Autodeterminazione, Comunicazione, Critica femminista, Precarietà, R-Esistenze

#Paestum: la tuffatrice annaspa in un oceano vorticoso di banalità

la-tuffatriceDa Incroci De-Generi:

Si è conclusa ieri a Paestum la tre giorni Libera ergo sum, autoproclamatasi sfida femminista  nel cuore della politica. Pur essendo una femminista, avevo già da tempo deciso che non sarei andata per i motivi che su  abbatto i muri qualcun@ si era già presa la briga di spiegare al posto mio. Però, da brava femminista, voglio tenermi aggiornata su ciò che si muove nell’area perciò, in questi giorni, ho cercato di seguire a distanza. Bene, profondo è… come chiamarlo… lo sconcerto? ….lo sconforto? …il disorientamento? nel constatare la vacuità e la superficialità dei temi messi a discussione  di cui si ha (scarsa) notizia. Sulla rassegna stampa del blog, oggi trovo un paio di articoli, di cui uno, a firma di Luisa Betti,  circolava già venerdì sul blog del manifesto. L’altro, che proviene dalla 27esima ora, accenna ad uno scontro acceso sul dl femminicidio e su alcune norme della legge Bossi-Fini, senza entrare troppo nel merito delle questioni. Dei 3 commenti che seguono l’articolo, uno è di tal Laura che si rivolge all’amica che la mattina prima era seduta vicino a lei all’Ariston perché rivuole indietro la penna che le ha prestato e trova scorretto non riaverla, ma vabbe’, procedamus. Entrambi gli articoli sottolineano con grande enfasi il documento Stati di eccitazione permanente, letto dal collettivo Femministe nove, che, salendo sul palco, ha preso autonomamente parola, con disappunto di alcune,  per cui mi metto a leggerlo con attenzione. Le parole chiave sono autodeterminazionecrisi, precarietà, reddito, termini che provengono dall’antagonismo e attorno a cui si costruiscono, o si dovrebbero costruire,  rivendicazioni e percorsi di lotta. Se, ad esempio, reclamo  reddito e non  lavoro è perché considero il reddito un diritto che spetta a tutt@ incondizionatamente perché senza reddito non si dà possibilità alcuna di autodeterminazione, ergo non libera sum. Invece le femministe nove affermano Non pensiamo al reddito come a un diritto individuale scisso [da cosa?suppongo dal lavoro], ma connesso a una diversa idea di lavoro, di produzione e di società[quale?] Allora cerco di capire quale sia questa diversa idea di lavoro e leggo Tra il rifiuto del lavoro (così com’è) e la volontà di trasformarlo c’è un legame profondo. Si, e quale sarebbe? passaggio successivo: La precarietà è una condizione diffusa, non è una coscienza collettiva di una condizione. Non è un’identità: è la situazione in cui possiamo costruire conflitti e pratiche di libertà. Ad essere sincera, non è che il passaggio mi sia molto chiaro, ma mi sono imbattutta in un’ espressione che mi piace, costruire conflitti e pratiche di libertà. Allora, siete lì per discuterne no? e cosa ci dite? È difficile divenire collettivamente soggetti di conflitto quando il corpo politico è consunto[veramente, sarebbe più facile sovvertirlo, ma vabbe’, punti di vista] e, poco oltre, Partiamo dalle pratiche allora [ecco, appunto]: dalla necessità di costruire luoghi di autogoverno e spazi liberati che vivano nella porosità col mondo circostante, nella tensione a una liberazione collettiva, individuale e sociale. E il passaggio successivo quale sarebbe? La sessualità non è mai un terreno pacificato. Così, ex abrupto, I nostri corpi parlano sempre. Pensiamo attraverso il corpo. Ma il nostro è un corpo fatto a pezzi, ingabbiato…ma non si stava parlando di costruire conflitti e pratiche di libertà?

A questo punto, potrei continuare fino alla fine, ma mi sono già fatta un’idea ed è che questo manifesto, forse per la perenne eccitazione che non lascia  spazio all’organizzazione logica del pensiero, è una giustapposizione ad effetto di termini scippati ai movimenti antagonisti che però, attraverso una retorica di matrice alessandrina, ne depotenzia la portata conflittuale. Sentite la necessità di rimettere a tema il nodo del conflitto politico? Benissimo, e allora perchè ci venite a parlare di vaghe  oppressioni materiali e simboliche, di generiche condizioni materiali di vita e non nominate invece la lotta di classe, fa troppo marxista? dopo esservi definite non ereditiere, ma precarie, mi chiedo  come facciate a tollerare che alla  precarietà si risponda con un miserabile fondo di solidarietà, un palliativo, tra l’altro momentaneo, che fa sentire tanto buone e generose le matrone altolocate. Siete già state cyborg e queer e come fate ad accettare che si tengano ancora laboratori su Democrazia, autogoverno e istituzioni delle donne, insistendo su questa costruzione culturale, invece di sventrarla, e che ancora le donne siano promotrici e insieme destinatarie di un laboratorio sulla  Cura di sé, delle relazioni, del mondo. Ancora con la cura come prerogativa della donna in quanto donna? e siete pure già state queer e non dite niente?

Insomma, con tutto il rispetto per il tuffatore e la tuffatrice  di Paestum, ritengo di aver fatto bene a rimanere a riva e a scegliere di non tuffarmi in questo mare magnum di concetti arraffazzonati qua e là, tra velleità pseudo-rivoluzionarie e rifugi identitari nel genere donna, di chiaro stampo reazionario. Perché quando ci si tuffa in un oceano di banalità, dove l’unica forza che muove le acque è quella dei giri vorticosi di parole che tentano di nascondere il nulla della sostanza, di tenere insieme tutto e il contrario di tutto, il pericolo è quello di affogare. E, a giudicare dai riscontri, al netto degli arcinoti proclami autocelebrativi, mi pare che, almeno per quest’anno, il pericolo non sia stato scampato.

[di PantaFika]

NB: Federica, una delle Femministe Nove, mi fa notare (grazie per la precisazione) che la parte commentata e pubblicata è un estratto di oltre 10 pagine (tanto spazio occupa il testo completo) di un documento che sarà interamente pubblicato sul prossimo numero di DWF.

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#Paestum2013: restare sul vago per non essere di “nicchia”?

15 pensieri su “#Paestum: la tuffatrice annaspa in un oceano vorticoso di banalità”

    1. Cara, commenta sul blog di PantaFika per dirlo pure a lei.
      Io lo leggerò senz’altro. Ma quello che c’è sul vostro (non so se sei una delle nove) blog quindi non è completo? 🙂

        1. sei la stessa con cui sto parlando su twitter? o siete due persone diverse? 😀
          le dicevo. se avete voglia, intervenite pure per dire che ne pensate. il blog è a vostra disposizione.

  1. io però ho posto domande su quello che avevo davanti agli occhi, non potevo fare altrimenti. Credo che almeno a quelle, che sono precisamente riferite a dei passaggi riportati, si possa rispondere. Come significa che il reddito non è un diritto individuale scisso, per esempio?

  2. Se vuoi sapere come è andata veramente, compra il manifesto domani, in verità alla fine se semo quasi menate, ma è stato bello, c’era chi gridava: “andatevene siete una minoranza”, chi “avete venduto il culo alla Rauti”, e chi (come me ma solo dopo che una “anziana” mi ha tolto il microfono di mano mentre parlavo): “fanno bene le giovani ad andarsene, siete delle stronze!” la verità è che finalmente è emersa la verità di un tappo che dura da anni e le giovani delle F9 sono state coraggiose perché lì la scolastica non perdona, e se anche quel manifesto può sembrare incompleto, è il coraggio di quelle giovani donne che ci ha gasate, soprattutto perché dopo il loro intervento qualcuna delle “storiche” ha detto che così non si fa, no no no, non si può andare sul palco e leggere quello che ti pare anche se sopra c’è scritto LIBERTA’ ERGO SUM. Infine, sulla bossi-fini e sul DL femminicido, la scolastica non prende posizione manco se c’ha Irigaray con una bomba sotto alla sedia, perché rifiuta tutto quello che non è simbolico, non è questa la sede, sulle leggi non si discute: no no no. Ma la pentola bolle e le donne, giovani, mezze giovani e mezze vecchie, e stavolta anche storiche di una certa autorevolezza, si sono stufate della non – azione e vogliono pratica politica: almeno s’è chiarito chi, come, quando e perché, ma soprattutto dove, sta sto tappo, anzi questo rimasuglio di tappo. Nel complesso era tanto che non ridevo così e di gusto.

    1. e menomale che il tappo è saltato, Luisa, infatti mi chiedevo altrimenti di che avete parlato se non si risolveva un nodo così fondamentale.
      https://abbattoimuri.wordpress.com/2013/10/07/paestum2013-restare-sul-vago-per-non-essere-di-nicchia/

      le ragazze hanno già scritto che quella era una sintesi di più di 10 pagine. PantaFika pone alcune domande e io le condivido e in quanto all’incontro tra scolastiche, storiche, istituzionali e altre, direi che la contraddizione, appunto, non si è sciolta, e se finalmente c’è chi ha detto frasi come quelle di cui racconti direi che ho quasi una speranza in più. quasi. 🙂

      domani ti leggerò volentieri.

      ps: alle ragazze ho già scritto che aver squattato il palco è stato grande! 🙂

    2. (“Parto da me” (cit.): scrivo pur non essendo potuta venire a Paestum perché sono disoccupata. E il “fondo di solidarietà”, in un luogo dove si doveva parlare di libertà e di condizioni di vita, mi ha fatto capire cosa avesse in mente ciò di cui voleva parlare chi aveva organizzato l’evento. Poi mi chiedevo: ma avevano pensato alle vecchie povere o alle donne con problemi di salute? No, è che non ce le vedo a dormire nel sacco a pelo, in palestra).
      Si possono dire cose sensate anche rispettando il proprio turno per parlare (scusate se pecco di ortodossia).
      Di solito l’effetto scena serve a compensare il sostanziale vuoto dei contenuti: capisco Betti quando dice che si è respirato qualcosa di nuovo, ma se ancora stiamo parlando della realtà senza considerare che viviamo in un sistema capitalista organizzato in classi sociali (cosa che neanche alle radicalissime F9 sembra interessare), quella delle “gggggiovani” resta una retorica che a me ha abbastanza stancato (e a dirvelo è una “ggggiovane”). Attendo con ansia di leggere le dieci pagine in questione, anche se in teoria un estratto dovrebbe quantomeno essere rappresentativo, e se ancora stiamo parlando di reddito di cittadinanza senza considerare il fatto che il suo funzionamento o meno dipende da un sistema che ci sfrutta doppiamente, senza venir mai menzionato, allora non so di quale realtà parliamo.

  3. ah ecco, non ho le allucinazioni allora. Perché a me le contraddizioni paiono evidenti ed inconciliabili, tra il manifesto che è stato letto e divulgato e l’impostazione generale dell’incontro, ma anche all’interno del manifesto stesso (o della sua sintesi). Non è che si possono tenere i piedi in mille staffe, eh? e qualcuna di noi si è stufata davvero.

  4. con molti dubbi sono andata a Paestum Ho ascoltato tutti gli interventi nelle due assemblee plenarie e nel gruppo su autogoverno democrazia etc Leggo i commenti e gli articoli apparsi subito dopo e tra questi quelli apparsi qui. Non esserci non è una colpa ma pretendere di giudicare un luogo che non si conosce mi sembra un pò presuntuoso. Quanto allo scontro generazionale a me non è sembrato che ci fosse C’era,invece, l’esibizione di modi differenti di leggere il presente (e meno male)
    Le “ragazze” che hanno “occupato” il palco si muovevano dentro un orizzonte addomesticato Sembravano iscritte (e,poi,ho scoperto che così era) ad un partito spinte prevalentemente dal desiderio di “egemonizzare” il confronto Niente di nuovo sotto il sole Sbbe stato interessante se avessero chiesto a quelle che nelle ultime elezioni si sono candidate nei partiti il perchè di quella scelta e le ragioni della loro non elezione.
    Non bastano gli striscioni o le magliette e i jeans a definire le concezioni del mondo…

  5. Scusate, premettendo che non intendo espormi sui contenuti dal momento che la politica fatta tramite la tastiera di un cellulare MI RIPUGNA (per cui, se volete parlare di contraddizioni, classi e tutto quel che volete, possiamo farlo in presenza. Con chiunque, una e trina), mi soffermo solo a puntualizzare una cosa: ognuna di noi, all’interno di femministe nove, ha una posizione, vive in un contesto, fa delle scelte, proviene da un ambiente politico ( partitico, di movimento, di varie ed eventuali). Non siamo un gruppo omogeneo che proviene tutto dallo stesso scenario politico, Quella di Luisa è un’induzione sbagliata, che porta a grossolani errori di valutazione.
    Fatta questa breve precisazione, invito tutte – in generale – ad una maggiore relazione in presenza, sia nel senso in cui dice Luisa (“Non esserci non è una colpa ma pretendere di giudicare un luogo che non si conosce mi sembra un pò presuntuoso”) sia nel senso che invece di tessere confronti tra noi da dietro uno schermo di 5 pollici sarebbe più opportuno prenderci una “biretta” assieme. Secondo me ne viene fuori un bello scambio.

    1. cara, io la birretta la prenderei molto volentieri ma non vivo a Roma. la tecnologia è brutta e cattiva ma dopo tanti anni che la conosco so anche che è un ottimo tramite per accorciare le distanze e ragionare. sono d’accordo che è molto meglio vedersi, se non avesse un costo e il costo della politica o la gratuità che non ci è consentita è un altro tema che come vedi preme molto a tutte come dovrebbe premere a chiunque ragioni di precarietà. a Paestum io non c’ero principalmente perché economicamente non potevo. Così altre. ma l’alloggio “spartano” e il “fondo di solidarietà”, parole dette così, senza pensare, per me risultano offensive, senza che si parli di condivisione vera di risorse comuni e di quel fondo io, ma non solo io come vedi, non avrei preso un soldo.
      perciò in un altro post chiedevo se c’era uno streaming, un modo per seguire a distanza, e so che è difficile perché sono cose che ho praticato, ma forse nelle assemblee in plenaria si poteva fare. e non si è fatto. quindi assumiamoci tutti quanti la responsabilità del “non c’eri” e “non c’eravate” perché anche il “non c’eravate” è a tema.

    2. Panzè, non sarete un gruppo omogeneo, ma un documento l’avete tirato fuori, e quello si criticava, nient’altro. Non stiamo “facendo politica” su internet: ci si stava confrontando sui documenti resi pubblici da quelle assemblee, e si presuppone che se si decide di farli circolare, allora il contesto in cui vengono proposti sia importante ma fino ad un certo punto (che cioè quindi siano comprensibili anche fuori dal contesto specifico). La critica a Paestum, come dice anche laglasnost, ossia le cause dell’assenza, dovrebbero stare proprio nell’o.d.g. di tutte le femministe che hanno potuto partecipare, visto che parlano di gente che non ha soldi per un viaggio: le condizioni di vita erano all’ordine del giorno.
      Sono abbastanza stanca del femminismo dello scambio informale: le istanze a mio avviso sono abbastanza chiare, ormai, e c’è un punto oltre il quale non si comunica più o se lo si fa è con molta difficoltà. Genere e classe sono inscindibili (o almeno dovrebbero esserlo in un’analisi completa della realtà che ci circonda), e da qui parto perché questa è la realtà in cui vivo io, mia madre, le donne e anche gli uomini che conosco. In ogni caso, se farete un assemblea pubblica vi parteciperò molto volentieri.

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