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Le deputate offese che non trovano altre “parole per dire”…

MjAxNC00NmZhMDg2Mzc5NzBjMDMydi Natalina Lodato

Vorrei soffermarmi ancora rispetto alla vicenda delle deputate Pd che hanno presentato denuncia, come ormai noto, contro il collega grillino. Parto dal presupposto che hanno fatto benissimo a rendere noto il contenuto delle offese di cui denunciano di essere state oggetto. A trovare sbagliato e fuori luogo è invece, a mio giudizio, il rifugiarsi all’ombra del penale da parte delle sette deputate PD.

Ogni donna sa bene quanto sia comune il tentativo di metterci a tacere, di rimetterci al nostro posto da parte maschile (ma non solo) chiamando in causa la nostra corporeità, per cui o è un “taci-vecchia -culona-racchia-intrombabile” o uno “stai- zitta-troia-che-se-sei -lì- é-perché- hai- dato-via-tutti-gli-orifizi“. Questo vale per tutti i contesti e gli ambiti di una sfera pubblica che si è costruita a partire dall’esclusione delle donne, ricondotte unicamente a natura e poco altro. D’altra parte il sessismo è una pappa omogeneizzata, un brodo di coltura di cui si è nutrito a lungo anche l’antiberlusconismo. Siamo oneste, quante volte dalla base a salire, abbiamo sentito dire più o meno velatamente quanto De Rosa avrebbe detto alle deputate piddine delle Santanché, delle Carfagne e delle altre donne del partito di Berlusconi? Quante volte, quando abbiamo provato a dire alle donne che esternavano questi enunciati che erano sessiste peggio degli uomini, ci siamo sentite rispondere candidamente: “Ma perché? è la verità!“.

Come ha scritto Lea Melandri in un suo intervento su La 27esimaora  le donne di destra, ci piaccia o meno, non difettano affatto di protagonismo o passione politica, anzi, al contrario, sono proprio le donne del PD, sempre subalterne ai conflitti fratricidi all’interno del proprio partito, a esserne carenti. Quest’ultima vicenda è proprio emblematica perché ha mostrato quanto queste ultime siano sguarnite, prive degli strumenti per contrastare il sessismo sul piano culturale e politico.

Certo, capisco che le sensibilità e i tratti caratteriali differiscano in ciascuna di noi, che ognuna si porti con sé le proprie fragilità e le proprie contraddizioni, ma cionondimeno ci sono questioni che non si possono eludere, che vanno affrontate aprendo un dibattito pubblico perché il nodo, ancora una volta, è politico e chiama in causa il potere, la sessualità e le relazioni uomo-donna. Si tratta non di fare appello alla dignità femminile offesa- cosa che ha sempre un retrogusto vagamente sessuofobico- ma di dire la verità sul potere fallocentrico, che è elemento costitutivo delle istituzioni e della cittadinanza, e di lavorare per cambiare i linguaggi e le pratiche della politica .

Ammesso che ce ne fosse ancora bisogno, questa vicenda ha invece mostrato tutti i limiti e le contraddizioni di un femminismo che definisco convenzionalmente “alla Se-non-ora-quando” -il famigerato movimento ben presto discioltosi come neve al sole- per indicare una sorta di femminismo ufficiale di Partito (Democratico), fattosi portatore di un femminismo vittimario (oltre che carcerario, per dirla con Elizabeth Bernstein) che non è mai stato in grado di mettere a tema la libertà femminile.

E’ quanto meno paradossale, infatti, che molte di queste donne -Marzano in primis- che sono scese in piazza e hanno avviato campagne per dirsi offese del modo in cui Berlusconi trattava le donne, facendo dell’indignazione un collettore di mobilitazione, non abbiano saputo trovare, una volta che sono finite nel mirino esse stesse, le “parole per dire” la loro indignazione, oltre che un liberatorio vaffa. A pensarci bene, però, in questa difficoltà si può scorgere in filigrana un orientamento più profondo. C’è un filo rosso che unisce questa vicenda ad un’altra, già ben dibattuta, che è quella dell’approvazione dello scellerato decreto sul femminicidio, di cui tanto le piddine vanno fiere, che mette insieme-ricordiamo- la violenza sulle donne ai furti di rame: il considerare le donne perennemente vulnerabili, bisognose di protezione e di tutela legale.

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