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Il sesso maschile è sporco, io sono brutta e tu non devi spogliarti!

"Sono stata io a volerlo. Mi fa sorridere il moralismo della gente, non lo tirano fuori per il nudo in sé, ormai ovunque, ma per quello non perfetto. E’ l’imperfezione a scandalizzare, come fosse una colpa. Il mio è stato un gesto di provocazione, e anche di profondo dolore: in manicomio ci spogliavano come fossimo cose. Mi sento nuda ancora adesso." Alda Merini"
“Sono stata io a volerlo. Mi fa sorridere il moralismo della gente, non lo tirano fuori per il nudo in sé, ormai ovunque, ma per quello non perfetto. E’ l’imperfezione a scandalizzare, come fosse una colpa. Il mio è stato un gesto di provocazione, e anche di profondo dolore: in manicomio ci spogliavano come fossimo cose. Mi sento nuda ancora adesso.”
Alda Merini”

Ora che, si spera, è diminuita l’attenzione mediatica sulla faccenda dei culi e dell’uso politico del corpo, ora che siamo “tra noi”, vorrei affrontare due argomenti che sono alla base di alcune “critiche” ricevute.

Salto la faccenda che si riferisce al fatto che puoi spogliarti solo se segui un certo codice militante. La pioggia di insulti e di reprimende moraliste che stanno arrivando addosso a Paola e a chiunque stia dalla sua parte riguarda tutte noi. Non si placherà certo quando tu, compagna, qualunque sia il tuo aspetto e il tuo genere, domani farai una slut walk. Se oggi rafforzi lo stigma moralista che vorrebbero attaccarci addosso domani te lo ritroverai attaccato sulla fronte. Sappilo. Ma di questo avevo in qualche modo ragionato qui e ne sto ragionando anche qui.

Poi: ho letto una sorta di critica all’iniziativa “Ce lo chiede l’Europa” in cui sostanzialmente si dice che l’omo sarebbe un penetratore ambulante “per natura” e che datosi che l’immagine femminile lo stimolerebbe a penetrare la prima che si trova sotto tiro è necessario il moralismo per moralizzare la loro, sbagliatissima, sessualità. Questa la sintesi. Tutto ciò a me sembra solo sessismo, di quello becero, alla massima potenza, e il fatto che in nome della difesa delle donne e della lotta antiviolenza possano circolare simili “opinioni” a me fa comprendere moltissimo sulla deriva che abbiano preso certi dibattiti.

Questo “concetto” rimanda a quell’altro, preciso, dogma secondo cui “vabbè, c’avevi la minigonna e un po’ te la sei cercata“. E’ complementare. Perfettamente speculare. Quando qualcun@ te la dice in modo così sfacciato, senza neppure accorgersi di quanto sessismo mette in circolo, tutto ciò è indicativo. Ti devi rivestire perché lui c’ha la penetration a scatto e ti violenta e se non ti metti un burqa poi non ti devi lamentare. La loro strategia preventiva antiviolenza è cancellare i nudi, censurare il porno, coprire i culi, coprire le donne. Originalissimo. Poi non ditemi che questo modo di fare femminismo non è funzionale alla cultura patriarcale.

Dire che la sessualità va divisa tra quella angelica e pura, femminile, e quella demoniaca e sporca, al maschile, è assurdo. Nega anni e anni di lotta femminista. Nega desideri, voglie. Ci nega la possibilità di essere sporche, vere, umane. Così si spiega, comunque, perché ho scritto una cosa tipo “quel sesso sporco delle donne che non piace alle femministe moraliste“.

Infine, senza voler banalizzare le critiche puramente politiche, perché anche il personale è politico, vorrei affrontare la componente psicologica di alcuni messaggi. C’è un commento che dice, in sintesi: io sono brutta, quelle foto ritraggono donne che piacciono, perciò alimentano la mentalità sessista secondo cui un corpo di donna deve essere come quello, dunque non va bene perché fare antisessismo è fare in modo che possa esporsi la ottantenne con le tette morbide e le rughe e la pelle non più levigata senza che lei sia insultata da un manipolo di sessisti che le dirà che è una cessa intrombabile.

Perdonatemi ma a me questo ragionamento pare oltremodo contraddittorio, e ve lo dico con il cuore, e spero abbiate l’onestà intellettuale di ammettere una parentesi di ragionamento che non è affatto lo stereotipato “voi siete incazzate perché siete brutte e non trombate“. Io capisco i timori, l’estrema fragilità, capisco il gran casino nel quale ci troviamo e ogni giorno, così come voi, combatto contro quella cultura e lo faccio mettendoci la pelle, il sangue, il culo e tutto quello che voglio e mi va di mettere in gioco.

Davvero per vostra, nostra, insicurezza dovremmo impedire a chi ha belle forme, un corpo desiderabile ai più, di non mostrarsi? Davvero è un certo modello di bellezza ad alimentare il sessismo? E dunque che si fa? Le rinchiudiamo tutte in un lager per imbruttirle? Le obblighiamo a mostrarsi solo quando avranno cellulite e pancia? E’ la donna che non ci/vi somiglia la responsabile del sessismo o il sessismo si alimenta per altre questioni? E poi, a chi scriveva che certe pose sono fatte per essere desiderabili, che male c’è? Davvero non capisco.

Si torna ancora al burqa, che risolverebbe non solo il tema della sessualità sporca al maschile ma anche quella delle insicurezze di donne che non si accettano, non si vogliono molto bene e che si sentono estremamente fragili messe di fronte a una immagine di donna che è fatta in modo diverso da loro, da noi.

Guardatevi e guardiamoci bene: se non volete esporvi al giudizio di chi poi potrebbe ferirvi nessuno vi obbliga. Nessun@, mai, dovrà mostrare al mondo una vostra immagine a vostra insaputa, per farvi un dispetto, per farvi del male, perché esistono donne, incluse alcune sedicenti femministe, che fanno anche questo. Se devono colpire qualcuna che a loro sta sulle scatole mettono alla gogna, in pubblico, la faccia o il corpo di una donna affinché di lei si dica di tutto e di più. Non ditemi di no perché io l’ho visto. So che è così.

Una immagine con un corpo scoperto non è un monito a voi per dirvi che siete pessime. E non può passare neppure il messaggio per cui le uniche foto di nudo che ci piacciono sono quelle in cui i corpi sono “imperfetti”. Così diventa più che una orgogliosa campagna di emancipazione antisessista semplicemente una galleria consolatoria che ci racconta come solo in alcuni contesti possiamo sentirci protette e in grado di mostrarci senza sentirci giudicate. E’ come dire che dato che non riusciamo a cambiare noi, per chi vorrebbe cambiare e non può, allora bisogna cambiare tutto il mondo circostante.

Se tu ti accetti per quella che sei non hai che da farti una fotografia ed esporla, con orgoglio. Dovremmo rifiutarci di subire il diktat del modello di bellezza imposto e semplicemente mischiarci tra tutt* a mostrare la nostra perfetta normalità. Chiunque sia giudicat@ per il proprio aspetto subisce un giudizio sessista ma quel giudizio sessista non lo risolvi negando a chi vuole mostrarsi la possibilità di farlo. Non puoi stigmatizzare la scelta di chi lo fa perché tu ti senti ferita per questo. Non lo puoi fare.

Perché alla base di tutto c’è la libertà di scelta e in alcuni casi il punto è che vedo donne talmente fragili che si esercitano a negare l’autodeterminazione altrui, che a parole comunicano una forza che poi in realtà non hanno, che sono lì in trincea senza togliersi quella cazzo di divisa addosso, costantemente in difesa da tutto, a colpire di rimbalzo chiunque tenti anche solo di fare un ragionamento diverso, e questa cosa qui non c’entra niente con il sessismo ma c’entra con il fatto che nonostante il femminismo, nonostante vi siete ricavate aree di relax mentale, nonostante tutto quello che dite di sapere e l’antisessismo recitato tutti i giorni poi, alla fine, siete molto poco antisessiste e femministe con voi stesse.

Il femminismo è rispetto per la libertà di scelta e può essere un riparo per quelle che non vogliono affrontare alcuni conflitti con se stesse ma invece che mettere in piazza veti, censure, risentimento, livore, astio, in nome di quella stracazzo di sorellanza che dite di perseguire, allora parlate di voi, delle insicurezze che vi riguardano. Perché se tutto quello che sapete fare è restare al riparo a giudicare le altre per ogni scelta libera che fanno ebbene, no, quella non è sorellanza: quella è una cosa antica quanto il mondo. In gergo dicesi: azzanna la rivale.

Buona giornata!

Ps: l’altra critica, neppure tanto velata, dice che non bisogna spogliarsi ma mostrare il cervello, sottintendendo che quelle che si spogliano sarebbero senza cervello. Poi non dite però che sono i maschilisti a dare delle oche alle donne che girano svestite. Così… già che ci siamo.

12 pensieri su “Il sesso maschile è sporco, io sono brutta e tu non devi spogliarti!”

  1. buon giorno. Vorrei sottolineare che i maschi non sono penetratori ambulanti (almeno io e molti di quelli che conosco non lo siamo), che l’eccitazione e conseguente erezione si nutre dell’eccitazione del partner e che un corpo di per sè non basta a fare sesso. Coloro che lo praticano a prescindere e che si scoperebbero un corpo , una bambola e finanche un cadavere vivono, secondo me, una sessualità malata.
    inoltre il desiderio sessuale non è provocato dalla bellezza ma dal fascino e spesso le due cose non coincidono. L’esteriorizzazione della personalità,con il conseguente modo di porsi agli altri ci rendono affascinanti per alcune persone e perfettamente indifferenti per altre
    (per di più i canoni della bellezza sono piuttosto instabili, il bello odierno poco ci azzecca con il bello dei primi del secolo scorso e meno ancora con quello del rinascimento).
    Direi che la diffidenza nei confronti del nudo e la difficoltà nell’accettarlo e praticarlo con libertà e senza pregiudizi sia sì una caratteristica di una società maschilista ma di cui anche le donne spesso ne condividono i “valori”. .

  2. Quello che molti non vogliono capire è che ci sarebbe da “disarmare” certi comportamenti. E per otternerlo, non c’è che da mostrare corpi nudi, rendere introvabili le vergini (e magari le siliconate e compagnia bella), che sono tutti modi di rendere la donna un mero oggetto. E mai il contrario, come osservi tu con la perizia e l’intelligenza a cui ci hai abituati 🙂

  3. Se essere moralisti significa auspicare un mondo in cui la ricerca del consenso non venga affidata alle fattezze dei candidati, o responsabili marketing che siano, ma ai contenuti politici che propongono, allora viva i moralisti.

  4. Sono in generale molto d’accordo, però a me pare soprattutto di vedere una gran confusione attorno al termine “sessismo”. Anche tu scrivi: “Chiunque sia giudicat@ per il proprio aspetto subisce un giudizio sessista ma quel giudizio sessista non lo risolvi negando a chi vuole mostrarsi la possibilità di farlo”. Ma, il sessismo cosa c’entra con il giudizio estetico? Un giudizio potrà essere inopportuno e sgradevole, sintomo di cattiveria gratuita, ma il sessismo è un’altra cosa. Poi, sul commento che prendi come esemplare per il discorso, penso che la cosa migliore sia confutarlo nel merito, rispondendo alle domande che ti fai e facendo le dovute distinzioni.

  5. “Dovremmo impedire a chi ha belle forme, un corpo desiderabile ai più, di non mostrarsi? Davvero è un certo modello di bellezza ad alimentare il sessismo?”

    Certo che no. Nessun* deve impedire nulla a nessun*. Però sarebbe utile ragionare su quanto sia difficile produrre delle rappresentazioni di corpi femminili che siano non solo autodeterminate, ma anche “politicamente” efficaci, nel senso di una politica antisessista.

    Chi si ritrova, per mero accidente biologico, ad avere un corpo che corrisponde agli standard (fascisti) di bellezza che ci sono imposti ogni giorno dalla cultura dominante potrebbe autorappresentarlo – non è facile! ci vuole molta inventiva e molta consapevolezza politica – in maniera tale da mettere in discussione proprio quelle norme estetiche. Per es., le Guerrilla Girls americane negli anni ’80 esponevano un corpo femminile nudo bellissimo, artistico, classico, il massimo della “bellezza”, solo che poi in testa ci mettevano una maschera da orangotango peloso che rideva. Il tutto sparato su un’enorme gigantografia per le strade cittadine. L’effetto spiazzante e ironico era garantito (era una campagna sulle donne nell’arte).

    Se chi è “bella” si autorappresenta invece ubbidendo alle norme estetiche (cosa che ovviamente è LIBERA di fare), secondo me non fa che perpetuare e rafforzare quelle norme. L’intenzione ironica si perde, fallisce miseramente. Per fare ironia, o parodia, ci vuole quello “scarto” anche sottilissimo, rispetto all’originale che si vuole parodiare. Altrimenti si chiama copia, ripetizione. Sul caso Bacchiddu Bruno Vespa (e mai in vita mia avrei pensato di dover dare ragione ad un Bruno Vespa) ha commentato che se lo avesse fatto una donna di destra… allora… E infatti, lui non vede la differenza tra l’immagine normativa e quella che si vorrebbe ironica/parodica/trasgressiva. Beh, neanche io l’ho vista (è solo la mia opinione). La critica di quelle donne che non sono incarnate in un corpo rispondente alle norme, rispetto alla rappresentazione di corpi normati pur con finalità che si vorrebbero critiche, per me ha un grosso senso. La trovo molto fondata. Per il resto, come sempre, grazie del post, condivido pienamente. C’è sempre bisogno di ripeterle, certe cose! 🙂

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