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Difesa della #Pornografia: se abbiamo perso il diritto di dire Si!

41XMmIqhm+L._SL500_AA300_In Italia il filone censorio/proibizionista antiporno e antiprostituzione si è radicalizzato, non è quasi più possibile discutere in modo sereno senza incorrere in pseudo/scomuniche, tra l’altro, essendo noi una provincia periferica del nulla dove contano le stellette baronali di inclusione al branco che certe donne si restituiscono reciprocamente, non c’è la stessa libertà che orientativamente si intravede negli Stati Uniti (e in giro per il mondo) dove i femminismi, tanti, inclusi quelli che parlano di pornofemminista e postporno (di cui trovate alcuni link in fondo a questo post), comunque interloquiscono, dove c’è spazio e capacità di gestire politicamente le differenze e il conflitto senza rimuoverlo con “unità” forzate, eccessivamente mediate, che sentono il bisogno di ostracizzare aree femministe che dicono cose che non corrispondono a certa ortodossia.

Quel filone proibizionista/censorio in Italia, invece, con le sue alleanze con paternalismi, nuove forme di espressione della cultura patriarcale e donne reazionarie e conservatrici, ha toccato le stesse punte di integralismo della Dworkin e della MacKinnon (che poi sarebbe quella che ha delineato la maniera in cui le donne devono essere viste nel diritto internazionale targato Onu). Di fatto dalla loro politica bacchettona e atroce il femminismo italico sta ereditando un sacco di brutte cose, incluso l’approccio autoritario a difesa dei diritti delle donne. Per loro tutte le donne sono più o meno vittime e se abbiamo conquistato il diritto di dire No pare invece abbiamo perso quello di dire Si. Nel senso che non esiste consensualità che basti quando c’è di mezzo una scelta delle donne che contraddice il dogma del femminismo radicale delle filo Dworkin/MacKinnon perché se loro si sentono infastidite dalla vista di una donna nuda tutte quante dobbiamo sentirci infastidite.

Se una si sente schiavizzata nei lavori in cui si usa il corpo nudo allora tutte devono sentirsi schiavizzate. In una costante vittimizzazione del femminile, riproponendo una immagine carissima alla cultura patriarcale che vorrebbe le donne, in quanto donne, secondo “natura”, sessualmente passive, meno inclini al desiderio di fare certe cose, per cui se le fai è chiaro che devi essere ovviamente schiava, indotta, mai soggetto attivo.

In questa assenza di riconoscimento della diversità tra donne quel femminismo radicale, che in Italia si identifica con un tot di soggetti che io ho definito unite dal Donnismo, dove tutte dovrebbero essere accomunate da un comune sentire perché in possesso di eguale organo sessuale/riproduttivo, si realizza la missione di quelle che vogliono salvare le altre che non vogliono essere salvate. E se tu dici che non vuoi essere salvata – ovviamente – sei malata, difettosa, schiava del patriarcato, perché patologizzazione e criminalizzazione sono derivazioni naturali dell’autoritarismo di una idea che diventa impositiva, costrittiva, normativa per tutte le forme di autodeterminazione possibili.

Un femminismo che si esercita nel disconoscimento dell’altra, con simili risvolti autoritari, dove in ogni uomo si vede uno stupratore e in ogni atto consensuale una subordinazione oggettivata del femminile, per me è esattamente identico al fondamentalismo di chi fa pratica nei Movimenti per la Vita. Lo dico io ma lo lascio dire anche a Nadine Strossen che scrive la “Difesa della pornografia” per Castelvecchi. Intanto vi copio una citazione introduttiva e poi un paragrafo che spero vi interessi leggere. Buona lettura!

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“Le donne femministe si sono accanite in modo particolare contro i danni causati dalla censura […]. Storicamente, l’informazione relativa al sesso, agli orientamenti sessuali, alla riproduzione e al controllo delle nascite è stata proibita al fine apparente […] di “proteggere” le donne. Tali restrizioni non hanno mai diminuito la violenza. Al contrario, esse hanno condotto, ad esempio, all’arresto di Margaret Sanger, sostenitrice del controllo delle nascite, e alla soppressione di importanti lavori, da Our Bodies, Ourselves alle […] opere di Karen Finley e Holly Hughes. Le donne non richiedono “protezione” per difendersi dai materiali sessuali espliciti […]. La tipologia delle donne è tanto varia quanto quella di qualunque cittadino che viva in uno stato democratico: non c’è nessun accordo o codice femminista che stabilisca quali immagini siano ripugnanti o perfino sessiste. E’ diritto e responsabilità di ogni donna leggere, osservare o produrre materiali sessuali scelti senza l’intervento dello Stato “per il suo bene” […]. Questo è il grande vantaggio di essere femministe in una società libera.”

FEMINISTS FOR FREE EXPRESSION

da Difesa della Pornografia di Nadine Strossen (pagg. 84/85/86/87)

La visione della donna come strumento del maschio

Come è stato notato dalla scrittrice Cathy Young, fondatrice del Women’s Freedom Network, c’è un lampante parallelo tra il punto di vista di chi si oppone all’aborto per il fatto che nessuna donna può scegliere liberamente di abortire – o, come dicono, di “uccidere il proprio figlio” – e il punto di vista delle attiviste contro la pornografia, per le quali nessuna donna può scegliere liberamente di fare lavori sessualmente espliciti. Entrambi i punti di vista presuppongono una donna infantilizzata. Incapace di sapere qual è il suo interesse. Bisognosa per questo dello Stato, o di altre donne che richiamino l’attenzione dell’apparato legale dello Stato. Sotto tale aspetto, come sotto molti altri, l’alleanza delle femministe pro-censura con il Diritto radicale, sostenuto dai conservatori, è sostanziale è tragica.

La visione della donna come strumento del maschio, è il tema comune delle femministe pro-censura: le donne che guardano, difendono, posano per la pornografia sono in realtà marionette dell’uomo. Siamo di fronte a un mondo in cui le femministe antiabortiste credono che il diritto delle donne di scegliere l’aborto giovi solo agli abortisti, e in cui le femministe anti-porno credono che il diritto delle donne di scegliere le proprie espressioni sessuali giovi solo ai pornografi. Tuttavia, esse ignorano il fatto che ciò che più disprezzano riguarda molte donne e molti uomini.

Un altro tema unificante tra la Dworkin, la MacKinnon e le organizzazioni antiabortiste è che tutte richiamano il potente, negativo concetto di violenza carnale per descrivere ciò che esse vedono come un atto inevitabilmente involontario da parte della donna. La Dworkin e la MacKinnon fanno un’analogia tra il rapporto sessuale e la violenza carnale, le donne antiabortista descrivono l’aborto come una “violenza carnale chirurgica”, Inoltre, rafforzando la comunanza dei punti di vista antiabortista e antiporno, la Dworkin ha usato l’identico termine “violenza carnale chirurgica” per descrivere la nascita di un figlio. nel suo libro Pornography: Men Possessing Women, la Dworkin afferma la “pornografia della gravidanza” e condanna la nascita attraverso il taglio cesareo come una “scopata chirurgica” fatta da “un nuovo violentatore, il chirurgo” (a dire il vero, negli Stati Uniti c’è stato un uso eccessivo del taglio cesareo, ma il sensazionalismo della Dworkin, che sessualizza e demonizza i dottori, può rappresentare un’influenza negativa per tutte le donne che sono realmente a rischio).

Questa che segue è la sua orripilante descrizione:

La gravidanza è la conferma che la donna è stata scopata: è la conferma che è una vulva […]. L’ostentazione sottolinea che è una puttana […]. la sua pancia è la prova che è stata usata. La sua pancia è il trionfo del fallo. […] La gravidanza è la punizione per la sua partecipazione al sesso. Si ammalerà, il suo corpo si storpierà in migliaia di modi, morirà. L’eccitazione sessuale è in lei una possibile morte […]. E ora, i dottori aumenteranno la dose di sesso, per la stessa nascita […] tagliano direttamente l’interno dell’utero con un coltello, una scopata chirurgica. Ella è legata, immobilizzata dalle corde […], le sue gambe sono aperte; le danno la droga per cominciare il lavoro. I loro legacci e le loro droghe le causano un immenso e insopportabile dolore; […] è drogata e fatta a fette dall’interno, scopata chirurgicamente. L’epidemia del taglio cesareo in questo paese è un fenomeno sessuale, non medico. I dottori salvano la vagina – il vecchio canale per la nascita – per il marito; scopano l’utero direttamente, con un coltello. Il parto moderno […] proviene dalla metafisica, dominazione sessuale del maschio; è una puttana, che sta là per essere usata, l’utero della puttana è direttamente penetrato dal nuovo violentatore, il chirurgo, la vagina viene salvata per essere offerta al marito.

In armonia con il punto di vista delle femministe pro-censura che individuano la passività della donna in campo sessuale, la MacKinnon si è pronunciata sul diritto all’aborto in un modo alquanto simile a quello degli antiabortisti, criticando la decisione della Corte Suprema del 1973 Roe contro Wade che riconosce alle donne il fondamentale diritto di abortire, poiché “facilita la disponibilità eterosessuale delle donne” e “libera l’aggressione maschile” eliminando una delle poche “legittime ragioni che le donne avevano di rifiutare il sesso“. Infatti, sebbene la MacKinnon sostenga il diritto della donna all’aborto, lo fa per una ragione paurosamente simile a quelle della filosofia antiabortista, cioè che le donne dovrebbero essere forzate a portare a termine quella gravidanza che sia stata causata da un rapporto non consensuale; egualmente, molti attivisti “per la vita” sono propensi a tollerare l’aborto quando una gravidanza è l’effetto di una violenza carnale. Come ha osservato la professoressa Jeanne Schroeder, sintetizzando il punto di vista della MacKinnon:

Le donne hanno bisogno dell’aborto come un rimedio perché la sessualità è […] un colpo loro inferto. L’aborto restituisce la scelta permettendo alle donne di rifiutare le conseguenze dell’eterosessualità […]. Per la Mackinnon non è possibile sapere se l’aborto sia necessario, o addirittura eticamente accettabile, in una società in cui esistesse l’eguaglianza sessuale.

Lo svalutato punto di vista sulle donne delle femministe pro-censura è non solo che noi non possiamo mai liberamente, intelligentemente consentire a posare per materiali pornografici, ma che, nella loro angosciata visione del mondo, i corpi delle donne sono meri strumenti per l’aggressione e il dominio sessuale del maschio. Ironicamente poi, mentre la parola d’ordine del movimento per la libertà riproduttiva è stato sempre “un corpo di donna, una scelta della donna”, un’appropriata parola d’ordine per le femministe pro-censura potrebbe essere “Un corpo di donna, una scelta dell’uomo”.

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[Il corpo nudo è nostro e lo gestiamo noi. Beccatevi ‘sto video contro i tagli al sociale realizzato dalla commissione Femminista di Sol – Madrid]

[fakin iurop, Ideadestroyingmuros – testo tradotto in italiano QUI]

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19 pensieri su “Difesa della #Pornografia: se abbiamo perso il diritto di dire Si!”

  1. Oenso che la situazione attuale sia complatamente il contrario.Il consumo della pornografia da parte delle donne non e’ mai stato cosi’ alto.I costumi sessuali mai cosi’ liberi,la donna mai cosi’ forte nei confronti dell’uomo

  2. Non sono proibizionista ma sulla pornografia quale è adesso, ho però alcune obiezioni. Punto primo: quella che viene fotografata, filmata, è una sessualità esclusivamente maschile, funzionale al piacere maschile, un po’, come dire, a “stantuffo”, e da lì rapporti orali interminabili e via discorrendo, anche faticosi dal punto di vista meramente fisico se vogliamo.
    Che c’entra la mia sessualità di donna con tutto questo? Il mio corpo non risponde così. E allora, esiste una pornografia al femminile? Le donne la desiderano? Ecco, non vedere questo, secondo me, è una grave lacuna del ragionamento. Essere oggetti, reificate – come si diceva una volta – non è una categoria morale ma sociologica, tu donna, rappresentata in quel modo lì, sei un oggetto (in senso psicanalitico se vuoi) del piacere maschile e di come esso funziona. Cioè servi, in altre parole, a far avere un orgasmo a un uomo, soggetto in quanto fruitore. Ma la cosa non è reversibile, non esistono rappresentazioni – né le donne ne sono coscienti – che illustrino l’immaginario femminile e il suo modo di provare e raggiungere il piacere.
    Ne deriva un secondo punto: quella pornografica attuale è una rappresentazione della sessualità maschile anche per l’approccio: si apre la porta, entrano uomini, la donna immediatamente è pronta. E’ il sogno di ogni uomo, in fondo, e la ragione, credo, per la quale frequenta prostitute: evitare preliminari, che sono, in fondo, relazione. Se si pensa che spesso la pornografia è il materiale sul quale i ragazzini imparano il sesso, c’è di che piangere. Cosa vuoi mai che apprendano delle donne, delle ragazze, da quelle interminabili session a stantuffo!
    Ecco, per cominciare ho queste obiezioni….

  3. l’impostazione del libro, dall’assaggio trasmesso dall’articolo, appare interessante e condivisibile. però, benchè forse off-topic, mi lascia un pò perplesso l’inizio, un pò assiomatico, della citazione qui riportata: “storicamente, l’informazione relativa al sesso, agli orientamenti sessuali, alla riproduzione e al controllo delle nascite è stata proibita…” mi lascia perplesso alla luce delle tesi, a mio modestissimo avviso ben documentate, con le quali Foucault sostiene la “proliferazione discorsiva” verificatasi a proposito della sessualità in genere; sul controllo delle nascite e sulle politiche ad esso collegate, credo inoltre che siano necessarie delle ulteriori specificazioni; la questione potrebbe non essere di scarsa rilevanza riguardo all’impostazione del rapporto censura/ libertà/potere. Forse la questione si inquadrerebbe meglio soffermandosi sulla “distribuzione” di tale sapere o su un’analisi della proibizione come “strategia locale” piuttosto che sull’assioma della proibizione- censura tout court. .

  4. Mi trovo pienamente d’accordo con l’intervento di Patrizia, anche se poi i collegamenti a risposta mi hanno forse un po’ confuso, perché mi trovo d’accordo sul tuo giudizio nel post “Altro che schort” Quello che non capisco come può la pornografia, rappresentare la libertà del corpo femminile, o una qualche sua rivendicazione. Ritengo legittimo, sostenere che può piacere la pornografia, ma non si può giustificarlo come atto sovversivo.. Riferendomi ad alcuni collegamenti tuoi di rimando, cercherò di spiegarmi meglio, con un esempio sulla pornografia; se una coppia, riprende con una telecamera un loro rapporto amoroso, e lo pubblicano poi in rete, pensando di fare una provocazione se non un atto sovversivo, questo atto si ferma li, perché io che clicco per visualizzare il filmato non colgo la differenza, tra quel filmato e qualsiasi altro. Perchè non cambia il contesto. Nella pornografia, i fruitori, non hanno nessun interesse nelle tue rivendicazioni..
    Quando dici: “In una costante vittimizzazione del femminile, riproponendo una immagine carissima alla cultura patriarcale che vorrebbe le donne, in quanto donne, secondo “natura”, sessualmente passive, meno inclini al desiderio di fare certe cose, per cui se le fai è chiaro che devi essere ovviamente schiava, indotta, mai soggetto attivo.” Ma qual è il ruolo attivo di una donna nella pornografia? Al massimo quello di essere oggetto consapevole.
    Un passo importante dell’intervento di Patrizia, è questo: “Cioè serve, in altre parole, a far avere un orgasmo a un uomo,” e aggiungerei, che questo deve essere visibile e in bocca o sulla faccia. Sorvolando su due fattori importanti e strutturali della pornografia, cioè “Esibizionismo e Voyeurismo” , ma sarebbe interessante parlare anche di questo, passo a quello che secondo me è uno dei punti essenziali; “Limmaginario Femminile,”.
    Bisogna liberarsi della “femminilità”! La femminilità non descrive le donne ma stabilisce delle norme, imposte alle donne. L’immagine erotica e la domesticità, sorreggono il modello di femminilità. Tutta una serie di caratteri fisici, intellettuali emozionali, vengono considerati tipici della natura femminile. (Eterosessualità. Passività, narcisismo, masochismo, sentimentalismo.. ecc..) e la pornografia rafforza questi concetti di femminilità. Quindi bisogna liberarci dalla femminilità, e con questo non dico dalla pornografia.
    Le fantasie non son sono l’espressione di quello che è il vero desiderio. Possono anche essere il contrario. Se una donna prova piacere pensando di essere violentata, questo non significa che desideri veramente esserlo.
    La sessualità è il campo dell’abbandono per eccellenza. Si tratta di essere rapiti, di liberarsi da se stessi per essere vinti dalla propria passione e abbandonarsi a quella dell’altro, o dell’altra o di un numero infinito di soggetti, secondo le tendenze. L’uomo può sfidare la soddisfazione del suo desiderio, la donna non ha un linguaggio proprio del suo, si mette al servizio dell’uomo più o meno come oggetto passivo di desiderio. Le donne sono spossessate del potere che gli uomini monopolizzano, soprattutto nella pornografia. Gli uomini reagiscono in funzione di una situazione dettata dall’immagine della donna, immagine che corrisponde non a una donna reale, ma alla sua rappresentazione erotica.
    Ma questo credo di averlo detto già…

    1. Ti rispondo brevemente perché tra un attimo vado a nanna. 🙂
      Poi semmai ci torno su.
      Grazie intanto dell’articolato commento e di qualunque commento che problematizzi e introduca elementi di riflessione.

      La letteratura erotica è censurabile? C’è una differenza tra la letteratura erotica scritta da uomini e quella scritta da donne?
      La cinematografia è il linguaggio successivo alla rappresentazione teatrale, alla narrazione letteraria, all’audio. I protagonisti di una rappresentazione sono interpreti, personaggi, attori. La pornografia ha una storia antica. Se vai a vedere i musei di cinema porno e di erotismo ti rendi conto di come è cambiata la cultura, dell’evoluzione anche di quel linguaggio, che come tutti i linguaggi, appunto, evolve.
      E’ un cliché pensare che il porno sia eccitante solo per gli uomini. Tante donne guardano, si eccitano, si masturbano vedendo un porno. Questo sta allo stereotipo della donna passiva che dovrebbe sentirsi offesa da quelle immagini.
      E’ un cliché anche pensare che quel porno sia pensato e realizzato solo da uomini e per uomini perché basta anche solo fare un salto su youporn per vedere quante tipologie di porno esistono per tutti i gusti e tutti i generi.
      Tolto tutto ciò che riguarda i minori che fa schifo ed è ovviamente da eliminare dalla faccia della terra, le donne adulte non sono minori, partecipano consapevolmente alla realizzazione di quel prodotto, del film, e oggi ci sono donne che hanno case di produzione, sono registe, sono produttrici, sono distributrici di quei film.
      Arrivo al post porno e al porno femminista che è una derivazione naturale di questo perché qualunque linguaggio che si rispetti, se invece che censurarlo (dopo i libri al rogo anche i film direi di no) te ne appropri, lo fai tuo e lo sovverti, allora cambia, cambia la cultura e cambia con te.
      Se tu stabilisci a priori che qualunque rappresentazione pornografica sia oggettivante per le donne stai demonizzando il linguaggio che comunque continuerà a circolare. Se introduci via via elementi che ti riguardano, perchè oggi, più che ieri, noi abbiamo conoscenza di quello che ci piace sessualmente e liberiamo nuovi desideri, quel linguaggio cambia con te. Dunque i fruitori hanno interesse ovvio alle rivendicazioni e ce l’ha chiunque abbia a che fare con una tipologia di porno piuttosto che un altro.

      1. Questa “discussione” l’abbiamo già avuta in passato, e io rimango con i miei dubbi, e perplessità.
        Apprezzo molto quello che dici e come lo scrivi, anche se spesso non comprendo bene quello che dici. Per ora mi limito a delle risposte sintetiche, poi avremo modo di ritornarci su..
        Io non ho sostenuto di proibire la pornografia o la letteratura erotica, ma al contrario, sono contro ogni forma di censura. Faccio un esempio, il libro “50 sfumature di grigio” si dice che piaccia alle donne, ma per me è una cacata pazzesca.. non voglio la censura del libro, ma il diritto di dire che è una cacata. Senza passare da censore o moralista.
        Quando scrivi “abbiamo conquistato il diritto di dire No pare invece abbiamo perso quello di dire Si” Ecco io mi domando, siamo sicure di aver avuto il diritto di dire SI, oppure No? Queste sono le mie domande.. ma avremo modo di continuare questo nostro discorso…

        1. assolutamente d’accordo. io voglio e rivendico il diritto alla critica. certo. ma qui stiamo ragionando di divieti normativi, proposte di legge, lo vedi dall’altra discussione sulle immagini sessiste. la deriva è scivolosa ed è già intrapresa. quello che io rilevo è relativamente a quella deriva e non al tuo sacrosanto diritto di dire quello che pensi su qualunque cosa. 🙂
          così si fa cultura. confrontando reciproche opinioni. inserendo elementi di problematicità dove pensi ve ne sia bisogno. ma se questo si traduce in una legge che decida al posto mio qualcosa, per motivi di tutela delle donne o chissà cosa, quel terreno lì è censorio e moralista.

    2. ma non bisogna liberarsi della femminilità (e che cavolo vuol dire?)..la femminilità come la mascolinità può essere vissuta in tanti modi…e concludere che ogni donna eterosessuale e soddisfatta della sua condizione sia “oggetto passivo del maschio” non mi pare corretto, e non è vero

      1. Pima rispondo a Paolo1984. Per femminilità intendo il genere, quindi quelle caratteristiche psicofisiche che sono stabilite a priori, sia per gli uomini che per le donne. Il genere va lasciato alla grammatica, esistono individui di sesso diverso, come il colore degli occhi, dei capelli.. uomini e donne appartengono alla stessa specie, basta!.
        Per femminilità si intende tutte quelle caratteristiche che si ritenga esclusive delle donne, ma non è così. Al contrario se una donna manifesta caratteristiche che non rispondono al modello stabilito della femminilità si dice che “è una donna con le palle”.
        Poi Scusa Paolo1984, quando parli di “donna eterosessuale” sei caduto tuo malgrado in un pregiudizio, non si stà parlando di orientamento sessuale, anche se una caratteristica del modello “femminile” è l’eterosessulità, e sapere cucinare e stirare, perché fa sempre comodo.. Non credo che tu possa pensare che le lesbiche siano tutte brutte e mascoline e i gay tutti “affemminati”, con le piume di struzzo colorate, perché ti sbaglieresti di grosso.. Quando si tratta di relazioni amorose e di sessualità, non vi può essere una verità assoluta, una definizione generale valida per ciascuno degli esseri umani. Non vi è superiorità o inferiorità di una forma d’amore sulle altre, ogni forma di attrazione è significativa e importante e tra queste non è possibile stabilire una gerarchia, in quanto ciascuna dipende dalla particolare sensibilità, dallo specifico e personale bisogno, dalla propria propensione e cultura.
        Certo lo so ora mi prenderai come una paranoica, perché scarico tutto su un così immaginario potere..( il potere è come uno spettro, non esiste ma si conoscono gli effetti. – Shakespeare) Ma tutta la nostra vita è modellata da almeno 5 mila anni di dominio, economico, fisico, culturale e sessuale del maschio.. Una mia amica mi fece notare che su vecchi dizionari alla voce: Donna = Femmina dell’uomo. (non è più una classificazione biologica, ma indica un rapporto oggetto-soggetto.) Solo negli anni 90 si inizia a usare una definizione corretta: Donna = Femmina fisicamente adulta della specie umana. Mi ci sono voluti anni, per riconoscere tutti i pregiudizi che avevano modellato la mia educazione sessuale, (e di tutte le ragazze) e capire che la storia dell’umanità, della sessualità e del desiderio significava la storia del maschio.. e come donna ero relegata a ruoli già stabiliti da altri.. Anche gli uomini sono condannati all’immaginario erotico della femminilità. Anche i nostri compagni, i nostri figli subiscono l’immaginario femminile e maschile. I valori della femminilità sono prodotti dal dominio e gli uomini e le donne sono le vittime.

        1. IDA,forse non mi sono spiegato ma la mia visione è semplice: nessun modo di vivere la propria identità di genere, l’affettività, l’orientamento sessuale è meno “libero e autentico” di un altro..a prescindere da quanto questo modo sia diffuso o no.
          Un omosessuale “con le piume di struzzo” 8per esemplificare) non è più o meno libero e autentico di uno in giacca e cravatta, una lesbica “mascolina” non è più o meno libera di una femme e viceversa..una donna che ama cucinare non è più o meno libera di una a cui non piace o proprio non è portata e una donna a cui interessa il porno non è più o meno libera di una a cui fa schifo
          Solo questo volevo dire…penso che mai come oggi ci sono tanti modi di vivere la mascolinità e la femminilità.
          Alla fine, sono d’accordo quando dici che non vvi è superiorità o inferiorità,

          1. Bene, sono contenta, che tu sia d’accordo che non esista gerarchia nel sesso.. ma quello che io penso è che la libertà, stà nel cercare le proprie catene e liberarsi da esse.. sconclusionato come periodo, ma penso che sia chiaro!

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