Culture, R-Esistenze, Storie

Flussi di immigrate per servizi familiari

Tra le donne in menopausa venivano selezionate quelle che avevano ben interpretato il proprio ruolo in famiglie eterosessuali, avevano generato prole e si erano prese cura di marito e figli. Questa l’unica possibilità di evacuazione per le signore il cui utero era diventato ormai inutile per la comunità.

Quando nella terraferma fu decretato lo stato di emergenza e fu eretto un muro per bloccare chiunque fuggisse dalla Sicilia senza rispondere ai requisiti necessari, il governo varò il decreto flussi in cui si restringevano le ammissioni solo alle donne che volevano prendersi cura di altre famiglie, di malati, uomini, vecchi, bambini.

I flussi furono stabiliti per rinominare la tratta delle schiave e fu così che Samira si trovò bloccata in un lager sulla costa già in gran parte sommersa, prima che la Sicilia sprofondasse del tutto. Il lager aveva una duplice funzione: l’intensa selezione delle signore da autorizzare per la migrazione e la sorveglianza delle loro peculiari personalità affinché nessuna infiltrata contraria al sistema eteropatriarcale sfuggisse al loro controllo.

Quando spiegarono a Samira che per sopravvivere doveva fingere di essere un po’ scema e completamente dedita ai lavori di cura lei mosse il capo, un ricciolo grigio scivolò sulla sua fronte, osservò gli abiti che indossava e disse a se stessa che poteva farcela. Avrebbe potuto cambiare aspetto, invecchiarsi un po’, sembrare meno minacciosa, meno intelligente, meno tutto. Superò il primo esame e fu ammessa nel lager e già questo le era sembrato un successo.

Solo in quell’angolo di mondo in fondo si esaminava con cura ogni persona da ammettere dietro le sbarre. Ciò significava che non rinchiudevano chiunque. Solo detenute di prima qualità. Sarebbero serviti mesi di prove e altri esami per poter finalmente essere deportate in terra ferma e affidate a famiglie che le avrebbero schiavizzate per tutta la vita. In fondo era meglio essere vive seppur da schiave piuttosto che non respirare affatto.

Samira si era ripromessa di dover mantenere un basso profilo, come fosse una spia in missione segreta, ben cosciente della fine che avrebbe fatto qualora fosse stata scoperta. Diede risposte errate ai test di intelligenza, si limitò a sommare correttamente un due più due per mostrare che sarebbe stata in grado di fare la spesa per la famiglia padrona. Mostrò sempre una posa dimessa, scarpe consunte, abiti lisi, perfino le sue mutande erano stropicciate. Sapeva che veniva osservato anche il suo bucato. Meglio una mutanda con le toppe che un futuro compromesso da un solo dettaglio.

Non seppe mai cosa la tradì. Di fatto stava per essere condotta alla nave per il trasporto delle schiave quando un sorvegliante segnalò che Samira aveva infine sorriso. Si era sentita sollevata e pensava di averla fatta franca. Non fosse stato per quel sorriso oggi lei potrebbe godere di vitto e alloggio presso una famiglia perbene. Non fosse stato per quel sorriso lei non sarebbe diventata leader di un gruppo di anziane che organizzarono la fuga di donne più numerosa sfuggita ad un lager.

Non sono sempre le ribelli a far diventare i regimi troppo autoritari. Talvolta i regimi autoritari generano fior di ribelli. Viva i regimi autoritari, allora. Grazie perché donate al mondo sempre più cellule di resistenza, resilienza e ribellione.

E la storia continua.

Segue a:

Sprofonda la Sicilia

Figli dei vulcani

Intrappolati

Fiamme e corpi non corformi

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