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Il classismo delle donne nelle stanze del potere

Quelle schierate con il più becero potere economico/patriarcale, che ne rispettano i progetti e li collaborano, se ne fanno tramite e poi mortificano altre donne dichiarando d’esser vittime, loro, con quei tailleur pagati almeno tre stipendi d’un operaio medio, le loro borse di pelle rifinita, le scarpe abbinate e i loro foulards di seta. Dichiarano d’essere vittime del maschio bruto, povero, incazzato, ché è diventata una questione di classismo, perché le donne di potere hanno da ripararsi dal sessismo dello sfrattato, il fallito, il quasi suicidato, e poi hanno da ripararsi dalla rabbia delle donne che non hanno un soldo neppure per dichiararsi vittime e che vengono sovente invitate dalle signore in tailleur a parlare nei convegni a proposito di donne morte anche se poi, quando le vive dicono che hanno bisogno di reddito e casa per non morire, nessuno le ascolta. Proprio nessuno.

L’antisessismo è diventato lo strumento snob per mettersi al riparo dall’incazzatura di quello che sarà stronzo e anche sessista ma è povero, maledizione, e se ne fotte del fatto che qualcuno gli dica quel che si può o non si può dire. Il punto è che spesso è gente, anche, che non ha più niente da perdere, e senza essere sessista, perché io non lo sono e mi fanno schifo quelli che il sessismo lo praticano a ogni livello, incluso il sessismo di chi è scampato alle screenshot quando a prendersi gli insulti erano le ministre piddielline, sarei anche stanca di questa sfilata di signore piangenti che lacrimano mentre ti rifilano una riforma con la quale ti tolgono la pensione, e lacrimano quando collaborano il governo che dà soldi alle banche, lacrimano mentre si decide sulla testa della gente che un po’ di teste vanno tagliate.

Questione di culo, insomma, tu si e tu no, e prima o poi tanto tocca a tutti meno che a queste signore che hanno casa, vitto, alloggio, non gli manca nulla, e quando il povero fetente, sguaiato, incazzato e volgare, pronuncia una parola di quelle che non vanno dette sono subito lì con il ditino alzato, senza tentare di comprendere il perché della rabbia, piuttosto prendendola a pretesto per screditare le forze d’opposizione politica che provano a mediare quello che non so quanto è mediabile.

Fanno paura questi poveri incazzati, quelli che scavalcano barriere e barricate, se ne fregano delle denunce mentre la segretaria di partito piange perché le hanno insozzato l’insegna di sezione. Fanno paura quelli che fuori dal palazzo non possono più reggerle queste signore che ogni due per tre tirano fuori il sessismo quando ci sono cose fondamentali di cui discutere, ché si tratta del loro destino, la loro vita, il respiro dei loro figli, di chiunque abbiano attorno.

Non abbiamo più niente, lo capite? E voi avete risolto tutto delegando ai tutori per insegnare ad altri uomini a bestemmiare meglio? Si tratta di un corso di alfabetizzazione, con tanto di gogne e repressione, per addomesticare gli incazzati d’Italia o si tratta d’altro? Qual è l’intenzione? Perché non si capisce.

Voi ricchi e ricche, voi potenti, di qualunque sesso siate, incluse le donne, funzionali a quel potere, che all’impoverimento della gente non avete detto no, che criminalizzate ogni sforzo d’opposizione, con quel mignolo alzato sempre a insistere che bisogna aver rispetto delle Istituzioni. O forse che le Istituzioni hanno rispetto della gente? Ne hanno avuta in questi anni? E non vorrei davvero fomentare ancor più ira ma non è questo il modo. Perché siete pavidi e codarde, tutti quanti, trincerati nei palazzi, a rimproverare ad altri la colpa di aver indicato voi in quanto nemici, ma il punto è che voi amici, solidali, di certo non siete, dunque cosa siete? Dove state?

Andate in giro con la scorta, non per tutelarvi dalla mafia, ma dalla gente comune. Ve ne restate blindati e ancora di più volete blindarvi e nel frattempo assumete decisioni discutibili, politicamente intendo, e nessuno può mai dire nulla perché se solo si offre una critica si urla immediatamente all’attacco alle donne, tutte le donne, come fossimo tutte quante fatte della stessa pasta.

Noi siamo qui, fuori, incazzate tanto quanto, e non ci perprime un cretino che ci chiama pompinare, ché quello lo sappiamo risolvere con due risposte a tono senza inguaiarlo ulteriormente facendogli spendere soldi con gli avvocati e senza augurargli la galera, ma quel che ci distrugge, e siamo impotenti di fronte a questo, è chi dalle posizioni di potere ci priva dell’aria per respirare, mentre voi ci distraete con finte emergenze, ché l’emergenza certamente non è quella, e scusate se non mi commuovo, ma ‘sti cazzi, non è quella della onorevole che esige solidarietà da tutte le femmine in quanto eterosolidali. Io vedo donne sfrattate, povere, davvero barricate in casa perché depresse e precarie. Vedo disgraziate che se non si tagliano le vene è per puro culo e vedo persone davvero distrutte e mentre voi ci anestetizzate con questi vostri psicodrammi del cazzo noi continuiamo a crepare di miseria, povertà e precarietà.

La prossima volta che altre donne scenderanno in piazza e qualcuno le manganellerà dove sarà la solidarietà di queste donne di potere? Dove? Forse che arriva mai una parola buona da parte di queste signore quando una di noi viene pestata, sfrattata, mutilata nella dignità da chi ci toglie l’aria e perfino il diritto di pronunciare le idee? Forse che qualcuna di loro verrà a dirci che io e Francesca, e Laura, e Lisa, e Amelia, e Gina, rappresentiamo tutte le donne?

E no, perché a rappresentare le donne sono solo loro, quelle ricche, noi, invece, rappresentiamo solo noi stesse. I loro culi con la lingerie costosa e i nostri con quella slabbrata presa al mercatino dieci anni fa. E certamente noi non possiamo competere. Siamo accattone. Siamo imbarazzanti per il potere. Non abbiamo l’immagine giusta. Ma, accidenti, siamo ancora vive, respiriamo e quindi, scusate se vi intralcio un po’ il palcoscenico dal margine, come una voce fuori dal coro, di quelle che nei vostri convegni viene classificata come inadeguata, maleducata, immediatamente da respingere ché non rispetta la scaletta degli interventi, ma la vostra agenda politica condita un po’ di decisionismi e autoritarismi e un po’ di vittimismi mi ha stancata.

E’ ora. E’ il momento. Dopo tre giorni che non si parla d’altro, quand’è che si parlerà davvero di noi? Quand’è che si smetterà  un po’ tutti, le donne di potere e i loro lacchè, di fornire pretesti per distrarre, anestetizzare e spostare l’attenzione? Di quanti balletti ancora abbiamo bisogno, quanti mediatici psicodrammi, per capire che di noi non gliene frega nulla a nessuno?

Tu sei l’istituzione, e se sei tale hai da mettere al centro del tuo discorso politico me, lei, l’altra e non sempre te, te e ancora te. Non me ne frega niente dei vostri stinnicchi psicologici e dei vostri appelli a farvi sante. Noi siamo qui e voi nel frattempo firmate petizioni per garantirvi una poltrona con le quote rosa. Poi votate i decreti e i provvedimenti del governo. Di che parliamo allora? Di che?

Ps: mi raccomando, se querelate me sappiate che non ho un soldo bucato. Perciò commutate subito in galera. Grazie!

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3 pensieri su “Il classismo delle donne nelle stanze del potere”

  1. A me l signore del Palazzo mi stanno molto, molto odiose, e neppure io ha un soldo bucato in tasca, ma credo che le parole abbiano un peso un senso, e la deriva culturale di questo paese debba essere frnata, arrestata. Che sia tacciata di essere una pompinara la Boldrini p o la Mussolini, o la commessa del Supermarket mi fa lo stesso schifo, e non lo posso certo considerare un giudizio politico…..io che ho sempre bestemmiato abbondantemente -per origini familiari sottoproletarie e per profonda vocazione alla blasfemia – ho fatto da tempo una retromarcia di fronte alla volgarizzazione dei rapporti umani. Che invecchiando sia diventata una piccolo-borghese ? No non credo……
    Sul resto dello scritto condivido in pieno, ma la volgarità non credo che sia un ingrediente delle rivoluzioni…

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