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#BrasilProtesta: il malcontento dei brasiliani e la tempesta perfetta!

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Ringrazio moltissimo Antonella che assieme al Professore Nunes mi danno la possibilità di condividere questo articolo prezioso per capire quel che succede in Brasile. Siamo già ad una fase ulteriore di riflessione e qui ho tentato di capire come e perché in Italia la “sinistra” di questa lotta brasiliana, fino ad ora, non si è occupata. Su questo blog potete leggerne qui, qui, qui, qui. Buona lettura!

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Stagione perfetta per un “winter of discontent” in Brasile (*)

Articolo di Rodrigo Nunes

Traduzione di Antonella Festa

Il Brasile è stato scosso da proteste nelle recenti settimane. All’inizio, decine di migliaia di persone sono scese in strada nel paese per protestare contro gli aumenti del biglietto dell’autobus e della metropolitana e per reclamare trasporto pubblico gratuito.

Invece che mettere in fuga la gente, la reazione pesante della polizia ha contribuito a fomentare la situazione. Soltanto in Sao Paulo, 235 persone sono state arrestate giovedì scorso e molti di loro portavano aceto per ridurre gli effetti dei gas lacrimogeni. I resoconti abbondano delle brutalità della polizia e delle provocazioni, incluso un poliziotto ripreso da una telecamera mentre danneggiava la sua macchina.

I mass media brasiliani, che fino ad allora avevano diffamato i dimostranti e invocato un forte intervento della polizia, ha cambiato il tono quando sono stati feriti sette giornalisti che lavoravano per una delle più grandi testate del paese. A due di loro hanno sparato in faccia con pallottole di gomma. I manifestanti sono andati a casa cantando “Domani sarà più grande”.

Senza dubbio la protesta è stata più grande. Il lunedì ha visto centinaia di migliaia di persone che dimostravano in più di 20 città. Più di 100.000 persone ha battuto le strade di Sao Paulo e Rio de Janeiro. A Brasilia, la capitale, i manifestanti hanno occupato il parlamento, sebbene abbiano lasciato l’area pacificamente dopo poco tempo.

La violenza della polizia è un problema strutturale in Brasile. Ma il fatto che il Brasile al momento stia ospitando la FIFA Confederation Cup, e perciò sia preoccupata per la sua immagine internazionale e si trovi sotto norme straordinarie concordate con la Fifa, ha reso la situazione ancora peggiore.

Le proteste contro la violazione dei diritti umani e il cattivo uso di fondi pubblici nella preparazione della Coppa del Mondo 2014 e le Olimpiadi del 2016 – che hanno avuto luogo nel fine settimana – sono state violentemente represse.

Richieste qualitative e quantitative

La reazione del governo alle proteste ha intensificato la rabbia dei dimostranti e ha focalizzato l’attenzione su un numero di diffusi e relativamente indipendenti motivi di risentimento.

Ci sono stati due tipi di lotte in Brasile negli ultimi anni. Da un lato, le popolazioni indigene negli angoli remoti del paese hanno combattuto contro la violazione dell’agribusiness e di grandi progetti governativi come la centrale idroelettrica di Belo Monte sulle loro terre e sulle loro vite, mentre i poveri della città hanno resistito alla rampante speculazione edilizia.

Dentro la storia America-Brasile: Proteste di malcontento

Costoro sono quelli che non hanno beneficiato della rapida crescita del Brasile negli ultimi anni: sono le vittime di ciò che potremmo definire uno sviluppo quantitativo.

Da un altro lato, molti brasiliani che vivono in città sono insorti per sostenere questioni come il trasporto pubblico, piste ciclabili, spazio pubblico, ambiente, proprietà intellettuale, diritti sulla riproduzione, diritti LGBT eccetera: battaglie circa la qualità dello sviluppo.

Mentre questi due tipi di lotte coinvolgono elettori molto differenti, le battaglie in sé non sono slegate.

In entrambi i casi, la risposta classica del governo alle lamentele dei suoi cittadini è stata di respingerli come ingenui o ipocriti particolarismi a fronte della crescita economica del Brasile e dei progetti di redistribuzione della ricchezza, ignorando la loro universalità.

Tali richieste qualitative sono universali in quanto, in definitiva, riguardano nuovi processi comuni e nuovi diritti. Sebbene a protestare per il trasporto pubblico siano stati in maggioranza giovani, istruiti e metropolitani, i sondaggi indicano che essi hanno il sostegno popolare – a mala pena una sorpresa in un paese dove la qualità del trasporto pubblico è così bassa e il suo costo così alto in relazione al reddito medio.

Nello stesso tempo, le pretese di universalità del governo circa i suoi progetti appaiono dubbie quando si vedono i gruppi più marginalizzati del Brasile, come le popolazioni indigene e gli abitanti delle favelas, espropriati in nome dello sviluppo, lasciare le loro case, i loro mezzi di sostentamento e alcune volte le loro vite mentre vengono accumulate fortune private.

Inoltre, non è difficile vedere le connessioni tra le comunità povere colpite dall’industria del petrolio e l’aumento dei sussidi governativi al mercato delle automobili private e i disinvestimenti nei trasporti pubblici; o fra l’erosione dello spazio pubblico e gli esclusivi progetti di “rigenerazione urbana” sollecitati dai maggiori eventi che il paese è candidato ad ospitare nel 2014 e nel 2016.

Il potenziale per una nuova esplosiva forza sociale nel panorama politico brasiliano può risiedere nella capacità di convertire queste connessioni in vere e proprie alleanze, che riuniscano ciò che potrebbero essere chiamati l’esclusione quantitativa e il malessere qualitativo. Se questa sembra una perfetta tempesta politica è perché la durezza e brutalità della risposta dello stato stanno fungendo da catalizzatore per diversi motivi di malessere che non trovano risposta adeguata.

Da ultimo, se c’è qualcosa che riguarda le proteste, è la mancanza di comprensione e di sensibilità: il rifiuto dei governi locali di negoziare con chi protesta, la militarizzazione controllata dal governo centrale, una classe politica generalmente ritenuta corrotta e indifferente, grandi eventi come la coppa del mondo e le olimpiadi che stanno – legalmente o illegalmente – riempendo le tasche di pochi, uno stato con miseri servizi per l’istruzione di base e la salute, ed un orribile primato nella violenza contro i cittadini.

Le proteste sono rivolte, forse in maniera speciale, a partito di centro-sinistra al governo, Il Partito dei lavoratori, o PT, che era emerso dalle lotte sociali del Brasile e aveva cavalcato grandi speranze di cambiamento. Sempre di più, comunque, il PT si è assimilato al processo di una sistema politico autoreferenziale e ha sviluppato un’attitudine che sembra affermare che, finché i livelli di vita continuano a migliorare, il governo è al di sopra di ogni critica.

Una riduzione quantitativa della povertà

Ora, preoccupandosi della qualità, l’argomentazione del governo è ferma sulla riduzione quantitativa della povertà: per superare gli ostacoli bisogna essere oggettivamente contro gli interessi di chi è povero.

Mentre questo suggerisce un approccio su due livelli – una volta che la quantità è data, raggiungeremo la qualità – la questione è che c’è una piccola indicazione che questo secondo livello arriverà. Al contrario: quando il significato dello sviluppo è schiacciato dalla crescita economica, la misura del successo si riduce esclusivamente a indicatori come il PIL o il numero totale di studenti universitari, e l’obiettivo principale diventa l’aumento dei livelli di consumo, questo sembra contraddire l’idea di un futuro salto qualitativo.

In altre parole, non è vero che tutto va bene man mano che gli standard di vita s’innalzano di livello. La decisione, che risale alla presidenza di Luiz Inacio Lula da Silva, di dare la priorità ad alcuni protagonisti e settori come l’agribusiness e l’edilizia ha creato una trappola: la dipendenza da una manciata di gruppi di interesse il cui potere politico è proporzionale al proprio peso economico.

Se il piano del PT è creare un’economia a cascata con ricadute positive che funzioni davvero, il successo dipende esclusivamente dal mantenere una rapida crescita, e non è il caso nell’immediato presente.

Quando l’economia funziona, tutti ne guadagnano: ma quando non funziona, qualcuno deve pagare il conto. Rimane da vedere a chi il governo chiederà sacrifici e se avrà i mezzi per imporli a chi ha potere.

Da quando Dilma Rousseff è stata eletta presidente, la partecipazione popolare è diminuita. Le negoziazioni hanno luogo nei corridoi dei palazzi di Brasilia e, mentre le elites politiche ed economiche inevitabilmente si fanno strada, i movimenti sociali e la base del PT sono invitati ad adeguarsi e tacere.

Mantenere la coalizione creata da Lula costa un prezzo sempre più alto. Negli ultimi due anni, il governo brasiliano ha ripetutamente lavorato da progressiva copertura per interessi profondamente reazionari, come quelli dei proprietari terrieri e della destra cristiana.

Per decenni, il PT ha giocato un ruolo importante come canale per nuove richieste e gruppi sociali. Adesso, comunque, il partito sta cessando di prendere iniziativa nel creare nuovi processi comuni e diritti, tende sempre più a chiudere un occhio sugli attacchi a quelli esistenti ed ha adottato un’arrogante, linea della dismissione e della “legge e ordine” quando affronta le richieste popolari di cambiamento.

E concentrando lo sviluppo esclusivamente su una crescita quantitativa e sul consumo, il governo rinforza le tendenze che vanno contro un futuro salto qualitativo e rende un disservizio al dibattito pubblico in Brasile.

Lo slogan della campagna di Rousseff nelle passate elezioni era “perché il Brasile vada avanti nel cambiamento”. Che è in linea, per un verso, con le proteste in corso: il significato e la possibilità di un ulteriore passo in avanti. I manifestanti non sono contro il governo nel senso che vorrebbero rimpiazzarlo con un’opposizione ancora meno popolare. Piuttosto, sono animati da un sentimento crescente che se questo passo ulteriore deve verificarsi, il PT può funzionare come una forza attiva contro di esso.

Anche se molti dichiarano di non essere né per la destra né per la sinistra, ed anche se i mass media tentano di associarli con l’agenda dell’opposizione, questo è nell’essenza un movimento progressista. Esso cerca di ridefinire lo sviluppo tanto come qualitativo che quantitativo e l’inclusione non solo unicamente come distribuzione, ma ridistribuzione di ricchezza e potere. “Questa protesta non è per dei centesimi” recita uno degli slogan ricorrenti, “è per i diritti”.

Per il momento, il PT si è nascosto dietro il suo innegabile successo nel miglioramento degli standard di vita dei brasiliani, con il ricatto che le cose sarebbero andate peggio se l’opposizione fosse tornata al potere.
E’ una misura qualitativa del successo il fatto che le giovani generazioni del paese, che nei decenni passati si sono preparate ad aspettarsi di più per il loro paese, adesso dicano che non è abbastanza.

Post script

Questo testo è stato scritto il 16 giugno, ma è stato pubblicato solo il 20 giugno. Quando è stato pubblicato, la situazione, che è ancora molto instabile, era già cambiata. La principale differenza tra un momento e l’altro è stato il sostanziale cambiamento nella composizione sociale delle proteste. Attratto dalla grandezza di ciò che era successo, un numero maggiore di persone si è riversato nelle strade.

I mass media hanno smesso di denunciare i manifestanti come vandali e di chiedere l’intervento della polizia e hanno cominciato a chiamare la gente nelle strade invitandoli ad opporsi alla corruzione e a esigere un “Brasile migliore”. I gruppi di destra si sono infiltrati nelle manifestazioni, fungendo da agenti provocatori; membri di diversi partiti di sinistra hanno subito aggressioni durante le proteste; la violenza indiscriminata della polizia è continuata senza controllo. (E’ importante sottolineare che la polizia è controllata dal governo centrale, non da quello federale).

La presenza combinata di elementi esplicitamente di destra e una massa senza una storia di mobilitazione politica alle spalle, in parte mossa dagli slogan dei media e con richieste disparate e non ben definite, ha prodotto alcune delle intese che hanno incitato l’onda della protesta a placarsi temporaneamente, denunciando il rischio di essere dirottati altrove.

Questo ha anche generato il terrore, specialmente dentro il PT, che fosse in corso un tentativo di colpo di stato.
Se per un verso possiamo solo sottostimare quanto sia grande il desiderio delle elites Latino-americane di giocare fuori dalle regole per farsi strada, questa “paura della folla”, che nella peggiore delle ipotesi ha spinto a coprire le denunce delle proteste come se dimostrassero tendenze “fasciste”, lascia diverse domande inevase. Da dove proviene questo cosiddetto “fascismo” , dopo più di una decade di un governo di sinistra? Se la gente è così facilmente manipolata da media anti-governativi, perché il PT ha costantemente evitato di affrontare la questione del monopolio degli stessi? E’ tutta una diffusa insoddisfazione contro il governo e la classe politica “fascista”, oppure c’è un elemento non legittimato al suo interno? Due possibilità sembrano dischiudersi: o questa diventerà un’opportunità per i movimenti sociali per imporre al governo una nuova agenda volta alla trasformazione sociale, oppure la paura di un tentativo di colpo di stato si tradurrà in ancora maggiori concessioni alla destra. La prima di queste alternative ce la potrà fare solamente se la sinistra rimarrà sulle strade, diversificando la sua tattica oltre le manifestazioni moltitudinarie e costruendo una vittoria in relazione al problema del biglietto del bus (i governi locali stanno concedendo riduzioni del costo del biglietto in tutto il paese) ma in direzione di altre richieste (trasporto pubblico gratuito, demilitarizzazione della polizia, salvaguardia dei diritti degli indigeni). Questa settimana potrebbe essere decisiva.

Rodrigo Nunes è professore associato e ricercatore a PUCRS, Porto Alegre, dove coordina i gruppi di ricerca Materialismos. E’ membro del collettivo editoriale di Turbulence e occasionalmente gestisce un blog

—>>>(*) Il titolo in inglese è un gioco di parole che rimanda al winter of discontent con cui gli inglesi, citando il Riccardo III di Shakespeare, si riferiscono alle elezioni del 1979, quando trionfò la Thatcher. Praticamente intraducibile in italiano.

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1 pensiero su “#BrasilProtesta: il malcontento dei brasiliani e la tempesta perfetta!”

  1. forse non aggiungerà molte info a chi legge questo blog, ma è comunque una (piccola) voce in più

    VEM PRA RUA POR LA LIBERTAD E L’ANARQUIA!
    Da oltre due settimane in Brasile milioni di persone si sono riversate per le strade in centinaia di città. Le manifestazioni nate per protestare contro l’aumento delle tariffe dei mezzi pubblici di trasporto per i Mondiali di calcio previsti nel 2014, si sono subito dimostrate momento di coesione per un ampio malcontento . Un’opposizione dal basso cresciuta contro l’attuale governo di Dilma Rousseff, la legge Pec-37, il “CaraGay”, il razzismo, il fascismo, l’omofobia, la repressione ed il controllo della polizia e dell’esercito, la disoccupazione, l’aumento del costo della vita, lo sfruttamento del lavoro salariato, la deportazione, la persecuzione e lo sterminio dei popoli indigeni, delle periferie e delle favelas, contro gli sgomberi degli spazi culturali e delle comunità autogestite
    urbane ed extraurbane, gli attacchi fisici ai giornalisti, ai militanti di sinistra, ai sindacalisti e agli attivisti contadini nel Brasile rurale, contro gli arresti sommari e la detenzione senza motivo.
    I movimenti sociali e libertari, in Brasile, stanno manifestando contro tutta la classe politica, contro il pensiero unico di destra e di sinistra basato su un modello di sviluppo competitivo e basato sullo sfruttamento che, nonostante la crescita economica vertiginosa del paese, rende impossibile la vita al 99% della popolazione. Si allarga quotidianamente l’esclusione sociale, si colpisce la rete dei trasporti, dell’educazione, della salute e di tutti i servizi di pubblica utilità. Sono aumentati gli sfollati e i senza tetto, costretti ad abbandonare le loro case costruite nei pressi dei nuovi megaprogetti per gli stadi e le infrastrutture annesse ai Mondiali di Calcio. La polizia e l’esercito hanno attaccato e sparato contro i manifestanti proiettili di gomma, lacrimogeni e gas urticanti. L’ intelligence militare controlla i socialnetwork ed il numero dei morti e dei feriti è ormai incalcolabile. I partiti di destra ed estrema destra i “carecas” nazisti del MV stanno cercando di infiltrarsi nella protesta, puntando il dito contro il governo in carica aggredendo sindacalisti e militanti di sinistra con l’obbiettivo di provocare, mistificare e manovrare politicamente la protesta popolare verso una deriva autoritaria, nazionalista, razzista e conservatrice. Per realizzare le opere per il mega-evento dei Mondiali di calcio, lo stato ha intensificato la violenza sulle popolazioni più vulnerabili e i movimenti sociali. Secondo l’Associazione Nazionale dei Comitati del
    Popolo della Coppa, si prevede che 250.000 famiglie saranno sfrattate con la forza. Il bollettino dell’agenzia d’informazione brasiliana del 7 giugno scorso ha annunciato l’intensificazione di spionaggio e l’ infiltrazione di agenti provocatori all’interno dei movimenti
    sociali, con il chiaro obiettivo di smobilitare le organizzazioni sociali, come richiesto dalla FIFA. Considerando la nuova spesa di R $ 4 milioni per l’acquisto di armi “non-letali” da utilizzare in atti di repressione contro le manifestazioni popolari.
    Questo processo di militarizzazione ed espansione dello stato di sorveglianza è funzionale ad un rinnovato controllo e sfruttamento delle popolazioni che vivono le periferie delle città, ed esprime un esplicito attacco a tutti i movimenti sociali, alle realtà libertarie ed anarchiche che con il 99% della popolazione cercano di costruire alternative.
    E’ un brutale attacco alla libertà di espressione e di autorganizzazione di un popolo stanco
    di essere oppresso e sfruttato. In Brasile i movimenti sociali ed anarchici hanno creato scuole libertarie in cui sperimentano modelli di istruzione accessibile a tutti e libera dall’autoritarismo, centri culturali e biblioteche, autogestiscono fabbriche e campi, creano
    presidi sanitari indipendenti e nuovi modelli comunitari per vivere in autonomia rispetto ad un sistema capitalistico ingiusto, lottano contro l’oppressione e lo sfruttamento e costruiscono autodeterminazione e giustizia sociale.
    In Brasile, Turchia, Italia, Spagna, in Grecia e in ogni parte del mondo, uniamoci nella lotta per la solidarietà internazionale!
    Sosteniamo i movimenti di protesta in Brasile contro la devastazione capitalista, il terrore di stato e l’oppressione religiosa.

    Solidarietà!

    Solidariedade!

    Commissione Relazioni Internazionali della Federazione Anarchica Italiana

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