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#RePubica alla ricerca della puttana redimibile

Repubblica va per sillogismi. Mentre l’Europa continua a piegarsi alla deriva autoritaria che ora fa perfino immaginare la censura dei porno, Repubblica, pur di collegare l’infinito mondo al premier, amplia il suo interesse nei confronti delle prostitute e del loro infausto destino. Non so come coniuga queste descrizioni con l’immagine stessa che delle escort ha dato in passato, di donne consapevoli che perseguono obiettivi usando il proprio corpo, e delle loro madri che anzi, come si sentiva dalle registrazioni telefoniche, tifavano affinché le figlie guadagnassero di più a partire dalle loro prestazioni, però alla fine, com’era ovvio, ovvio perché il disprezzo usato nel sottolineare l’immoralità di quelle donne è stata anche stimolo per una misoginia di ritorno che abbiamo visto riversarsi sulle strade divise tra donne perbene e donne permale a partire dal 13 febbraio di Snoq, ricade sempre nella tentazione di fare emergere la dicotomia santa-puttana.

Nella inchiesta superficiale e prurigginosa (vocina contraffatta e donna vista di spalle, come si conviene a tutte le donne non autodeterminate) che il quotidiano sta facendo sull’argomento, come fosse alla ricerca della puttana redimibile da ricondurre entro i ruoli di genere socialmente rassicuranti di moglie e madre, come se la moglie non fosse puttana tanto quanto, viene fuori una intervista ad una squillo che parte dalla descrizione della sua vita tribolata e finisce con l’auspicio di una vita accanto ad un uomo che la rispetti in quanto “madre dei suoi figli”. Con tutto il rispetto che è dato ad ogni donna e ad ogni narrazione, dunque anche a questa, mi piacerebbe sapere dove stanno le altre. Quelle che spostano il racconto un po’ oltre gli anni ’50. Mi suggerisce questa riflessione la segnalazione di Pepi, che ringrazio moltissimo per i complimenti e per tutte le cose splendide che mi dedica, e che infatti così scrive:

Volevo ringraziarti per lo splendido lavoro che fai sul blog.
Non sai quant’è importante per me veder scrivere di femminile, politica e società nel modo in cui lo fai tu, lucido e appassionato, in un’ottica “di classe” che spessissimo il femminismo asservito e prono alle logiche di potere dimentica.

Detto ciò, oggi sul sito di Repubblica ho trovato quest’intervista ad una escort (o loft girl che dir si voglia).

Ti invito a darci un’occhiata perchè è davvero l’ennesima rappresentazione stereotipata del sex working. Di nuovo c’è una ragazza che si dice costretta alla prostituzione da condizioni di vita precaria non accettabili, che mi sembra scada in una serie di banalità e di stereotipi di genere (per esempio la chiosa finale) inquietanti.

Con tutto il rispetto per la sensibilità e la vita di questa ragazza, ci serve ancora l’immagine un po’ anni ’50 della “donna di vita” che però null’altro vuole se non un buon marito, una casa, dei figli? Che reportage è? In cosa arricchisce il pubblico e i lettori, se non alimentando ancora stereotipi? Su che nuova realtà sociale fa luce? Sulla nostra società malata che costringe giovani donne “per bene” addirittura a vendere il proprio corpo? Non sarebbe stato più interessante e meno patetico parlare di sex working autodeterminato da una parte, o della tratta dei corpi delle ragazze migranti dal’altra? Realtà “reali” altrettanto e altrettanto all’ordine del giorno.

Con grande rispetto, stima e affetto sincero (chè riempi i miei vuoti con i tuoi racconti!)
Pepi

Per leggere d’altro a proposito di sex working:

Per fermare la tratta bisogna legalizzare il lavoro sessuale

Dalla Svezia la critica politica in materia di prostituzione

La guerra contro le sex workers in Italia

Una alleanza infame tra femministe, polizia e conservatori danneggia le donne in nome della difesa dei loro diritti

La sezione Sex-Work di FaS

Dalla sezione Sex Workers di Abbatto i Muri:

Vitulazio: caccia alle streghe tra inquisizione e retate. Né sante né puttane. Solo donne!
One Billion Rising: le prostitute non ballano!
Riqualificare Napoli: rom e puttane rovinano l’immagine della città!
Voto la lista che candida le prostitute
The ‘Bitch’ Manifesto
Sul perché non mi offendo se mi danno della puttana – ovvero ascoltare, prima di sentenziare, non sarebbe poi così male!
Mestre: salviamo le prostitute! (E le prostitute non volevano essere salvate)
Lettera aperta sui danni del modello proibizionista per la regolamentazione dell’attività di sex workers
Sex Workers: “dichiarare illegale ciò che per alcuni è immorale è una deriva dittatoriale!”
Dell’obbligo di fare sesso nel matrimonio (la moglie è una puttana!)
Pratiche femministe: fuori i fascismi da casa mia!
Puttana si nasce o si diventa?
Le puttane sanno cucinare
Quello stigma sociale che pensa su prostitute e clienti

3 pensieri su “#RePubica alla ricerca della puttana redimibile”

  1. 1. – mi devono spiegare il concetto gesuitico di “stupro consensuale” di cui si delira a 3:15. Non vi pare una mancanza di rispetto e di solidarietà nei confronti di chi ha davvero subito quel crimine atroce? non ho parole…
    2. – a 4:45 “molte ragazze si divertono” = io sono speciale, un giorno farò una vita “normale” (e intanto mi metto da parte da 5.000 a 10.000 euro al mese!)
    3. – a 6:00 siamo al culmine! indovinate di chi è la colpa? DELLA SOCIETA’ ! cielo!

    Chiaramente questa persona ha diritto a essere limitata, ad avere opinioni, ad avere del risentimento verso la società e verso mille cose (come TUTTI NOI!), Quello che è scandaloso è l’uso ideologico, costruito ad arte dal giornalista, che viene fatto di una testimonianza semplicemente umana ma, purtroppo, ricca di spunti “alla moda”: lei dice: “la prima volta è stata come morire”, mi dispiace, si potrebbe dire di tante cose, chiunque di noi potrebbe dire la sua; fa comodo farlo dire a lei in modo da creare un senso di scandalo, di sconcezza indicibile collegata a fatti sessuali. E raccontare come sia stato facile iniziare? cadere nell’abisso?
    Tu dici “tentazione di fare emergere la dicotomia santa-puttana”, ecco: io ho detto troppe parole e tu hai fatto centro.

  2. Questa vicenda potrebbe servirci per aprire una questione enorme: il mercato del sesso è squisitamente ideologico perché mette l’accento sia sulla “perdizione” della donna che sulla “debolezza” del maschio. Fa impressione il passaggio in cui questa ragazza parla del ventaglio della clientela, dal giovane inesperto all’anziano con problemi di prostata (e fa anche una risatina!). Allora: io credo che la sessualità sia qualcosa di astratto, un brivido individuale che può esprimersi in mille modi, dunque perché solo il maschio dev’essere il consumatore? perché, anche solo astrattamente, non immaginiamo una ventenne (o un’anziana!) che paghi perché vuole qualche carezza e orgasmo? La conclusione paradossale (in linea con i tuoi contenuti) è che la donna è al tempo stesso “inferiore” e “superiore”! Non la immaginiamo alla ricerca di una fugace sessualità perché (cielo!) pare difficile eccitarla e farla venire! è “dispensatrice” ed “esperta” ma, al tempo stesso “cliente esigente” e, dunque, impossibile.
    La questione è enorme e riguarda millenni di storia e cultura; proprio per questo gli autori di inchieste e interviste dovrebbero fare più attenzione e non alimentare una cultura moralistica e nauseante (da RePùbica e RePudìca il passo è breve).

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