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Le prostitute non sempre sono vittime – Intervista a Giorgia Serughetti

E’ un’intervista pubblicata sul cartaceo de Il Fatto Quotidiano in rassegna su Zeroviolenza. Buona lettura!

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Le prostitute non sempre vittime. – Intervista a Giorgia Serughetti.

Di Elisabetta Ambrosi

Il caso Roma? Almeno si discute di prostituzione: un tema da affrontare senza ipocrisie, contrastando lo sfruttamento ma, senza pensare che tutte le prostitute siano vittime. Ci sono anche donne che vorrebbero essere solo messe in condizioni migliori di esercitare il loro lavoro”.

Giorgia Serughetti, ricercatrice all’Università di Milano, è esperta del fenomeno e autrice, tra l’altro, di Uomini che pagano le donne (Ediesse editore).

E’ possibile il cosiddetto “zoning” all’interno del nostro quadro normativo?

Si, infatti è un modello attuato già a Venezia in un esperimento che aveva coinvolto il comune, i servizi sociali, l’associazionismo. Anche nel nostro quadro legislativo, che considera reato le attività connesse alla prostituzione, un’amministrazione come il comune di Roma può decidere di non permettere la prostituzione in alcune zone: è una questione di gestione dello spazio pubblico. D’altronde già una legge del 2008 aveva dato ai sindaci la possibilità di normare su questioni di pubblico decoro, e il risultato sono state pessime ordinanze antiprostituzione.

Marino ha detto che sanzionerà i clienti fuori dalle zone previste. Nel frattempo il Pd si è spaccato.

Le sanzioni sono sbagliate, mentre è giusta l’idea di potenziale le unità di strada – se di questo si tratta – dando una serie di servizi aggiuntivi: illuminazione, pulizia, bagni chimici, preservativi, informazioni su possibilità alternative. Rendere più sicure quelle aree, in un’ottica non di ghettizzazione, ma di riduzione del danno, che non significa avallare il fenomeno. Si parla tanto di decoro urbano: giusto, il punto non è solo questo, specie se l’obiettivo è proteggere le donne.

La proposta per Roma è una via alternativa al “modello Amsterdam”?

No, ma si potrebbe nel frattempo pensare a una riforma della legge nazionale. Depenalizzare alcuni reati previsti dalla Legge Merlin, come chiede il Comitato per i Diritti Civili delle Prostitute, non significa per forza immaginare un modello iper-regolamentista, come i maxi-bordelli di Zurigo, ma creare le condizioni per cui le donne possano esercitare la prostituzione in appartamento, in un quadro di trasparenza anche fiscale (nulla a che vedere con le case chiuse). Oggi, ad esempio, non è possibile affittare un appartamento a prezzo di mercato a prostitute: un’attività che potrebbe, come altre, essere depenalizzata, mentre lo sfruttamento resterebbe sempre reato. Comunque una sacca di prostituzione esercitata illegalmente esisterà sempre.

Perché, e come si potrebbe contrastarla?

Perché la prostituzione si intreccia con i problemi legati alla migrazione e ci sarà sempre, ad esempio, chi non avrà il permesso di soggiorno. Ma nessun disegno serio può funzionare se non si considera che, tra la libera imprenditrice e la schiava, c’è un’enorme zona grigia, dove ci sono donne per cui prostituirsi resta un’opzione funzionale al progetto migratorio o economicamente più conveniente di un lavoro come badante.

Non tutte le prostitute sono vittime?

Non sottovaluto il discorso dell’associazionismo cattolico, ma loro non riconoscono la prostituzione volontaria, convergendo con una certa visione femminista per cui la prostituzione è sempre una forma di sfruttamento. Ma così non se ne esce: ci vorrebbe invece un quadro legislativo meno ostile a chi vuole lavorare in condizioni non degradate. E poi bisognerebbe, anche, capire chi sono davvero i clienti, invece di pensare solo come punirli.

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1 pensiero su “Le prostitute non sempre sono vittime – Intervista a Giorgia Serughetti”

  1. cREDO SIA VERO, LE PROSTITUTE NON SONO SEMPRE VITTIME, MA LE VITTIME LO SONO SEMPRE E IN QUANTO TALI NON SONO PROSTITUTE MA COSTRETTE A PROSTITUIRSI

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