Antiautoritarismo, Autodeterminazione, Violenza

Maternità e tentazione di possesso

Leggo questa cosa e mi dico: niente di nuovo. In fondo di donne che considerano altre donne come contenitori adatti alla produzione di figli ce ne sono tante. Su questo principio hanno perfino costituito una associazione di volontariato in barba alla libertà di scelta e alla applicazione della legge 194. L’orrore sta nel fatto che questa signora abbia manipolato così tanto questa figlia, benché adottiva, per convincerla a sfornarle un altro figlio. Per lei. Per conto della madre. Violenza per attribuzione di un ruolo di genere, senza dubbio. Rientra un po’ nella logica dell’utero in affitto, dove però lì, mi pare, che le donne che prestino l’utero per soddisfare i desideri altrui siano maggiorenni e tutto avvenga consensualmente.

Essere genitori. Possedere i corpi dei propri figli. Immaginare di poter realizzare attraverso essi i nostri desideri. Si fa in tanti modi. Considerandoli prolungamenti di noi. Considerandoli senza una coscienza propria. Solo un po’ di organi legati assieme che stanno all’altro capo del cordone ombelicale.

E questa storia mi fa riflettere perché mi chiedo, come ogni genitore immagino prima o poi faccia, se anche solo per errore io abbia mai considerato il corpo di mi@ figli@ un prolungamento del mio, volendole molto bene ma interferendo con le sue scelte per soddisfare desideri miei. Credo di no ma glielo chiederò per sicurezza perché se mai io le abbia dato l’impressione di volerla sovradeterminare in qualche modo per soddisfare attraverso lei un mio desiderio, per compensare una mia frustrazione, per rispondere ad una mia inevasa pretesa di realizzazione, bisogna che io lo sappia e che lei mi dica.

L’articolo del Corriere dice che la ragazzina non se ne lamentava. Pensava fosse normale, in fondo le voleva bene. A lei. Alla madre. E dunque il punto è che certe volte convinci così tanto una bambina o un bambino, lo orienti anche nelle sue scelte, al punto di fargli ritenere che quella che tu suggerisci o imponi sia veramente la scelta giusta.

Quante sono le volte in cui per difendere una mia scelta ho convinto me stessa e mi@ figli@ del fatto che quanto le dicevo fosse la cosa giusta? Le ho dato gli strumenti per ribellarsi a me? L’ho fatto? Le ho dato gli strumenti per difendersi da me nel caso in cui anche inconsapevolmente tentassi di manipolarla? Dai vaffanculo ricevuti direi di si.

Non mi sono quasi mai posta come figura superiore, autoritaria, come quella alla quale fosse necessario dichiarare fedeltà assoluta, in questo certamente ha aiutato che lei avesse altri punti di riferimento, che non fosse oppressa in una realtà chiusa tra lei e me che la obbligasse a schierarsi, a posizionarsi per difendere a tutti i costi un affetto e dunque anche se stess@. Non sono mai stata una intoccabile e indiscutibile BeddaMatreSantissima. Non ho mai posto la questione come “sono tua madre e tu di me devi avere rispetto” né ho mai detto frasi anni ’50 tipo “come potrei mai farti male? sono tua madre… quel che faccio è sempre per il tuo bene” perché innanzitutto io avevo ed ho gli strumenti culturali per segnare un limite ai miei possibili deliri di onnipotenza.

Sono umana, perciò fallibile, e sebbene io sappia che ai figli bisogna dare la certezza di un punto di riferimento solido e autorevole so che certezza, solidità e autorevolezza non si segnalano con balle stratosferiche e definizioni di grandezza. Non so se sono stata e sono la migliore genitrice del mondo. Ho fatto del mio meglio e ho imparato a convivere con le mie imperfezioni, a crescere giorno dopo giorno senza fermarmi mai e a tentare di capire come fare meglio. Forse sono riuscita e forse no. Forse ho fatto un sacco di sciocchezze. Ma non va confusa la consapevolezza dei propri limiti con l’insicurezza perché dei miei possibili errori non ho mai chiesto compensazione a mi@ figli@. Non ho mai voluto la sua assoluzione. Perché sono convinta che i figli debbano fare i figli e i genitori debbano fare i genitori ed è solo su di me che deve pesare la responsabilità delle mie azioni.

Credo sia difficile per qualunque genitore pensare che i figli siano altro da se’. Credo che attraverso i figli si impari ad accettare l’altr@ nella sua diversità, senza cadere nella tentazione di pretendere che il mondo corrisponda per intero alla proiezione di se’. Credo che bisogna essere consapevoli del concreto fatto che possa esserci il rischio di sentirsi in diritto, come genitori, di appropriarsi dei corpi, delle vite, delle speranze di quei figli per intrappolarli in una dimensione fatta di possesso e reciproca e morbosa dipendenza.

Conosco storie di persone che a 40 anni ancora sono stalkerizzate dalle madri che non riescono a rassegnarsi al fatto che quei figli vogliono vivere per conto proprio. E queste sono le storie d’amore, cosiddette tali, perché una madre che va a controllare un figlio o una figlia a tutte le ore trova largo consenso sociale. In fondo è una madre e la madre non vive altro che per i propri figli. Senza di essi non ha alcun ruolo. Roba che i figli compensano i tuoi vuoti, la tua difficoltà a segnare una vita realizzata o di viverti le tue frustrazioni e la tua solitudine per conto tuo. Roba che se io fossi stata così avrei optato per una terapia di disintossicazione perché essere oppressive è anche dimenticare che i figli sono soggetti, liberi di sceglierti quando non sono più dipendenti da te. E la meraviglia sta nel fatto di aiutarli a diventare indipendenti e non a restarti attaccati all’utero finché tu avrai fiato.

Non so per quale motivo ma mi viene in mente che tanti anni fa, in una delle mie prime attività di volontariato, andammo con un gruppo a offrire sponda a dei bambini di periferia. Ci presentammo con una palla per invitarli a giocare a pallavolo, perché così fu più semplice ottenere la loro fiducia, farli chiacchierare, provare a capire di che problemi soffrissero. C’era un grande andirivieni di uomini da un appartamento ed era chiaro che qualcun@ delle loro mamme si prostituisse. Nessuna consapevolezza. Lì era un ambiente davvero degradato. Troppa povertà e disagio. E venne fuori che una tredicenne s’era presa una malattia sessualmente trasmissibile. La madre la vendeva agli uomini con pretese differenti. Mi ricordo ancora di quella adolescente che poi andammo a trovare nell’istituto in cui si diplomò per costruirsi un futuro assai diverso. Chiedemmo se fosse mai stata costretta. Lei disse di no. “Me lo aveva chiesto mia madre… perché mia madre avrebbe dovuto chiedermi di fare una brutta cosa?“. Già. Perché?

Dopodiché, a questo ragionamento intellettualmente onesto, che non si presta a offrire sponda a espressioni universalizzanti di misoginia diffusa, dove il pregiudizio di genere è talmente forte da immaginare che sbagliata una madre e sbagliate tutte, così come quando c’è chi ritiene che sbagliato un padre lo siano tutti, bisogna necessariamente aggiungere di quanta umanità e quanta meraviglia io abbia visto nella fatica e nell’amore consapevole, con egoismi legittimi ben dichiarati, rivendicati, con posizionamenti di reciproco riconoscimento genitori/figli, con il rispetto per i figli aiutati responsabilmente a realizzare i propri desideri, con l’ironia, l’intelligenza, la capacità di tenere i figli sempre oltre il buio quando l’oscurità si avvicinava senza comunque intrappolarli, con la coerenza nel recepire un rifiuto senza produrre ricatti emotivi, con il coraggio che ho visto negli occhi della mia amica mentre accompagnava la figlia in sala operatoria, con quello di chi riesce a costruire una relazione non-dipendente con i propri figli. Ci sono madri e madri e quelle migliori io le ho viste convinte del fatto che di sacro la maternità non abbia proprio nulla. Madre non è intoccabile così come non lo è il Padre. Perché sono individui. Entrambi. E possono sbagliare. Ed è solo la consapevolezza della propria umana fallibilità che li fa essere migliori. Secondo me.

9 pensieri su “Maternità e tentazione di possesso”

  1. Ciao cara.
    Io sono incinta, quindi mi sembra doveroso dire la mia.
    A parte che per quanto la gravidanza dia le sue gioie, molte madri te la raccontano, con mille chiacchiere su quanto sei bella piena di vomiti e disturbi vari e ti trattano come un involucro senza importanza, atto solo a procreare.
    Io un figlio lo desidero, ma per quanto non posso sapere che madre sarò, so che farò di di tutto per renderlo indipendente e sicuro di sé.
    Io ho avuto una vita particolare e spesso difficile e purtroppo l’80 % dei problemi che si potevano evitare, me li hanno procurati i miei genitori.
    Voglio loro molto bene, ma guardandoli e osservando un po’ tutte le famiglie in generale, mi rendo conto che non sono speciale in questo senso, i genitori creano sempre ( non volendo ) problemi ai figli, che siano presenti o assenti.
    Quindi sono già consapevole che per quanto ci metterò impegno, sarò il futuro problema di mio figlio.
    Mal sopporto le madri paranoiche, che riversano i loro problemi psichici sui figli.
    Ho fatto un post tempo fa, sulle madri insopportabili! 🙂

    1. Cara, ti auguro una maternità fantastica e ti prego di segnalarmi il tuo post perché mi piacerebbe leggerlo. 🙂

      Io non giudico i genitori nel complesso. Sono, siamo, persone e dunque imperfetti. Quel che davvero mi spiace è il delirio di onnipotenza, quando non interviene nessuna incertezza, quando si ritiene di essere uniche possibili risorse che possano consegnare a quei figli tutto il bene possibile. Sulla base di questa presunzione ho visto madri e padri dettare ai figli ordini su oscenità accompagnate da un immancabile “è per il tuo bene”.

      Il fatto è che bisogna sapere che troppo spesso i genitori confondono il *proprio* bene con quello dei figli. Se nessuno dichiara di avere mai fallito dice una enorme bugia. Non mi fido dei genitori che dichiarano di essere infallibili. Significa, per me, soltanto che sono ciechi e che saranno anche sordi quando quei figli diranno loro che non hanno alcuna voglia di eseguire i loro ordini.

      1. il problema è che spesso i genitori che si dichiarano infallibili, hanno figli che sono attaccati a loro morbosamente e li vedono tipo eroi da emulare in tutto e per tutto.Cosa che io trovo oscena.Un figlio dovrebbe rappresentare l’evoluzione, non la copia!

          1. comuque io sono quella che hai cazziato perché scurrile! 😀 Pensa che qui sul blog, in forma anonima lo sono meno, sono evidentemente masochista e amo mettermi in pericolo con nome e cognome!
            Vai copia.

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