Antiautoritarismo, Autodeterminazione, Precarietà, R-Esistenze, Violenza

Se picchi il manifestante non sei un vero uomo (la retorica del buon patriarca!)

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Ancora violenze della Polizia sui manifestanti. Filmate da Servizio Pubblico e stamattina da You Reporter durante lo sgombero di 200 famiglie in una zona chiamata Montagnola. A parte considerare che questa raffica di sgomberi in risposta alle azioni del movimento romano di lotta per la casa spiega perfettamente in che tipo di nazione stiamo. E’ quella in cui tu chiedi casa e reddito e ti restituiscono il manganello. Già detto, scritto, visto, risaputo. Nulla di nuovo. Segnatevelo, per chi ancora pensasse che ci troviamo in una democrazia dove democrazia per ministri e tutori sta nel fatto che se muori di fame e di freddo devi restare sotto i ponti invece di autogestire l’occupazione di un posto che non serve a nessuno per dare un tetto ai tuoi figli. E se non muori di freddo e fame e non reciti la parte del senzatetto che a natale sorride e risponde grato alle interviste che fanno la òla alla bontà dell’amministrazione che ti manda una coperta e una fottuta fetta di panettone, allora questa è la punizione che ti spetta.

A parte questo, dicevo, più tutte le considerazioni già fatte, comincia seriamente a infastidirmi, proprio da un punto di vista di genere, il fatto che la questione della repressione venga affrontata nella solita maniera paternalista in cui il patriarca buono si erge per dire che non è onorevole pestare un indifeso. L’onore è un’altra cosa e dunque eccoli lì ad allisciarsi i testicoli e raccontarci qual è la differenza tra l’uomo vero e quello falso. Rimane sempre e solo una discussione interna alle istituzioni patriarcali e suoi fiancheggiatori con sermoni d’ordinanza. Non c’entra la comunità esterna, la collettività, la rivisitazione di una prassi, un metodo. Non c’è proprio nessuno che si rimetta in discussione e che rimetta in discussione il fatto che non esiste un modo giusto e un modo sbagliato per reprimere la gente. L’ho già scritto: la repressione è repressione e basta. E’ il limite, la misura, il recinto, la galera entro la quale tu mi obblighi a restare e recitare la parte del soggetto afflitto però in maniera misurata per non disturbare chi continua comunque ad esercitare il suo potere. E’ la maniera in cui la mia voglia di partecipazione, se esclusa da qualunque discussione, se i miei bisogni sono sempre rimossi per fare spazio ai temi che stanno a cuore ai più privilegiati, viene disintegrata, mortificata, offesa.

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Certo, per come stiamo messi male sarebbe già un passo avanti se si capisse che di Aldrovandi ce ne è bastato uno e che di Giorgiana Masi e Carlo Giuliani non ne vogliamo più. Sarebbe utile capire che non puoi lanciarti con un mezzo militare sulla gente per spaccare in due i cortei. Non puoi colpire e colpire ancora una persona esercitando abuso di potere, brutalmente, quando vedi che non può proprio farti niente. Sei tu, armato fino ai denti, che rispondi ad un uovo e un’arancia con una carica in cui sei talmente devoto alla tua causa per cui gli esseri umani ti sembrano zaini e le teste delle persone ti sembrano cosa? Palloni per farci un paio di goal?

Chi come me ha visto da vicino queste cose, per poi raccontarle ad altre persone, sperando che la controinformazione e il mediattivismo diventassero risorse e anche mezzi di autodifesa a garanzia del corretto svolgimento della democrazia, resta basit@ di fronte alle mistificazioni, le distorsioni e le stronzate dette e scritte ogni volta che c’è da giustificare questo genere di comportamenti. Sono una prassi, è cosa sistematica e per porvi fine non basta scovare il “cretino” di turno perché i “cretini” sono tanti, per dirla alla Pansa, e allora non si può confidare nelle regole degli uomini d’onore che sanno picchiare duro ma anche usare il coito interrotto delle brutali gesta usate nelle cariche perché non ci fidiamo (serve un preservativo sociale!). Non ci crediamo. Non ci crediamo più. I cittadini e le cittadine devono potersi difendere in qualche modo e se nessuno vuole discutere di questo è perché di cambiare le cose non c’è voglia. A me non sembra ce ne sia mai stata.

Guardateci negli occhi perché noi sappiamo tutti, dall’epoca della strategia della tensione ad oggi, a parte tante discussioni tra sindacati interni alle aree militari in cui c’è chi dice che certe cose sono poco onorevoli e ci sono altri che puntano il dito esclusivamente sui manifestanti, che quando c’è di mezzo il militare in tenuta antisommossa hai lì di fronte un padre padrone che misura l’aria che respiri e traccia l’unico percorso di dissenso che nella vita puoi fare e questo è vero sia che in piazza ritrovi ragazzini, studenti, che chiedono il diritto all’istruzione, sia quando vedi gli operai che combattono per un posto di lavoro o la tanta gente che rivendica il diritto alla casa e ad un reddito.

Smettete perciò di parlare il patriarchese in difesa dei potenti, perché oltretutto siete lì perché pagati con le nostre tasse. Le leggi che vi danno mezzi, armi, attrezzature, comprendono un bilancio fatto di cifre che paghiamo noi. Se queste polizie sono al servizio dei cittadini e ai cittadini che devono rispondere di quel che fanno. Se invece rispondono ai potenti o essi stessi costituiscono un potere intoccabile in cui chi sbaglia gode della più totale impunità allora diventassero mercenari privi di regole e a servizio d’altri e noi reimpieghiamo i soldi in reddito, scuole, sanità, casa. Non interessano punizioni, galere, pene, le stesse concepite dal sistema che vi nutre, ma chi commette abusi non può fare quel mestiere. Non lo può fare.

NB: a seguito di numerose lamentele per il comportamento brutale della polizia in Spagna è stata votata una legge che vieta e punisce la diffusione di filmati, via social network o altro, in cui si vedono poliziotti che picchiano manifestanti. Ulteriore esempio di autotutela del potere possiamo vederlo in Turchia dove Erdogan ha voluto la censura dei social network per evitare la diffusione di opinioni contrarie e delle proteste. Scommettiamo che prima o poi si trova il modo per imporre una legge che censura contenuti “contro”, magari prendendo a pretesto la sicurezza delle donne in rete, e scommettiamo che prima o poi si dirà che discutere di brutalità dei tutori dell’ordine rappresenta una sorta di vilipendio ad una entità superiore che non può neanche essere nominata?

—>>>Qui l’intervista alla donna zaino, meglio conosciuta come Deborah

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