Antiautoritarismo, Autodeterminazione, Critica femminista, R-Esistenze

Copiose manciate di fumo negli occhi. Riflessioni sulla Francia e l’aborto

ManoGabbia_480Da Incroci de-Generi:

La notizia della recente riforma della normativa che in Francia regola l’aborto legale sta sollecitando in Italia entusiasmi un po’ troppo facili, a parere di chi scrive. Innanzitutto, l’aborto in Francia era già legale e permesso a tutte coloro che si trovassero in una situazione di sofferenza a causa del loro stato. Una clausola oltremodo vaga e facilmente aggirabile, che non sappiamo quanto  fosse di ostacolo concreto a coloro che volessero abortire, probabilmente non più di quanto lo sia l’obiezione di coscienza in Italia. Non mi risulta – ma forse è solo mia ignoranza – che in Francia, al di là delle recenti manifestazioni di solidarietà per le spagnole, ci fossero mobilitazioni per una riforma della legge sull’interruzione di gravidanza. Mi risulta però che le sex workers sono ancora in strada a protestare contro la recente legge abolizionista che le riguarda e a rivendicare il loro diritto all’autodeterminazione, inascoltate tanto dal governo francese quanto dalla ministra per i diritti della donne Najat Vallaud-Belkacem. All’improvviso, dopo una legge abolizionista, veniamo a conoscenza di questa riforma che molto semplicemente cancella una clausola e la sostituisce con un’altra: l’aborto sarà permesso a tutte le donne incinta che non vogliono portare a termine una gravidanza. Una modifica formale, dunque, che non sappiamo quanto inciderà sulla sostanza. Un po’ troppo poco per festeggiare la piena conquista della libertà di scelta, anche perché una conquista è frutto di una lotta e non di una disposizione calata, ex abrupto, dall’alto.

La vera novità della recente legge è invece l’introduzione di due anni di carcere e 30.000 euro di multa per coloro che ostacoleranno il così chiamato “diritto” ad abortire, cioè gli obiettori di coscienza. Tale legge, dunque, introducendo un reato penale laddove prima non era previsto, rafforza non solo il dispositivo carcere – individuato paradossalmente come unica soluzione valida a garantire la libertà di abortire – ma anche quell’ala del femminismo della governance denominato in ambito anglosassone femminismo carcerario. Le femministe carcerarie sono per l’appunto coloro che, come la ministra Vallaud Belckacem, ritengono di poter conseguire i loro obiettivi per via giudiziaria e attraverso un massiccio ricorso al carcere. Come ha sottolineato la sociologa Sune Sandebeck, stiamo parlando di una variante del femminismo “liberale” che colloca la sovranità e la responsabilità dell’individuo davanti a tutto e postula una idealizzata soggettività femminile che è bianca, eterosessuale, di classe media e monogama, di fronte alla quale tutti gli altri corpi femminili devono essere concepiti come aberrazioni criminali che vanno fruttuosamente ad alimentare il sistema carcerario, in una fase in cui questo in Europa come in Italia sembra molto plausibilmente in via di privatizzazione. Ne deriva che il femminismo carcerario rappresenta una forma di biopotere neoliberale, perché, continua Sandbeck, sostiene una società del controllo che impiega la carcerazione come dispositivo per regolare, correggere, riformare comportamenti aberranti. Tale strategia si situa sulla traiettoria dello sviluppo del (bio)capitale, che mira a produrre soggettività adeguate ai processi di valorizzazione capitalista e sopprime le altre. Non è dunque un caso che il femminismo carcerario sostenga la linea dell’abolizionismo in materia di sex work, facendo della criminalizzazione del commercio del sesso una priorità.  Il neoliberismo, sposando la logica carceraria, si manifesta attraverso un profondo interesse giuridico nei riguardi del sex work con l’intento di controllare i flussi migratori e lavorativi mediante il rinforzo della legge e il ricorso alla carcerazione. Non potrà stupire quindi il fatto che la Francia oggi celebra sotto mentite spoglie una legge che rinforza il dispositivo carcere e ieri si proclamava pioniera della lotta alla prostituzione. L’abolizionismo, infatti, è un’altra faccia del biopotere neoliberale.

Io non me la sento di esultare di fronte a una legge che rafforza la logica della carcerazione e si traduce in una propaganda per tutte coloro che quella logica sostengono. Quando il paese in cui viviamo si trasforma in un immenso carcere a cielo aperto, dove potenzialmente tutt@ possono essere perseguibil@ penalmente per il fatto di deviare dalle norme dettate dal biopotere neoliberale, nessun@ di noi, in realtà, dovrebbe sentirsi tranquill@. Dissipate le copiose manciate di fumo negli occhi gettate da questa ennesima propaganda del femminismo carcerario, bianco, borghese e neoliberista, rimane poco più di niente da festeggiare.

[di La PantaFika]

Leggi anche:

Discussione a tal proposito anche  sulla pagina fb.

—>>>Prima sintesi della discussione qui#Francia, l’aborto è un diritto: l’unica alternativa è davvero il carcere?

Sull’aborto:

Sul carcere:

Sulla Francia:

2 pensieri su “Copiose manciate di fumo negli occhi. Riflessioni sulla Francia e l’aborto”

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