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Come in Usa le vittime di stupro vengono trasformate in criminali

Dimenticate law & order e tutte le cavolate a proposito della giustizia americana. Su Netflix una inchiesta dimostra come la polizia scoraggia le denunce di stupro o le usa per arrestare le donne stuprate accusandole di falsa accusa. Una delle donne di cui parla il documentario a seguito delle “indagini” della polizia si è suicidata, alcune si sono appellate e hanno ottenuto l’assoluzione. I loro volti e i loro nomi, però, nel frattempo, sono stati diffusi da comunicati della polizia facendo diventare le vittime un bersaglio, tutelando i nomi dei carnefici, mettendo in scena interrogatori da tortura contro donne che confidando in una idea romanzata di giustizia si sono trovati di fronte a uomini, poliziotti, che hanno mentito per strappare rinunce, per indurre quelle donne a voler mettere fine a tutto.

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Gojira, il Kaijū della cultura giapponese post-atomica

Sicuramente saprete di Godzilla, come lo ha ribattezzato l’occidente, in una vera e propria appropriazione culturale. Godzilla e altri “mostri” combattuti alla maniera americana da Pacific Rim. Delle sue origini, che hanno creato un filone fantascientifico del tutto originale, potete trovare fonti autorevoli sul web. Quello che mi preme sottolineare è il fatto che il Giappone è stato sotto occupazione e censura americana per un po’ di anni dopo la guerra. La rabbia del popolo giapponese contro le bombe nucleari non potè essere espressa se non alla fine dell’occupazione con una creazione che nulla c’entra con il concentrato di umanità paternalista alla King Kong. Gojira era sì il frutto di mutazioni post atomiche ma anche espressione della rabbia cieca contro il mondo. Non si ergeva a paladino di cause umane e come la bomba atomica mieteva vittime le cui ferite sarebbero rimaste visibili fino alla morte.

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Viaggi nel tempo: come renderli memorabili

Uno dei classici della fantascienza, per via di H.G.Wells, è il viaggio nel tempo. Al di là del fatto che oggi la fisica quantistica considera il tempo come lo spazio e dunque immagina perfino l’esistenza di mondi e tempi paralleli, in letteratura fantastica il viaggio ha assunto forme di ogni tipo. C’è chi ha usato l’espediente per rintracciare il vero amore due secoli prima (Outlander), chi ha semplicemente riconosciuto nei viaggiatori agenti segreti e servizi dell’ordine con armi un po’ più evolute della media, chi ha pensato di andare indietro ad uccidere il bimbo hitler o il bimbo mussolini o cose così, infine c’è la corrente più geniale, recente, che immagina di riportare nel presente i simboli nostalgici del passato.

Immaginate i leghisti di fronte a quelli che dicono essere loro avi, vichinghi reali, e pensate a come potrebbero essere rinchiusi in gabbie, considerati immigrati clandestini a cui certe professioni e fedi sono proibite. E’ quello che hanno fatto i creatori di Beforeigners:

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Disaster Movies: la morte della fantascienza

Ebbene sì. Mentre tento di gestire i miei malesseri studio e ho fatto una lunga ricerca su una branca nata dalla fantascienza ma che poi si è tradotta in un papocchio catartico per chi vuole star bene quando vede che il mondo va a rotoli.

Si comincia con la serie di film in cui gli alieni devastano la terra, e fin qui possiamo anche lasciar correre i patriottici slogan americani che sono sempre i numeri uno nella vittoria del nemico. Se il film è di produzione russa l’eroe è russo se cinese è cinese e così via.

La cosa curiosa è che fin dagli anni ’50 hollywood si è messa in moto per tentare di rifare il trucco agli USA sterminatori tramite l’uso della bomba atomica, perciò hanno inventato un plot in cui la bomba serve ovviamente a salvare tutta l’umanità.

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Documentari true crime: sulla pelle delle vittime!

Seguirli è appassionante, le ricostruzioni appaiono convincenti, mentre li guardo però sento che qualcosa mi procura disagio e dapprincipio non capisco cosa, a parte il fatto che pare siano seguitissimi da donne, poi mi concentro e riesco a focalizzare un punto: i più appassionanti sviscerano i crimini che coinvolgono donne, stuprate, uccise, accusate ingiustamente o condannate per ossessioni maniacali, aver ucciso figli da sacrificare in nome di un credo da setta, aver ucciso un uomo che le brutalizzava, aver ucciso qualcuno chiedendo perdono alla famiglia delle vittime.

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Lotta contro il p0rn0? Moralisti della destra cristiana contro le sex workers

Il documentario è su Netflix, molto interessante, raccoglie testimonianze di sex workers e dati sulla provenienza di chi a parole si schiera con le sopravvissute del traffico di donne e poi si scopre aver modificato nome e mission di precedenti organizzazioni dell’ultradestra cattolica conservatrice dedita a campagne contro aborto, matrimoni gay, e via dicendo.

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Gli uomini uccidono. Gli uomini indagano. Un mondo di uomini

Il titolo è una citazione, nel bel mezzo di un dibattito tra due colleghi poliziotti, un uomo e una donna, lei pronuncia queste parole. Si dice anche a disagio nell’indossare una divisa da poliziotta, perciò preferisce stare tra chi indaga. La divisa non rappresenta un mezzo di salvezza per le donne uccise ma un ulteriore strumento di controllo e di paternalistica censura.

Il noir francese non è un film d’azione, ma inizia con un femminicidio, una donna viene bruciata viva. Da lì le indagini, la colpevolizzazione della vittima, con quanti uomini scopava, a quanti aveva dato il pretesto di agire per gelosia, con quanti aveva flirtato senza dargliela. L’amica della ragazza ricorda che lei era una donna, uccisa per questa ragione, non perché faceva sesso, ma perché donna. Se fosse stato ucciso un uomo nessuno avrebbe chiesto con quante donne scopava.

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La fantascienza per raccontare razzismo e misoginia

Octavia E. Butler, al pari di Ursula Le Guin, tratta la fantascienza come pretesto per raccontare la storia intersezionale, nel suo caso, delle donne nere sfruttate, schiavizzate, vilipese, stuprate, nel passato e nel presente. Il libro Legami di Sangue, da cui una trasposizione cinematografica parzialmente ispirata – Antebellum – e una serie tv – Kindred – racconta di viaggi nello spazio e nel tempo tra un presente datato 1976 e un passato nei primi anni dell’ottocento, in piena stagione schiavista.

Non si tratta solo di definire il razzismo in ogni sua sfaccettatura ma di raccontarlo da un punto di vista di genere in modo potente e credibile. La donna nera, l’afroamericana, soffriva di schiavitù fisica, psicologica, intima, sessuale. Doveva generare figli per dare altri schiavi che i padroni vendevano. Doveva subire mutilazioni delle parti non utili agli schiavisti: le mani, se osava scrivere, gli occhi, se osava leggere, la lingua, se osava parlare. Ciò che era utile era l’utero e la condiscendenza allo stupro praticato da bianchi o neri perché ella restasse incinta e dunque si rivelasse produttiva nel senso di schiavitù sessuale e riproduttiva in favore della logica capitalista come descritto da Silvia Federici nel libro Calibano e la strega.

L’utero della donna afroamericana, se utilizzato non per ripopolare il mondo di gente odiata da suprematisti e razzisti, era desiderabile e sfruttato. Donne usate come “Esemplari da riproduzione” – citando Legami di sangue – diventano però solo vacche da abbattere quando l’utilità in senso capitalista scompare.

Quando quell’utero non potè più essere sfruttato, nel senso che non poté essere al servizio di schiavisti, i bianchi scelsero la mutilazione dell’utero, come prima di altre parti del corpo, di quelle donne che non dovevano mettere al mondo figli neri, latini, nativi, cinoamericani, come documentato da ricerche che dimostrano come negli Stati uniti, fino al 2013, si usasse la sterilizzazione coatta di donne non bianche.

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Marylin Monroe, la donna abusata, stuprata, sfruttata

Blonde, film tratto dal libro di Joyce Carol Oates, romanzo che narra a modo suo la vita di Marilyn Monroe, é un pugno nello stomaco, una denuncia sociale, una rivendicazione sui mille modi in cui una donna può essere stuprata e massacrata dalla cultura misogina e maschilista.

Non si delineano complotti che ne denunciano la tragica morte ma mettono in luce quel che da sempre è stato messo in ombra dal mito, dal complottismo, da tutto ciò che allontanava ciascuno da una verità plausibile, se pur romanzata. Una donna fragile, colta, desiderosa di affetto, presa in giro, ricattata, stuprata, obbligata all’aborto, dopo essere sopravvissuta ad una madre che ha terminato la vita in un manicomio.

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Litvinenko e l’assassinio targato Putin

Questa serie ricostruisce gli anni di battaglie legali fino al riconoscimento da parte del governo britannico e della corte europea per i diritti umani del fatto che il dissidente russo, poi cittadino inglese, fu uno dei vari obiettivi dell’assassinio di stato con l’uso del polonio, firma inconfondibile dell’azione di eliminazione di tutto ciò che si oppone a Putin. L’altro metodo è l’avvelenamento con gas nervino o l’esecuzione con arma da fuoco come fu per Anna Politkovskaja, giornalista che denunciava la crudeltà del regime russo nella guerra in Cecenia.

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La ragazza di neve: perché il libro è meglio della serie tv

Javier Castillo ha scritto un gran libro, che ho letto tempo fa e tutto d’un fiato. Non solo abbatte alcuni stereotipi sul genere ma costruisce con perizia personaggi e critiche sociali sulle leggi che dominano gli Stati Uniti, luogo in cui la sua storia è ambientata. C’è una giornalista che supera uno stupro di gruppo e diventa una combattente al punto da beccare criminali e denunciarne l’esistenza attraverso i suoi articoli e poi c’è il rapimento di una bambina in un contesto in cui c’è un uomo cui viene rifiutata l’assicurazione per ulteriori tentativi di procreazione medicalmente assistita, c’è il padre della bambina, l’assicuratore che nega l’istanza, e solo dopo c’è la donna, la finta madre, che per tutto il tempo immagina di aver fatto un grande errore e capisce solo alla fine che è stata dominata da un folle che spara al vicino perché non scopra nulla.

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X: lo stupro raccontato in un libro

A scrivere è Valentina Mira. Pubblica Edizioni Fandango. Pubblicato credo un anno fa ne ho ascoltato l’audiolibro. Un romanzo in forma di lettera al fratello che continua ad essere amico dello stupratore. Un fratello che non le ha creduto. Uno stupro in un clima di festa da cinghiamattanza e rock di estrema destra, nella Roma che ospita anche un editore molesto di cui la protagonista è vittima. Perché uno stupro non denunciato e sminuito crea un cortocircuito nella vittima al punto da farla sentire in colpa, sbagliata, comunque sporca. Così lo descrive l’autrice con un linguaggio duro e diretto, in ogni pagina che tiene incollato il lettore o chi ascolta l’audio. Non so se sia un caso letterario o meno, perché ogni giorno negli ultimi anni ho ricevuto storie vere di donne che hanno vissuto anche di peggio, dunque non mi sconvolge né mi apre nuovi squarci di consapevolezza sulla materia.

Forse può essere utile a chi non mastica la questione, a chi non pensa sia importante uno stupro quando non ci sono lividi visibili, quando tutto viene messo a tacere per il quieto vivere e per mancata solidarietà familiare. Quel che descrive Valentina disinnesca il motto fascista “non toccate le nostre donne” (ché tanto le possiamo toccare solo noi) ma anche l’azione difensiva patriarcale che interviene solo quando a non essere coinvolti sono uomini estranei, stranieri forse, comunque lontani. Grande ipocrisia patriarcale che restituisce alle donne l’unica scelta possibile. Bisogna difendersi da sole, recuperare autostima senza l’aiuto di padreterni e patriarchi, svelare complicità e collusioni tra maschi privilegiati che si supportano l’un l’altro, perché quel privilegio non sia mai scalfito e perché le donne vittime non godano della credibilità e della sicurezza necessarie a tradurre percezioni in azioni di ribellione.

Il romanzo parla di una donna che per definizione viene definita colpevole del proprio destino, una vittima tra le tante che non denuncia perché teme di non essere creduta, una vittima sviata nella necessità di un ordine sociale che colloca i patriarchi al vertice e le donne al margine, interrotto il quale interviene solo il caos che un sistema maschilista non saprà più dominare. Un inno alla forza, al coraggio delle vittime e un monito per gli uomini complici, che sanno ma non dicono, che assistono ma restano imbrigliati nella rete ambigua e subdola degli stupratori. Un ritratto dello stupratore che ritiene di non essere tale, perché processa la vittima e assolve sé stesso, perché qualunque sia l’ideologia che permea le sue azioni resta un maschio, bianco, stupratore, avvolto e artefice della cultura dello stupro, tutto teso a individuare nemici esterni invece di guardarsi dentro.

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L’invenzione di Dracula e altri miti misogini e sessisti

Una delle storie che viene citata sul libro Mostruoso Femminile è quella di Mercy Brown, ragazza morta in New England, a Exeter nel Rhode Island. L’ultima di una serie di vittime morte nella sua famiglia per tubercolosi fu ritenuta responsabile del contagio del fratello che per esorcizzare il male bevve una pozione fatta di organi della sorella. Mercy fu trafitta, da ciò che si narra, con un paletto e poi ridotta in cenere. L’ignoranza in materia di contagio sulla consunzione (ingerire organi di una malata non era il massimo per evitare la tubercolosi) e quella sui gradi di decomposizione di un cadavere fece ritenere che i gas esalati dal corpo fossero giudicati un “gemito” e che la crescita di capelli e unghie (al ritrarsi della carne continuano a crescere dopo la morte per un breve periodo) rappresentassero la prova che la ragazza fosse in realtà una non-morta, una vampira contagiosa e dispettosa che dopo essere crepata per malattia doveva perfino essere impalata e punita al suono di molti Amen.

Ci sono vari casi della cronaca ottocentesca tardo europea che sono contrassegnati da simili pregiudizi, alcuni risalenti ad epoche lontane e territori orientali in cui si davano i morti in sacrificio a vari Dei per evitare che la loro sfortuna si abbattesse sui parenti in vita. Nelle nostre zone puritane invece capitava di seppellire vive alcune persone in coma. Cosa che creò l’abitudine di collegare un campanellino alla bara, nel caso il morto volesse segnalare la propria vitalità. Per i vampiri invece, responsabili di tutti i mali del mondo, si preferiva fissarli al terreno con il paletto, per evitare che andassero in giro indisturbati, poi si poneva la lapide in fondo per bloccare corpo e testa della persona deceduta.

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L’invenzione di jack lo squartatore: la vera storia sulle vittime

Hallie Rubenhold, nel libro Le cinque donne, traccia non solo la storia documentatissima delle vittime del presunto serial killer (Mary Ann Nichols, detta Polly – Annie Chapman, Elizabeth Stride, Catherine Eddowes e Mary Jane Kelly), mettendo in discussione anche l’esistenza stessa di Jack the Ripper, attribuendone la definizione comoda al sensazionalismo dei giornali e alla stessa cultura vittoriana che trovava facile raccontare il femminicidio come destinato a prostitute, ma traccia storicamente un’epoca fatta di cambiamenti sociali che sono ben descritti in letteratura da Dickens, Wilde, Eliot (pseudonimo maschile di Marian Evans).

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Vesper, fantascienza poetica

Vesper è il nome di una ragazzina che pratica biohaking, in un mondo post apocalittico in cui gli ingegneri genetici, quelli che fanno a gara per rendere inaccessibili risorse alimentari, usando brevetti per semi che durano solo un raccolto (pensate alle modificazioni create dagli ogm), hanno distrutto il ciclo vitale delle coltivazioni lasciando milioni di persone a crepare di fame. Le altre, i sopravvissuti, sono trincerati in cittadelle in cui creano organismi senzienti ma obbedienti per svolgere lavori che gli umani potrebbero fare (perché più fedeli) e continuano a sperimentare per prolungare la propria vita. Gli emarginati stanno in lande desolate in cui mangiano vermi (proteine), resti di raccolti andati a male e coesistono con una flora e fauna completamente modificata in un ciclo a catena che può essere spezzato per contagio da una scoperta, quella che la ragazzina fa: creare un seme durevole che contamini tutto per riportare alla vita il pianeta.

Temi attuali, non esattamente spettacolari, non c’è azione, non ci sono super eroi, ma tanti sentimenti umani e tanta speranza di sopravvivenza e la prova che l’ingegno non può essere massacrato dalla repressione di chi ruba tutto per sé a costo di uccidere il pianeta. Non bastano le parole a descriverlo. L’ho trovato poetico, delizioso, geniale, realistico, coerente e l’interpretazione degli attori splendida. Per chi ama il fantastico e le distopie postapocalittiche fuori dagli schemi date uno sguardo al film. Poi ditemi.