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Donne nascoste: la malattia difficile da svelare

Tra le donne più isolate e quindi più nascoste ci sono quelle affette da disturbi mentali. Ancora oggi vi sono famiglie che si vergognano della condizione delle loro figlie e le inducono a sentirsi in colpa. Se la famiglia non le sostiene loro non chiederanno aiuto e anche se potranno farlo tanto non basterà a salvarle dalla direzione a senso unico verso la quale vergogna e colpa le conduce.

Vi sono situazioni in cui la donna che ha un disturbo mentale viene semplicemente ignorata o a lei viene data la colpa di essere diversa e anormale. Così la famiglia si protegge, attraverso la rimozione della responsabilità che dovrebbe assumersi. Lo stesso vale per la società che rimuove il problema spingendo le donne ad essere rinchiuse, nascoste, in luoghi in cui viene attuato controllo ovvero in piccole stanze di case in cui a loro non è consentito provare alcuna forma di speranza.

Tutte le donne che hanno avuto o attraversano periodi difficili vengono spinte a nascondersi. Si fanno male, di nascosto. Si abbuffano, di nascosto. Vomitano, di nascosto. Digiunano, di nascosto. Ingeriscono pillole, di nascosto. Piangono, di nascosto. Perché nessuno deve sapere, ne va dell’onore familiare e della reputazione di una rete collettiva che non sa sostenerle quindi ripiega sullo stigma. Sono le donne nascoste ad avere un problema, loro soltanto, non la società, non la famiglia, non gli amici, non i conoscenti.

Così tutti si sgravano del peso di ciò che non capiscono e infine legittimano bullismo e discriminazione, marginalizzazione e violenza, contro donne infinitamente vulnerabili e eccezionalmente sensibili e forti, in virtù del difficile percorso che tentano di superare, una battaglia dopo l’altra, contro il mondo e per recuperare fiducia e autostima.

Sui social sono frequenti, giacché forse questo vi è noto, commenti contro donne che vorrebbero in silenzio e delegittimate. Parole dure come pietre, scagliate senza rimorso, per demolire anche quelle donne che non vivono disagi. Frasi come “Curati!” o “Fatti vedere da uno bravo!” vengono rivolte a donne le cui opinioni non piacciono ai bulli. Insultarle, stigmatizzare la malattia mentale diventa l’unico modo attraverso il quale zittire giacché non hanno argomenti per dare semplicemente un’opinione diversa.

La fragilità umana viene vista come colpa e dunque i bulli si scagliano contro di essa perché è culturalmente consentito, moralmente legittimato, socialmente accettato. Se così non fosse non ci sarebbero tantissime donne che si isolano, non vanno a scuola o al lavoro, chiudono profili social e non rispondono al telefono, per non essere ferite. Superare il difficile scoglio della vergogna indotta è una prova complessissima perché la donna che vive difficoltà principalmente pensa di non poterlo dire, di non dover sovraesporsi, di non poter sopportare gli attacchi che deriverebbero se gli altri sapessero.

Così ci si ritira in zone sicure, buie, sempre più silenziose, costantemente nel panico di poter entrare in contatto con qualcuno che potrebbe svelare il segreto. Se le donne si sentissero accolte non dovrebbero vivere momenti tanto oscuri. Se le ragazze potessero contare sull’ascolto non dovrebbero chiudersi in bagno a farsi del male. Se potessero contare sulla demolizione dello stigma che grava su di loro non dovrebbero sommare ai loro infiniti disagi il problema di non sentirsi amate.

Per le donne con disturbi mentali che vengono spinte a nascondersi la società ha scelto tombe a basso costo. Le ha seppellite in luoghi lontani, le ha spinte a pensare che la malattia mentale le rappresenti totalmente invece che essere solo una piccola parte di loro. Ciascuna a vivere il proprio esilio, ognuna rinchiusa in una cripta. Ho pensato a loro quando ho deciso di raccontare me stessa. Perché potessero intravedere spiragli di luce in quel buio infinito. Io ho bisogno del loro ascolto e loro del mio. Anche questo è mutuo aiuto. A tutte le donne nascoste per queste ragioni va il mio grande abbraccio.

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