Affido condiviso, Genitori separati

Il cromosoma P

C’è un pezzo di Claudio Risè che stabilisce differenze e dice che il padre non dovrebbe indossare il grembiulino e fingere di essere “madre”, attribuendo perciò un ruolo specifico ad ogni genitore, sulla base del genere, confondendo il sesso con gli stereotipi di genere assegnati ad esso per cultura. Parere evidentemente speculare e opposto a quello di donne/madri che sostengono a loro volta come la differenza di genere debba essere ben espressa nei ruoli genitoriali. La madre ha da fare solo la madre e il padre ha da fare solo il padre. Uno dei papà con i quali sono in contatto, e che è già intervenuto su questo blog, però non è d’accordo. Ecco quel che scrive.

Il cromosoma P

di Capitan Daddy

Le generazioni cambiano e siamo cambiati anche noi, ora siamo nell’era in cui i rapporti tra genitori e figli sono molto diversi rispetto a quando eravamo bambini negli anni ’70; le separazioni allora potevi contarle in un rapporto 1/100 e nella maggior parte delle famiglie il padre lavorava e la madre faceva la casalinga: beato boom economico; adesso, invece: si vive nella speranza di trovare un lavoro, bisogna lavorare tutti e due per forza, altrimenti non si sbarca il lunario, quindi è normale che dei figli ci si occupi entrambi; la divisione dei compiti non è più netta come una volta: il padre spesso fa la madre e viceversa.

Ne ho la prova anche quando ogni tanto i miei figli mi chiamano “mamma” per poi scusarsi e richiamarmi “papy, papo o daddy” e non ci resto neanche male; all’inizio si, poi però una volta gliel’ho chiesto e per tutta risposta mi son sentito rispondere: ”papy non è che ci sbagliamo, è che tanto stare con te o stare con la mamma è uguale, pensa che spesso chiamiamo papy la mamma” e questa risposta mi ha rinfrancato parecchio.

Mi sono convinto, infatti, che in fin dei conti siamo interscambiabili, ciascuno con le proprie peculiarità, con caratteristiche individuali che restano molto personali e non dipendono dal genere o dal ruolo svolto; perciò non è vero che la madre può farla solo lei e non è vero che il padre lo può fare solo lui. Se penso alle cose che faccio per i miei figli, non c’è qualcosa che delegherei alla loro madre in quanto tale e non per una forma di egoismo o di egocentrismo, non perché voglio sentirmi il papà figo della situazione, ma semplicemente per il fatto che mi viene spontaneo pensare che se i miei figli hanno bisogno di qualcosa e lì ci sono io, perché dovrebbero aspettare per chiederlo a qualcun altro? Forse è una banalità però credo che l’impegno dedicato alla cura dei propri cari dovrebbe essere indipendente dal sesso e dal genere delle persone.

Tra l’altro non ci trovo niente di strano a far da mangiare ai miei figli. Se non c’è nessuno che cucina allora io non mangio? In fondo quali sono i compiti che dovrei sostenere? Devo lavare i loro indumenti sporchi? Devo scarrozzarli in giro per oratori e campetti? Devo correggere i compiti? Devo spiegare perché le api impollinano i fiori? Beh, ma questa è la vita, mia e di queste giovani persone per le quali darei tutto se servisse a farli stare bene. Chi pensa il contrario può anche tornare nelle caverne da dove probabilmente proviene.

Purtroppo, devo dire, che esistono situazioni in cui i bambini non riescono mai a godere della presenza e del ruolo di cura del papà, per via di leggi che favoriscono madri accentratrici le quali dopo una separazione escludono l’altro genitore fino a devastarne il rapporto con i figli: credono di poter crescere i figli da sole e credono che se nessuno interferisce, così facendo, proprio perché cresceranno quei figli da sole, allora sono certe che il metodo usato sarà il migliore possibile.

Secondo me, invece, i figli dovrebbero poter crescere a contatto con i due genitori, in ugual misura. Credo sia diritto dei bambini poter contare su più adulti e poter attingere all’educazione di mamma e papà. Perché gli adulti, diversi tra loro, con i quali saranno in relazione, possano fornire più elementi utili ad arricchire la loro personalità. Così i bambini realizzano la propria identità grazie al contributo di ogni risorsa possibile.

Il fatto è che, a prescindere dal nostro genere, nel DNA non esiste il cromosoma P e quindi nessun genitore nasce Perfetto, anzi siamo tutti uno diverso dall’altro, abbiamo pregi e moltissimi difetti. Perché siamo persone. Perché siamo umani. Per fortuna.

4 pensieri su “Il cromosoma P”

  1. se i ruoli genitoriali fossero nettamente divisi allora una specie come la nostra dove i piccoli hanno bisogno di 15-16 anni per raggiungere la piena maturità fisica si sarebbe estinta. Se pensiamo a periodi storici non molto lontani dove si moriva giovani e una malattia che oggi riteniamo banale sarebbe stata mortale vedremmo quanto fosse insensato avere genitori incapaci di essere intercambiabili. Le differenze esistono e sono anche importanti ma la morte di uno dei due genitori fino a poco tempo fa era un evento tutt’altro che raro e quindi l’altro avrebbe dovuto sostituirlo in qualche modo, (oggi è il divorzio a dividere, in fondo un miglioramento :-D)
    .

  2. “…il padre spesso fa la madre e viceversa…” avrei qualche perplessità nel definire cosa concretamente comporti fare il padre o la madre oggi.
    La mia esperienza genitoriale, molto simile alla tua e a quella di tantissimi altri, continua a non essere recepita nella prassi della giurisprudenza. Non è tanto un problema di “leggi” come dici tu, quanto del modo in cui queste vengono applicate. O meglio: disapplicate, in favore, appunto, di una astratta “prassi”.
    Quanto al fatto che i figli dovrebbero “crescere con entrambi i genitori in egual misura” sarebbe bello anche secondo me, ma non facilmente attuabile. Questo punto è finito per diventare terreno di scontro spietato fra chi insinua che i sostenitori lo sono perchè in realtà vogliono questo e quest’altro (quasi sempre, anche nelle sedi più “autorevoli” si continua a replicare il luogo comune che i padri se ne sarebbero sempre infischiati dei figli fino al momento in cui vengono costretti a pagare l’assegno di mantenimento e quindi solo allora cominciano a mostrarsi interessati ai figli) e i contrari (o meglio: le contrarie) lo sarebbero perché estromettere il padre permette loro di spolparlo di più e di usare meglio i figli come strumento di ricatto.
    C’è del vero nell’uno e nell’altro caso, ma l’origine di tutti i mali sta nel continuare a ragionare per categorie e tifoserie e nel rifiuto di considerare ogni singola situazione per quello che è.
    Sarebbe bello anche secondo me disporre in ugual misura di entrambi i genitori. Ma c’è chi ama buttarcisi a pesce e chi preferisce defilarsi, c’è chi si sente portato per l’educazione e l’accudimento e chi ci si annoia. Le persone danno il meglio di sè quando non sono forzate a fare cose che non si sentono adatte a fare. Perciò ci starebbero bene anche presenze sproporzionate, se questo non diventasse pretesto per le rivendicazioni conflittuali di cui ho detto.
    La verità è a mio parere una verità di misera meschineria: chi dovrebbe decidere non si vuole prendere le proprie responsabilità e, anzichè tenere conto dei dati oggettivi e riscontrabili, preferisce disporre astrattamente in linea con quello che si è sempre fatto.
    In fondo, qui da noi la prassi di non risolvere i conflitti per indurre la gente a litigare sempre di più è uno dei business più proficui.

  3. Beh, mi pare ovvio che padre e madre siano differenti e possano esprimere differenze sostanziali.

    Del resto tutto sta a capire cosa sia fare il padre o la madre.

    Certo se io cucino o stiro, non sto scimmiottando una donna, visto che cucinare e stirare (ma anche cucire o altro) sono stati ruoli normali da sempre per gli archetipi maschili di sempre: soldati, minatori e marinai. Viceversa se mia moglie guida, non fa finta di essere un maschio.

    Forse la questione è tutta lì, lasciare fluire la propria personalità (che sarà anche espressione culturale, pure se io ci credo poco, ma esiste) e farla venire fuori.

    Poi resta il fatto che mia moglie guida come io stiro: da schifo.

    🙂

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