Antiautoritarismo, Autodeterminazione, Comunicazione, Contributi Critici, Critica femminista

Il corpo è mio o non è mio? Risposta a Ida Dominijanni

di Angela Azzaro

Cara Ida, il tuo pezzo su “Il corpo è mio o non è mio” solleva questioni importanti e credo si rivolga anche a me. Provo a ragione su alcune di esse.

La prima obiezione che tu poni è l’invenzione “semplicistica” della contrapposizione tra femminismo moralista e femminismo libertario, contrapposizione che a dire il vero non è stata formulata. La critica è rivolta al femminismo moralista – senza creare altre dicotomie – con cui tu stessa del resto nell’articolo ti trovi a fare i conti. Con quel pezzo cioè del movimento delle donne che negli anni passati ha diviso le donne tra degne e indegne. Il riferimento al “moralismo” per quel che mi riguarda non è tanto riferito all’uso del corpo, quanto al fatto che esistono convinzioni che si propongono come dogmatiche e normative di che cosa sia la libertà o l’essere donne perbene o semplicemente “donne”. O sei così, o sbagli. Questo il messaggio che è passato negli ultimi anni e che secondo me ha generato molta confusione e nuovo vittimismo. Da qui la necessità di chiarire e di aprire una discussione che avrà pure il carattere della provocazione ma che reputo necessaria rispetto al momento che stiamo vivendo.

Lo ha scritto benissimo Elettra Deiana nell’articolo “La mossa di Paola”:

«La dignità da affermare come valore e tutelare è stato il motore del movimento “Se non ora quando”, e delle mobilitazioni femminili di piazza e di opinione contro i fasti belusconiani del passato, e il rapporto tra sesso e potere che quei fasti hanno alimentato. Possiamo chiamarlo “femminismo moralista” perché di questo nel suo focus ispiratore significa. E’ una componente diffusa e pervasiva della cultura meanstreaming dominante a sinistra ed evidenzia un posizionamento femminile sul mondo che rovescia nel suo contrario, in una sorta di declinazione regressiva, la più grande acquisizione della modernità di cui le donne sono state protagoniste: il loro essere responsabili di se stesse e delle proprie scelte, fuori da modelli etici e graduatorie valoriali da altri decise. Della nostra grande storia femminista questo è il punto essenziale, che ha mutato l’ordine delle cose e messo al mondo la libertà femminile. Che vale grandemente in sé perché può aiutarci a costruire meglio le nostre vite, le vite di chi amiamo e le cose che amiamo. Tutto il resto è Troika».

Il secondo punto è quello che riguarda più specificatamente la foto di Bacchiddu e l’uso del corpo. Ti chiedi, citando la teorica del pensiero Queer: «L’idea della sovranità assoluta sul nostro corpo, tipica della baldanza del primo femminismo, non dovrebbe cedere il passo a una concezione più matura del soggetto non-sovrano, come ci invita a fare Butler?». Questa domanda che ci induce a pensare alla complessità in cui le nostre azioni e le nostre scelte sono inserite, non può spingerci a sminuire l’atto individuale. Così facendo infatti dovremmo dire che la storia delle donne, quella segnata dal patriarcato, è stata solo una lunga lista di sottomissioni, quando proprio il femminismo ci ha insegnato che anche dentro i rapporti di potere maschile le donne hanno costruito soggettività e libertà. Vedendo l’atto di Bacchiddu solo come un elemento subalterno rischiamo di “oggettivizzare” Paola e la sua individualità.

Se il contesto in cui ci muoviamo è quello di un corpo femminile soggetto a una rappresentazione legata al desiderio maschile, qui lo scarto è dato – come tu stessa sottolinei – da chi compie il gesto, dalla sua autonomia, dalla sua soggettività, dalla sua ironia. Ironia che secondo te sparirebbe quando Paola Bacchiddu fa una foto con Annalisa Chirico, vedendo in quella immagine un’adesione organica e pensata a un’idea e a un libro che io continuo a voler leggere prima di criticare. L’altro rischio che noto è quello di cadere nella logica del vittimismo: non soggetti che si muovono in un campo di forze complesso e che nell’errore costruiscono atti più o meno autonomi e liberi, ma persone in balìa del neoliberismo, vittime di un sistema che o rifiutano in toto o da cui vengono schiacciate.

Il punto però che più mi sta a cuore è il riferimento alla differenza femminile. Tu scrivi: «E dove sta, in tutto questo, la differenza femminile? Da nessuna parte, evidentemente: tutti – neutro maschile: la lingua non mente mai – puttane, e così sia». A parte il fatto che le parole e la storia del neutro maschile sono state riattraversate e risignificate. Puttane, ad esempio. Da offesa, da disprezzo è diventato elemento di rivendicazione. E non mi riferisco ora al libro di Annalisa Chirico, quanto al movimento delle sex worker che nel mondo si sono impossessate di un significante e ne hanno cambiato il significato. La guerra dei segni avviene anche così: usando ciò che è contro di noi e cambiandolo radicalmente. Questo vale anche per l’uso di un nudo abbinato alla politica.

Sulla differenza femminile la penso – questa volta la cito io – come Judith Butler. In una recente intervista ha detto:

«Può anche darsi che esista una natura femminile, ma come conoscerla? E come definirla? Nel momento stesso in cui noi iniziamo a parlarne, ci ritroviamo a dover argomentare a più riprese, a difendere il nostro punto di vista in materia: ciò significa che il genere è costantemente oggetto di/soggetto a pubblica discussione, non è un’evidenza naturale. Altrimenti la vedremmo tutti. Poi, certo: posso senz’altro prendere parola “in quanto donna”. Ad esempio, posso dire che “in quanto donna” lotto contro le discriminazioni che gravano sulle donne. E ciò sortisce un incontestabile effetto politico. Ma questa definizione è in grado di definire ciò che sono? Potrei mai essere sussunta sotto la categoria universale “donna”? Nel momento in cui impiego questa categoria per me sto per caso parlando a nome di tutte le donne?».

Cosa c’entra tutto questo? C’entra nel senso che nell’analizzare la foto e la scelta comunicativa di Bacchiddu non credo si possa far riferimento a una differenza femminile che non c’è, per i motivi che spiega benissimo Butler. È chiaro che tu pensi non alla natura, ma a una differenza politica, storica, di posizionamento. Ma vedo lo stesso il rischio di costruire una univocità e di cadere nella naturalità. Mi interessa, anche nel caso di atti contraddittori soggettivi prodotti da una singola rispetto all’immaginario e al contesto neoliberale, ragionare sullo scarto, sui compromessi, sull’attraversamento. E in questo attraversamento non c’è purezza, non ci sono regole, non c’è una differenza, ma tante differenze e tante soggettività.

 

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Davvero il corpo è mio ma non è mio? (risposta A Ida Dominijanni di Eretica)

10 pensieri su “Il corpo è mio o non è mio? Risposta a Ida Dominijanni”

  1. Il punto della risposta di Ida Dominijanni che non è stato colto è che non è possibile parlare di libertà e di autodeterminazione in continuazione senza articolare questi concetti nel contesto politico in cui viviamo. Anche i soggetti politici autodeterminati di cui parlava l’autrice del blog nel post di ieri in risposta alla Dominijanni devono rendere conto che viviamo in una società capitalista, e quindi anche la Bacchiddu. Chiunque compia qualsiasi atto deve rendere conto del mondo in cui vive, dirò una banalità ma a quanto pare non lo è. Il discorso e il progetto di vita proposti e raccomandati dalla Chirico (collocabile nel centro-destra), e che hanno ricevuto l’appoggio della Bacchiddu (candidata con una lista di sinistra), propongono uno stile di vita che è sempre piaciuto a destra, e se questo a voi non crea il minimo problema, due domande me le inizierei a fare circa il mio collocamento politico.
    Si sta facendo finta che la destra e la sinistra non esistono più, che il femminismo non sia attraversato dai partiti e che non attraversi i partiti, lo dico banalmente così magari si capisce meglio: anche se non piacciono, ci sono e bisogna farci i conti. State annacquando le differenze politiche in un discorso che aveva anche un certo spessore, proprio perché viveva di quella differenza politica lì.
    La divisione tra femminismo moralista e libertario c’è, ma non corrisponde a quella destra/sinistra, questo è risaputo.
    Quello libertario di sinistra ha sì o no delle differenze rispetto a quello libertario di destra? Ve lo chiedo, perché fin qui sembra di no.

    1. Intanto non ho capito dove hai letto che A appoggia B. Perché ha fatto una foto con lei? E per effetto traslato noi che parliamo di antimoralismo dunque siamo assimilabili esattamente a quale precisa posizione? Dove si dice che destra e sinistra non esistono? E dove si scrive che si condividono le cose che dici? A me pare che stia accadendo una cosa molto banale. Esiste una esigenza di conservazione e di monopolio dell’egemonia culturale a sinistra e nel femminismo e se altrove questi dibattiti sono vissuti con la consapevolezza che i femminismi sono tanti (https://abbattoimuri.wordpress.com/2014/05/16/attrice-porno-per-pagarsi-gli-studi-insultata-da-maschilisti-e-femministe/) invece dalle nostre parti si finisce per assumere un atteggiamento provinciale e demonizzante delle differenze. Si va per accostamenti pretestuosi che servono a squalificare l’opinione altrui perché non si sa, in definitiva, neppure entrare nel merito delle argomentazioni proposte. Qui di partiti, della divisione tra sinistra pura e libertarismo che perde la verginità politica solo perché fa una foto con una che sta altrove, comunque non si parla. Non è questo il trema. O si? Per inciso, io sono libertaria, di sinistra. Quel libro non l’ho ancora letto e da giorni invece leggo ogni sorta di nefandezza in una discussione surreale fatta da gente che ragiona di un culo. 😀

      1. Mi pare chiaro, evidente, cristallino, che Bacchiddu appoggia i contenuti espressi nel libro della Chirico. Non mi faccio la foto con un libro che mi fa schifo, con una cosa che non mi piace, sorridendo. Almeno su questo possiamo non essere forzatamente relativiste?
        Destra e sinistra si annullano di conseguenza, perché il dibattito non è posto su questi termini.
        Quale sarebbe l’atteggiamento provinciale? Dire che a me il modo di ragionare di gente come la Chirico che propone atteggiamenti arrivisti come vincenti mi fa cagare? Allora sì, sono provinciale.
        Io ci entro nel merito delle argomentazioni della Chirico, e ti ripeto, non mi piacciono. Certo che il tema è l’accostamento Bacchiddu-Chirico, è anche quello, ma non perché c’ho una monomania, quanto perché è il segno di quanto si sta annacquando la differenza tra una parte politica e un’altra, tra una tradizione e l’altra, o meglio, quanto una tradizione (quello della sinistra riformista) sia disposta a farsi fare qualsiasi cosa da destra, purché se ne parli (come ha “provocatoriamente” detto la stessa Bacchiddu).

        Non si riesce proprio ad accettare che c’è chi non vuole dialogare con un femminismo dichiaratamente di destra senza essere tacciate di provincialismo?

        1. Siamo all’interpretazione delle intenzioni che stanno dietro una foto? 😀 vabbè.
          io di Paola oggi ho ascoltato queste opinioni e parlava di cose di sinistra e da sinistra http://tv.ilfattoquotidiano.it/2014/05/16/fattotv-comunista-a-bruxelles-guarda-speciale-con-casarini-e-bacchiddu/279824/ e cosa pensa del libro non lo so e non mi pare che qualcuno glielo abbia ancora chiesto. avete già deciso.
          Dopodiché puoi essere d’accordo o meno con quello che fa ma assegnarle una collocazione politica in virtù di una fotografia mi pare eccessivo. e qui non si parla di un trasversalismo alla snoq in cui l’alleanza bipartisan ha prodotto un vero scempio. si parla di una foto. lascio a te decidere quali sono le tue zone di purezza politica. Io, per esempio, parlo con molte persone, incluso quelle che non la pensano come me, ho dialogato perfino con le snoq nonostante sia sempre stata critica nei loro confronti, perciò penso che parlare con qualcuno che non ti somiglia non ti trascina nella perdita di te, della tua identità politica e delle tue convinzioni. non stiamo parlando del demonio e di esigenze di esorcismo, suvvia. il processo alla persona e alle sue intenzioni prima per un bikini e poi per una foto a me pare solo accanimento che resta dentro la nostra cultura, quella si, molto provinciale. 🙂
          in generale, comunque, per quello che mi riguarda sto leggendo, ora, il libro “Siamo tutti puttane”. Tra qualche giorno, quando elaboro le critiche, annuncio ora e luogo in cui avverrà il pubblico rogo. Ché se non lo celebri con parole pregne di indignazione e con distanza, finanche umana, dalla suddetta, allora, di certo, non si può dire che io sono femminista, libertaria e di sinistra. 😛

        2. Credo che Azzaro non abbia colto affatto il punto delle riflessioni di Dominijanni.
          “Non è possibile parlare di libertà e di autodeterminazione in continuazione senza articolare questi concetti nel contesto politico in cui viviamo”… Concordo con ogni riga scritta da Serena.
          Ma davvero dobbiamo stare a spiegarlo?

          1. ti rispondevo su facebook ma lo ripeto qui. davvero dobbiamo pensare di avere noi, donne di sinistra libere e liberate, l’esclusiva delle scelte consapevoli e autodeterminate? pensi che le donne che non la pensano come me e te non facciano scelte consapevoli? non siano autodeterminate? e che cos’è questa se non la premessa per la costruzione di un dogma? il femminismo non è una religione. parla di donne, qualunque scelta le donne facciano, sicché ti ricopio qui il commento che ho messo in risposta su faccialibro:

            io ti considero autodeterminata perché le tue scelte sono tue e non derivano dal fatto che sei posseduta dal maschio, non sono frutto di introiettamento o di tua incapacità di intendere e di volere. e da qui bisogna partire se vogliamo che si smetta di considerarci tutte vittime o gregarie del pensiero maschile invece che accettare l’idea che le donne sono tante, diverse, autodeterminate e quindi anche responsabili delle proprie scelte, incluso quando non le condividiamo. non ti pare che sia meglio sposare questo livello del discorso invece che insistere dicendo che chi non è come te non è mai autodeterminata, non è mai libera e liberata, non è proprio niente perché l’unica a possedere le chiavi della vera autodeterminazione sono io, o tu, o non so?

            essere autodeterminata non significa necessariamente essere femminista o di sinistra. è autodeterminata anche la donna antiabortista e perciò si assume la responsabilità delle proprie idee e azioni politiche. così io potrò meglio dirle: vedi cara? sei di destra, per tua scelta, e non perché il patriarcato ti ha obbligata, e ora parliamo del fatto che io non sono d’accordo con te. L’autodeterminazione va rispettata sempre, tant’è che io non voglio una legge che impedisca a me di abortire e a chi vuole avere dei figli di farli. O la donna che non sceglie di abortire non dovrei considerarla autodeterminata?

            suggerirei, davvero, la lettura di questo testo https://abbattoimuri.wordpress.com/2014/05/16/liberta-evitare-le-crociate-di-liberazione-delle-altre-donne-please/ 🙂

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