Antiautoritarismo, Antisessismo, Autodeterminazione, Critica femminista, R-Esistenze

Per dirsi femministe serve ascolto e fare attenzione ai contenuti divulgati

Mi è stato chiesto di parlare di femminismo. Per essere precisi mi è stato chiesto di parlare di un femminismo che fa bene alle donne. Esistono varie tipologie di femminismo che non consiglierei di seguire alle donne che vogliono conoscere sé stesse e imparare a percepirsi senza essere giudicate. Il femminismo della paura e quello che vi dice che non dovete andare per strada da sole, che dovrete sempre essere accompagnate, che dovete rivolgervi alle istituzioni paternaliste e patriarcali. Questo femminismo è anche detto carcerario. Non vuole sapere da voi quali siano i luoghi in cui subite violenza, accredita un dato circa il fatto che la direste maggiormente per strada e non in casa vostra. In ogni caso sponsorizza le istituzioni patriarcali come unico mezzo per uscire dalla violenza. Dunque colpevolizza le donne che non denunciano e non offrirà alcun aiuto alle donne che non si professano vittime secondo il modello estetico diffuso dalle istituzioni.

Quel modello è sempre descritto ed è corrispondente alla figura di una donna che non cerca in sé stessa la sicurezza e la fiducia per poter uscire da un rapporto violento ma si affida alle istituzioni che la condurranno come un cavaliere che salva la fanciulla in pericolo. Questo tipo di femminismo non fa emergere le contraddizioni di un sistema patriarcale che da un lato inibisce la libertà di scelta delle donne e dall’altro si offre di tutelarle. Non fa emergere neanche la contraddizione che si verifica quando la donna che dovrebbe essere tutelata è la straniera, la sex worker, la donna trans. Il sistema istituzionale criminalizza la donna straniera che vorrebbe semplicemente oltrepassare i confini di una nazione per realizzare un futuro diverso per sé stessa. Criminalizza la sex worker che dichiara di svolgere quel lavoro per scelta e non perché costretta. Criminalizza la donna trans perché sfugge alla norma eterosessuale e alle regole sociali di un sistema binario.

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Antirazzismo, Antisessismo, Autodeterminazione, R-Esistenze

Speculum: quel vecchio strumento del 1840 pensato da un uomo che usava le donne di colore come cavie

Articolo di Sirena Bergman

[QUI in lingua originale. Tradotto da Leda e Antonella del gruppo Abbatto i Muri]

 

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Antiautoritarismo, Antisessismo, Autodeterminazione, Critica femminista, Personale/Politico, R-Esistenze, Violenza

La violenza di genere non è “maschile”. E’ maschilista ed eteropatriarcale

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Leggo il documento interessantissimo del Sommovimento NazioAnale e vi trovo alcune contraddizioni in termini. Per esempio:

come si fa a rivendicare un’espressione di rabbia a partire da posizionamenti “in quanto lesbiche, trans*, butch, froce, frociarole e favolosità varie” per poi temere che questo possa essere oggetto di un’accusa grave tanto quanto frequente da parte di chi divide il mondo in binarismi biologicamente riduzionisti?

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Antiautoritarismo, Antirazzismo, Antisessismo, Autodeterminazione, Critica femminista, Ethan Bonali, R-Esistenze

Il discorso di Gloria Steinem per la Women’s March

Traduzione di Ethan Bonali

Ho ascoltato discorsi maestosi in questa splendida giornata di marcia per i diritti umani. Questo discorso inizia con un sentimento potente: la gratitudine, che è la capacità di riconoscere l’operato degli altri e di comprendere che le cose si fanno insieme. Continua a leggere “Il discorso di Gloria Steinem per la Women’s March”

Antiautoritarismo, Antisessismo, Autodeterminazione, Critica femminista, R-Esistenze

#IAm/Aim – Il tempo buio della Restaurazione

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di Fabrizia

Viviamo nel tempo buio della restaurazione. Uno dei molti segnali è senza dubbio l’appropriazione culturale indebita. È un metodo subdolo, passivo-aggressivo, per rendere invisibili le persone più soggette all’oppressione e alla discriminazione sociale. È il puerile e parossistico sovvertimento delle parti, che fa gridare al razzismo contro i bianchi, alla discriminazione degli etero, all’oppressione maschile da parte del genere femminile.

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Culture, Recensioni

Non Cercare L’Uomo Capra: il nuovo romanzo di Irene Chias

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Non Cercare L’uomo Capra è l’ultimo romanzo di Irene Chias, già autrice di Sono ateo e ti amo e Esercizi di Sevizia e Seduzione. La lettura del romanzo, seguendo il particolare codice narrativo di Irene, è facile, immediata. Meno immediata è l’elaborazione dei tanti messaggi che contiene. Non ha la presunzione di essere un testo di divulgazione di senso politico, un saggio, una storicizzazione degli eventi, ma è lo sguardo attento, curioso, lieve e ironico, di un’autrice che lascia ai personaggi libertà di indagine sul mondo degli altri, dell’altro. Esplora la diversità in termini intersezionali, e descrive la povertà, la differenza di ruoli di genere, la differenza culturale, religiosa, economica, di persone che vengono interrogate con abilità e notevole capacità di sintesi.

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Antirazzismo, Antisessismo, Autodeterminazione, Critica femminista, R-Esistenze

Di alcuni antirazzisti un po’ sessisti

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Sara scrive:

Raramente scrivo riflessioni personali su facebook.
Ritengo la mia vita privata e i miei pensieri qualcosa da custodire con un minimo di cura; proprio per questo, pubblico solo quando ritengo di dover comunicare un messaggio che abbia qualche tipo di valenza sociale.

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Antiautoritarismo, Antirazzismo, Comunicazione, Contributi Critici, R-Esistenze

Religione e intersezionalità: intervista a Sonny Singh

Yu traduce questa intervista con questa premessa: “ho avuto delle piccole difficolta’ a tradurre questa intervista poiche’ gli studi sulle identita’ razziali o la parola ‘razza’ in Europa continentale sono davvero pochi. A differenza dell’America e di altri paesi anglofoni. Quindi ho tradotto la parola ‘Race’ con la parola ‘razza’ mentre per ‘brown person’ ho tradotto con ‘persona di colore’ (anche se non e’ la stessa cosa). Questo mostra una (semi)lacuna di studi intersezionali in Italia sul concetto di identita’ razziale pertanto la traduzione mi risulta difficile per alcune parole. La parola ‘razza’ in inglese non ha lo stesso significato che diamo in Europa continentale. Non e’ (solo) il colore della pelle (o un termine derogatorio da bannare) ma e’ associata all’identita’e molto di piu’.”

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Antisessismo, Critica femminista, La posta di Eretica, Precarietà, R-Esistenze

Se gli uomini avessero più ascolto tra le femministe

Sintesi di una discussione difficile da sostenere. Esistono i femminismi. Esistono tanti modi, tante pratiche, per portare avanti le proprie rivendicazioni. La parte difficile arriva quando un uomo si permette di mostrare un po’ di senso critico, invitando a guardare anche altrove, e alcune donne si irrigidiscono e si rifugiano in una zona confortevole fatta di dogmi, di saperi precotti e di slogan utili in ogni circostanza.

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Critica femminista, R-Esistenze

Virginie Despentes: il femminismo è stato la rivoluzione più importante del XX secolo

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Da IncrociDegeneri:

Da Diagonal Periodico, una intensa intervista a Viriginie Despentes che, a partire dal suo ultimo romanzo, Vernon Subutex 1, ci parla di guerra di classe dichiarata dall’alto, Nuit Debout, gentrificazione urbana e culturale, stupro e lo stato presente dei femminismi.

Virginie Despentes,  scrittor@ e cineasta, autor@  di Teoria King Kong (Melusina, 2007) e Scopami – romanzo e film – ha un aspetto che mette soggezione, ma delle maniere calorose. Si sente molto a suo agio tra i libri. Nella stanza dove ci troviamo ci sono diverse librerie e, prima di cominciare l’intervista, il suo sguardo si posa sulla copertina di alcuni di quelli, sempre a caccia di qualcosa di interessante. Ha curiosità di conoscere il punto di vista degli altri, curiosità che si manifesta nella necessità di sapere dei contesti simili a quello che attualmente sta vivendo in Francia. Insiste sulla sua età, 47 anni, e su quanto sia entusiasmata dalla forza dimostrata nella Nuit Debout. Questa emozione contrasta con il sentimento del romanzo che è venuta a promuovere alla Feria del Libro di Madrid, Vernon Subutex 1 (Penguin Random House, 2016), primo episodio di un racconto poliedrico dove si espongono tutte le fila di un tessuto generazionale.

Posto che la fine di questo romanzo è un inizio,  trattandosi di una trilogia, mi piacerebbe iniziare domandandoti della generazione che ritrai, una generazione persa, ma resistente, che è arrivata tardi alle battaglie per il capitale simbolico che si liberano nei social network, in internet, ma che, nonostante sia stata travolta dal presente, si tiene, sopravvive.

Ciò che a me interessa di tutta questa storia è un tipo di guerra di classe dichiarata dall’alto, che è stata molto più violenta, potente e intelligente di quanto si aspettava la gente della mia generazione. E’ una sconfitta della classe media, ora precariato. E la mia sensazione è di sorpresa; la mia generazione non si aspettava questo attacco, non avremmo potuto avvertire che avremmo perso tutto. Certo è che l’abbiamo visto arrivare, ma non credevamo che fosse tanto facile. E’ la velocità che ci ha sconcertato. Per questo mi interessava soprattutto l’allegoria, il simbolo di come è scomparsa la disco, in maniera simile a come è scomparsa la Germania dell’Est. La questione chiave è che la mia generazione, almeno la gente attorno a me, non si aspettava di rimanere senza niente a cinquant’ anni. Trovandosi tra due generazioni, la tua e quella dei miei genitori, probabilmente ci siamo ritrovati più confusi: abbiamo visto scomparire tutto un mondo, non capiamo molto bene dove ci incastriamo e ci sentiamo tra due realtà. Ma, contemporaneamente, come ti facevo notare prima, non ci ha colto del tutto alla sprovvista. E’ la velocità che ci ha sconcertato. Non abbiamo risorse, però abbiamo una super forma fisica che ci spinge a domandarci: e ora, che facciamo?

Lo vedi come un potenziale

Vedo intorno a me che, per sopravvivere, dovremo convivere, in modo collettivo, perché non avremo molte altre opzioni. E’ probabile che ci tocchi sperimentare altri modi di invecchiare, tessendo reti di solidarietà, certo non abbiamo risorse materiali, ma sì che abbiamo forza fisica e voglia di fare cose.

In questo senso, evidenzi una mancanza di fiducia nelle istituzioni, in questo presunto Stato sociale?

In Francia è completamente distrutto.  La domanda del sì o no allo Stato era una questione rovente negli anni 80 e fino agli anni 90; ora non ha senso,  l’1% ne beneficia ancora. Stanno distruggendo tutte le istituzioni pubbliche, ma in Francia lo vedo più da vicino. Da due legislature fa e non smetteranno domani. Quello che sta accadendo in Francia lo vedo chiaramente come uno stupro: smantellano lo Stato, piaccia o no; e meglio se ciò che vogliono da te lo possono ottenere con la forza. Le istituzioni, così come le ho conosciute io, sono totalmente distrutte e se ancora esistono, sono così corrotte che il risultato è lo stesso. Siamo agli albori di una nuova fase di sfruttamento del lavoro, una fase in cui la maggioranza della gente sarà completamente inutile. No sto parlando di un gruppo marginale di proletarizzati, mi riferisco a delle autentiche inutilità. Allora che faranno con questa gente? Entriamo nella logica del campo di sfruttamento del lavoro, del campo di concentramento. Credo che non sarebbe fuori da ogni logica pensare che nella testa dei potenti si possano trovare alcune idee relazionate con lo sfruttamento del corpo; risorse con cui poter fare esperimenti nel campo farmaceutico, per esempio. Ciò che forse non sanno è che la resistenza sarà feroce, sia essa nella forma del terrorismo islamico o dell’estrema sinistra. La nostra conoscenza della storia è molto più sofisticata di quanto credono. In Francia è evidente in questi giorni, il paese funziona con la nostra forza e siamo ogni volta più numerosi. Dopo gli scioperi, siamo più coscienti del fatto che possiamo fermare il paese.

Ci attende, dunque, una resistenza

Lo penso e lo spero. O forse lo penso perché lo spero. Saggi come Shock Economy di Naomi Klein ti permettono di capire fino a che punto è sistematizzata questa forma di controllo. Ugualmente, penso che non si rendono conto del fatto che abbiamo una gran quantità di strumenti a nostra disposizione, e in questo penso ad internet come molto spirito critico, ma nello stesso tempo vedo il potenziale di strumento per sapere, per apprendere. Donna Haraway, nei suoi ultimi testi, parla di queste situazioni in opposizione che si fanno forza a vicenda. Per esempio, la resistenza dell’estrema sinistra in Francia coesiste con la resistenza del terrorismo islamico. Coesistono, ma non si incontrano, perché non hanno niente a che vedere l’uno con l’altro.

In Vernon Subutex 1 ci sono differenti ritratti di quelli e quelle che hanno colto e vissuto l’industria culturale negli anni 80 e 90, personaggi che sono riusciti a vivere di questa. Inoltre, il tuo romanzo inizia con uno sgombero. Mi domandavo cosa pensassi della cosiddetta “classe creativa” (Richard Florida), soprattutto ciò che ha comportato la gentrificazione, non solo urbana, ma anche culturale. Ossia, fino a che punto l’industria culturale, anche quella musicale, è stata complice della situazione presente.

Per molta gente negli anni 90 l’unica destinazione possibile era il neoliberalismo. Abbiamo creduto di poter entrare in questo gioco e poterne uscire puliti, però con il passaggio di secolo ci siamo accorti che nessuno esce pulito da lì. Esci morto, svuotato del tuo contenuto. E qui penso alla figura di Kurt Cobain e del proprio Nirvana come un sintomo interessante, pur non essendo complice, fu, da parte sua, il primo sorpreso dal successo. E’ successo anche nell’ambito dell’arte, o in quello del romanzo, e non era qualcosa che molti di noi cercavamo, semplicemente è accaduto. Come un’onda che ti travolge e da lì ti domandi: “merda, come ne esco”. Non abbiamo trovato la risposta. Ma credo che essere complice o no, non sia la cosa più importante. Quello che più mi sconvolge al veder di ritorno i movimenti sociali è la mancanza di film, di romanzi che spingano all’ azione. E’ come se l’arte, la cultura, fossero in uno stato di depressione. E non è che la gente non si aspetti niente dell’arte, è piuttosto una certa incapacità di produrre canzoni, film, romanzi, testi politici….e non so a cosa è dovuto.

Con “essere complice” mi riferivo a come gli artisti vengono utilizzati per gentrificare spazi, anche senza che ne siano coscienti

Questo è molto interessante. A Parigi, i quartieri che si gentrificano sono quelli in cui la gente come me può vivere. Forse dovremmo studiare perché non possiamo entrare nei quartieri delle classi sociali elevate, quelli che non hanno bisogno della gentrificazione. Io vivo in un quartiere del nord di Parigi che si chiama Belleville e che sta soffrendo un processo di gentrificazione. Ciononostante, non mi sento un agente di pulizia. Ho sempre vissuto in quartieri popolari, non ho soldi per permettermi una casa nei quartieri ricchi. Como ci infiltriamo lì? Noi, artisti, dovremmo pensare di più a come entrare nei quartieri ricchi e distruggere, metaforicamente, queste zone ultra protette.

La tensione che esiste in ciò di cui stiamo parlando, e nel romanzo, è catalizzata dalla tua protagonista, Vernon, in una inerzia suicida impensabile di questi tempi in cui il pragmatismo vince sempre la battaglia.

Inerzia suicida è una buona descrizione. In certi momenti, mi trovo tra il pessimismo totale e la necessità di una alternativa. E, contemporaneamente, mi affascina questo sistema che chiede alla vittime di rispondere di questo. E’ come chiedere alle donne, che sono le principali vittime, di fare qualcosa, quando la cosa interessante sarebbe che gli uomini cominciassero a cambiare atteggiamento. Credo che sia più importante sapere chi detiene il potere, qual è la sua agenda, per colpire il sistema alle spalle e tirarne fuori qualcosa di diverso. Non dobbiamo sentirci troppo in colpa per un sistema che ci opprime con tanta forza. Dobbiamo stare attenti a non far troppo male a noi stessi per essere forti, per resistere. Anche perché non è giusto sentirsi sporche perché si fa parte di un gioco che non abbiamo scelto. Ma nonostante ciò, non possiedo soluzioni vere e proprie, però la ricerca mi sembra importante.

Come vedi il presente del femminismo, tanto nell’ambito di internet quanto nell’influenza dello stesso nell’attuale cultura popolare?

 Per me il tema del femminismo è molto complesso. Stanno succedendo molte cose nello stesso tempo. Internet ha trasformato la realtà di tutta una generazione: tutti i testi, gli articoli, molti libri, sono accessibili per chiunque, qualcosa che era impossibile quindici anni fa. L’ecosistema sociale è cambiato. Per esempio, di fronte ad uno stupro, ora è possibile non sentirsi tanto isolata come prima, Qualcosa di simile accade nella comunità femminista. Grazie a questa, le ragazze di vent’anni hanno la possibilità di accedere ad una cultura che a noi è costato una decade per acquisire. Ripongo molte speranze nelle femministe giovani; ho curiosità di sapere che tipo di sintesi faranno del presente. Per esempio, posizionarsi nel genere e nella razza mi sembra molto più complesso di prima e questo è un progresso. Con internet è difficile ignorare altri femminismi, come quello intersezionale. Per questo sono speranzosa vero tutto quello che sta per venire da queste donne giovani che hanno a loro disposizione tanti strumenti. Contemporaneamente, ho la sensazione che da quando avevo io vent’anni ad oggi il mondo sia cambiato radicalmente. Nessuno lo riconosce, ma la pratica militante del femminismo in questi ultimi quarant’anni, nelle sue molteplici manifestazioni, ha cambiato tutto. Incluso quelle donne che dicono che il femminismo non le interessa.

Il femminismo ha cambiato allora le finzioni?

Sì. Ora esistono personaggi che erano impensabili negli anni 90. Quando pubblicai Scopami il mondo era completamente diverso a quello di ora, e mi fa molto piacere che siamo andati avanti. Ma, nello stesso tempo, altre questioni evolvono molto lentamente nell’ambito pubblico. Gli uomini continuano ad avere il potere di parola nelle assemblee, in politica. In Francia, nei quartieri precari musulmani, tanto le ragazze come le donne della mia età difendono discorsi reazionari mediati dalla religione. Ma, a loro modo, queste donne sono testimoni di tutto quello che sta succedendo, di uno scenario in cui si aprono altre possibilità., ragion per cui non vorrei smettere di sottolineare che, dal mio punto di vista, il femminismo è stato la rivoluzione più importante del secolo XX e ritengo interessante che gli uni e le altre lo stiano scoprendo. Credo che ci troviamo in un momento molto interessante per immaginare altre forme di relazione, altre finzioni.

Il tuo saggio, Teoria King Kong, senza andare troppo lontano, ha implicato per tutta una generazione il poter immaginare, per mezzo di un film di Peter Jackson, la possibilità di un’altra sessualità, “polimorfa e iperpotente”. Sento la mancanza del rischio. Sembra che ormai nessuno voglia immaginare altri mondi al di là del nostro.

Lo abbiamo commentato prima. Sembra che abbiamo perso la potenza, la scintilla e internet non sembra che ci stia aiutando in questo caso. Però, quando ti dico che ripongo speranza nei testi delle femministe giovani, sono sincera. Ripongo speranza anche in altri punti di vista femminista. Sono infuriata con gli uomini. Non riesco a capire perché in questioni così gravi come lo stupro sono le donne che si riuniscono a parlarne e non gli uomini; ancor più quando questo accade in ambiti di sinistra e dei movimenti sociali.

Gli uomini devono pensare che lo stupro è affar loro, noi ne abbiamo fin sopra i capelli. Se non vi interessano i nostri problemi, per favore, ditelo chiaramente e faremo una guerra. Ma, se decidiamo di vivere insieme, sedetevi a pensare e comportatevi di conseguenza. Siate femministi, ma siatelo veramente.

Autodeterminazione, Comunicazione, Critica femminista, Femministese, R-Esistenze, Recensioni

Nel Nome della Madre – commentando un’intervista a Luisa Muraro

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L’ennesimo articolo/intervista che parla del libro di Luisa Muraro [che ho recensito QUI, con successive analisi qui] raccoglie la paziente attenzione di chi deve soffrire fisicamente per arrivare alla fine. Ho raccolto un po’ di opinioni, nel senso che ne abbiamo discusso, ed è così che vorrei raccontare come abbiamo vissuto questo articolo. Valutate i commenti dal punto di vista umano, per prima cosa, e ovviamente anche politico, perché Muraro parla di persone in carne e ossa e non di “cose”. Quando impone ruoli alle donne e pone limiti ai generi e decide che quel che in natura non esiste non si sa cosa sia, cancella dalla faccia della terra persone, esseri umani, volti, voci, corpi. Da questi corpi – senza alcun intento offensivo per la Muraro/persona, ragionando delle sue opinioni politiche/filosofiche/femministe – arriva questa voce che spero riceverete chiara e forte.

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Critica femminista, Femministese, Pensieri Liberi, R-Esistenze

Quelle che giudicano Butler e l’intersezionalità come nemiche delle donne

Car*, dopo aver scritto il post “La donna privilegiata e il femminismo intersezionale” ho letto, su un gruppo facebook che fa riferimento al “pensiero della differenza”, alcuni commenti ai quali avrei voluto rispondere in quella stessa pagina ma, per un motivo o per un altro (soprattutto per problemi di salute), non ne ho avuto il tempo. Poi leggendo e rileggendo mi sono anche resa conto che quelle risposte, in realtà, costituiscono un repertorio tipico di un certo femminismo che liquida alcune critiche o altri femminismi banalizzando, delegittimando con attacchi velatamente personali, teorizzando complotti. Quel repertorio rende, a mio avviso, impossibile la dialettica tra femminismi perché se non la pensi come loro allora ti considerano una nemica delle donne. Lo stesso capita per chi commenta il post “Sul dis-ordine simbolico della beddamatresantissima“, ancora sulla stessa pagina, e qui mi consegnano perfino strane teorie su quel che avrei mangiato a pasqua (nessun agnello, di sicuro).

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Critica femminista, Culture, R-Esistenze

Comprendere il patriarcato – bell hooks

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Questa è la traduzione in italiano di un testo scritto da bell hooks che potete trovare in lingua originale QUI. Alcune precisazioni: “quando l’autrice scrive “Papà”, riferendosi a suo padre, lo scrive sempre con la P maiuscola. Ironico. Nella traduzione non troverete desinenze “a prova di gender”, perché probabilmente avrebbe reso difficoltosa la lettura, e perché l’autrice stessa non lo fa. Inoltre alcune prospettive proposte sono neanche troppo velatamente eteronormate. Il testo analizza il problema all’interno della società americana dei primi anni 2000, quindi non penso” – scrive la traduttrice – “che sia superato o che vi siano notevoli differenze tra il sistema neoliberista patriarcale americano e quello italiano, perlomeno non per ciò che ci interessa.” Grazie a Federica per la traduzione e buona lettura!

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COMPRENDERE IL PATRIARCATO, bell hooks

pubblicato in: The will to change: Man, masculinity and love, Simon and Schuster, 2004
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Antiautoritarismo, Autodeterminazione, Critica femminista, Precarietà, R-Esistenze

La donna privilegiata e il femminismo intersezionale

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È che le donne bianche, eterosessuali, cis, benestanti, cristiane, non si percepiscono come classe privilegiata. Immaginano di stare “con” quelle persone che nominano, dall’alto della propria posizione, e nel nominarle le rendono “oggetti” della loro attività normativa e moralizzatrice. Nominano le povere, le donne nere, le straniere, le orientali, le lesbiche, le trans, e nel farlo stabiliscono limiti, paletti, e danno appeal ad un imprecisato numero di caratteristiche che presto o tardi diventeranno obiettivo, desiderabile, per le classi inferiori.

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Antirazzismo, Antisessismo, Critica femminista, R-Esistenze

Meloni non è un simbolo dell’emancipazione femminile

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Due cose sulla faccenda che riguarda la Meloni in qualità di candidata sindaca di Roma. L’uscita di Bertolaso fu alquanto infelice, e così anche quella di Berlusconi, ma dopo la autoinvestitura della Meloni in corsa per occupare l’ambito ruolo istituzionale paragonandosi al simbolo romano per eccellenza, la lupa che allatta i cuccioli, bisogna pur dire che per quanto io sia una “mamma” giammai userei per me stessa l’immagine della lupa per frantumare gli stereotipi sessisti alimentati dalle parole dei due machi dell’italica politica. La lupa, con i cuccioli, il riferimento all’istinto animale, la sacra madre che fa di tutto per difendere i suoi figli, è l’argomento principale che serve ad alimentare quello stesso stereotipo sessista che vorrebbe la Meloni fuori dalla scena politica.

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