Antiautoritarismo, Autodeterminazione, Comunicazione, Critica femminista, Culture, Femministese, R-Esistenze

#Amina, autodeterminazione, consensualità, attivismi sovradeterminanti ai tempi di Facebook

564469_10151413033523068_808794142_nAncora la faccenda di Amina.

La vediamo in questo VIDEO che rilascia una intervista in francese e secondo il Corriere criticherebbe le Femen dicendo: «Con le vostre azioni non mi avete aiutato. Bruciando le bandiere avete offeso tutto l’Islam». (Se qualche persona che parla francese volesse meglio o per intero sintetizzare l’intervista, grazie!).

Nel frattempo le femministe islamiche continuano la loro marcia virtuale fatta di foto in cui perfino gli uomini mettono un velo e praticando un subvertising chiedono se per caso le Femen non vogliono andare a liberare anche loro. Il gruppo e la pagina delle donne continuano a crescere e insistono nel dire che le Femen hanno invisibilizzato la loro voce, l’hanno sovradeterminata.

D’altro canto Inna, la Femen più conosciuta, risponde alla loro lettera aperta (QUI tradotta in italiano) con una serie di battute che riassumono i “50 gradi di sovradeterminazione” (citando Den)

Dicono di essere contro le Femen, ma noi siamo qui per loro. Scrivono che non hanno bisogno di essere liberate ma nei loro occhi è scritto “aiutami”.”

546059_507191736005009_550592410_nNoi siamo orgogliose di condividere idee di progresso in giro per il mondo“, perché le idee nascerebbero da qualche parte ma la libertà non ha nazionalità e un preciso luogo, è una idea universale sulla base della quale la pratica delle Femen dovrebbe essere condivisibile anche dalle donne arabe. Poi obietta sulle forme autodeterminate attraverso le quali le musulmane realizzano la propria libertà e gli attacca il marchio delle povere creature assoggettate e controllate dagli uomini che avrebbero bisogno proprio di essere liberate da un gruppo di donne bianche che usano il nudo come shock tactics. E bla bla continuando a stabilire che ci può essere una sorta di guerra giusta, un po’ alla Bush, per esportare freedom ovunque, anche via endovena, di notte, possibilmente quando sei semi cosciente così è più facile fare quello che vuoi fare senza che nessuno possa replicare.

Una delle regole da impiegare nelle lotte autodeterminate è giusto quella di combattere a fianco delle persone che dici di voler difendere. Non sono io che vado a fare la maratona #NoTav per difendere quella valle contro il volere degli abitanti del luogo. Non vado a fare una marcia pro migranti senza le o i migranti. E sono gli abitanti della valle e i migranti che decidono come io devo stare nel loro corteo. Non sono io che decido per loro. Non sono io che posso imporre pratiche e se lo faccio li sto sovradeterminando. Al più mi confronto, dico che ci sono più modi e se c’è possibilità di coniugare le varie pratiche allora quel corteo comprenderà anche me. Mi fa tristezza dover raccontare l’abc delle lotte ma è evidente che in questa epoca in cui i raduni si chiamano via facebook mettendo assieme persone che di militanza ne sanno zero e che di autodeterminazione altrettanto è necessario condividere saperi anche in questo senso.

150161_507391929318323_1208525942_nLo spiego da un punto di vista di genere, perché non puoi assolutamente dare per scontato che tra “donne” esista un sentire comune in base al fatto che sono portatrici di utero, ché quando mortifichi le differenze e pensi questa cosa si può solo chiamare Donnismo: se io sto camminando per strada o sono in discoteca e un tizio si aggira dalle mie parti, io deciderò che risposta dare, come reagire. Non sei tu che dovrai dire a me di sentirmi molestata se io non mi sento tale e non sei tu che accorri in mia difesa secondo un malinteso senso della solidarietà che mi delegittima in quanto soggetto autodeterminato. Anzi. Di più. Capita che se io non mi sento molestata e agli occhi di altre persone lo sono allora mi si patologizza addirittura, con la tentazione di internarmi in qualche metaforico esilio o reparto psichiatrico, con la pretesa di dire a me da cosa devo sentirmi molestata e da cosa no.

Il femminismo è partire da se’ e non è costruzione e induzione dei bisogni secondo il tuo specifico e personale sentire. Quello che a te può dare fastidio a me invece no. Le donne che preferiscono vivere l’amore, i sentimenti, il sesso in un modo che a voi risulta poco comprensibile, nel bdsm per esempio, non sono né malate né schiave del patriarcato. Ovviamente come in tutte le cose le differenze sono tante per cui puoi trovare l’autodeterminata o la schiava lì come la trovi anche tra quelle che “io no, le corde mai, farmi sculacciare assolutamente no” e poi manifestano mille altre forme di sottomissione involontaria e non consensuale o veicolano vari autoritarismi a più riprese.

Autodeterminazione e consensualità sono regole d’oro che valgono sempre. E se si mette in discussione il fatto che la consensualità sia un valore allora non si capisce a cosa ci si riferisce quando se ne parla. E’ consensuale solo quello che è consensuale per le Femen? Per altre femministe? Per paternalisti di ogni specie? Cos’è consensuale e cosa non lo è se non posso autodeterminare le mie scelte e non posso decidere le mie soluzioni?

374476_507856582605191_573718766_nTorno in discoteca e ricordo che nella mia terra mentalità voleva che io avrei dovuto sentirmi offesa da alcune avances. Quello che la società paternalista, patriarcale, mi chiede è proprio di fare l’offesa a prescindere da quello che penso io (com’è quando si decide che fare un lavoro che implica uso del corpo io debba per forza intenderlo come sfruttamento). Ma con quel tizio che mi inquieta io posso volerci limonare oppure no. Decido io. Sempre. E sono io che decido se e quando mi sento molestata o violentata.

Il principio sacrosanto delle azioni contro la violenza sulle donne, quando esisteva chi voleva imporre la denuncia d’ufficio per alcuni reati, è che sia tu a denunciare se è quella la soluzione che vuoi adoperare. Nessuno viene a “liberarti” con la forza. Ogni processo di liberazione parte da se’, per se’, e ciascuna si libera, se libera non ritiene di esserlo, nei modi che preferisce. Pensate al principio delle ronde che è terribile ma sintetizza quello che voglio dire. Dove la “difesa delle nostre donne” equivale a moralizzarne i comportamenti e moralismo è quando mi imponi di allungare la mia gonna che io voglio portare cortissima o quando vuoi accorciarmela anche se io preferisco le gonne molto lunghe. Tu non puoi sostituirti a me. E se lo fai: che in quella discoteca a “difendermi” dal presunto molestatore ci sia tu che sei di sesso femminile o ci sia un uomo con tutto il suo carico di testosterone, è esattamente la stessa cosa. Identica.

528438_10151309922581326_375363754_nVi racconto l’ultima e poi finisco. Quando a Livorno, in pieno Feminist Blog Camp, si parlò di Slut Walk e le compagne del luogo dissero che non era utile in quel territorio né condivisibile per loro, la Slut Walk non s’è fatta. Diversamente s’è fatta ieri a Roma dove la questione era condivisa. Io posso anche mostrare la tetta ma non posso imporre questa pratica a chi non la pensa come me. Possiamo discuterne, anche molto animatamente, possiamo perfino scazzarci sui nostri reciproci punti di vista, ma quando discuto con te ti restituisco almeno la dignità del tuo ragionamento e pretendo che si faccia altrettanto con il mio. E dato che si parla di lotte dal basso, di partire da se’ e dai propri desideri e dai propri bisogni, non ci può essere alcuna tentazione “tutoriale” che giustifichi sovradeterminazione dove in realtà c’è una dimensione mediatica che schiaccia le lotte, invisibilizza le singole voci, ad uso e consumo di un brand che diventa normativo per tutte le altre.

Quando decidiamo di fare una manifestazione o una iniziativa insieme non a caso si passa la maggior parte del tempo a ragionare di pratiche, differenti, perché nella capacità di sintetizzare e mettere assieme le pratiche, senza che ve ne sia una dominante, si realizza la connessione, quel mettersi in rete, che è così importante per ogni lotta. Se tu pretendi di dettare legge e di fare una manifestazione soltanto come la vuoi tu, se obblighi me ad essere esattamente come te, se non comprendi anche il mio punto di vista, allora quella manifestazione te la fai da sol@.

In Italia non è un caso se esiste una frammentazione nei movimenti da fare paura, con la tendenza a mettere cappello su tutto da parte di alcuni/e e dall’altra parte l’esigenza di non farsi spegnere e invisibilizzare da fenomeni mediatici prepotenti, autoritari, nei metodi e perfino negli obiettivi. Oggi siamo perfino al punto in cui se io ho uno spazio in cui c’è posto per vari punti di vista, arriva qualcun@ che decide che giusto la mia voce non debba essere compresa. Paradossi. Microfascismi. Irrigidimenti identitari solitamente utilizzati in modo disonesto per delegittimarti ed emergere attribuendosi arrogantemente il potere di appiccicare bollini di autorevolezza solo in prossimità del proprio deretano.

Ma tutto ciò credo di averlo già detto.

Il femminismo, dunque, non è una crociata. Non è integralista. Come non dovrebbe esserlo nessuna lotta. E’ una filosofia, una espressione politica, è pratica libertaria. Non puoi imporla. Non puoi inventarti una dittatura femminista dove si dica e si faccia esattamente quello che vuoi tu perché allora non hai capito niente di femminismo, di lotte che partono dal basso, di autodeterminazione e sei soltanto una Chiesa come un’altra quando questa Chiesa condiziona le vite altrui. E io rispetto tutte le culture ma non accetto di essere condizionata da nessun dogma. Mai.

Leggi anche:

#MuslimahPride against Femen: non ho bisogno di essere liberata!

Lettera aperta alle Femen

13 pensieri su “#Amina, autodeterminazione, consensualità, attivismi sovradeterminanti ai tempi di Facebook”

  1. La ragazza nel filmato dice effettivamente che pur continuando a sostenere le femen, non è d’accordo con l’azione fatta davanti ad una moschea in Francia. Bruciando una bandiera dell’Islam hanno offeso tutti i mussulmani e non solo i salafisti, mettendola ancora di più in pericolo. In ogni caso la ragazza è praticamente sequestrata dalla sua famiglia, inquieta per la sua sicurezza, avendo ella ricevuto numerose minacce di morte, anche sul suo gsm. Dice che un suo cugino l’ha trovata in un bar, l’ha picchiata e ha distrutto la sua carta sim. Non sa se potrà tornare a scuola, ma comunque vuole lasciare la Tunisia.

    1. Grazie. Allora avevo capito bene. Questo è quello che si produce se fai le lotte senza considerare i femminismi locali. E dire che loro si erano perfino espresse e che non era poi vero che avevano abbandonato Amina. La stavano supportando a modo loro. Vabbè. Che parentesi triste. 😐

  2. lei dice che vuole andarsene dalla tunisia perché ha paura, lo dice ripetutamente, quindi a meno che non lo dica perché imbottita di farmaci, credo che la famiglia stretta la stia solo proteggendo…

    1. E quello che si diceva in un altro articolo. Accanto a lei pare che ci fossero due professioniste che difendono i diritti delle donne che le consigliavano cosa fare per farla stare al sicuro. Perché evidentemente i femminismi locali non vogliono la martire a tutti i costi per rifarcisi la faccia. Chi invoca il martirio mi pare sia davvero un femminismo neocolonialista che se ne serve per accreditarsi. 😦

  3. Boh, le femen non mi piacciono. Vedo un esibizione di bellissimi corpi che fanno correre i media non per quello che dicono ma per come lo dicono. Il contenitore diventa più importante del contenuto che viene ignorato o immediatamente dimenticato e quello che resta sono le belle tette.

  4. Eppure c’è qualcosa che non arrivo a comprendere fino in fondo. Le Femen hanno un loro modo di agire, si mettono contro le religioni in maniera dichiarata tanto con “assalti” sia a san pietro che nelle chiese di Kiev. Dunque non mi sembra snobismo averlo fatto davanti ad una moschea – è sempre coerente con la loro linea guida di pensiero. Certo, sapenso che il mondo musulmano è più suscettibile sul tema religione, si sapeva che questo avrebbe creato più clamore e urtato la loro sensibilità ma da l’altra parte non vi sarebbe stata coerenza d’azione da parte loro.
    Ammetto anche che non sono informata e non ho trovato tante info sulle azioni di difesa da parte delle organizzazioni femministe tunisine a difesa di Amina e si sa che restare nel silenzio in tanti paesi significa rincorrere in maggiori pericoli. Credo che sì bisognava che le Femen si mettesserò insieme nella “lotta per Amina” con le donne tunisine in Tunisia (una delle femen a Parigi mi sa che era tunisina) per potere venirsi incontro come donne che lottano per la nostra liberazione dal patriarcato. Però anche il fatto che io non abbia letto messaggio come ” io mi metto il velo ma nessuno tocchi la mia sorella Amina” pure questo mi crea disagio. Forse anche le sorelle musulmane dovrebbero concentrarsi su Amina e non lasciare le Femen essere le sole a preoccuparsene, cioè prendersi il ruolo di difensorE di Amina. In fondo dal video viene fuori che Amina voglia andarsene via e dunque forse le servirebbe decisamente maggiore appoggio per sentirsi più sicura. Non so, mi sento confusa sulla questione lo ammetto. Ne vorrei parlare senza prese di posizione ma riaguardo ciò che può essere meglio per lei, che in fondo è per tutte noi. Qualsiasi sorella lasciata in disparte è una sconfitta pure per me, seduta comoda davanti al pc, in quanto Donna.
    Bacione

  5. Io continuo a pensare che la ragione (o meglio il torto) non stia da una sola parte. In quest’articolo http://t.co/MWiQAHDf4T si dice che, alla domanda se fosse a conoscenza della solidarietà internazionale nei suoi confronti, Amina risponde di no, che non ha connessione a Internet e non può telefonare. Che c’entra questo con la sua sicurezza? Il fatto che per “proteggerla” la famiglia l’abbia chiusa in casa senza nessun contatto con l’esterno è accettabile? Poi ovviamente se lei è consenziente il discorso cambia. Ma anche in quel caso, se davvero farla stare a casa è l’unico modo per non esporla a un grave pericolo (e non vedo comunque che c’entri negarle la connessione a Internet) cosa fanno in concreto le femministe locali per lei?

    1. ti ricopio il commento di Lalli: ““Pochi giorni dopo la vicenda di Amina uscì un comunicato della Rete di Donne Musulmane in cui appoggiavano Amina, ma denunciavano le imprecisioni diffuse da stampa internazionale e social network (es: in Tunisia non esiste più la pena di morte dal 2011, dunque era impossibile che fosse stata condannata alla lapidazione). Il comunicato si trova qui: http://www.redmusulmanas.com/muslim-women-s-network-release-breasts-and-fatwas in inglese, e qui: http://www.redmusulmanas.com/comunicado-de-red-musulmanas-pechos-y-fatuas in spagnolo. Giorni dopo, le Femen hanno risposto senza comunque prendere in considerazione il comunicato delle musulmane, senza solidarizzare con loro né esprimere una sola parola in merito. Questo ha scatenato la rabbia delle donne musulmane, che accusano le Femen di eurocentrismo, e di censurare volutamente chi non sia espressione della stessa maniera di praticare femminismo (egemone e neocolonialista). Ci sono vari articoli interessanti che argomentano bene questa indignazione, uno fra gli altri: http://nasreenvrblog.wordpress.com/2013/03/22/lo-que-ensenan-los-pechos-de-amina-la-chica-de-tunez/ (in spagnolo)
      Ps. a me invece le Femen non hanno mai convinto. Un’azione che hanno realizzato di recente poi mi ha fatto pensare che proprio non abbiano nulla da dire: l’incursione al salone dell’erotismo a Bourget, Francia. Azione che dovrebbe mirare a contestare forse l’immagine della donna nel porno mainstream. Ma salgono sul palco col classico dito medio alzato verso tutti i presenti, e non riescono neppure ad argomentare qualcosa al microfono. http://metrofrance.com/blog/ovidie/2013/03/26/salon-de-lerotisme-le-combat-partage-des-femen-et-des-cathos-integristes/ Mah.”” qui c’è l’intervista al ragazzo che ha fatto la foto e anche lui che della solidarietà delle femen sapeva eccome pare aver apprezzato http://www.dinamopress.it/news/intervista-con-zied-il-fotografo-di-amina-tyler.
      dopodiché ci manca solo che salti fuori l’ipotesi di un complotto per stabilire il fatto che le Femen abbiano fatto bene. Ovvio che la condizione di Amina, che lei stessa nel video denuncia con malessere, non è bella, ma il punto qui è un altro. quello di cui si sta discutendo è nel merito delle pratiche femministe che intervengono quando ti sostituisci alle voci locali, quando addirittura, in un delirio totale di onnipotenza, decidi di martirizzare quelle che ti stanno comunicando una opinione autodeterminata, per leggervi altro di modo che tu possa continuare a fare la tua azione da portatrice della libertà. hanno fatto un errore. in francia hanno fatto un errore triplo e avrebbero fatto meglio a dirlo e basta invece che dare a tutte quelle che non la pensano come loro delle serve del patriarcato. che diamine di lotta per la libertà delle donne fai se quando le donne ti dicono che non devi agire in loro nome neghi loro la dignità della propria idea? non c’è già abbastanza gente che le mette in silenzio? servono anche le femministe mainstream che forti della loro potenza mediatica passano come carri armati sopra tutto e tutte? per dire: quando sono venute a fare la loro dimostrazione contro berlusconi a me è servito? o è servito alla loro immagine? direi non in mio nome. a me non ha cambiato nulla. per quanto trovi sconvolgente il modo in cui sono trattate dalla polizia e continuo a nutrire molta simpatia per loro. fanno le loro cose, sono un brand, un marchio riuscito, hanno le tette come logo e mediaticamente funziona. che altro? vorremo mica considerarle come le partigiane, vero? perché ce ne corre… ecco.

  6. Un attimo, forse è sembrato che io difendessi le Femen ma non è così! Il tuo discorso sulla sovradeterminazione lo sottoscrivo parola per parola, e trovo sacrosanta la risposta delle femministe musulmane. Solo che avrei apprezzato una mobilitazione attiva da parte loro a sostegno di Amina, dato che il suo è stato comunque un atto autodeterminato e per il quale sta pagando conseguenze ingiuste.

    ps. i post che hai linkato li avevo letti, anche se non commento mai il blog lo frequento spesso 😉

    1. ok 🙂 no, non avevo capito il ragionamento, scusa. sono rincoglionita. è vero, hai ragione. io con qualcun@ di loro ho chiacchierato via web e mi dicevano che non c’era scampo. hanno agito dopo un tot di giorni perché avevano tentato di fare passare un messaggio diverso tentando di correggere la disinformazione ma nessun@ le ha ascoltate. perciò hanno fatto questa cosa e ora sui quotidiani all’estero sono in prima pagina, altrimenti non se le sarebbe filate nessuno. una delle prime cose che hanno fatto mentre l’iniziativa andava avanti è di scrivere chiaro e tondo che sulla loro pagina non doveva starci nessuno messaggio misogino contro Femen o contro qualunque donna. Il loro è un messaggio politico. Tale vuole essere. E io non mi metto lì a ridettare loro l’abc che devono pronunciare. Data la enorme diffusione del messaggio delle Femen a loro quella è sembrata la priorità. Insomma è complicato. Da dove la guardi e guardi questa cosa è nata male, continua male e spero finisca meglio. Intanto per Amina e per tutte le altre. 🙂

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