Autodeterminazione, Recensioni, Storie

Padri per forza: nuovo libro di Eretica

Ho scritto una nuova storia intitolata padri per forza, tentando di esplorare un tabù che riguarda gli uomini a proposito del fatto che la mentalità corrente continua a spingerli verso la procreazione con la promessa di un’eredità o di una continuazione della tradizione familiare. Ho immaginato che alcuni uomini non volessero avere figli e che qualcuno li costringesse a metterli al mondo sovradeterminando la loro scelta  sminuendo la loro necessità di esplorare la vita e la sessualità non a scopo riproduttivo. Si parla sempre di questo in relazione alle donne ma non ci accorgiamo che sempre più uomini sono scettici riguardo all’idea di avere figli, per un motivo o per un altro, e che talvolta vengono stigmatizzati come se si trattasse di una importante rinuncia ricordando loro che devono agire un dovere sulla spinta patriarcale.

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Il machismo che impoverisce il rapporto tra padre e figlio

Proprio stanotte ho finito di leggere “Come uccidere il padre” di Eva Cantarella, che non è di certo un libro sui mille modi di ammazzare un padre, anzi. E’ una traccia storica, dalla romanità ai giorni nostri, su come si sia evoluta culturalmente e legislativamente la questione del rapporto tra padri e figli (e mogli). Ve la faccio breve (ma vi invito a leggere il libro che è veramente interessante): il pater familias poteva tutto. Poteva ammazzare o vendere i figli.

Poteva stabilire con chi un figlio dovesse sposarsi, poteva gestire il potere patrimoniale per sempre e non c’era un diritto ereditario consono al punto che per molti anni ci furono moltissimi episodi di parricidio per questioni economiche. Via via che la legislazione cambiava c’era sempre chi poneva un freno dicendo che tutti quei progressi stavano mettendo in crisi la “famiglia tradizionale”, al punto che, ancora oggi, nonostante il cambiamento sostanziale dei rapporti familiari ottenuti con la detronizzazione del pater familias e della sua patria potestà nel 1975, ci sono rigurgiti culturali che portano a episodi di machismo e violenze sempre dirette nei confronti delle donne, spesso considerate ancora come proprietà, e nei confronti dei figli.

I dialoghi diventano difficili quando il padre presume di poter addebitare tutti i problemi del mondo alla sua perdita di potere. Non so se questo spiega o c’entri con la lettera che segue ma è una potente chiave di lettura che andrebbe accompagnata ad ulteriori analisi sociologiche e antropologiche.

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Mi aiutate a spiegare il femminismo a mia figlia?

Lui scrive:

Cara Eretica,

mi sono detto che un giorno te ne avrei parlato e dunque eccomi a dirti cosa penso del femminismo. C’è stato un momento in cui l’ho identificato in ogni donna e soprattutto nelle donne che io ho avuto la sfortuna di incontrare. Mia madre, una donna prepotente e aggressiva che zittiva mio padre solo con uno sguardo. Probabilmente una donna infelice che faceva scontare a mio padre l’infelicità che lui non era riuscito a guarire, ma perfino da adulto non sono mai riuscito a solidarizzare con lei. Mio padre è stato vittima di una donna di ferro, che si lamentava del fatto che mio padre non fosse abbastanza uomo, diceva che doveva mostrare rispetto per lei come moglie e madre ma poi voleva che lui mostrasse un carattere da “maschio” che non era il suo.

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Lei è incinta: quali diritti per lui che non vuole essere padre?

Lei scrive:

Buonasera Eretica.

Vorrei esordire ringraziandoti per il tempo che vorrai dedicare a questo messaggio e alla mia richiesta.
Premetto che questa richiesta d’aiuto ti arriva perché le mie ricerche in internet sull’argomento mi hanno portato solo a risposte lapidarie.
Si tratta di una gravidanza indesiderata, non dalla madre ma bensì dal padre.
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Antiautoritarismo, Autodeterminazione, Critica femminista, R-Esistenze

Quelle “femministe” mammone e papà-fobiche

La discussione sulla Gestazione per Altri, a parte sollevare molti conflitti etici e morali in un certo contesto femminista (chissà perché, quelle poche integraliste Anti/GpA stanno quasi tutte a Milano) lascia scoperta una discussione che timorosamente alcun* provano a fare.

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La “Gender” rassegna stampa di Eretica

Tre notizie degne di nota, da un punto di vista di genere, ovvio.

La prima. Un ricco saudita dice di aver prima fatto sesso con una, poi, nudo e con il pene ancora incollato di sperma, si aggira per casa per chiedere all’altra se ha bisogno di qualcosa. Lei accetta subito l’offerta e non trova di meglio da fare che tentare di farsi scopare con le mani o con altro, dalla stampa non si capisce bene. Lui lotta e resiste, povero, e cadendo, disgraziatamente, la penetra. La corte riconosce che codesta cosa non si chiama stupro. Ed è vero. Siamo alla fantascienza. E’ un incontro ravvicinato tra umano e aliena perché da quel che so alle donne ancora non hanno spostato la vagina dieci centimetri più su. A meno che lui non abbia penetrato l’ombelico bisogna considerare che dentro di lei c’erano tracce di sperma, ergo, siamo di fronte ad un battaglione di spermini allenati per le olimpiadi e anche alla presenza di un pene ad angolo retto ripiegato proprio in direzione della di lei vagina.  Continua a leggere “La “Gender” rassegna stampa di Eretica”

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Non voglio figli e temo di diventare come quelle madri che detesto

Lei scrive:

“Ciao carissima, mi sento di dire qualcosa che non posso dire a nessuno perchè poi sarei giudicata (male). Io da anni sono maestra d’asilo, essendo mia la struttura sono una donna impegnata: una maestra per qualche ora al giorno, una titolare che ha a che fare con genitori per la maggior parte del tempo. I genitori mi chiedono se ho figli, rispondo di no. E’ vero, non ho figli, vivo da sola con un gatto e frequento un ragazzo di sette anni piu’ piccolo. E al momento non intendo proliferare perchè non ne ho bisogno, non sento quest’assurda voglia di maternità che dopo i 25 anni colpisce 9 donne su 10.

Io vivo bene cosi: la mattina mi alzo e penso a me stessa e dedico a me stessa quel poco tempo che rimane al di fuori del lavoro. Inoltre sai che ti dico? Noto che le mamme si dimenticano del resto del mondo, cominciano a fare ragionamenti dimenticandosi che possono essere donne senza sacrificare la loro vita. E soprattutto noto che i papa’ sono quasi degli estranei nel rapporto familiare e nel rapporto con i figli. Alcuni vengono a prenderli, ma di tutto ciò che accade intorno ai figli bisogna parlarne con mamma perchè loro non ne sanno.

Questi uomini sembrano quasi spinti all’estremo del rapporto familiare e vedo queste mamme che gestiscono avidamente i loro figli cercando di allontanare papà e sminuirlo perchè “lui non è capace”. Questi papa’ con la coda tra le gambe li vedo camminare sul perimetro della vita dei loro bambini. La mamma sa tutto, la mamma decide, la mamma allatta. Io queste donne non le voglio come amiche, purtroppo sono mie clienti e vado loro incontro come posso (pur non avendo figli!).

E un’ultima cosa: da educatrice (e titolare) posso dire che forse non voglio diventare mamma anche perchè ho paura di perdere quell’oggettività nell’educare i figli degli altri, ho paura di assomigliare a quelle madri che detesto e che si annientano. Grazie per l’ascolto”

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Ho “abbandonato” mio figlio e sto benissimo

Sono Monica, ho 42 anni e ho avuto un figlio all’età di 19 anni. Non ero pronta per lui e non ero pronta per niente. Sono rimasta ad allattarlo per qualche mese e poi l’ho lasciato a suo padre che ha promesso di prendersene cura. Lui poi si sposato, ha cresciuto il bambino e ha fatto altri due figli ed è felice così. Io sono semplicemente andata per la mia strada e non ho mai avuto ripensamenti.

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E se un padre non volesse il controllo della sessualità della figlia?

Lui scrive:

“Ciao Eretica,

ho una figlia di quattro anni. L’ho allattata io dall’inizio, mia moglie non poteva (già su questo, sai la sassaiola contro di lei, da donne ovviamente). Se si sveglia di notte, chiama papà. Andavamo in giro e la portavo nella fascia, le signore del bus mi chiamavano “mammo”, mi chiedevano scherzosamente se mi toccasse un turno da babysitter. Già, perché il ruolo di per sé spetta alla madre, vero? La rabbia che mi dava, non hai idea.

Non ero, non sono “mammo”. C’è una parola molto facile per un maschio che si occupa dei propri figli: è “papà”. Fine. Sarei uno stronzo se non lo facessi, non un fenomeno se lo faccio. E per inciso, me la godo da impazzire, è mostruosamente dura, ma mi piace da matti. La maggior parte delle mamme dice a mia moglie “beata te con un marito così”. Ma poi aggiunge “però io non glielo lascerei fare”. Già: meglio scegliere un inetto e poi sobbarcarsi tutto il peso da sola e lamentarsi. Ma io non so.

Aveva quattro mesi, sul bus, la prima volta che è successo. Me lo ricordo perché non ho avuto la forza di reagire, mi ha sconvolto e segnato. Qualcuno che l’ha vista (nella fascia, quindi una specie di bozzolo), e mi ha detto una cosa tipo “eh, devi prepararti a tenerla in casa, eh”. E sorrisino. Non ci credevo.

A quattro mesi (QUATTRO MESI) sei un paio di ganasce sotto a berretti buffi, che tu possa pensare all’uso che vorrà fare della sua vagina una volta adolescente mi sembra francamente mostruoso. Enorme proprio. Non hanno mai smesso. Donne, uomini, giovani, anziani, sempre, sempre, sempre. Alludendo, spesso, allo stereotipo del padre geloso. Ma la sostanza era quella: aveva quattro mesi e io dovevo pensare al controllo sulla sua sessualità.

Io voglio che cresca libera e responsabile. Che sappia quello che vuole e come gestirlo. Il resto mi pare abominevole.”

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Aspetto un figlio: suo padre non vuole saperne

Lei scrive:

Ciao Eretica.

Ho un momento di calma, e le mani sudate, l’idea di scrivere pensieri, emozioni associate ai fatti che raccontano la mia maternità mi agita.
Non so da dove iniziare, forse dal principio, da una relazione che non era una relazione, erano solo scopate, io gli “facevo sesso” da quando mi aveva conosciuto, lui mi attraeva anche se non avrei mai voluto una storia con lui, infatti non c’è mai stata. Siamo stati entrambi due imbecilli, perché non abbiamo mai preso precauzioni.

Appena scopro di essere incinta, mi sento come se il mondo mi crollasse sulla testa, veramente ho la sensazione che la mia vita non sarebbe più stata la stessa, in ogni caso. Piango disperata, chiamo una mia amica e tra i singhiozzi le racconto cosa ho appena scoperto, e lei mi dice una cosa che ha molto influito sul seguito: “so che quello che sto per dirti è molto distante da come ti senti, io sono felice per te! perché penso che tu sia una persona che riesce ad affrontare tutte le situazioni in cui si trova” – la seconda telefonata è a mia madre, che cerca di tranquillizzarmi dicendomi che ho tempo per pensarci, che lei è dalla mia parte. Il giorno dopo mi sveglio con una certezza: porterò avanti la gravidanza.

Dopo 2/3 giorni sento lui, gli dico che devo parlargli. Ci vediamo 7 giorni dopo la scoperta, la sua reazione è di incredulità, non mi ci vede come mamma, e non pensa a se stesso come papà. Io gli dico in modo chiaro, e forse troppo duro, che la mia decisione l’ho presa, e che non è un buon motivo per stare con lui. Decidere di portare avanti la gravidanza non vuol dire che ho voglia di iniziare una relazione con una persona con cui non sono voluta stare fino a quel momento.

Gli dico di pensare se vorrà fare il padre oppure no.
Passano i mesi, niente, non si fa sentire, io immagino che questo voglia dire che non ha nessuna intenzione di fare il padre.
Poco prima di rientrare nella mia città di origine, gli chiedo di vederci e riesco a tirargli fuori con le pinze una risposta chiara: non vuole fare il padre, per lui il padre di mio figlio sarà la persona con cui deciderò di stare. E a me questa cosa fa incazzare da morire. Per me stare insieme è una cosa, fare i genitori un’altra. Lo odio.

Ho mille motivi per essere felice e grata della sua assenza nella mia vita e nella vita di mio figlio.
Eppure lo odio, e mi trovo a pensare che se morisse mi farebbe un piacere.
Mi farebbe un piacere perché per me sarebbe più semplice dire a mio figlio che suo padre non c’è perché è morto.
Mi farebbe un piacere perché non sopporto l’idea che mio figlio possa sentirsi rifiutato da questo padre che non c’è.

Mi sono confrontata con tante persone su questo, anche con chi sentendomi fare questa affermazione mi ha guardata come se fossi un mostro (almeno è questo è quello che ho letto nello sguardo).

Io metto al primo posto la verità, e so che mio figlio da me avrà la verità, una verità che dovrà essere dosata (non alterata) in base all’età di mio figlio nei momenti in cui ne parleremo.

E poi ci sono io, mi sento sola, dannatamente sola, anche se ho tante persone che mi aiutano.

Mi sento sola e non sento di essere abbastanza per mio figlio.

E ci sono tutte le cose a cui ho rinunciato, tutta la mia vita, che non c’è più, e che non potrò mai riavere indietro.

È facile quando non sai cosa ti aspetta, pensare che non sarà un problema cambiare le proprie abitudini e la propria quotidianità, poi quando la tua intera vita va in frantumi ti rendi conto che non è così facile, che non puoi più tornare indietro.

Ci sono dei momenti in cui “mamma, mamma, mamma” mi fa venire voglia di rispondere “mi vuoi morta?”
Accanto a questo ci sono momenti meravigliosi, non li nego.
Penso che sia giusto, onesto e indispensabile non negare neanche i momenti in cui mi chiedo “se potessi davvero tornare indietro farei la stessa scelta?”
Non ho il coraggio di rispondere a questa domanda, credo sia ipocrita dire che la risposta è una risposta obbligata.
Non è vero.
Non voglio rispondere alla domanda, non è possibile tornare indietro, questo è il bello della vita.

Per questo cerco di prendermi la mia responsabilità, per questo non riesco a non odiare chi questa responsabilità non se la sta prendendo.

Dovrei mettermi a fare una battaglia legale? Sì, se mi interessasse avere i suoi soldi lo farei. A me i soldi non interessano, vorrei riuscire a campare bene. E quest’odio che continuo a sentire mi fa campare male.

Credo che sia l’aspetto più doloroso.

Mi sento in un paradosso. Non voglio che stia nella mia vita, eppure non sopporto che sia lui a non volerci stare.

Quando mi dicono “che brava, quanto sei forte, da sola con un figlio…”, grazie, grazie mille, farei volentieri a meno di questa bravura, io non mi sento né brava né forte. Il mio ex mi disse “sei una cogliona, stai a fa’ ‘na cazzata” e forse aveva ragione.

Queste sono in parte le cose che mi fanno stare male, che mi fanno sentire una brutta persona.

A volte riesco a dare loro un’altra forma, a volte, e poi ci sono quei momenti in cui mi sale su la rabbia, e la tristezza. E vorrei lasciare tutto.

Rispetto a molte altre vite, la mia è una vita fortunata. Sento che l’odio che provo mi impedisce di apprezzarla fino in fondo.

Rileggendo la storia che mi ha fatto venire voglia di scrivere la mia, mi rendo conto che davvero sono fortunata.
Non so se la mia storia possa essere interessante ora che la rileggo, non so neanche se sono davvero riuscita a scrivere quello volevo, ho scritto quello che ho potuto.

Forse è questa solitudine, il senso di solitudine, che mi fa più male.

Qualsiasi cosa tu voglia fare con queste righe, grazie per averle lette, so che non le giudicherai.

Un abbraccio, xxxx

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Le nuove compagne sono le ammortizzatrici sociali per i padri separati

Non è necessario che sia presa in considerazione la mia dichiarazione dei redditi, dice una “nuova compagna” di un padre separato. E si riferisce al mio pezzo pubblicato su Il Fatto Quotidiano che parla di reddito di un padre separato sommato al reddito della nuova compagna per ricalcolare, a volte, l’assegno di mantenimento per i figli.

Le nuove compagne sono il welfare dei padri separati, mi dice un’altra e accusa un sistema che non tiene assolutamente in considerazione le difficoltà che riguardano persone il cui stato economico è assolutamente precario.

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Padre, innamorato di una trans e rifiutato dai figli

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La storia che sto per raccontarvi riguarda un uomo che prima di narrarmi mi ha premesso che è un cattolico, non è antiabortista, non è omofobo, ma ha una visione precisa della vita, delle relazioni e del rapporto con i figli. Inutile discutere di quel che penso io, atea e anarchica, a proposito della religione cattolica. Decido di ascoltare, come faccio sempre, e di ricordare senza giudicare.

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Quando la suocera si mette in mezzo a padre e figlia

Mi chiamo Sergio e sono padre di una bambina. Ho sposato la mia ex moglie che lei era già incinta. Lei meridionale e io di origini diverse. Mio padre settentrionale e mia madre nord europea. Siamo stati felici per un po’ di tempo e io ho fatto con mia figlia quel che qualunque genitore penso dovrebbe fare in quelle circostanze. Mi sono preso cura di lei, ho agevolato la mia ex per quel che ho potuto e mentre tentavamo di conciliare il tempo da spartirci per badare a lei sono arrivati un po’ di problemi soprattutto a causa della sua famiglia.

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Ho “abbandonato” mio figlio. L’ho fatto per me stessa!

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Uno, due, tre. Arriverà la sera prima o poi, e io potrò andare a dormire, nel mio letto, nella mia stanza, con accanto un uomo che conosco così poco, ma è sempre meglio che restare in balia di sua madre e delle sue sorelle. Quattro, cinque, sei. Da quando ho tentato il suicidio non mi lasciano un attimo da sola. Mi impediscono di prendermi cura di mio figlio. Mio marito mi guarda come se fossi una povera pazza e abbiamo dovuto traslocare in casa dei suoi. Sette, otto, nove. Non voleva lasciarmi da sola e prima che pensare a quel che aveva causato il mio malessere, si assicurò che io terminassi la mia gravidanza. Non ero io che gli interessavo. Era il bambino che avrei dovuto partorire dopo pochi mesi. Dieci, dieci, dieci. Perché il mio conto delle mie possibili opzioni non supera quel numero e quando torno indietro vedo i miei dieci anni, poi i venti, poi i dieci mesi di fidanzamento, i dieci mesi di mio figlio. Le dieci pillole ingerite con una dose altro veleno. I dieci giorni rimasta in ospedale a ripulirmi dalla merda e a tentare di ricominciare.

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Quando è tuo padre a insegnarti la libertà

E’ autosabotaggio. Non so dare altra spiegazione. Autosabotaggio romantico.

Sono una psicologa, dovrei saperne molto degli esseri umani, invece quel che non ti dà un buon libro dovrò prenderlo dall’esperienza. Non ne ho abbastanza, e per esistere senza compiere troppi errori mi affido a mio padre, uomo sensibile, colto, curioso, ironico. Non va d’accordo con mia madre e anzi hanno litigato parecchio in passato per ogni piccola cosa. Mio padre andò via di casa che io avevo 12 anni. L’ho visto poco, per via del fatto che serviva a tutti tempo per una minima riorganizzazione familiare e perché mia madre non vedeva di buon occhio che frequentassi casa di mio padre ché era sempre piena di varia gente.

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