Antiautoritarismo, Satira

Solidarietà alla vittima della molesta leccatrice di visiera

polizia-caschi-blu

Volevo dare la mia solidarietà al poliziotto violentato perché deve essere stato davvero terribile vivere quello che ha vissuto lui. Nulla di paragonabile, ovviamente, a quanto hanno vissuto le donne che dopo Bolzaneto denunciavano di aver subito molestie o a quelle che denunciano uno che sta in questura e che in cambio di un permesso di soggiorno chiede servizi sessuali.

Deve essere stato tristissimo per lui restare lì in condizioni di inferiorità quando dall’altra parte c’era una persona che si permetteva di abusare del proprio potere a mettergli le mani addosso. Deve essere stato terribile come lo è stato per quella ragazza stuprata a L’Aquila da un militare, terribile come per lei che è quasi morta per quella vicenda. Io sono più che certa che il poliziotto violentato capirà perfettamente quanto sia stato atroce, triste, sentirsi dire, lei e tutte le altre, prima o dopo, che se l’erano cercata, perché quando una donna denuncia uno stupro, quando viene toccata, palpeggiata, apostrofata in modo negativo, sfottuta, molestata, quello che si sente dire è sempre che se l’è cercata, ed è dura dover combattere contro gli insulti, il sessismo, quando tutto questo ricade sulla tua pelle. Figuriamoci quanto questo possa essere brutto se poi ad agire come gruppo unico è una schiera militare, un plotone di soldati, che si coprono l’un l’altro, e che di fatto vedono spesso le donne come corpo estraneo anche se dicono di volerle difendere.

Sono davvero solidale con questo poliziotto che mentre la notizia passerà di media in media riceverà tanti insulti, gli diranno che non doveva uscire, né vestirsi in quella maniera. Poi beccherà persone che gli diranno che è un puttano, lo chiameranno troio, e nel corso di un eventuale processo gli toccherà ricordare le sue sofferenze passo passo, un grande trauma ché certo alcun processo potrà mai risarcire e serve di sicuro una condanna dura, pena certa, un tot di anni di galera, perché le donne hanno da imparare il rispetto per la divisa e l’uomo. Più per la divisa che per l’uomo, in effetti. Dunque al banco dei testimoni siederà direttamente un casco, il casco violentato, che parlerà descrivendo tutto nei minimi particolari, del livello di umidità trasferito con quelle terribili gocce di saliva, di come aveva sognato di arrivare vergine al matrimonio affinché dall’unione tra lui è una caschessa nascessero tanti bei caschetti, di come si era sentito solo e di come, infine, tutti quanti avevano puntato su di lui l’indice per dirgli che era colpa sua, ché s’era lucidato troppo, che aveva il diritto di restare lì a partecipare allegramente alla barriera umana per non fare passare quella gente.

Sono solidale e partecipo pienamente al suo dolore, così immagino che casco e uomo non usciranno più di casa, che bisognerà incoraggiarli a prendere di nuovo parte ad altre belle operazioni di polizia nelle piazze. Immagino che tutto il paese mormori e che gli sia impedito di studiare, vivere, lavorare, ché è quello, solitamente, il destino riservato a chi subisce una violenza.

Partecipo, davvero, e sono sconcertata per il comportamento dei media che diffondono tesi orribili, che so, come quella in cui si diceva che sfondare vagina e organi interni di una ragazza era stato frutto di “sesso estremo consensuale” o come quella in cui si diceva che “a lei in fondo era piaciuto”. Chissà cosa s’inventeranno ora nei confronti di quest’uomo.

Poi trovo davvero coerente che vi siano uomini che quando c’è da ragionare di stupro contro le donne patteggiano, attenuano, banalizzano, rimuovono, parlano di riduzione pena e garantismo, ma se viene accusata una donna per leccata impropria alla visiera la vogliono spedire dritta al cappio ché queste donne disgraziate devono imparare.

Imparare il rispetto per la divisa, per l’autorità, per il potere. Rispetto, mai sberleffo, sfottò, nulla di nulla, perché la violenza è proprio questo, dicono: è quando uno che sta in basso, su un gradino inferiore della scala sociale, si permette di risalire e ha di che ridire contro quello che sta in alto. Avoja a dire che l’eguaglianza non è una cosa che si deve mai rivendicare. ‘Ste femmine non vogliono proprio imparare.

E’ l’omo quello che può chiamarti puttana se cammini in strada ché se glielo contesti ti fanno un pippone così per il rispetto al diritto di libera espressione. E’ quello che può ostruire il tuo cammino quando sei autodeterminata. E’ quello che può perquisirti, toccarti, violarti, perché quello è l’ordine naturale delle cose. Sta segnato da qualche parte in uno di quei libri scritti da uomini per gli uomini.

Dunque ella va punita perché ha violato questo ordine preciso. Lei di mestiere può solo fare la vittima che il tutore andrà a difendere traendone stima sociale ché se lei non mostra sufficiente rispetto per la divisa non potrà mai arrivare. E’ tutta una questione di onore, di morale, di ripristino delle gerarchie e delle regole sociali.

Lei ha solo da essere grata, con lo sguardo amabile, la posa desiderosa di essere salvata, presa e sedotta dal tutore. Schifarlo pubblicamente non si può. Non lo puoi fare. Perché quella si che è una violenza.

Non avere rispetto per un casco, per la divisa o per l’uomo che la indossa: è quella, davvero, la violenza di cui soffre l’intera società. Ed è una vera emergenza sociale. Direi che bisogna subito fare una legge, una manifestazione, scendere in piazza contro le leccatrici di caschi della polizia. Direi che bisogna immaginare un reato ad hoc perché lo stupro di visiera è cosa proprio atroce. Ci turberà vedere le vittime di questo reato grave sfilare nelle trasmissioni televisive, nascoste per la vergogna, a raccontare di spalle quelle terribili vicende e le atroci sofferenze che a loro sono state inflitte. La trasmissione televisiva che svelerà il dramma che capita sovente dappertutto sarà “Leccata Criminale” e lì si parteciperà alla ricostruzione della vita di quell’uomo, da che era piccolo, con la speranza di fare cose belle nella società, fino al momento tragico di quell’incontro che gli avrebbe segnato per sempre la vita.

Davvero, sono molto dispiaciuta. Perché i tanti “zoccola” che la ragazza ha ricevuto, nei giorni in cui i media raccontavano del suo scarso rispetto per la divisa, effettivamente non sono stati sufficienti. Una crocifissione pubblica è assolutamente necessaria. Necessaria. E così la fame di “giustizia” si placherà.

Solidarietà. E ancora:

Quando toccano uno toccano tutti (i caschi)!

—>>>Presto saranno inseriti questo tipo di delitti tra quelli descritti in Bollettino di Guerra

Ps: comunque, non vorrei dirlo ma… la violenza sessuale è un reato perseguibile solo a partire da una querela della persona offesa. 

19 pensieri su “Solidarietà alla vittima della molesta leccatrice di visiera”

  1. In questa vicenda devo dire che non concordo con questa interpretazione.
    A partire dalla “leccata di visiera” in sé, e dagli atti conseguenti, dati, se ho ben capito, in solidarietà a Marta, non capisco bene per quale motivo occorra prendersela con una persona per i crimini commessi da un’altra solo perché fanno lo stesso mestiere (ok, un brutto mestiere, il birro, ma la sostanza non cambia).
    Il fatto che non sia d’accordo con questo gesto, peraltro, non significa che io intenda denigrarne l’autrice.

    Un’altra cosa su cui non concordo è l’accostamento della denuncia di “violenza sessuale” fatta dal poliziotto ai fatti, ben più gravi, di Bolzaneto e dell’Aquila. Certamente siamo di fronte a episodi non comparabili per gravità, ma la maggiore gravità di un episodio non cancella l’altro: il poliziotto evidentemente si è sentito minacciato da quel gesto, che ha interpretato come un’intrusione nella sua sfera privata e come potenziale pericolo.

    Ci tengo a precisare che questo non mi impedisce di continuare ad apprezzare i tuoi scritti, anche quando non sono d’accordo con la tua posizione 🙂

    1. Non si tratta di Marta e non ho letto che sia stata la persona “vittima” del gesto ad aver denunciato. E’ un altro che dice di averlo fatto al posto suo. Leggi il link. 🙂

  2. Un piccolo particolare: quando una donna è violentata, a denunciare non è la sua associazione di categoria. Nel caso di questa “violenza” al casco antisommossa, non è in casco a denunciare o il suo portatore insano, ma un sindacato di sbirri.

  3. Sono daccordo con la ragazza che ha fatto questo gesto umanissimo. Non sono daccordo con chi ci vuole strumentalizzare sopra e tirare in ballo tutta la storia della “liberalizzione delle donne”.

  4. XD Chiaramente una delle accuse più gonfiate di sempre. Tecnicamente ci sta il fatto che lui era pubblico ufficiale in servizio e tutte le conseguenze legali della cosa. Ma “violenza sessuale”?! Urge un vocabolario…

  5. E va bene, la denuncia per violenza sessuale è più surreale che assurda, concordo.
    Anche perché il responsabile del sindacato che ha sporto denuncia la giustifica dicendo che “… se un poliziotto va a baciare un manifestante a caso viene fuori la terza guerra mondiale…”
    E vorrei ben vedere! Un poliziotto è un tutore dell’ordine, un pubblico ufficiale, mentre un manifestante è un semplice cittadino; non capire che non ci può essere simmetria completa nei relativi comportamenti è decisamente grave.
    Ciò detto, io con la “leccatrice di visiera” non solidarizzo affatto, perché la fanciulla ha descritto i poliziotti come “porci schifosi, li appenderei solo a testa in giù” e quindi, anche senza scomodare Pasolini, direi che la ragazza non ha capito un accidenti.

  6. Il gesto, come anche la ragazza ha confermato, era una provocazione, e un atto di protesta. Un atto di protesta dovuto e sacrosanto in un paese che si dice democratico (ancora ho la forza di riferirmi all’etimo del termine), contro le violenze subite dalle donne dalla polizia italiana. I fatti sono sotto gli occhi di tutti. Tanto di cappello alla coraggiosa ragazza, alla quale spero giungano i sensi della mia stima. Le forze dell’ordine dovrebbero riflettere sulle proprie responsabilita’ e sottolineo responsabilita’, sui propri doveri sociali, prima che sui propri diritti, entrambi conferiti, per definizione, da quel popolo la cui meta’ e’ costituito da donne come Nina e Rosa. La polizia rifletta attentamente sulle risposte che da’ ad un atto chiaramente simbolico, fatto in risposta ad atti tutt’altro che simbolici, e gravissimi.
    In Italia! Non nel profondo recesso di remote localita’ dove i secoli passano senza storia scritta … In Italia. Da italiano all’estero, mi vergogno profondamente.
    Ma se proprio devono salvare la faccia, che le facciano una piccola multa, altrettanto simbolica, e si cospargano il capo di cenere!! E che a questi atti di civilta’ (mi riferisco al bacio di Nina), ne seguano altri, da parte della polizia. Scovate i colpevoli di questi ed altri atti di barbarie, di cui troppo spesso leggiamo, e puniteli in maniera esemplare.
    Sui numerosi commenti machisti e sessisti letti altrove non commento: si commentano da se’.

  7. Non penso che le vittime di violenza sessuale si sarebbero accontentate di un bacio seppur sprezzante per vendicare la violenza subita.
    Se lei avesse dato delle sprangate al poliziotto sarebbe stato diverso. Quello che mi dà fastidio è l’utilizzo di un’arma di seduzione in un contesto improprio.
    un conto è criticare anche duramente la gestione delle piazze da parte della polizia un altro conto è usare le loro stesse armi. ..
    sul fatto che non sia stato lui a denunciare da conto si quanto poco siamo consapevoli come uomini della violenza di cui a volte siamo vittime.

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.