovvero allargare le famiglie invece che distruggerle. Nel tuo racconto la figlia si lamenta di come la nonna/mamma educa il figlio, ma questa non è una divisione della genitorialità ma solo babysitteraggio a costo zero, una condivisione è un’altra cosa, e la condivisione premette che siamo tutte e tutti sullo stesso piano quindi come non posso io non puoi tu, cmq credo che la figlia in questione non sparecchi e non lavi i piatti, oltre che smollare il pargolo alla nonna ma allora di chi è la colpa? solo della figlia o anche della nonna? quando le donne educano in maniera maschilista i figli e poi questi sono maschilisti, non è anche colpa di quelle donne?
    Insomma voglio poter scopare, fare figli, prendere la pillola del giorno dopo o abortire senza morire se non li voglio, voglio farli crescere senza dover sacrificare la mia vita o la vita di qualcun altro, neanche quella dei figli.
    La vita non è solo una sofferenza ma anche una F I G A T A.

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