Comunicazione, Culture, Recensioni

Gojira, il Kaijū della cultura giapponese post-atomica

Sicuramente saprete di Godzilla, come lo ha ribattezzato l’occidente, in una vera e propria appropriazione culturale. Godzilla e altri “mostri” combattuti alla maniera americana da Pacific Rim. Delle sue origini, che hanno creato un filone fantascientifico del tutto originale, potete trovare fonti autorevoli sul web. Quello che mi preme sottolineare è il fatto che il Giappone è stato sotto occupazione e censura americana per un po’ di anni dopo la guerra. La rabbia del popolo giapponese contro le bombe nucleari non potè essere espressa se non alla fine dell’occupazione con una creazione che nulla c’entra con il concentrato di umanità paternalista alla King Kong. Gojira era sì il frutto di mutazioni post atomiche ma anche espressione della rabbia cieca contro il mondo. Non si ergeva a paladino di cause umane e come la bomba atomica mieteva vittime le cui ferite sarebbero rimaste visibili fino alla morte.

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Comunicazione, Culture, Recensioni

Viaggi nel tempo: come renderli memorabili

Uno dei classici della fantascienza, per via di H.G.Wells, è il viaggio nel tempo. Al di là del fatto che oggi la fisica quantistica considera il tempo come lo spazio e dunque immagina perfino l’esistenza di mondi e tempi paralleli, in letteratura fantastica il viaggio ha assunto forme di ogni tipo. C’è chi ha usato l’espediente per rintracciare il vero amore due secoli prima (Outlander), chi ha semplicemente riconosciuto nei viaggiatori agenti segreti e servizi dell’ordine con armi un po’ più evolute della media, chi ha pensato di andare indietro ad uccidere il bimbo hitler o il bimbo mussolini o cose così, infine c’è la corrente più geniale, recente, che immagina di riportare nel presente i simboli nostalgici del passato.

Immaginate i leghisti di fronte a quelli che dicono essere loro avi, vichinghi reali, e pensate a come potrebbero essere rinchiusi in gabbie, considerati immigrati clandestini a cui certe professioni e fedi sono proibite. E’ quello che hanno fatto i creatori di Beforeigners:

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Comunicazione, Contributi Critici, Culture, Recensioni

Disaster Movies: la morte della fantascienza

Ebbene sì. Mentre tento di gestire i miei malesseri studio e ho fatto una lunga ricerca su una branca nata dalla fantascienza ma che poi si è tradotta in un papocchio catartico per chi vuole star bene quando vede che il mondo va a rotoli.

Si comincia con la serie di film in cui gli alieni devastano la terra, e fin qui possiamo anche lasciar correre i patriottici slogan americani che sono sempre i numeri uno nella vittoria del nemico. Se il film è di produzione russa l’eroe è russo se cinese è cinese e così via.

La cosa curiosa è che fin dagli anni ’50 hollywood si è messa in moto per tentare di rifare il trucco agli USA sterminatori tramite l’uso della bomba atomica, perciò hanno inventato un plot in cui la bomba serve ovviamente a salvare tutta l’umanità.

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Antiautoritarismo, Autodeterminazione, R-Esistenze, Recensioni

Vesper, fantascienza poetica

Vesper è il nome di una ragazzina che pratica biohaking, in un mondo post apocalittico in cui gli ingegneri genetici, quelli che fanno a gara per rendere inaccessibili risorse alimentari, usando brevetti per semi che durano solo un raccolto (pensate alle modificazioni create dagli ogm), hanno distrutto il ciclo vitale delle coltivazioni lasciando milioni di persone a crepare di fame. Le altre, i sopravvissuti, sono trincerati in cittadelle in cui creano organismi senzienti ma obbedienti per svolgere lavori che gli umani potrebbero fare (perché più fedeli) e continuano a sperimentare per prolungare la propria vita. Gli emarginati stanno in lande desolate in cui mangiano vermi (proteine), resti di raccolti andati a male e coesistono con una flora e fauna completamente modificata in un ciclo a catena che può essere spezzato per contagio da una scoperta, quella che la ragazzina fa: creare un seme durevole che contamini tutto per riportare alla vita il pianeta.

Temi attuali, non esattamente spettacolari, non c’è azione, non ci sono super eroi, ma tanti sentimenti umani e tanta speranza di sopravvivenza e la prova che l’ingegno non può essere massacrato dalla repressione di chi ruba tutto per sé a costo di uccidere il pianeta. Non bastano le parole a descriverlo. L’ho trovato poetico, delizioso, geniale, realistico, coerente e l’interpretazione degli attori splendida. Per chi ama il fantastico e le distopie postapocalittiche fuori dagli schemi date uno sguardo al film. Poi ditemi.

Pensieri Liberi, Scrittura

Genere fantastico: appunti critici

Mi è stato suggerito di approfondire l’origine del genere fantastico in letteratura e come se dovessi preparare un esame ho iniziato a recuperare tutto ciò che conosco e che avevo già letto in materia. Pare che il genere abbia un pubblico corposo e a mio modo ne facevo parte fintanto che mi affascinavano le letture di Kafka, Edgar Allan Poe, Lovecraft, Mary Shelley, fino ad arrivare a quelli più attuali che tentano di proporre storie ispirate ai modelli dell’horror gotico o del fantastico ottocentesco. Quelle opere avevano una ragion d’essere in un’epoca in cui tutto faceva pensare che il progresso scientifico avrebbe condotto in luoghi talmente oscuri da giustificare paradossi come quello di Frankenstein. Era anche il momento in cui determinati scrittori si dedicavano all’occultismo e andava di moda non solo affidarsi ad una medium per parlare con i deceduti ma immaginare che qualcosa oltre la morte potesse ferire le persone vive. Le storie da incubo descritte per esorcizzare determinate paure diventavano un modo per contrapporre il racconto fantastico alle credenze popolari e ai pregiudizi di tanti ignoranti. Era un esercizio favoloso che riusciva ad affascinare i lettori prendendoli in giro, abilmente, per esempio con la creazione del Necronomicon ideato da Lovecraft.

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Pubblicazioni, Scrittura

La vita delle altre – un libro a cui tengo

Vi anticipo qui qualche pagina, e spero lo amerete quanto lo amo io.

Prologo

Quando ero piccola osavo chiedermi perché io ero solo io e non fossi qualcun’altra. Avrei voluto indossare i corpi altrui per saggiarne le vite, i privilegi, talvolta i dolori. Non si trattava della ricerca di una fuga, perché sapevo di dover fare i conti con me stessa, ma la vita altrui mi incuriosiva, per il bagaglio di conoscenze che possedeva, per l’esperienza da devolvere, per esercitare una mimesi umana che mi lasciasse informe, senza genere, obblighi e ruoli sociali. Così cominciai a pensare ad un modo per proiettare la mia coscienza nei corpi delle altre. Infine vi riuscii, non senza sofferenza e sacrificio, perché ogni viaggio aveva effetti collaterali. Riportavo indietro pensieri non miei, abitudini mai avute prima, con le conoscenze delle altre raccattavo anche la loro immondizia, i segreti celati, le violenze subite. Pensavo che le vite altrui fossero migliori della mia. Mi resi conto che non era affatto così. Per arrivare a questa conclusione però dovetti osare molto e sacrificare parte di me stessa. L’ultimo viaggio mi impediva di tornare indietro, perciò dovetti uccidere colei che mi tratteneva. L’esercizio di dominazione tra una coscienza e un’altra poteva avvenire in modo involontario. In quel caso lei voleva intrappolarmi, dunque mi liberai. 

La vita delle altre è disponibile ora in ebook. Potete trovarla Qui.

Disponibile anche in cartaceo QUI

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Le Pazze, R-Esistenze, Scrittura

Le Pazze – ottavo capitolo

Scrittura per la libertà. Continua da QUI. Se vi piace una donazione mi fa sempre comodo. Ed ecco che inizia. Ogni riferimento a cose, città, fatti e persone è puramente casuale. Buona lettura!


8

Ci ritrovammo in piedi, a Piazza Marina, tra Corso Vittorio Emanuele e Porta Felice, a Palermo. Non c’erano carrozze, quindi potevamo escludere di essere nel passato. Non c’erano neppure automobili né la normale ressa attorno al negozio che vendeva pane con la milza. Tutto era chiuso. Forse era troppo presto per fare il conto con un possibile futuro palermitano, ma era il mio ambiente. Finalmente ero nel mio elemento naturale. Un luogo di cui conoscevo quasi tutto, incluse le follie sparse un tanto al grammo, per ogni singolo abitante. Noi non avremmo fatto eccezione. Saremmo state un po’ com’erano tutti. Bastava solo adeguarsi e tentare di non apparire troppo strane. Le altre, fiorentine, assieme a Cecco, guardavano i dintorni con meraviglia. Non sapevano nulla della mia città natìa. Se Firenze era stata costretta a tornare agli orti e alla pesca, Palermo sarebbe stata in preda alla siccità e agli acquazzoni di ottobre. Non sapevo come potevamo cavarcela. Quello che riuscivo a vedere erano strade vuote e suggerii di avviarci per percorrere il centro storico. Salendo per la Vuccirìa, poi Ballarò, poi a destra per andare verso il teatro dell’Opera e continuando per Piazza Politeama.

Deviammo verso il quartiere del porto, a Borgo Vecchio, passando per il mercato ancora chiuso e tentando di raggiungere il mare. Restammo fermi vicino ad un chiosco che da quel che ricordavo vendeva angurie a fette. Era difficile stabilire in che modo il futuro di Palermo si fosse sviluppato. Sembrava una città abbandonata, il sole alto, era mattina o l’ora della pennichella. Non riuscivo a capire. Consigliai di tornare indietro, vicino al Teatro Massimo. Forse si sarebbero fatti vivi i turisti e i carretti siciliani in bella mostra. Potevamo incontrare il tizio che vendeva la grattatella, ghiaccio e limone. Pensare alle cose buone di Palermo mi faceva veniva l’acquolina in bocca. Poi un tale si avvicinò e osservando le nostre divise da lavoro fiorentino condensò il suo parere in un “minchia” di benvenuto. Si chiamava Totò e disse che per dei turisti come noi avrebbe fatto volentieri da guida. Risposi che non eravamo turisti e che ero palermitana anch’io. Voleva spillarci dei quattrini ma quando udì il mio accento si tirò indietro e provò a consigliarci.

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Comunicazione, Culture, Personale/Politico, Pubblicazioni, R-Esistenze, Scrittura

Fantascienza e malattia mentale

Immagino saprete che la maggior parte degli scrittori che scrivono di fantascienza abbiano problemi mentali. Alcuni tentarono il suicidio altri prendevano pasticche e alcol ed altri ancora si consumarono nella depressione trovando in essa una sorta di risorsa che forniva immagini che venivano poi descritte talvolta in maniera ossessiva, ripetute da un libro all’altro, talvolta diventavano reali intuizioni su ciò che sarebbe avvenuto nel futuro. In tempi nei quali lo stigma sulla malattia mentale obbligava questi autori a restarsene per conto proprio, mietendo vittime nelle loro relazioni, una donna dopo l’altra, essi sviluppavano una visione che diventava la traccia sulla quale avrebbero sviluppato le trame di un romanzo. Anche autrici o autori che scrivevano generi differenti soffrivano talvolta di malattie mentali e la scrittura diventava per loro il modo di osservare il mondo attraverso una lente diversa. Riuscivano a percepire ciò che altri non vedevano. Le donne soprattutto raccontavano la propria realtà o quella dei propri personaggi riuscendo a favorire una reale evoluzione culturale che solo in seguito poi sarebbe stata riconosciuta e premiata. La loro lungimiranza veniva considerata una stranezza, il disagio di vivere il presente diventava il modo di proiettarsi nel futuro. Non serve effettivamente avere una malattia mentale per riuscire a scrivere la trama di un romanzo ma per gli scrittori che sono stati i miei riferimenti per tanti anni evidentemente aiutava. Li aiutava a interferire in una realtà normalizzata con spunti visionari e inimmaginabili.

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Antisessismo, Comunicazione, Culture, Personale/Politico, R-Esistenze

Depressione, violenza di genere e fantascienza

Non so per gli altri ma a me la fantascienza ha salvato la vita in molti modi. Quando mio padre mi picchiava io immaginavo di poter migrare su un altro pianeta. Quando il mio ex marito mi lasciava fuori la notte, incinta, al gelo, immaginavo distopie post apocalittiche e ricorrevo alla fantasia per resistere a tutto. Quando iniziò a farsi viva la depressione, nei momenti di buio, un po’ come capita ancora, e di intensa solitudine, pensavo di incontrare un robot scassato in un mondo di cui ero l’unica abitante. Inventavo linguaggi e simboli e metafore della mia condizione. Ho scritto tanti racconti ma dovrei andare a rileggerli tutti per consegnarli al pubblico. In molti tra essi c’è più oscurità che voglia di lotta e rivoluzione. La mia prima distopia pubblicata, Limbo: l’industria del salvataggio, l’ho scritta lucidamente, come La fabbrica degli umani. Quei personaggi mi accompagnarono in un periodo di voglia di rinascere. Poi svanì e smisi di scrivere. Quindi quello che immagino ora, con Legittima Difesa e l’ultimo pubblicato Lo sguardo dello stupratore, tornano ad essere un po’ soluzioni immaginarie che mi salvano dal buio. Non per niente Legittima Difesa inizia con me che vado a cercare un posto per lanciarmi nel vuoto e continua con una auto volante che mi afferra e mi salva. L’ho inventata per un salvataggio che riguarda me ma non solo.

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Antiautoritarismo, Antisessismo, Autodeterminazione, Critica femminista, R-Esistenze

Bordelli con donne robot. Un passo indietro per le sex workers

Leggo e scrivo di fantascienza e distopie da un punto di vista di genere e mi interessa non solo la genialità dei contenuti, le utopie, la creazione di nuovi modelli sociali o la parodia di  modelli sociali esistenti. Quel che mi interessa è anche il fatto di considerare la fantascienza come esatta riproduzione del presente con l’aiuto di altre contestualizzazioni che possano aiutare a vedere cose che altrimenti non sarebbe possibile notare.

Ci sono varie produzioni, libri o serie tv o film, in cui le macchine sono l’esatta creazione per la soddisfazione degli umani. Si riproduce lo schema capitalistico e sociale, la imposizione di ruoli di genere e l’uso del controllo e della repressione a supporto di varie forme di tirannia. Si riproduce anche un tentativo di integrazione tra macchine e uomini e lì non si può che tifare per il successo delle macchine, le intelligenze artificiali, le riproduzioni corporee, quando esse si disfano della memoria assegnata e ne inventano una nuova che spaventa terribilmente l’uomo.

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Antiautoritarismo, Autodeterminazione, Eretica, R-Esistenze, Recensioni

La Fabbrica degli Umani – il nuovo libro di Eretica

La Fabbrica degli Umani è un lavoro che ho iniziato parecchio tempo fa. Concluso da poco, grazie all’editing di Annalisa Zito, l’illustrazione di Feminoska e l’impaginazione di UnaManu, lo presento a chi ha voglia di leggerlo.

Ambientata in un futuro distopico, durante il quale donne e uomini sono privati della libertà di scelta, soprattutto per quel che riguarda i diritti sessuali e riproduttivi, è la storia di un percorso che conduce la protagonista e tutti gli altri personaggi citati verso una assunzione di consapevolezza riguardo quel che non viene percepito come sistema di oppressione.

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Autodeterminazione, Critica femminista, Eretica, R-Esistenze, Recensioni, Storie

Limbo, un libro di feminist/fantascienza di Eretica

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E’ la prima volta che scrivo qualcosa e oso pensare che qualcun@ vorrà comprarlo per leggerlo. Troppo lungo per un post. E’ un libro, che potete trovare in versione kindle (digitale, da scaricare sul vostro computer o telefonino – e se volete QUI trovate un estratto del libro) e in versione cartacea da ordinare su Amazon (c’è disponibilità immediata). Editor Antonella Garofalo e Grafiche e prefazione di UnaManu. Vi lascio alla lettura della presentazione, se può piacervi. Spero di si. Un abbraccio a tutt* e buona lettura!

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SWERF e TERF. Due sigle inglesi che stanno per “Femministe Radicali che Escludono le Sex Workers” e le persone “Transgenere”.
Molti in Italia conoscono femminist* che queste sigle inquadrano molto bene. Sono per lo più persone che evitano il dialogo con chi non è allineato al loro pensiero, e usano l’insulto e l’infamia contro chi considerano un “avversario”. Paradossalmente, camminiamo fianco a fianco nelle marce, eppure loro vorrebbero etichettare come non femminista tutto ciò che non è swerf e terf. Eppure sono sempre esistiti, i femminismi. Plurali. E questa è sempre stata una ricchezza per il movimento femminista.

Negli ultimi decenni, a livello globale, la seconda onda del femminismo è tramontata per lasciare spazio alla terza onda. Il concetto di intersezionalità è diventato cruciale e imprescindibile nelle lotte femministe. Il concetto di “differenza” basata sul sesso biologico è sempre meno accettato e riconosciuto, perché si presta male alle esigenze intersezionali.

Abbiamo scoperto che il patriarcato eteronormativo non nuoce solo alle donne cisgenere, bianche, benestanti, occidentali.
Altre minoranze hanno lottato per affermare la loro voce, ed è diventato evidente che non si può combattere il patriarcato se non si combattono l’omofobia, il razzismo, la sessuofobia e tutti quei sistemi di oppressione da cui il patriarcato trae forza e consenso.

Abbiamo scoperto che il colonialismo culturale, pur se benintenzionato, non è una risposta alle esigenze di liberazione di tutti. Che solo la lotta a partire da sé è una lotta efficace. Che non si possono “liberare” con la forza altri individui, non è così che funziona la liberazione.

Molte persone cresciute a pane e seconda onda non sono state in grado di fare questo salto. Sono rimaste ancorate ad una visione binaria del genere, per loro indissolubilmente legato al sesso, ed ad una visione romanzata e negativa e del sesso e dell’industria del sexworking.

Ma mentre loro rimanevano chiuse nei loro circoli, il mondo si è svegliato intorno a loro. Le sexworkers si sono organizzate e hanno fatto rete, le persone trans hanno preso consapevolezza di sé e delle proprie peculiari istanze. Con l’arroganza dell’autorità che queste persone pensavano di detenere in quanto mostri sacri della seconda onda, quando queste voci sono diventate troppo alte per essere ignorate la risposta è stata odio.

Come osano le donne transgenere chiamarsi donne? Come osano gli uomini transgenere tradire il loro sesso? Come possono esistere sexworkers che hanno scelto, lucidamente, il loro tristo destino?

Eppure queste persone esistono, sono politicizzate e organizzate, sono femministe. La loro vita, voce, opinione ha un valore che non può essere ignorato. La terza onda le ha accolte, ed abbiamo scoperto qualcosa di sorprendente: le loro istanze aiutano la lotta di tutt*.

Rimuovere lo stigma dal lavoro delle sexworkers significa rimuovere lo stigma sulla sessualità, distruggere la rigida visione patriarcale del sesso al femminile come qualcosa di sempre sacro, sempre intimo, sempre fatto “per amore”. Significa liberare la sessualità femminile dal fardello della procreazione per forza, dell’amore per forza, della sacralità per forza.

Accogliere le donne e gli uomini transgenere significa mettere in discussione cosa sia l’appartenenza di genere, l’identità di genere, il costrutto sociale di cosa è donna e cosa uomo. Ripensare da zero i ruoli di genere. Gettare luce sul privilegio maschile, soperchiarne i meccanismi.

L’intersezionalità è la più grande ricchezza che il femminismo poteva sperare.
Eppure la resistenza delle matriarche è violenta, non lesina l’uso di autoritarismi e fascismi, e si crogiola nei suoi argomenti ad auctoritatem.

Questo romanzo ha il preciso scopo di mostrare i paradossi di questa resistenza, e lo fa raccontandoci un futuro distopico in cui queste matriarche hanno un potere politico e economico, oltre che accademico.
È ironico, paradossale, irriverente. È eretico.

Una Manu

Antiautoritarismo, Autodeterminazione, Personale/Politico, R-Esistenze, Storie

Buone feste laiche a tutt* voi

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Sto quieta a leggere un capitolo di un libro di Philip K. Dick, perché immagino il natale come elemento di sovversione universale dell’immaginario collettivo. Telecamere intrusive addobbate e piccoli microfoni augurali agli angoli delle strade per poter comunicare con il capo supremo delle grandi nazioni confederate. Viviamo in un’epoca diversa, le auto continuano ad andare a carbone e non volano di certo, ma c’è un pallone gonfiato, definizione che qui indica una sorta di contenitore per gli spostamenti verso i piani alti, che può essere usato per passare da un palazzo all’altro, grattacieli immensi e con improbabili insegne luminose che sono utili per gli atterraggi. I palloni potrebbero anche sembrare grandi palle di natale, ad addobbare un grattacielo quando tutti vogliono muoversi in una sola direzione.

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Comunicazione, Critica femminista, Recensioni

Star Wars VII: come il marketing normalizzò il femminismo

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Star Wars, il risveglio della forza, secondo me non è poi tutta sta gran cosa femminista. Anzi prende il femminismo e lo normalizza, lo norma, dirigendolo in una sola, unica, chiara, traiettoria. Ci sono delle novità rispetto alle puntate precedenti ma nulla che non sia già noto agli/alle amanti delle saghe fantascientifiche. Non lo è più di quanto lo sia stata la protagonista di Mad Max Fury Road. Proverò a non spoilerare e cerco di fare solo alcune considerazioni sul perché sia stato venduto come prodotto femminista (gran bella dose di pinkwashing targata Disney) anche se in realtà non introduce chissà quali novità.

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La divergente

La storia di questo film è tratta dal primo libro (Divergent) della trilogia scritta da una giovanissima Veronica Roth. Ce ne sono altri due dai quali, penso, verranno fuori altrettanti sequel, Insurgent e Allegiant. Libro e film sono pensati per ragazzi e anche la narrazione, in effetti, basa la trama su una storia che coinvolge persone poco più che adolescenti. Ma se togliete di mezzo i tratti melensi e le spettacolarizzazioni, che fanno tanto avventura buona per i liceali, troverete una storia che conferma come tante donne siano sempre più propense a raccontare il proprio punto di vista prendendo in prestito la bella lezione che viene dalla fantascienza, dal fantasy, dai mondi altri che noi non possiamo ancora immaginare.

C’è una società divisa in cinque fazioni: i pacifici, che si occupano di cura e di terreni, un po’ in stile hippie, i candidi, che rappresentano la giustizia e l’ordine, gli eruditi, che sono quelli che coltivano la conoscenza, il sapere, e che perseguono le scoperte scientifiche, gli abneganti, al governo della città perché ritenuti altruisti e quindi molto affidabili, con uno stile di vita che ricalca molto quello dei mormoni, e infine ci sono gli intrepidi, forti, coraggiosi e scattanti, addestrati militarmente fin da piccoli alla sorveglianza e alla protezione delle mura della città perché là fuori pare ci sia un grande pericolo, una società ingestibile.

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