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Le preghiere non ci salveranno

C’è stato un tempo in cui in Sicilia si adorava il Dio Vulcano. Erano giorni segnati dalla concretezza, si pregava per qualcosa di tangibile: evitare il disastro. Poi qualcuno decise che la religione doveva restare al servizio dei potenti: incantare i possibili dissidenti, scoraggiare i ribelli, stigmatizzare la disobbedienza civile. Coltivare la propria spiritualità poteva essere un bene, metterla al servizio di chi la piegava, con colpevolizzazioni e indulgenze, al volere di ambizioni terrene non poteva che essere un male.

Qualcuno svelò che la religione poteva sembrare l’oppio dei popoli, ma se non si guarda al mondo diviso solo tra bianco e nero la vera questione riguarda il rispetto per la spiritualità di ciascuno e la condanna per chi imbonisce ogni anima per farle dimenticare sete di giustizia e lotte per i diritti e orientare le fatiche verso fanatiche letture della quotidianità.

Con l’isola in procinto di sprofondare si vedevano due fazioni religiose separate: una intendeva convincere i fedeli che se anche non sarebbero stati condotti verso la salvezza terrena, se non avessero ottenuto il permesso di evacuare, avrebbero di certo potuto trovare spazio nel paradiso celeste. Se c’è chi dice che quando soffri la fame, sei sfruttato, rischi di crepare per le condizioni terribili in cui vivi, in realtà devi mostrare calma, volontà di perdono, perché la vera salvezza ti sarà garantita nell’al di là, a te non verrà più in mente di svegliarti e lottare per ottenere maggiori e più equi diritti quando sei in vita. Religiosi che ti impongono di non disturbare i padroni che ti sfruttano sono certamente dalla parte di quei ricchi stronzi che potranno evacuare meglio e prima di te.

Poi c’era l’altra fazione: religiosi che organizzavano evacuazioni clandestine, tentando di salvare più gente possibile, convinti che primi a dover rispondere ai comandamenti che elencano i peccati sono i preti. Sapevano che evitare di salvare gente che sarebbe annegata equivaleva a commettere un omicidio. Di sicuro molti religiosi dell’altro gruppo erano per lo meno passibili dell’accusa di omissione di soccorso: incontravano un ferito, gli chiedevano di pregare e sperare nel paradiso invece che chiamare un medico per salvarlo, una barca per portarlo verso la terra ferma. Di sicuro sapevano dunque erano complici. Quegli altri, proprio perché sapevano, si davano da fare e usavano energie per stabilire alleanze tra altre persone altruiste, altri individui che rifiutavano di dichiararsi sordi, ciechi e muti, di fronte al prossimo imminente disastro.

Tutto sommato, forse, sarebbe stato meglio continuare a credere nel potere del Dio Vulcano. Così, alle prime eruzioni, con la lava e le ceneri lanciati verso il cielo, chiunque avrebbe ben compreso che quel Dio, nonostante le rassicurazioni emotive e il credo condiviso, non esisteva e se esisteva voleva che il vulcano cancellasse l’isola e tutti i suoi abitanti.

E la storia continua.

Segue a:

Sprofonda la Sicilia

Figli dei vulcani

Intrappolati

Fiamme e corpi non corformi

Flussi di immigrate per servizi familiari

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