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La bambina “irruenta” e l’obbligo di “umiltà” verso il carabiniere

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Nelle scuole danno lezioni di “legalità“. Legalità corrisponde anche al rispetto per le forze dell’ordine. Un carabiniere va in una scuola di un paese della bassa Val Susa a parlare di bullismo. Una bambina fa delle domande e chiede perché le forze dell’ordine in Val Susa non si comporterebbero in modo “legale“. Difficoltà, disagio, imbarazzo, applausi per la bimba. QUI la storia raccontata da SpintaDalBass. Repubblica Pro/Tav non ci sta e ci tiene a ripristinare l’ordine e la disciplina tra la popolazione NoTav che si è mostrata troppo entusiasta per la cosa. Dunque ridimensiona il fatto, lo inserisce in dinamiche infantilizzate, spoglia di consapevolezza la bambina, manca poco che nell’articolo non si dica che la bimba ha problemoni. Infine un paio di dichiarazioni dell’insegnante che dice che la bambina sarebbe stata “irruenta” e poi usa la parola “umiltà” da adoperarsi nei confronti dell’interlocutore (o dell’autorità?). Una gran bella lezione di democrazia. Davvero.

Perciò bisogna ripassare i perché, i percome e gli obiettivi di una educazione che riporti la irruenta fanciulla all’umiltà.

Innanzitutto dovrà essere più rispettosa per l’autorità, più incline all’obbedienza, umile nell’ascolto di qualunque titolare rappresentante delle istituzioni patriarcali, salvo poi confonderle le idee e dirle che in casa dovrà essere libera di dire No al suo compagno e se quello non l’ascolta lei potrà anche essere libera di non mostrarsi umile, potrà essere irruenta e poi rivolgersi ad un tutore, un altro, di fronte al quale invece dovrà mettere da parte l’irruenza e mostrarsi di nuovo umile.

In tutta questa schizofrenia di messaggi da dare alla bambina lei si ritroverà inserita in un meccanismo che la porta a obbedire alle norme di genere, a quelle economiche, a chiunque stabilisca dove, come e quando lei potrà respirare. Impiegherà anni prima di capire che quella che la maestra chiamava “irruenza” era critica e dissenso e che la parola “umiltà” si riferiva al rispetto per l’autorità di un uomo. In divisa. Suo prossimo e indispensabile riferimento per realizzare qualunque cosa. Se lui non vuole non si fa. E nel frattempo chiunque le dirà che il pericolo sono quegli e quelle altre: disobbedienti. Pericolosi. Branchi di gente infausta che crea problemi a un pezzo d’umanità che vuole essere libera di fare quello che gli pare sulla pelle altrui. Ribelli. Brigantesse. Cattivissimi. Paura. Infine quel tutore ti servirà a proteggerti (da chi?). Dunque rispettalo. Con umiltà. Posso aggiungere un mah!?!

Un po’ di foto, per gradire.

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6 pensieri su “La bambina “irruenta” e l’obbligo di “umiltà” verso il carabiniere”

  1. Condivido quanto espresso nell’articolo, tranne un aspetto che è palesemente fuori dalla realtà. Mi riferisco all’attribuire al carabiniere uomo il rispetto che la bambina dovrebbe avere per l’autorià rappresentata nel frangente dalle forze dell’ordine. Che fosse presente un uomo carabiniere è, a mio avviso, solo un caso in quanto ci sono (finalmente!) le donne carabiniere. Se la bambina si fosse trovata una donna carabiniere a tenere lezione la cosa cambierebbe circa l’umiltà dovuta? A mio avviso no.

    1. certo. ma l’istituzione militare ha comunque una origine al maschile. io dicevo in questo senso. l’istituzione tutoriale, quella che ti destina i tutori, è paternalista, patriarcale, e rappresenta il ruolo di genere che impongono a te, uomo, per quanto tu possa rifiutarlo. in ogni caso la responsabilità è assolutamente reciproca nell’addomesticare questa bambina all’obbedienza. non per nulla sottolineo il fatto che a chiamarla irruenta e a parlare di umiltà sia stata la dirigente scolastica.

  2. La Repubblica a suo tempo ha dato grande enfasi al fatto che molti genitori NOTAV fossero stati segnalati alla procura e che la procura avesse incaricato i Servizi Sociali a svolgere indagini per verificarne la competenza genitoriale. L’atto incriminato era l’aver portato dei bambini a manifestazioni violente con alto grado di rischio e quindi pregiudizio per i minorenni. Per chi non intendesse, si trattava delle manifestazioni no tav.
    Lasciando perdere l’opportunita’ o meno di utilizzare i servizi a fini persecutori, cio’ che duole notare – dal punto divista della strettissima comunicazione giornalistica – e’ che La Repubblica non abbia mai dato alcuna rilevanza al fatto che tutte le famiglie “indagate” si siano rivelate “perfettamente adeguate e attente” e infine “consapevoli dei bisogni dei minori a carico”

    1. Io non lascerei perdere che i servizi sociali sono usati per il controllo sociale di genitori con figli mionrenni, in quanto è proprio questo uno dei primi scopi reali dei servizi sociali (ss). In situazioni di separazione e divorzio spessissimo il loro intervento è finalizzato a “raddrizzare” quel genitore che non si vuol mettere da parte riguardo la vita dei figli. In altri casi i ss contribuiscono a spedire immotivatamente negli istituti (ex orfanotrofi) un bel po’ di bambini e ragazzi per mantenere vivo il business che gira attorno ai minorenni.

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