Antiautoritarismo, Antifascismo, R-Esistenze

#OccupyGezi report dalla #Turchia: “Uniti contro il fascismo”!

taksim1mayis6Marina vive e lavora in Turchia.

Dice che ovunque gli slogan urlati sono:

– Governo dimettiti!
– Uniti contro il fascismo (spalla a spalla)
– Media venduti

– Alla festa nel parco la gente ha scritto sulla terra, usando mattonelle rotte: Taksim halkindir- Taksim è del popolo.

Dopodiché scrive un report che spiega quante cattive interpretazioni passano anche per i media italiani. Ringrazio molto Marina per avermi autorizzato a ripubblicarlo e vi auguro buona lettura!

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Riflessioni a margine e non solo.

Il movimento si è andato gonfiando progressivamente ma velocemente. Dalle prime pochissime centinaia che eravamo venerdi’ pomeriggio gia’ la sera siamo diventati alcune migliaia. Quella notte non é mai finita per nessuno, neanche per i pacifici manifestanti che facevano urlare le loro padelle alle 4 di mattina. Sabato non si poteva contare il numero di persone…

Sono foto un po’ diverse da quelle mostrate dai media e rivelano realta’ di resistenza diversa. Ora si mette soprattutto l’accento sulla violenza della repressione della polizia ma la realta’ é piu variegata: i contenuti della mobilitazione si sono SOLO arricchiti dell’indignazione per la violenza dispiegata, che rivela manifestamente il carattere autoritario di questo governo.

Perché – non mi stanchero’ mai di ripeterlo, soprattutto dopo aver letto o sentito i servizi di Repubblica e Corriere -, qui non si é mai protestato contro il pericolo di islamizzazione della societa’. MAI. Qui c’é in gioco il concetto stesso di democrazia.

La violenza subita ultimamente é solo un corollario.

In questo paese non si puo’ esprimere il dissenso, non solo per iscritto (le statistiche sul numero di giornalisti in carcere forniscono dati eclatanti per la Turchia) ma neanche a voce, manifestando sulla strada pedonale in gruppi di pochissimi fedeli e irriducibili. Da tempo i toni di Erdoğan sono diventati piu’ aggressivi. Gli ultimi 2 anni, prima che Öcalan imponesse l’abbandono della lotta armata ai guerriglieri del PKK, hanno visto una degenerazione del conflitto, con stragi indiscriminate dei civili ad opera dell’esercito. Se ora la Turchia intraprende la via del dialogo non é solo perché dall’altra parte ci si rende conto che in questi anni la lotta armata ha prodotto solo 40 000 morti e nessun risultato concreto. La cartina tornasole sta in gran parte nel fatto che Erdoğan ha bisogno di una maggioranza piu’ vasta (di quella che possiede gia’) per cambiare la costituzione e la forma di governo in senso presidenzialista. E per questo gli serve l’appoggio dei curdi.

Ripeto ancora: lo slogan piu’ urlato é: “Faşizme karşı, omuz omuza”. Che letteralmente sta per “Spalla a spalla contro il fascismo”. Lo dicono in piazza, basta fare qualche domanda a qualsiasi attivista o manifestante di qualsiasi orienamento ideologico, per rendersene conto. Lo scandiscono in ogni angolo della citta’. Persino a scuola. Basta chiedere ai miei studenti, da ieri vestiti tutti in lutto e con le guance colorate coi colori della bandiera turca. rosso e bianco. Tutti molto fieri e contenti di me, per avermi vista ieri nel parco occupato (da domenica la polizia ce lo ha lasciato).

Per tutti loro Taksim é un simbolo, “é molto importante per il popolo turco”, mi diceva ieri Çağla, nel suo italiano stentato di prima liceo, mentre mi baciava la spalla (!)…

Taksim é il simbolo della Turchia, certo, anche della sua laicita’, ma soprattutto della sua ESISTENZA. Non entro nel merito di questo argomento, delicatissimo. Pero’ é importante sapere che, se oggi i turchi cercano un luogo dove é scritta simbolicamente la loro storia, lo trovano li’ a Taksim. E la loro storia ha origine sulle ceneri dell’impero ottomano, dopo quella che loro chiamano “rivoluzione”. Quella che Erdoğan vorrebbe cancellare, resuscitando i fasti del passato osmanlı.

Contro il fascismo di questo e di tutti i paesi siamo uniti noi che, abbiamo “adottato” questo popolo e che ci sentiamo in qualche modo da lui adottati.

İeri é stata una giornata lunghissima. A Taksim il raduno di tutti i licei della citta’. Ci sono tutti, sembrerebbe. Non faccio in tempo a entrare col mio zainetto, ormai dotato di mascherina, aceto, limoni e un caschetto lasciato dai miei amici l’altra notte, che vengo accerchiata dai miei alunni. Felicissimi, mi vengono ad abbracciare e baciare. Oggi c’era fra di noi una complicita’ diversa. Parliamo a lungo delle motivazioni della protesta, delle conseguenze, dei suoi possibili esiti. Sempre in lutto. Che cuccioli, piccoli rivoluzionari. Ma soprattutto che popolo. Io non sono abituata a questa unita’ di intenti e azione. Oggi torneranno al parco. Io, dopo 5 giorni in strada, se non mi riposo é finita. Ma la sera, sperando sia come ieri, saro’ li.

Dopo aver controllato che fosse tutto tranquillo (la presenza degli studenti mi rasserena, non faranno mai intervenire la polizia contro cosi’ tanti minorenni), decido di dirigermi a Beşiktaş, divenuto l’epicentro degli scontri negli ultimi giorni. Li’ raggiungo altre persone. Ma me ne vado prima possibile e per 2 motivi: da una parte sembra che le forze dell’ordine siano dispiegate come dovesse arrivare un esercito. Passare fra poliziotti in divisa e in borghese armati di pistole e manganelli mi fa sentire male. Dall’altra il popolo di Beşiktaş non é il mio e, in questi giorni, ho imparato che se in queste situazioni stai con persone di cui ti fidi va tutto bene. A Beşiktaş c’é lo stadio e li’, ieri sera, sembravano concentrate tutte le tifoserie della Turchia. Mi fa piacere che si uniscano in maniera cosi’ attiva a una causa che in Italia nessun tifoso sentirebbe ma non é il mio stile.

(A margine: Çarşı é il nome di una tifoseria del Beşiktaş, molto forte. Tayııp karşı= contro Tayııp (Erdoğan)).

Questo slogan era scritto un po’ dappertutto. Insıeme alle ınnumerevolı scrıtte che dipingono qualsiasi spazio scrivibile della citta’.

La strada che conduce da casa mia a Beşiktaş é uno spettacolo: chi la conosce sappia che la strada dietro casa é ostruita, vicino a Taksim, da una barricata gigantesca, fatta di lamiere, transenne della polizia, legno e un po’ di spazzatura. Da Taksim ho contato almeno 7 autobus distrutti, incendiati e rovesciati, usati per farne altrettante barricate contro l’arrivo della polizia. E vi posso assicurare che erano ben fatte. Dentro il parco, i vecchi presidi della polizia, dopo essere stati adeguatamente messi fuori uso, sono diventati baracche dove allestire piccole cucine, piccoli pronto soccorsi. İ gruppi di pronto soccorso sono sparsi per le strade e nei punti piu’ caldi, pronti a ogni evenienza.

La protesta si é radicalizzata, soprattutto a causa del primo morto (ora si’, ufficiale) di ieri (i morti ad oggi confermati – in altre città – però sono tre ndb). Meno male che oggi una carica dello Stato diceva che il morto non é da arma da fuoco. Siamo tutti piu’ tranquilli ora. E si scusa in qualche modo perché l’uso eccessivo di gas é andato fuori controllo provocando conseguenze non calcolate:
http://www.radikal.com.tr/politika/basbakanvekili_ozgurlukler_garantimiz_altindadir-1136220

La strada del ritorno a Taksim é stata lunghissima, per aggirare i punti dove ci si aspettava il peggio. In questi giorni ho avuto col mio telefono un rapporto simbiotico: fra mesg e telefonate per coordinarsi o scambiarsi semplici informazioni sullo stato della situazione, da mattina a notte, squilla circa ogni 20 minuti. A volte in tono allarmato, altre piu’ rilassato. Taksim ieri notte era piu’ festosa della sera prima, svuotata dalla pioggia e dalla tensione, dovuta alle notizie che arrivavano sull’assedio dell’Universita’ di Bahçeşehir. Ieri era letteralmente invasa. Ed era lunedi! E’ stata una bella prova. Parlavo con la gente di strada, dai ragazzi ai bakkal (i tabaccai-droghieri), e il coro era sempre lo stesso: continuera’. Da una parte il bilancio é allarmante e a volte deprimente, dall’altra esaltante: questa unita’, questo evento, dicono, si verifica PER LA PRIMA volta. Gia’ solo questo é occasione di riflessione e festa. İl droghere con cui ho parlato si spingeva persino nei pronostici: durera’ almeno altri 10-15 giorni!

(Spesso in questi giorni ho ripensato, trovando molte analogie, ai racconti sul 5M di Puerta del Sol…)

Per fortuna non é successo nulla di tragico. Almeno a Istanbul (lo so, non é una consolazione, soprattutto seguendo le notizie da Ankara, dove la repressione é stata molto dura o da Antalya, dove la polizia ha addirittura sparato con gli idranti agli studenti del liceo acqua arancione o da Hatay, dove un uomo é in fin di vita all’ospedale e un minorenne ha perso la vista perché la polizia spara i lacrimogeni ad altezza d’uomo- fonte Hurriyet:
http://www.hurriyet.com.tr/gundem/23429653.asp).

Molti lacrimogeni a Gümüşsuyu, vicino Beşiktaş, cosi’ tanti che l’aria li ha portati molto lontano, impedendoci di proseguire da dove venivamo verso Taksim, per almeno mezz’ora, ma niente piu’.

Vedremo cosa succede e quanto la tenacia di questo (giovane) popolo pieghera’ i loro governanti. Certo é che, se ancora non ci sono visibili passi indietro del governo, i toni di Erdoğan e le sue ritrattazioni su COSA verra’ costruito sul parco, tradiscono la sua inquietudine rıguardo alla reazione del paese che governa.
Vİ lascio con lo slogan appeso sull’edificio dell’ Atatürk Kultur Merkezi, antistante la piazza: BOYUN EĞME. Non piegate la testa (letteralmente, non curvate il collo)!

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Vostra Marina

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