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#SexWorking: chi è migliore di me?

sexworkerLei scrive:

Cara Eretica,

sono Mary (nome di fantasia), ho 44 anni, sono stata in carcere, ho avuto problemi di tossicodipendenza, e sono uscita da quel circolo vizioso quando ho cominciato a fare la sex worker. Può sembrare strano ma dare valore ai miei servizi mi ha portata a dare valore a me stessa. Non si tratta di “prezzi” ma di qualità del servizio, di empatia, capacità di costruire intimità anche se in poco tempo. In galera ho conosciuto alcune sex worker e dicevano che quando sarebbero uscite di prigione avrebbero continuato a vendere servizi sessuali.

La prigione non era un danno collaterale al mestiere ma allo stigma imposto a tutte noi. Quella che è stata condannata per aggressione perché, migrante, aveva preteso il pagamento da un cliente bianco, cittadino italiano. Una è finita in carcere per furto. Io ci sono finita per liberarmi dal mio ex. Non l’ho ucciso, se è quello che state pensando. Gli ho semplicemente tolto la voglia di rompermi ancora le scatole. Mi ha denunciata e sono finita in carcere. Poi sono stata assolta e lui balbettava quando il mio avvocato raccontava quello che mi aveva fatto.

Le storie delle donne in galera sono spesso storie di vittime che sono cascate dal lato sbagliato della storia. Ce n’era una in galera perché aveva preferito salvare il suo compagno, alla seconda denuncia, per possesso illegale di arma da fuoco. Un’altra era alcolista e invece che aiutarla veniva sedata. Io sono uscita dalla galera più “pulita”. Ho smesso di prendere sostanze illegali e ho cominciato a prendere quelle legali. Sono farmaci contro la depressione e contro un sacco di altre cose, e per questo sono considerata una ragazza debole, un po’ stupida, che fa la puttana perché non capisce, mentre la burocrate di turno mi dice di sapere quel che è meglio per me.

Alla mia età, per come ci sono arrivata, sopravvissuta per culo più che per intenzione, non ho molta scelta e riuscire a vendere servizi sessuali per me è un’opportunità per creare un mio spazio sicuro in cui poter invecchiare meglio. Guadagno poco ma guadagno e i soldi mi bastano per vivere decentemente. Vorrei frequentare un corso per assistente sessuale ai disabili ma dalle mie parti non ce n’è. Posso comunque dire che sono abilitata perché mi è capitato spesso che si presentassero clienti in difficoltà, a proprio agio con me perché temevano il confronto con sex worker più giovani e più belle.

Timidi e essenzialmente innocui, i miei clienti, o con grandi piani per il futuro che in gran parte non si realizzeranno. Li ascolto, pur sapendo che stanno parlando a se stessi o che usano il mio spazio per pensarsi migliori, realizzati, diversi. Non ci sono limiti al bene che può fare un servizio sessuale reso come si deve. Per l’autostima, la sicurezza, il benessere morale di una persona. Quelle come me dovrebbero essere regolarmente retribuite come assistenti alle persone in difficoltà. Invece.

In galera ho conosciuto una donna che aveva ucciso il figlio. Era la più moralista. Negava quello che aveva fatto e negava molte altre cose. Restava incastrata nella dimensione sociale che gli altri volevano che occupasse. Illusa che un giorno sarebbe uscita per continuare a fare la donna perbene. Lei, moglie e madre, migliore di noi, donne per male.

Io seguo quello che scrivi, anche se con il mio passato e il mio presente, potrebbe sembrare incredibile il fatto che io possa prestare attenzione alle conquiste del femminismo, ma mi piace quello che succede quando leggo. Tu assisti noi e io assisto altri. Forse facciamo lo stesso mestiere senza saperlo. Tu ci fai stare bene. Io faccio stare meglio altre persone. E in ogni caso, io criminale, puttana, donna di mezz’età, so che tu non consideri te stessa migliore di me. Perciò io ti scrivo e ti ringrazio.

Con gratitudine

Mary

3 pensieri su “#SexWorking: chi è migliore di me?”

  1. Ciao Mary,
    grazie per tua testimonianza. mi ha colpito il tuo interesse per l’assistenza sessuale. hai già sentito parlare di Max Ulivieri? sta lavorando per questo, potrebbe valere la pena scrivergli.
    In ogni caso, se ti va, puoi scrivere anche a noi. Siamo un gruppo di persone disabili LGBT e ci piace riflettere liberamente su sessualità, sex work, e tanto altro. Per chiarezza: non ci stiamo proponendo come clienti, abbiamo solo la sensazione che potremmo avere obiettivi in comune.
    Ci trovi su http://www.facebook.it/jumpoltre o alla mail jump@cassero.it

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