Antiautoritarismo, Antisessismo, Femministese, Satira

Intervista alla “aggiusta maschio”

– Sono la “aggiusta maschio”. Colonizzo il genere maschile. Lo sovradetermino, lo plasmo a mia immagine e somiglianza. Se rivendica un percorso autodeterminato dico che l’unico percorso autodeterminato che sa fare è quello che lo porta all’oppressione. Dunque se vuole autodeterminarsi in senso positivo deve per forza passare attraverso la mia teoria di liberazione del genere femminile che ha una valenza universale. Libera io e liberi tutti.

Ma non era liberi/e tutti/e o non si libera nessun@? 

– No no. E’ proprio: libera io e liberi tutti. Anzi. Tutt*, perché è più gender friendly e fa più figo. Tanto comunque a me interessa che si parli delle donne. Le mamme. Le mogli. Le italiane. Gay, trans, lesbiche, stranier*, precari* e varie ed eventuali possono stare tranquill*. Perché se io mi libero saranno liberi anche loro di sicuro.

Ma dove sta l’errore? 

– Errore? Sta nell’identità maschile che va riscritta. Il maschio va rieducato e se vuole recuperare una identità diversa deve essere simile alla mia. L’errore è il maschio in se’. E’ lui sbagliato. E io posso aggiustarlo.

Cioè lei è una aggiusta maschio, si. Ho capito. E che maschio predilige?

– Quello che somiglia a me. Purché sia innocuo. Il gay ad esempio mi va bene. Un maschio che riscopre un lato femminile mi va bene.

Perché lei in quanto donna è innocua?

– Certamente. Vorrebbe per caso dire che io sono cattiva…

No, affatto. Dico che questi maschi sbagliati qualcuno li avrà pur cresciuti.

– Certo: le madri. Sotto sorveglianza dei mariti e padri.

Che sorveglianza? Gli uomini non stavano spesso fuori al lavoro fino a tardi? Non è lei a dire che gli uomini sono sempre fuori casa e che non si assumono mai la responsabilità dei ruoli di cura?

– Gli uomini picchiavano le madri perché le madri educassero i figli come volevano loro.

Possibile, certo. E’ sempre così?

– Comunque sia lei deve capire che le donne sono vittime. Io vittima dunque donna. Io donna dunque vittima. Ho subito secoli di oppressione e ora esigo un risarcimento da chi ha goduto fino ad ora di tanti privilegi.

E come farà ad ottenere questa cosa?

– Con leggi dure e precise. Intanto bisogna rieducare il maschio. Mettere mano sui libri di testo delle scuole, cambiare metodo di insegnamento, insegnare ai bimbi a pisciare da seduti, chiedere quote dappertutto perché noi donne siamo più brave dei maschi in tutto eppure non possiamo accedere alle cariche più importanti e dirigenziali in vari campi.

E volete accedere con una specie di norma antiapartheid?

– Si, certo. Come fecero in Sudafrica e come è stato fatto per gli ebrei. Bisogna che ci consegnino uno Stato intero e non importa a chi lo tolgono. Per pareggiare i conti bisogna farlo in modo drastico e chi si lamenta è sicuramente malat@ di misoginia.

Però i palestinesi…

– Non c’entra niente. Non faccia l’antisemita per favore.

Ma non sarebbe meglio ottenere diritti senza apparire un minimo oppressore?

– Vede? Lei dimentica il numero altissimo di donne che subiscono violenza ogni giorno. Sta dalla parte dei violenti.

Giuro di no. Però sono una di quelle che pensa che il vittimismo non sia la strada per farmi ottenere diritti che siano veramente tali. Vorrei conquistarmi quel che mi spetta senza copiare schemi di dominazione che portano sempre e solo da una parte.

– Non voglio più ascoltarla. Lei proprio non capisce. Io sto lottando anche per lei, cosa crede?

Ma io non voglio che lei lotti anche per me. Io e lei non siamo uguali e non vogliamo le stesse cose.

– Dunque lei vuole essere schiava? Sottomessa?

No. Io voglio liberarmi senza essere come lei. Io non uso il vittimismo per darmi una scusa per tiranneggiare il mondo. Faccio un gran lavoro su me stessa per non trattare male nessuno e per sconfiggere le ambizioni di dominazione innanzitutto dentro di me prima di pensare a sconfiggerle negli altri. Perché se non riconosco quei meccanismi dentro di me, dato che ne sono certamente intrisa e posso riprodurli e metterli in atto se volessi, ho ben poco da lottare contro il nemico “esterno” che mi fa sentire assolta e totalmente priva di responsabilità. Ma andiamo avanti.

– Lei ha sicuramente un complesso forte di inferiorità: se ritenesse di valere qualcosa esigerebbe di più.

No. E’ proprio perché non ho alcun complesso di inferiorità e sono sicura di me che non ho bisogno di usare lo status di vittima dell’oppressione maschile per farmi spazio nel mondo.

– Potrei dirle che conosco una moglie e madre che è un agnello sacrificale e che viene ripagata a pesci in faccia dalla sua famiglia, figlie incluse, che sono un po’ come lei.

Io conosco una donna che è madre e moglie e da sempre fa l’agnello sacrificale della sua famiglia e da quella condizione esibita con vittimismo tiranneggia gli affetti, accentra ed esige controllo, monopolizza, manipola, edulcora o plasma la realtà a proprio vantaggio, per risarcirsi di quel che le è mancato, non fa che insegnare ai figli a piagnucolare mentre i figli le dicono che dovrebbe smettere di piangersi addosso e dovrebbe lottare. E lei lotta, tutti i giorni, poverina, ma mentre lotta trae forza solo dalla condizione di martirio perché appena i figli si organizzano e le tolgono lavoro, impegni, fatiche dalle mani lei diventa apatica e non sa più che cosa fare. La sua identità si fonda sul vittimismo e da lì parte per imporsi. Senza il vittimismo non sa rivendicare diritti. Non sa lottare. 

– Io pretendo che mi diano accesso a una serie di tutele.

Io li chiamo assistenzialismi perché sono solo palliativi giacché di strumenti per liberarsi per davvero non gliene dà nessuno. Lavoro, casa, reddito…

– Il maschile è responsabile di tutto.

Quello è il capitale. A lei fa comodo ignorare la differenza di classe che immagino ci sia anche tra me e lei.

– Il capitale è figlio del maschile.

Sarà ma oggi pure il femminile mi toglie la possibilità di lavorare. L’ultima riforma sul lavoro l’ha fatta una donna, mi pare.

– Io sono stata oppressa e dominata da secoli e per secoli.

Io la vedo ben vestita, con un lavoro sicuro e la percepisco come oppressiva e dominatrice intanto nei miei confronti. Non so dunque per quale ragione lei si dichiara vittima e perché io dovrei ritenerla tale. Non so perché lei voglia svuotare di senso la questione della violenza sulle donne separandola dalla questione di classe che è fondamentale. Quando va a chiedere le quote rose in nome delle donne vittime e oppresse lei lo fa per me o per lei?

– Lei non capisce. Gli uomini ci fanno del male.

Io capisco che creare fobie sociali sia un mezzo per dominare le masse con la paura. Dominarle, usarle e guidarle in alcune direzioni. C’è chi ha prodotto la fobia contro le donne e ancora oggi stiamo qui a ripetere noi lo stesso schema? Possibile che sopravvivere alla caccia alle streghe non ci abbia fatto capire proprio nulla? Che non abbiamo imparato nulla? Possibile che sappiamo solo usare gli strumenti del padrone con l’alibi che vogliamo liberarci del padrone?

– Lei è misogina e maschilista.

Affatto. Io sto dicendo che non c’è nessuno, ma proprio nessun oppressore che si dichiari tale per cattiveria. Tutti gli oppressori e i carnefici dicono che sono spinti da scelte di necessità. Dicono di agire per legittima difesa. Questo però non li ha resi meno oppressivi e autoritari.

– Mi sta dicendo che i bianchi sono vittime dei neri e che gli uomini sono vittime delle donne?

No. Io sto dicendo che siamo tutti vittime di persone ricche come lei che guidano la gente povera e precaria come me verso confini di liberazione che non mi corrispondono e che io non ho mai scelto. Le sto dicendo che io sono donna, bianca e precaria e che c’è una donna precaria e nera e un uomo precario e nero e uno bianco e precario e che tutti quanti noi siamo vittime di gente come lei, qualunque sesso abbia.

– Mi sembra di sentire i discorsi degli antifemministi.

C’è una generazione di uomini che non ha più punti di riferimento. La lotta contro la cultura oppressiva e patriarcale ha demolito, per fortuna, modelli e capisaldi che in parte resistono e che in parte sono cambiati in qualche modo. Che i generi siano una costruzione culturale pare essere assodato. Che la discriminazione di genere si fonda su un preciso piano educativo che spaccia ciò che è “cultura” come quello che sarebbe “natura” producendo una serie infinita di stereotipi sessisti a tutto tondo è innegabile. Che questo piano, maturato in secoli di storia plasmata sul dominio degli uomini anche sulle donne, sia stato comunque veicolato, realizzato, accettato, prodotto e riprodotto da tutti/e è innegabile anche questo. 

– Quindi lei mi sta dando ragione.

No. Le sto dicendo che quando lei vuole educarmi a pensare che le donne sono migliori degli uomini e che gli uomini sono “bestie”* adopera esattamente lo stesso schema contro cui ho lottato e non può pretendere che la nuova generazione di uomini che ha accettato il fatto di non dover subire stereotipi sessisti di stampo patriarcale poi aderisca alla sua filosofia che sembra sessista tanto quanto. Non è forse lei che dice che i maschi vanno aggiustati? Se un uomo le dicesse che vuole aggiustare le donne e rieducarle in qualche modo lei cosa direbbe?

– Mi pare lei stia vaneggiando. Davvero lei è succube della cultura maschilista.

Ma che cos’è maschilismo per lei? Tutto ciò che non le somiglia? Intanto vorrei capire perché il suo sarebbe femminismo e il mio invece no. Vorrei capire perché si è appropriata di una parola svuotandola di contenuto e riempiendola di moralismi, schemi oppressivi e piani di dominio e rieducazione del mondo intero. Perché se il femminismo è il suo mi permetta di essere felice di dichiararmi antisessista a tutto tondo. Se il femminismo invece è quello che vivo io e tante altre allora io sono senza dubbio femminista. 

– Non posso crederci. Sta forse dicendo che femminismo e maschilismo sono la stessa cosa?

Il suo femminismo e il maschilismo secondo me assolutamente si. Rispetto agli stereotipi sessisti che determinate. Entrambi credete che le persone sono valide per natura. Uomini per natura grandiosi e donne minimali per i maschilisti e donne per natura eccezionali e uomini “bestie”* per quelle come lei. Che i generi, tra l’altro, siano più di due e che siamo tutti/e persone non le viene neppure in mente. Mi dica lei dove sta la differenza.

– Io sono una donna e sono discriminata.

Disse ella dall’alto della sua tenuta da borghese stipendiata. La dominazione di classe quando parliamo io e lei, da donna a donna, viene prima di quella di genere. Lei domina me che sono precaria, domina gli stranieri, i neri, che sono più precari di me. Lei non è una vittima. Lei opprime.

– Io e lei abbiamo nemici in comune e dobbiamo stare unite in quanto donne.

Ma unita de che? Perché? A chi? A lei che sta unita con i suoi amici borghesi e ricchi? Lei fa rete con gente che con me non c’entra niente. Bisogna che lo capisca. E il fatto che abbiamo un utero entrambe non ci rende unite proprio per niente. Io rivendico la mia differenza. Io non sono come lei. 

– Gli uomini sono il nostro nemico comune.

No. Ripeto: c’è una generazione di uomini che non ha più punti di riferimento. Cresciuti in contesti in cui si dice loro che gli uomini sono sbagliati, oggi stanno espiando colpe che a loro non appartengono e alcuni si ribellano. Alcuni non ne possono proprio più. C’è chi si rifugia nel passato per mostrare autonomia, in un recupero di tradizioni e valorizzazione di culture che comunque non sanno neppure interpretare e c’è chi invece si vive appieno questa crisi e se non vuol poggiare nel passato trova un presente fatto anche da chi arriva in lotta contro l’oppressione secolare subita e nel frattempo esige che colui il quale è disgraziato tanto quanto lei si pieghi al suo volere. Questa crisi di identità maschile va capita e non usata per convincersi e teorizzare la pericolosità di tutto un genere per acquisire diritti. I diritti che si ottengono perpetuando un sistema di dominio non sono conquiste. Non sono più neppure diritti. Vengono percepite come discriminazioni e come privilegi. E io voglio diritti e non privilegi. 

– Io e lei non abbiamo nulla da dirci. Lei sta con i maschilisti.

Io e lei avremo qualcosa da dirci quando lei smetterà di pretendere che io sia uguale a lei in quanto che abbiamo entrambe un utero. Se lei non riconosce la mia diversità come può pretendere che il mondo riconosca la diversità delle donne? Prima veda di abbattere pregiudizi e barriere che riguardano lei e me e poi, solo poi, faccia la sua lotta. Purché non la faccia in nome delle donne. Purché non la faccia in mio nome…

Ps: E’ una storia di pura invenzione. Ogni riferimento a cose, fatti e persone è puramente casuale. L’intervista immaginaria alla aggiusta maschi comunque va inserita nel capitolo satira.

*Uso il termine “bestie” accanto a uomini perché spesso negli interventi di chi definisce gli uomini come molto cattivi il linguaggio è parecchio specista. Si attribuisce infatti all’animale, all’essere vivente non umano, alla “bestia” una connotazione negativa che in realtà non ha. E’ un ulteriore meccanismo di demonizzazione e oggettivazione. Ciò che è cattivo, la bestia, può essere mangiato…

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3 pensieri su “Intervista alla “aggiusta maschio””

  1. “Ciò che è cattivo, la bestia, può essere mangiato…”
    Mai pensato che il vitello possa essere cattivo. Anzi, lo mango proprio perché è buono.

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