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Maestre violente: perché le donne non sono per “natura” inclini ai ruoli di cura

Sulle lezioni che alcune maestre danno ai bimbi avevo scritto un paio di storie [1] [2] [3]. Ma evidentemente non sono sufficienti. Non è sufficiente a fare capire che questa tanto evocata capacità, istinto, sensibilità che ci predisporrebbe al ruolo di cura è tutta una sciocchezza. Biologicamente potremmo fare figli. Averli non è detto che si voglia. Di educarli non è detto poi che siamo capaci. Siamo persone. Sappiamo essere idiote, cattive, perfide, stronze, tanto quanto chiunque altro.

Il femmineo positivo che per “natura” è quello che poi induce all’assegnazione di ruoli, con gravi scudisciate pubbliche alle donne che risultano incapaci di ottemperare al ruolo assegnato, ed è anche quello che implica l’esclusione di uomini che se maestri, baby sitter, comunque in prossimità dei bambini, vengono guardati sempre con sospetto. Maestre buone e maestri più o meno tutti pedofili, con grave pregiudizio verso i gay, come se gay significasse stupratore di bambini, con l’eccezione di casi che schiaffano signore, complici di uomini, in prima pagina che poi risultano innocenti alla sentenza finale.

L’ultima faccenda che dovrebbe indurci a capire che certe donne potrebbero fare meglio altri lavori e che proprio non sono in grado di avere a che fare con i bambini è quella di queste maestre accusate di maltrattamenti in una scuola. Mi riferisco alle notizie sulla stampa, perché dei fatti non so naturalmente nulla.

Riprese dalle telecamere. Percosse a bambini di 4 e 5 anni. Si accanivano contro chi disobbediva. Picchiato un alunno autistico che veniva chiamato ‘scemo’. Altri bambini costretti ad asciugare la pipì a terra. E’ stata la bidella che ha segnalato la questione alla Procura.

C’è questo bimbo “colpevole di essersi fatto la pipì nei pantaloni e costretto dalla maestra a inginocchiarsi e ad asciugarla con un fazzoletto di carta, dopo essere stato minacciato, davanti agli altri bambini, di fargliela pulire con la faccia. Umiliazioni verbali verso gli alunni con difficoltà psico-infantili apostrofati come ‘scemo’, ‘zozzo’, ‘sciocco’, ‘bastardo’, ‘cosa inutile’. E anche i più grandicelli usati come “kapò” contro i piccoli “diversi”, incitati alla violenza e alla denigrazione nei confronti degli altri: “Vai da lui e schiaffeggialo”, erano gli ordini che dava l’educatrice.

Bambini che, secondo l’accusa, vivevano in un clima di terrore.

Ora: volendo immaginare che si è aperto il toto-mostro per produrre indignazione e fare più presa sui media, immaginando che sull’effetto demonizzazioni, da cui deriva enorme pregiudizio contro tutto un genere, si continuerà a parlare della storia attivando il meccanismo che già in precedenza, nel caso di Pistoia, portò al caso di due molotov lanciate in casa di una delle maestre agli arresti domiciliari (se non erro), comunque una riflessione sul ruolo che alcune donne hanno nella formazione di comportamenti da bulli è d’obbligo.

Io ricordo la mia maestra, una signora bravissima, mi ha insegnato tante cose, ma tra le altre mi ha insegnato anche l’umiliazione e la mortificazione. Mi umiliò davanti a tutte le altre, suscitando con battute idiote grande ilarità in classe, perché un bel giorno, credo fossi in quarta elementare, non riuscivo a leggere bene la lavagna ad una certa distanza. Quelle risate e le sue battute mi ferirono moltissimo. Poi però chiamò i miei per segnalare il problema e fu così che mi portarono da un bravo oculista. Un’altra volta, ricordo, avevo la febbre, molto forte, non riuscivo a stare in piedi per la preghiera che bisognava recitare ad inizio e fine giornata scolastica. Mi sgridò tantissimo, poi divenni talmente rossa che quasi evaporavo. Venne a toccarmi e mi accompagnò a casa. Infine ricordo il momento in cui mi prese in giro davanti a tutte imputandomi la colpa di aver copiato un tema. Io scrivo e leggo tanto da quando ero in fasce. Mio padre correggeva i miei raccontini che avevo più o meno 6/7 anni. Ero parecchio timida, più piccola delle compagne perché avevo fatto la primina. Quella volta però riuscii a superare il panico che mi faceva fare scena muta e presi a parlare. Così le dissi che se avesse voluto avrei potuto scrivere quel tema lì in mezzora. Lo feci, seduta lontana da tutte, perché la maestra voleva essere sicura che nessuna suggerisse e mi facesse copiare. Il mio tema fu da 10 come tanti altri. Per gratificarmi mi diede incarico di umiliare quelle che leggevano male e di correggerle. Non mi piacque molto.

Vabbè. Complessivamente erano metodi di merda. Non c’era violenza fisica ma dalle mie parti non era passata nessuna Montessori. Però quello che voglio dire è che le maestre sono esseri umani, come tutti, e io non ce l’ho con lei, anzi. Quando la incontravo le facevo tanta festa, sempre e comunque, perché mi ha insegnato tante cose, incluso quello che io poi non avrei fatto proprio mai con i bambini con cui negli anni sono venuta a contatto. Demonizzare le persone che ti feriscono, talvolta involontariamente, talvolta perché sono persone incattivite e odiose (non è il caso della mia maestra), non è mai una buona cosa.

Penso che ponderare le analisi, come sempre, anche in questi casi, per quanto i crimini nei confronti dei bambini siano parecchio odiosi, e la violenza fisica sia aberrante, sia sempre auspicabile e consigliabile. L’isteria collettiva dovrebbe sempre essere contenuta, qualunque sia la violenza contro la quale ci poniamo.

Però diciamolo con molta chiarezza: le donne che svolgono male il ruolo di cura non sono anormali. Se sono perfide sono semplicemente perfide. Diversamente sono persone che dovrebbero fare altro. Ecco tutto.

5 pensieri su “Maestre violente: perché le donne non sono per “natura” inclini ai ruoli di cura”

  1. Anch’io ho ricordi di scuola simili ai tuoi. E questi fatti di cronaca non stupiscono più di tanto. Trovo, però, che la cosa più pericolosa sia il modo in cui vengono riferiti: sembra quasi che queste persone siano dei “mostri contronatura” mentre potrebbero semplicemente essere dei professionisti stressati. Ci sono lavori difficili (per esempio in campo sanitario) per i quali è prevista una periodica rotazione e in ogni caso dei test di controllo fatti da psicologi per controllare il livello di resistenza del lavoratore. La pretesa “naturalezza” del ruolo della “mamma maestra” (il solo fatto che ancora si usi il termine “scuola materna” la dice lunga!) fa dimenticare il fatto che si tratta di un MESTIERE e che, in quanto tale, deve avere degli standard controllabili.
    L’altro aspetto, ancora peggiore e più “ideologico”, l’ho notato vedendo l’intervista al padre di un bambino coinvolto in fatti simili (forse a Pistoia, non ricordo). In poche parole diceva che i fatti erano gravi perché loro, i genitori, riponevano fiducia nella scuola in quanto, SICCOME ERANO LAVORATORI, erano “costretti” a lasciar lì i figli. Ecco, non ti sembra che questo sia il peggio? viene fuori l’idea che la comunità scolastica sia una specie di “ultima ratio”, qualcosa di “contro natura” che si contrappone ad un’educazione totalmente e idealmente familiare. Ma la scuola e la vita di comunità devono essere presentate come passi fondamentali dello sviluppo umano, non come “dolorose supplenze”! Forse da questo nasce la mediocrità dell’istituzione e il rischio che tutto si fondi su discutibili “talenti pedagogici” individuali, qualità che, come ogni cosa umana, possono anche degradare.

  2. Io ricordo che nel periodo elementare la maggioranza dei miei maestri (3 su 5, dal momento che cambiavano ogni anno) era di sesso maschile.
    A quei tempi la cosa sembrava assolutamente normale: in altre scuole e classi la situazione era del tutto simile (stavano concludendosi allora i tempi del maestro Alberto Manzi e della trasmissione “Non è mai troppo tardi”).
    Dei maestri maschi conservo un ricordo decisamente migliore: tutti e tre si dimostravano, con modi diversi, decisamente motivati e impegnati ad aiutarci a crescere, a stimolare i nostri interessi e il nostro spirito critico.
    Delle due maestre, invece, ho il ricordo di persone assai più scialbe, burocratine, messe lì tanto per far qualcosa. Le attività erano molto più banali e noiose. Non ci sono ricordi che mi siano rimasti particolarmente impressi.
    Perché dunque ormai da tanti anni vige in maniera così preponderante la prassi che dei bambini si debbano occupare le donne?
    Risposta: perché siamo diventati talmente stupidi che crediamo che la scuola, specialmente ai livelli iniziali, sia roba per chi non vuole o non è in grado di trovarsi qualcosa di meglio.

  3. il punto per me è semplice: ci sono maestre brave e c’è gente che non avrebbe mai dovuto occupare quel posto.
    poi se l’insegnante che maltratta e umilia mio figlio è uomo o donna m’importa poco

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