Affido condiviso, Genitori separati

Diario di un padre separato: la papà-cena!

di Capitan Daddy

È mercoledì, il giorno della cena col papà… ho due figli e da più di cinque anni nel classico mercoledì sera da papà separato passo a prenderli al ritorno dall’ufficio per cenare insieme; e da cinque anni loro lo segnano sul calendario; tuttavia nel bel mezzo della settimana si svolge un fantastico percorso ad ostacoli…

Questo dovuto al fatto che la più classica delle leggi di Murphy (se qualcosa può andare storto sicuro ci andrà) farà si che quanto previsto dagli accordi non si paleserà nei fatti.

Intanto, da parte mia, faccio tutto il possibile per evitare che impegni di lavoro non si accavallino nel tardo pomeriggio e così il mercoledì diventa giornata off-limit creando a volte non pochi imbarazzi tra colleghi, anche perché nonostante abbia la fortuna di avere un lavoro stabile e con orari fissi, capitano comunque impegni improvvisi non proprio conciliabili con appuntamenti prefissati.

Quindi quella tanto invocata flessibilità può diventare un boomerang infernale: l’elasticità lavorativa sarà inversamente proporzionale con la disponibilità della ex-moglie nel concederti il piacere di passare del tempo coi tuoi figli in orari o giorni diversi rispetto a quanto definito davanti al giudice, figura altrettanto curiosa, che per i separati diventa quasi un parente tant’è la responsabilità nel dettarti i tempi e i ritmi della tua nuova vita; tuttavia, più cercherai di attenerti a quanto previsto e più arriveranno le mitiche richieste di variazione delle 8 di mattina dello stesso giorno in cui pensavi, si, tu pensavi… ma non lo pensava lei!

Naturalmente per i figli questo ed altro e son sicuro che se dovessi, mi taglierei un braccio per loro ma son sicuro che troverà sempre un modo per dire la fatidica frase: “sei un egoista, prima vengono i tuoi figli!!! Allora dillo che non te ne frega niente!!!”; mi do sempre un consiglio: manda giù, lo fai per i tuoi figli, non vorrai mica dare seguito a queste bassezze che puntualmente verranno riportate, solo le tue, ai ragazzi e con dovizia di particolari?

Comunque, bando agli imprevisti, alle ore 18:30 se non è cambiato niente carico i pargoli e andiamo a casa, dalle richieste che arrivano, i ragazzi mi farebbero vivere in tre ore di tempo una settimana di divertimento e sentimento.

papà giochiamo a carte? tiriamo i rigori al campo? Mi scarichi Caparezza da youtube? Ti devo far leggere il fumetto degli xmen… guardiamo un film? organizziamo un torneo all’xbox? Ho bisogno che mi stampi una cosa per la ricerca della classe… “ e così via, non basterebbero, appunto 7 sere su 7 e sarebbe la normalità del rapporto genitori/figli; fortunatamente i ragazzi ormai sono abituati, anche ai miei salti mortali: è capitato anche che la mia compagna fosse fuori per lavoro quindi mi trovassi da solo mentre preparavo la cena, mischiavo il mazzo di carte e accendevo il pc lanciando ricerche su google… per il calcio di rigore in contemporanea mi sto ancora organizzando…

Mi rendo conto che sono piccole cose in confronto a quanto fa una madre, oddio, se avessi a disposizione lo stesso monte ore di frequentazione sono stracerto che farei esattamente le stesse cose che fa lei; mettetemi alla prova!!

Ore 21:30 si rientra alla base e devo confessare che spesso ho assistito a non pochi mugugni da parte dei ragazzi che però si premurano subito di organizzare la prossima volta che ci vedremo e mi rende felice perché hanno voglia di passare del tempo con me e questo mi ripaga tanto.

Naturalmente guai a sgarrare di 5 minuti l’orario del rientro… cazzarola, a volte le signore si fanno attendere intere mezz’ore… e noi per il tempo di una pipì veniamo folgorati, già, perché capita l’imprevisto che mentre stai uscendo: “papà devo andare in bagno…” che fai? Gli dici no? E va bene tua mamma aspetterà…

Per fortuna che a settimane alterne ci sono i week end e sono un grosso sollievo, insieme riusciamo a prenderci i nostri tempi, riusciamo a realizzare le nostre piccole abitudini, possiamo decidere insieme nel corso della giornata cosa fare insomma; peccato che passano troppo in fretta.

18 pensieri su “Diario di un padre separato: la papà-cena!”

  1. Interessante… Però sono un attimo perplessa.. Sono andata a cercare Capitan Daddy, e qual è la prima roba che leggo ribloggata sul suo blog? Un bel pistolozzo sul femminicidio che non esiste, facendo confusione come nelle migliori tecniche negazioniste, tra statistiche sugli omicidi in generale e femminicidio… Sicuramente Capitan Daddy è interessante nei suoi racconti e il problema esiste e va raccontato, da entrambe le parti, ma sono comunque un attimo perplessa per la scelta dell’interlocutore. Però magari ho avuto un’impressione sbagliata io…

    1. Non ho visto il suo post ma lui è libero di pensare quello che vuole e io di dirgli che non sono d’accordo. Non sono abituata a mettere lettere scarlatte sulle persone che hanno idee differenti, a meno che quell’idea non sia esposta con la spranga e non mi pare questo il caso. Ciò comunque non toglie che il suo racconto circa la paternità che vive sia importante. D’altronde credo lui non si sottragga quando io posso raccontargli delle mortificazioni che vivo “in quanto donna” e sicuramente ci sono cose che io scrivo che non condivide affatto. Dici che bisogna smettere di comunicare tra noi umani?

      Ps: ti devo dire che mi turba un pochino il fatto che si insiste in questo marchio di infamia per chi mette in discussione il femminicidio mentre si avvalorano e legittimano tutte le posizioni, incluse quelle pessime, di chi pronuncia la parola femminicidio senza saperne niente. Parlare acriticamente di femminicidio non regala santità così come parlarne criticamente non può regalare affinità con il demonio.Io so che quando io racconto a Capitan Daddy del mio scampato femminicidio lui mi riconosce e mi crede. Perché non dovrei ascoltarlo mentre mi parla di quel che vive lui?

      1. No certo, non lo conosco e infatti non ho dato giudizi sulla persona. La sua storia di genitorialità è importante ed è bene che venga raccontata. Ho dato uno sguardo al blog e mi è sorto un dubbio, che ti ho esposto, senza voler mettere censure addosso ad alcuno. Credo che a volte il rischio sia, soprattutto in questo ambito, di vittimizzare gli uni o le altre, in automatico. Da esterna, senza figli e senza separazioni alle spalle, leggendo i commenti alle questioni che riguardano affido e separazioni sembra sempre che diventi una micro guerra tra donne e uomini, con le une colpevolizzate per la formulazione della legge e gli altri vittima comunque. Ma appunto, non vivendole, leggo e basta,
        Riguardo al femminicidio invece, non ho affatto avvalorato alcuna posizione sul femminicidio, sono la prima a dire che viene usato come una bandiera, a caso, si sparano cifre come il gioco del lotto nei tg ecc ecc Ma dire che non esiste perchè in Italia il numero degli omicidi di donne è basso rispetto alla media europea vuol dire fare la stessa cosa e cioè parlare di femminicidio senza sapere di cosa si parla, usando dati completamente fuori contesto e non attinenti. Non si può essere acritici nei confronti di un fenomeno, ma nemmeno negarlo senza sufficienti prove e studi.
        E con questo non intendevo dire di non credere a Capitan Daddy quando racconta la sua storia. Anzi, per prima cosa ho detto che è interessante leggerlo. La mia perplessità derivava da alcuni post che ho letto ribloggati che mi parevano una sorta di crociata contro il femminismo. Ma appunto potrei sbagliarmi e non ho dubbi che ti ascolti e ti riconosca.

        1. ma infatti il ps era una riflessione condivisa con te, come di riflessioni ad alta voce con te ne condivido sempre. lui vive un suo personal/politico. il suo personal/politico a me interessa e la sua esposizione non mi pare riveli alcuna acrimonia. anzi. racconta di se’. non si vittimizza. espone, esattamente come farei io se raccontassi una mia vicenda personale che mi procura malessere, disagio, comunque lo si voglia chiamare. forse io potrei perfino permettermi di inserire un insulto qui e là nei confronti di un mio eventuale ex. lui non può farlo perché qualcun@ direbbe già che raccontare la sua vicenda diventa un pretesto per dare addosso alle “donne”, tutte. bene invece parlarne e tentare di capire e di capirci. così si superano diffidenze reciproche. così ci si riconosce reciprocamente, a partire dalle esperienze che ciascuno di noi vive. io mi racconto. lui si racconta… 🙂

          1. Sì capisco… Ecco forse non avevo chiara la cornice dialogativa che stava intorno al lavoro di proposta di questi temi, ora ho capito 🙂 E certo, il rischio di cui parlavo prima, fare di tutt’erba un fascio. Lui non dice mai da quel che ho letto “le donne sono stronze perchè ci tartassano” ma il collegamento viene fatto comunque. E diventa sempre uno scontro.
            Qualche tempo fa a Genova, Loredana Lipperini ha presentato “Di mamme ce n’è più d’una”. Al dibattito è intervenuto un rappresentante dei padri separati che qui sono in protesta contro il tribunale e chiedeva che Loredana prendesse posizione sulla questione. Lei gli ha risposto che riconosce che sia una questione complessa, che forse andrebbe analizzata insieme e con nuovi linguaggi, che non possono essere quelli alla Tiberio Timperi. Ma la questione è andata avanti comunque qualche tempo. Sembrava che non si capissero, che parlassero due lingue diverse. Lui convinto che lei stesse dicendo una cosa, perchè aveva deciso di aspettarsi quello da lei, e lei che diceva tutt’altro ma comunque esprimeva una certa riluttanza. Sembrava parlassero lingue diverse.
            E per il PS, temevo di aver dato un’impressione sbagliata :)) Anche perchè ammetto che il negazionismo mi fa un po’ imbufalire. :p

            1. No, infatti, lui non generalizza. Se scrivesse roba tipo “tutte le donne sono stronze” non lo pubblicherei.
              se da una narrazione personale c’è qualcuna che si sente privata di riconoscimento perché fa collegamenti e generalizza chiediamoci perché questo meccanismo quando avviene a uomini che leggono di una donna che racconta di violenza e parrebbe generalizzare li disturba. Sono reazioni in entrambi i casi molto di pancia, perché ciascun@ rimanda ad una lettura proiettiva delle cose e non si lascia mai spazio, o raramente, all’ascolto senza inserire elementi altri a quel che leggi.
              Conosco Loredana e sono perfettamente d’accordo con lei a proposito dei linguaggi. Quei linguaggi qui non passeranno mai. La questione del linguaggio è molto importante. Importante perché il linguaggio di cui parla Loredana produce resistenze, ha una radice fortemente discriminante e non invita ad un riconoscimento reciproco quanto piuttosto ad un disconoscimento dell’altrui sofferenza per fare emergere la propria. A quel livello di discussione io non sono minimamente disponibile, così come non lo è lei. Dall’altro lato c’è un pregiudizio, che io interpreto talvolta, come oramai una reazione quasi automatica a quel che ti dice una femminista, per cui tu poni il problema del linguaggio e c’è chi pensa che tu non abbia neppure voglia di ascoltare. Personalmente, appunto, sono perfettamente d’accordo con Loredana nel dire che la questione è molto complessa e andrebbe analizzata insieme, così come tento di fare, e con linguaggi nuovi. Quelli che io qui propongo sono linguaggi nuovi, appunto.

              Approfitto dell’occasione per dire che nel frattempo c’è chi insiste nel darmi addosso mettendo in circolo meccanicamente linguaggi che furono, e che in rete leggi sempre meno spesso. Come se il solo fatto di parlare di queste vicende, finalmente, con linguaggi che non generalizzano a proposito di donne, che non dimostrano sessismo di alcun genere, fosse di per se’ una maniera di far passare in gran carriera piani oscuri di devastazione dell’umanità femminile. Chi pensa o intende questo non ha capito niente. Superare barriere linguistiche e comunicative aiuta a riconoscersi reciprocamente e – finalmente – a raccontare le questioni in modo sereno. Se questa cosa è giudicata da certuni da criminalizzare dunque a chi criminalizza piaceva esattamente quel linguaggio perché si potesse dire che il nemico è cattivo. Ebbene no. Il nemico non solo non è cattivo e non è neppure un nemico. Si tratta di persone che hanno dei problemi e questi problemi vanno raccontati. E’ tutto qui.

              1. Sì infatti il problema forse sta proprio nel parlare di nemico invece che di politiche, dinamiche sociali e persone. E forse perchè si entra in campo di scontri emotivi e rancori da un lato, e logiche di potere dall’altro (Loredana parlava della maternità come potere, cosa che ho trovato estremamente vera e utile per osservare certe dinamiche).
                Andare “al di là del buco” è rischioso purtroppo, ragionare per schieramenti, come se la vita e la politica potessero essere un campionato di calcio, fa sentire sicuri, impedisce discorsi complessi e di cambiamento vero. A me piace leggerti invece proprio perchè mi porti fuori dalla mia “comfort zone” ed è estremamente utile ed affascinante. E per questo mi fa piacere leggere Capitan Daddy, che altrimenti non avrei mai approcciato credo 🙂
                Ma l’impressione generale è che si cerchino certezze, sicurezze, e quindi tutto quello che può mettere in crisi quei castelli di convinzioni viene ostracizzato. O con me o contro di me, o bianco o nero…

                1. Sono d’accordo.
                  E’ esattamente come dici. Si tratta di politiche, dinamiche sociali e persone. Non puoi metterle in un tritacarne e fare finta che non esistano esattamente come tu pretendi che ci si renda conto che esisti anche tu.
                  Sono questioni che in rete, per dire, vengono vissute proprio come scontri emotivi, moti viscerali, una infinita esposizione di rancori attraverso i quali bisogna intercettare qualcosa di comprensibile e inclusivo.
                  Al di là del buco è “rischioso” perché chi tiene in vita solo barricate e ne ha bisogno per sentirsi legittimamente protagonista di lotte di frontiera sente delegittimata la propria postazione. Dunque bisogna che delegittimi la tua.
                  Le barricate spesso sono dovute a resistenze attive contro chi ti vuole mettere a tacere, una sorta di legittima difesa, ma certe volte, ed è questo il caso, diventano solo un pretesto che abbisogna di tenere in vita mostri, evocarli ove non sono presenti, perché se non ci sono mostri, se non si mette in circolo la paura dell’altro (e l’altro, per intenderci, al momento sono anch’io), bisogna fare uno sforzo, mettere giù le armi e capire. Manca la volontà di capire perché la barricata è tanto più semplice da gestire. Tutti uniti in nome della paura del mostro. Un po’ come fa chi ti dice che lo straniero va braccato e buttato via al confine. Certezze. Sicurezze. Che diventano prigioni. Senza ossigeno. Senza complessità. 🙂

                  1. Già vero 🙂
                    E’ per questo che mi sono sempre fatta un vanto di riuscire a litigare sia con compagni sia con fasci sia con chiunque altro nella stessa identica maniera ahahahah
                    Accidenti a mio padre ed al gene del “cane sciolto” sessantottino che m’ha attaccato :p
                    Tieni duro, le barricate sono fatte per essere abbattute

                    1. 🙂 Mi fa piacere. Grazie a te. Riflettere è sempre utile. Sarebbe bello che anche tutte le altre discussioni che senti/fai/leggi in giro fossero meno “talk show” e insulto e più confronto. Un abbraccio!

    1. quando ce ne manderanno uno che non parli di padri tutti violenti e tutti pedofili. se impareranno a parlare di un uomo per volta, senza generalizzazioni sessiste, qui c’è spazio per tutti/e.

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