Stefano Cucchi si è menato da solo, questo, infine, dicono i giudici. Un po’ come quando le donne picchiate dai mariti arrivano in pronto soccorso e dicono di essere cadute dalle scale. Come quando la gente viene manganellata in piazza e si dice che i manganelli volano solo in direzione di terroristi. Come quando si giustifica la brutalità delle varie polizie nei modi più disparati mentre si condanna un giovane uomo solo per avere detto una parola come “pecorella” ad un tutore dell’ordine. A noi non è dato neppure il diritto di parlare. Loro hanno il dovere di reprimerci e di scappare, sparire, non assumersi la propria responsabilità quando di responsabilità, nei fatti e nelle ferite visibili, ne hanno tanta.
E va bene così, in fondo non sono i tribunali che scrivono la storia ma siamo noi, con la memoria, con la cultura che creiamo in ogni luogo possibile, con i racconti fedeli alle scene vissute e viste. Un po’ come è stato per Genova G8 o per qualunque altro episodio violento vissuto da persone che scendevano in piazza a rivendicare diritti. Un po’ come è stato per gli Aldrovandi o le persone ferite da calci e pugni arrivati chissà da dove. Cosa volete farci: ‘sta gente che “delinque” ha la pelle criminale, si colora di viola solo per fare apparire colpevoli degli uomini che soccorrono, medicano, sorvegliano, correggono, risolvono. Siamo così, noi, tossici, cattivi, dispettosi, sporchi, descritti come se non avessimo affetti, genitori, famiglie, persone che ci vogliono bene. Descritti come il male dell’umanità, come immondizia dalla quale i gendarmi liberano la gente perbene. Perché i gendarmi, questi operatori biologici dell’ultima ora, fanno questo. Ripuliscono le città da gente brutta, sporca e cattiva.
Che ce ne frega se è morto Aldrovandi. Che ce ne frega se è morto Giuliani, e quanti altri ne potremmo citare. E poi ci sono i sorveglianti che sorvegliano affinché l’immondizia non produca troppa puzza. Dunque ci sono quelli che in carcere si impiccano da soli con minuscoli frammenti di laccio per le scarpe. Quelli che per suicidarsi si menano da soli sulla schiena, sulle gambe. Quelli che gli vedi l’impronta delle sbarre sulla pelle ma poi ti dicono che in preda a crisi folli si sono schiantati mille volte fino a farsi male. Che meraviglia questi posti che chiamiamo galere, dove chi ci sta dentro sa quel che succede e chi sta fuori invece no. Che meraviglia questa società fatta di sorveglianti e gente che punisce. Che fantastici luoghi sono quelli all’interno dei quali si rinchiudono persone sulla base di leggi fatte da chi vuole vedere le carceri esplodere dall’immenso numero di persone presenti. Leggi basate su pregiudizi e sentimenti, spesso, di destra. Leggi che autorizzano i guardiani a guardarci con più violenza. Leggi che consegnano stigmi, tatuati sulla pelle, a chi si fa una canna di marijuana, a chi cammina un po’ confuso una sera, a chi è migrante e non sa rispondere nella lingua delle guardie.
Non è per le condanne perché quel che dicono i giudici conta poco a fronte di realtà che noi conosciamo bene, ma è perché le famiglie chiedono si essere moralmente risarciti, di vedersi riconosciuto il diritto a chiamare il proprio familiare vittima di abuso. Che dire, ciao Stefano, ti hanno seppellito ancora, nella zona più buia che le istituzioni potevano dedicarti.
Tanta solidarietà alla famiglia Cucchi. Buona lotta a Ilaria.
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