Culture, Recensioni

Non Cercare L’Uomo Capra: il nuovo romanzo di Irene Chias

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Non Cercare L’uomo Capra è l’ultimo romanzo di Irene Chias, già autrice di Sono ateo e ti amo e Esercizi di Sevizia e Seduzione. La lettura del romanzo, seguendo il particolare codice narrativo di Irene, è facile, immediata. Meno immediata è l’elaborazione dei tanti messaggi che contiene. Non ha la presunzione di essere un testo di divulgazione di senso politico, un saggio, una storicizzazione degli eventi, ma è lo sguardo attento, curioso, lieve e ironico, di un’autrice che lascia ai personaggi libertà di indagine sul mondo degli altri, dell’altro. Esplora la diversità in termini intersezionali, e descrive la povertà, la differenza di ruoli di genere, la differenza culturale, religiosa, economica, di persone che vengono interrogate con abilità e notevole capacità di sintesi.

Non è un testo dal sapore neocolonialista, come potrebbe essere quello di una donna occidentale che narra storie e vite e culture altre, di altri mondi e di “negritudini“. Ogni parola serve a dare voce, rappresentano la voce stessa dei personaggi che affrontano insieme il viaggio, la precarietà, il razzismo e anche il sessismo, la difficoltà di integrazione, il vuoto e la rimozione della memoria di chi compie un transito verso altre opportunità, e poi le paure di chi quel viaggio invece si accinge a realizzarlo a ritroso, con totale assenza di pregiudizio ma con partecipazione piena, soggettiva, di chi teme per se’, per il proprio destino, per il destino di una figlia affidata all’altrui cultura.

In ogni rigo Irene sconfigge quelle paure, le fa apparire umane, e poi distrugge, uno per uno, gli stereotipi, cercando una risposta complessa, che tutto contiene, tirando in ballo la riappropriazione culturale, ma anche la relazione con uomini senza storia, toccando temi come l’infibulazione, il rapporto tra i sessi ma anche quello tra donne, le custodi della tradizione e quelle che tentano di superare il pregiudizio per amore.

Irene spiega la transizione di chi non resta mai troppo a lungo e in ogni caso è prodigo di notizie, di lezioni di vita e di generosi doni culturali. Il suo è un libro che ho letto in poche ore ma mi ci sono voluti giorni per lasciarlo sedimentare, per gustare il suo aroma e lasciarmi incantare dallo sguardo su un mondo che pure dovremmo conoscere perché lo troviamo accanto a noi, pur non riuscendo a percepirlo e non avendo tempo o intenzione di approfondire. Chi non conosce una coppia mista? E sarebbe interessante sapere come avete affrontato la cosa, quanto e come siete riuscit* ad affrontare l’argomento senza scadere nel coloniale amore per l’esotico o senza, all’opposto, trincerarvi dietro pregiudizi razziali.

E’ qualcosa che riguarda tutt* noi, i nostri mondi aperti e progressisti, con i vicini di casa che ci regalano altri aromi e il lavoratore del negozio tal dei tali che ci insegna qualcosa su quel che vende e anche su noi stess*. La sensazione che ho avuto leggendo il libro è quella di passare attraverso tante pareti, assistendo ad un processo di crescita simultaneo, riguardante ogni personaggio, ogni contesto, per poi approdare con delicatezza nel mondo altrui, a partire dalla lettera che Assane scrive a Simona, con l’augurio per le nozze. Assane parla di privilegio maschile, svela elementi che possano essere utili a Simona per meglio gestire il suo rapporto con il marito. E’ un uomo che parla della vita in Senegal, della cultura dominante, e in quelle parole riconosce mille differenze ma in fondo tantissime analogie con quello che ci riguarda più da vicino.

Ed è così che il libro ti lascia con una domanda senza risposta, perché una risposta non c’è e perché, molto più semplicemente, curiosare per comprendere l’altro chiarisce un punto: l’altro, in fondo, siamo noi.

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