L’aborto sicuro non è un diritto, dice il Parlamento Europeo. Lo dice anche grazie ad alcuni parlamentari del Pd e al loro capogruppo David Sassoli. Non pare essere una posizione isolata se anche la responsabile della sezione lavoro del nuovo Pd si esprime nella maniera in cui si dice qui.
Ma certo, ciascuno ha il diritto di pensarla come vuole e io ho il diritto di suggerire di non votare, per chi vota, queste persone. Poi però leggo questa cosa e un po’ devo dire che mi arrabbio. Giusto un pochino. Ho perciò espresso la mia opinione e la ridico.
Il brand #femminicidio, per l’uso osceno che ne è stato fatto, svuotandolo di contenuto, ben si presta, purtroppo, a queste ambiguità ma il fatto è che se parli di violenza di genere dovresti avere ben chiaro che quella si realizza perché esiste un obbligo in relazione ai ruoli che sono imposti. La donna ha come obbligo primario quello di essere riproduttiva, a qualunque costo, senza tenere conto della sua autodeterminazione.
Violenza sulle donne è oppressione dell’autodeterminazione. Dunque se voti contro “l’aborto sicuro” ritieni davvero di poter riguadagnare consenso con due parole commosse sul #femminicidio?
Non che questo uso del termine e dell’argomento, da parte del Pd sia nuovo. Anzi. Utilizzato come pretesto per reprimere il dissenso e anestetizzare la precarietà, decontestualizzato e scippato alle lotte delle donne per normalizzare concetti e obiettivi, tutto si riduce ad una pappa molle di stampo paternalista come paternalista è la maniera in cui Sassoli ritiene di sapere quel che è bene per le donne. Aborto sicuro no ma lotta dura al femminicidio si (senza sapere evidentemente che significato abbia). La contraddizione è palese. Rilevarla è un obbligo.
—>>>Leggi il post di Eleonora Cirant
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L’ha ribloggato su Elena.
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